Rapporto del protestantismo col socialismo per mezzo del panteismo. (1)
[A. NICOLAS: “Del Protestantesimo e di tutte le eresie nel loro rapporto col socialismo”, vol. II – Napoli, tipogr. e libr. Gabr. ARGENIO – 1859]
(SEGUITO)
CAPITOLO VI.
PASSAGGIO DAL PROTESTANTISMO AL PANTEISMO -I.-
Si può dire, in un certo senso, della verità cattolica ciò che Boileau ha così ben detto dell’onore. Essa è come un’isola scoscesa e senza rive. Appena si mette il piede fuor del suo ricinto, non si ha altro più che la scelta dei naufragi; e per diversi che questi siano pei loro accidenti, essi vengono alla fine a ridursi tutti a due abissi che si corrispondono; l’abisso del naturalismo e l’abisso del panteismo. – Tutte le eresie che hanno preceduto il protestantismo hanno piegato più particolarmente verso quest’ultimo abisso. Esso solo ha avuto il fatale privilegio di spingere ad un tempo lo spirito umano verso il panteismo e verso il naturalismo, e di provare la doppia verità di questa parola di Gesù Cristo: Chi cadrà sopra questa pietra si fracasserà, e quegli su di cui ella cadrà sarà stritolato. (Matth. XXI, 44.) – E il protestantismo ha provata la verità di queste parole col distaccarsi dal Cattolicismo per due falsi principii che egli professa egualmente; l’uno come metodo, l’altro come dottrina, cioè: il principio del libero esame e il principio del servo arbitrio. Questi due principii sono essenzialmente contradittori nel loro punto di partenza, ma perfettamente d’accordo e logici nel loro termine. – Col principio del libero esame l’uomo è costituito giudice della Divinità; col principio del servo arbitrio egli non è che l’automa: ora qual cosa v’ha mai più contradittoria? Col principio del servo arbitrio si arriva a negar l’uomo, e col principio del libero esame si arriva a negar Dio; il che è in tutta logica. – E notiamo in qual maniera si operano queste due gran negazioni e come esse concorrono al totale pervertimento.— Colla dottrina del servo arbitrio 1’uomo è annichilato da Dio, il finito è assorbito nell’infinito.
— Colla dottrina del libero esame, Dio e tutto il soprannaturale della verità rivelata è recato ridotto e soggettato alla ragione umana; l’infinito è assorbito nel finito. — Per la via del servo arbitrio si cade nel panteismo, e per quella del libero esame nel naturalismo. Nel primo di questi abissi è l’uomo che scompare in Dio; nel secondo è Dio che scompare nell’uomo: in entrambi le sregolatezze della natura umana sono divinizzate per ispirazione o per apoteosi; essi sono divinamente necessitati o glorificati, e diventano la fatalità o la dea Ragione. – Qual logica mirabile ci offre l’errore nella concatenazione delle sue deduzioni e delle sue cadute! E qual potente dimostrazione della verità non ne risulta Perocché questa logica dell’errore che cos’è mai se non il contrario di quella della verità, come l’ombra è il contrario della luce? Essa ne è cosi la controprova, tanto più conchiudente perché è tale senza volerlo e senza saperlo, e perché, combattendola, essa la glorifica. E ciò è talmente vero che se la verità cattolica e i suoi benefici divini fossero cancellati dalla memoria degli uomini, si potrebbe ricostituirla pigliando anche solo il contrario dell’errore e delle sue pratiche; e per conseguenza, per quelli che non vedono questa verità in sé medesima, non vi è modo più dimostrativo che di farla vedere ad essi, se così posso esprimermi, nel suo rovescio. Cotanto è vero e profondo l’Oportet et hæreses esse del grande apostolo! Questo è tutto il processo e tutto lo scopo di quest’opera. I dati di essa sono stati intraveduti dal dotto autore della Simbolica, il quale nella prefazione di quest’opera ammirabile ha scritto: « Da circa vent’anni i naturalisti attaccano l’elemento divino; il protestantismo ortodosso per lo contrario distrugge l’elemento umano. Tuttavia il Cattolico ha questo vantaggio che la sua fede comprende la libertà e la grazia, il divino e l’umano: diciam meglio, il suo simbolo è l’unità (o piuttosto l’unione) di queste due nature. Appunto per questo, la nostra dottrina abbraccia il razionalismo ed il protestantismo: essa unisce, concilia questi due estremi. » Il pensiero del dotto autore è, secondo noi, mal espresso in queste ultime linee. Il protestantismo ed il razionalismo, vale a dire, come l’intende egli stesso, il panteismo ed il naturalismo, non possono essere abbracciati e conciliati insieme; essi non possono essere che distrutti dalla ricostituzione del cattolicismo, il quale, ripigliando dall’uno l’elemento divino, dall’altro l’elemento umano, doppiamente colla loro unione adorabile in Gesù Cristo e in tutto il Cristianesimo. Naturalmente questi due elementi tendono, nelle concezioni dell’uomo, ad escludersi o ad assorbirsi in conseguenza della prima di tutte le eresie, che ebbe per teatro l’Eden e che ha infettato tutta la creazione: solo soprannaturalmente essi hanno potuto essere conciliati in Gesù Cristo e nella sua dottrina, e, per la medesima causa, questa conciliazione può essere mantenuta dalla Chiesa solo soprannaturalmente. Se la Chiesa non fosse che una istituzione umana essa non avrebbe potuto mantenere questo accordo un solo giorno; chiamo in testimonio la sorte toccata a tutte le eresie. Perciò una prova più grande e più sensibile della verità coll’assistenza soprannaturale, che è stata a lei formalmente promessa da Gesù Cristo, si è ch’ella ha inviolabilmente mantenuto questo meraviglioso accordo sino ai nostri giorni, mentre noi l’abbiamo veduto rotto dalla prima parola d’ogni eresia. E questo uno de’ lati più luminosi e più nuovi della fede cattolica, sul quale non sarà mai quanto mai basti raccolta l’attenzione, e il destino finale del protestantismo viene sopra tutto a rivelarcelo. Il traduttore della Simbolica l’ha perfettamente indicato in una piccola nota della sua prefazione : « In generale, dice egli, i protestanti dell’Alemagna sono o panteisti, o naturalisti; cosa che si comprende agevolmente. Lutero rompe il legame vivente che unisce l’elemento superiore e l’elemento umano. Ora da questo momento bisogna dire o che tutto è Dio, o che tutto è finito. Di fatto, appena nacque il protestantismo, dovevano pure il naturalismo ed il panteismo nascere dalla discordia dello spirito umano coll’istituzione soprannaturale della Chiesa: il loro sviluppo successivo, non è stato che l’affare del tempo. — Da un lato il libero esame, dopo di avere assorbito l’elemento soprannaturale inerente alla Chiesa, ha continuato questo lavoro di assorbimento del soprannaturale, rispetto alle sacre Scritture, ai sacramenti ed ai dogmi principali della fede cristiana, al carattere generale della rivelazione e d’ogni rivelazione, e finalmente alle stesse nozioni della teologia universale. — Dall’altro lato, colla dottrine del servo arbitrio, il protestantismo ha posto un principio di assorbimento dell’elemento umano, il quale, dopo di aver esercitato i suoi guasti nel seno del Cristianesimo colla dottrina della giustificazione e dell’inamissibilità della giustizia, si è esteso con quella della predestinazione e del fatalismo; e spogliando ogni forma teologica, è diventato come vedremo poco stante, il panteismo filosofico di Hegel. — E finalmente il riscontro finale di queste due serie inverse di distruzione ha prodotto il caos dei due elementi, o piuttosto il loro concorso alla distruzione totale. – In seno al protestantismo noi troviamo evidenti questi due errori nei luterani e nei calvinisti da una parte, i quali negano la libertà umana per concedere tutto alla necessità della predestinazione divina, e nei sociniani dall’altra parte, i quali negano la previdenza per concedere ogni cosa alla libertà dell’uomo. « Per salvare la prescienza del sovrano Essere, dice Moehler, i primi riformatori distrussero la libertà dell’uomo; i sociniani, per lo contrario, sacrificarono la prescienza divina alla libertà umana. Gli uni dissero: Dio è quello che determina l’uomo, e allora questo scompare; gli altri insegnarono che Dio è determinato dall’uomo, e da questo punto l’essenza immutabile fu soggettata al mutamento. Così gli uni distruggono l’uomo, mentre gli altri mutilano Dio (Moehler: La Simbolica, Tom. II, pag. 366). » A questo proposito Bossuet ha scritto una pagina d’una magistrale eloquenza, nella quale fa vedere come la sommissione dello spirito umano alla fede lo renda atto ad abbracciare la verità totale, e come per lo contrario la sua emancipazione lo condanni a’ più miserabili naufragi. Noi non possiam resistere al piacere di citarla, tanto più che vi è congiunta la nostra questione.
« Il signor Jurieu vorrebbe ch’io gl’insegnassi come si accorda il libero arbitrio coi decreti eterni. Debole teologo, il quale fa le viste di non sapere quante verità si debbano credere, quantunque non sappiamo sempre il mezzo di conciliarle insieme! Che direbbe egli ad un sociniano che tenesse a lui il linguaggio stesso che egli tiene con me, e lo stringesse a questo modo? Io vorrei che il signor Jurieu ci spiegasse come l’unità di Dio si accorda colla Trinità? Entrerebbe egli con lui nella discussione di questo accordo, e si obbligherebbe egli a spiegargli il segreto incomprensibile dell’Essere divino? Non crederebbe egli di averlo vinto mostrandogli che queste due cose sono egualmente rivelate, e che per conseguenza, suo malgrado, e non ostante la piccolezza dello spirito umano, che non può conciliarle perfettamente, bisogna che l’infinità immensa dell’essere di Dio le conditi e le unisca? Ma, senza fermarci sopra questo mistero, che cos’è in tutto e in ogni parte la nostra fede, se non un complesso di verità sante che sopravanzano la nostra intelligenza, e che noi avremmo, non già credute, ma intese perfettamente ed evidentemente se potessimo conciliarle insieme con un metodo manifesto? Imperocché in tal guisa noi ne vedremmo, per così dire, tutti i confini; ne vedremmo le soluzioni del paro che i nodi; e avremmo in mano la chiave del mistero per entrarvi tanto avanti quanto vorremmo. Ma la cosa non è così; e quando così sarà non sarà più questa vita, ma la futura; non sarà più la fede, ma la visione. Che dobbiam far noi intanto, se non credere e adorare ciò che non si comprende, unir colla fede ciò che non si può ancora unire col dirla in una parola, come san Paolo, ridurre cattività sotto l’obbedienza di Gesù Cristo?» Quelli che non possono a ciò risolversi nella dottrina cristiana e fanno tanti naufragi quante sono lo questioni che decidono; perocché v’ha da per tutto la difficoltà, alla quale si soccombe, si perisce. E per venire in particolare a quella di che si tratta, il sociniano prova in sé medesimo la libertà della sua scelta; nessuna ragione può togliergli questa esperienza; ma non potendo accordare questa scelta colla prescienza di Dio, egli nega questa prescienza; soccombe alla difficoltà; si rompe contro lo scoglio, e, come dice san Paolo, fa naufragio nella fede. Il naufragio del calvinista, che, per sostenere la prescienza o la providenza, toglie all’uomo la libertà della sua scelta e fa Dio autore necessario di tutti gli avvenimenti umani, è esso minore? Niente affatto, l’uno e l’altro si sono spezzati contro la pietra. Quegli che tiene insieme queste due verità cui gli altri confondono insieme distruggendo l’una coll’altra; quegli che può, è, sapendo bene che non è qui il luogo di comprenderle, le supera colla fede nell’aspettazione di raggiungerle coll’intelligenza, sarebbe forse necessario dire al signor Jurieu, se fosse teologo, che costui è il solo che naviga sicuramente e che solo potrà giungere alla verità come al porto? Che serve dunque allegar qui la grazia efficace e i tomisti? Questi dottori, come gli altri cattolici, sono d’accordo nell’escludere dalla volontà dell’uomo una inevitabile necessità e nell’ammettervi una libertà intera di fare e non fare. Se essi durano fatica a conciliare la libertà umana coll’immutabilità dei decreti di Dio, non soccombono però alla difficoltà; essi remigano con tutte le loro forze per non essere gettati contro lo scoglio. Il signor Jurieu, che, per confondere tutto, quando invece si tratta semplicemente di stabilir la fede, vorrebbe indurmi a discutere il modo col quale procuriamo spiegarla, non vuole che trastullare il mondo (Bossuet: Secondo Avvertimento). » – La questione non si agitava ancora che nell’ordine teologico. Nel seno stesso della Chiesa si erano prodotte in ogni tempo delle opinioni diverse su questo misterioso rapporto della grazia e della libertà, dell’elemento divino e dell’elemento umano; e la loro discussione, contenuta entro i limiti della fede, era stata autorizzata dalla Chiesa che vi presiedeva, siccome atta ad arricchire lo spirito umano dei tesori della verità, facendoglieli meglio conoscere. Ma dal giorno in cui il protestantismo ha scosso il giogo della Chiesa e non ha più voluto riconoscere altro tribunale che quello dello spirito umano, allora il legame superiore che ratteneva queste opinioni è stato rotto, ed esso diventate pei loro errori, eresie contradittorie, ciascuna delle quali recava seco una porzione della verità, esagerandola a danno dell’altra o piuttosto distruggendole ambedue doppiamente per esagerazione e per negazione, fino a togliere la nozione della libertà morale nell’ammettere il dogma della predestinazione, e quella della provvidenza coll’esaltare esclusivamente i diritti e le forze dello spirito umano. Questo disordine non doveva rimanere nella regione della teologia; il fenomeno, facendosi grande, doveva diventar filosofico, indi poetico e sociale. – Noi abbiamo già veduto nella prima parte di quest’opera l’ima delle sue facce, quella del filosofismo, del naturalismo, radicalmente esclusivo dell’ordine soprannaturale, e per conseguenza sovversivo di ogni ordine naturale, politico e sociale che egli priva di contrappeso — essenzialmente rivoluzionale. Ciò che noi abbiamo avuto principalmente in mira di dimostrare è che il filosofismo rivoluzionale non era che l’ultima giornata, in certo mal modo, della negazione nata dal libero esame, e lo scioglimento, nell’ordine sociale, della rivoluzione cominciata nell’ordine religioso nel secolo decimosesto; non era se non una trasformazione del protestantismo. Esso fu a bella prima sospinto alle sue ultime applicazioni col furore francese, nocivo all’errore cui esso compromette, e che lo disapprova dopo dì averlo ispirato; ma esso era davvero e debitamente figlio del protestantismo, nato dal socinianismo inglese e ginevrino, propagato dai torchi olandesi, e importato in Francia, ove esso aveva del resto trovate attive sementi lasciate da quel socinianismo libertino, la cui invasione spaventava cotanto Jurieu in Olanda e gli antichi ministri rifuggitisi in Inghilterra. – Del resto noi l’abbiam veduto alla medesima epoca nascere da sé medesimo e svilupparsi sulla terra classica del protestantismo, in Alemagna, ove i suoi partigiani si chiamavano coscienziari, come in Inghilterra si denominavano liberi pensatori; Mat. Kuntzen, Edelmann, Nicolai, Wolfenbuttel, Reimarus, Lessing ed altri teologi, professori e dottori protestanti ne erano i capi. In un nugolo di scritti intitolati: Le verità innocenti; Il monaco smascherato; Il Cristo e Belial; La divinità della ragione; Il grido della ragione dall’alto della cattedra; Dell’impossibililà di una rivelazione divina; La falsità della risurrezione; Dello scopo di Gesù e de’ suoi discepoli; La piccola Bibbia; Almanacco delle chiese e delle eresie; Saggio di sistema di dommatica biblica; Lettere sulla bibbia di Folkstone; La nuova rivelazione; Spiegazione del piano e dello scopo di Gesù e di alcuni altri; Storia della vita di Gesù per lui medesimo, ecc. ecc., il naturalismo faceva esplosione come una fermentazione della ragione protestantizzata. In essa insegnavasi « che bisogna rigettare il Corano cristiano, non meno contradittorio e altrettanto poco autentico che quello dei Turchi, per attenersi come Enoch e Noè alla ragion sola, alla coscienza che la natura da maternamente a tutti gli uomini, e che insegna loro a vivere onestamente, a non nuocere a persona, a rendere a ciascuno ciò che gli appartiene. È questa la vera Bibbia. Il cielo e l’inferno è la coscienza. Non v’ha né Dio, né demonio. La Bibbia non fa differenza tra il matrimonio e la fornicazione. È d’uopo purgar la terra de’ sacerdoti, dei re, di tutte le potestà stabilite. » (Acta hist.eccl. nostr. temp., tom IV, p. 434) Tutto quanto il protestantismo non era certamente trascorso ancora sino a questo punto; v’aveva la coda degli ortodossi che protestava contro la testa; ma esisteva fra l’una e l’altra una comunanza di principio che per un concatenamento logico non faceva di tutto il protestantismo che un solo corpo di eresia che si avanzava per via di evoluzioni verso il vortice del naturalismo. Noi abbiamo veduto come questo vortice diventasse quello della società; abbiam veduto per qual via sotterranea percorsa da Rousseau a Luigi Blanc, e illuminata ai nostri occhi dalla fiaccola di Proudhon, la negazione del sistema cristiano della caduta e della redenzione, togliendo la gran spiegazione e il gran rimedio del male nel mondo, conducesse ai sistemi socialisti, che del male stesso ne accagionano la società e la previdenza e ne continuano la riparazione in mezzo alla distruzione universale. Ma il protestantismo, che aveva menato il mondo al socialismo per mezzo del naturalismo, doveva precipitarvelo per mezzo del panteismo, e questa seconda faccia del fenomeno è appunto quello che dobbiam ora mostrare. La natura umana ha orrore del vuoto dell’infinito. Sull’orlo di questo abisso, la piglia una vertigine, ed essa vi si precipita follemente quando non è in comunicazione regolare con lui mercé la religion vera. L’empietà medesima che fa questo vuoto dell’ infinito. lo empie a misura che lo scava, colla divinizzazione del finito che gli sostituisce. Non è mai, neppure per breve istante, che gli altari si rimangano senza divinità e senza adoratori; e quando n’è cacciato il vero Dio, la dea Ragione vi sale in sua vece. La religione del vizio e della colpa protesta contro l’irreligione; e la colpa medesima anziché sostenere il supplizio del nulla, va incontro al castigo decretando l’Ente supremo. – Ma queste enormità, le quali provano a qual punto l’uomo è religioso, non sono che eccessi di follia poco durevoli. Bisogna venire a regolarizzare la soddisfazione di questo sentimento colla verità o con un errore più specioso. La società francese usci dal naturalismo per risalire al cattolicismo; 1’Alemagna protestante per andare a gettarsi nel panteismo. La reazione religiosa in Alemagna volse al panteismo sotto 1’influenza di Kant. Cosa degna d’esser notata, il più gran genio che abbia onorato il protestantismo, Leibnitz, è stato senza influenza sopra di esso. Vero è che Leibnitz, quantunque protestante, ha in tutta la sua vita inchinato verso il Cattolicismo, e finì per abbassare ad esso il forte suo capo; ma con qual candore d’intenzione, con qual grandezza di spirito e qual maestà di carattere! Il protestantismo non ebbe e non sarà mai che abbia luce meglio fatta per illuminarlo, più degna di essere seguita, e gli agevoli il ritorno all’unità con maggiore autorità e Io stimoli alla disapprovazion dell’errore con maggior gloria. Ebbene, questo grand’uomo non ha tocco menomamente il cuore al protestantismo; anzi poco mancò che non fosse disapprovato, e che la sua gran gloria non torni anche oggidì importuna ai protestanti quanto essa è cara all’umanità. L’influenza che Leibnitz non ebbe sul protestantismo era riserbata a Kant, a Fichte, a Schelling e sopra ogni altro ad Hegel. Apparvero, costoro e si tennero proprio di buona fede i difensori del Cristianesimo, per quanto è ciò possibile con una dottrina che, non avendo altro che la ragion naturale per aggiungere uno scopo soprannaturale, mal può evidentemente empiere un abisso se non scavandone un altro.