LA VERA E LA FALSA FEDE –III.-
(P. Gioacchino VENTURA: LE BELLEZZE DELLA FEDE, vol. II. Genova; Ed. Dario Giuseppe Rossi, 1867)
LETTURA VI.
LA CREDENZA DEI MAGI OVVERO LA VERITÀ E LA CERTEZZA DELL’INSEGNAMENTO DELLA FEDE.
§ IV. – Si dimostra la facilità di errare della ragione umana, che si fida di sé sola, colla storia dei principali errori onde gli antichi eretici, lungi di avere coi loro privati lumi scoperta alcuna nuova verità cristiana, hanno, per quanto da loro dipendeva, distrutte tutte quelle che la rivelazione divina avea fatto conoscere.
Ma l’insegnamento cattolico, che apparisce sì prezioso, si bello, sì nobile, sì magnifico, confrontato coll’insegnamento della filosofia, confrontato coll’insegnamento dell’eresia, apparisce ancor più magnifico, più nobile, più bello e più prezioso. A buon conto, come i filosofi non attinsero dalla loro privata ragione, ma dalle credenze e dai sentimenti universali le poche verità di cui nei loro libri menaron gran vanto, così gli eretici non hanno essi scoperto coi loro lumi le poche verità cristiane di cui fan pompa nei loro simboli o nelle loro confessioni, fabbricate all’ombra del potere civile, all’officina dell’interesse, della voluttà e dell’orgoglio; e, come S. Gregorio lo ha avvertito, non hanno essi conosciuto per privata ispirazione divina ciò che ritengono di vero e dicono di grande e di sublime intorno alla cristiana dottrina, ma per mezzo delle tradizioni universali della Chiesa, e da lei ricevono tutto il bene, essi che combattono contra di lei: Si non nunquam hæretici vera quædam et sublimìa loquuntur, non hæc ipsi divinitus percipiunt, sed quod ex Ecclesia! contentione didicerunt (Moral.). Del resto, come si è notato degli antichi filosofi, così può dirsi ancora degli eretici, che essi non hanno per se stessi conosciuto nulla di vero e di buono che nella Chiesa non si conosca prima di loro; non essendovi alcuna verità cristiana di cui si possa dire che, ignota nella Chiesa, è stata da tale eretico ritrovata e scoperta. Ma come la filosofia pagana, così l’eresia, se non ha inventata e scoperta alcuna verità, ha però inventati tutti gli errori. E la Scrittura, abbandonata al giudizio privato degli eretici, non è riuscita regola più sicura di fede di quello che lo fa la natura abbandonata al privato giudizio dei filosofi. Come la filosofia pagana non lasciò intatta alcuna verità primitiva, cosi l’eresia non ha lasciato illesa alcuna verità cristiana. E questi inventori orgogliosi di verità non sono stati che fabbri funesti di tutti gli errori: sicché se ramane tuttavia nel mondo la rivelazione cristiana nella sta integrità e nella sua purezza, ciò non è merito degli eretici, che han fatto di tutto per distruggerla; ma è l’effetto della potenza di Dio, che l’ha mantenuta e la mantiene nella sua Chiesa. – Non rincresca perciò al lettore di vedere qui indicati alcuni dei parti mostruosi nati dall’orgoglio ereticale unito alla voluttà. Non ai soli teologi, ma a tutti i fedeli è utile il conoscere in quali orribili stravaganze, in quali sacrileghe follie è le sì gran volte caduta la ragion cristiana che ha voluto formarsi la regola del credere sotto l’ispirazione dell’Io solamente, il più fallace di tutti i consiglieri: dappoiché nulla è più capace di far sentire il pregio dell’insegnamento e dell’autorità tutelare della Chiesa e di confermare il vero Cattolico nella sua fede.
Simone, che S. Ireneo chiama il padre di tutti gli eretici (anno 43 dell’era cristiana), appena si eresse in giudice dell’insegnamento cattolico, che col Battesimo avea dagli stessi Apostoli ricevuto, con un eccesso di orgoglio, che solo lucifero poté inspirargli, spacciò di essere egli stesso Dio uno e trino: che, come Padre era apparso in Samaria: come Figliuolo, nella Giudea; come Spirito Santo in Roma: e che in qualità di Figliuolo, solo apparentemente e per burla, aveva patito ed era morto in croce per man dei Giudei. Ebione e Cerinto (an. 103) bestemmiarono che Gesù Cristo, nato da Maria e da Giuseppe alla foggia degli altri uomini, non era nulla più che uomo e che solo pel battesimo era divenuto un Cristo spirituale. Il mondo è però obbligato a siffatta eresia. Essa ci ha procurato il Vangelo di S. Giovanni, che questo grande Apostolo scrisse appunto per confutarla; il Vangelo di S. Giovanni, dico, il capo d’opera dell’ispirazione divina, di cui ogni tratto, ogni parola è una prova luminosa della divinità del Signore nostro. – Saturnio, Basilìde e Carpocrate (an. 488), non paghi di avere rinnovato la eresia di Cerinto, vi aggiunsero altre enormi stravaganze. Carpocrate in particolare, di mostro di lussuria, ne divenne maestro, proscrivendo il matrimonio tra i suoi seguaci ed affermando che l’anima, solo per poter gustare ogni genere di voluttà, si unisce al corpo. Perciò volle che tra i suoi fossero comuni le donne e che, dopo la cena, smorzatisi i lumi, ognuno si avvicinasse alla donna in cui si fosse alla cieca imbattuto; e questa orribile promiscuità dei sessi, da cui abborrono gli stessi bruti, chiamò la comunione mistica,- e così gettò le fondamenta della setta abbominevole degli gnostici (parola che significa i conoscenti), che si è in questi ultimi tempi riprodotta sotto il vocabolo di setta degli illuminati. – Valentino (an. 203) insegnò essere più dèi; Gesù Cristo aver portato la sua carne dal cielo; non aver fatto che passare, come per un canale, pel ventre di Maria; dalle lacrime del creatore esser nate tutte le sostanze create, e dal suo riso la luce. Volle comuni anch’esso le mogli: giacché la lussuria è stata la salsa più ordinaria di tutte le eresie. Proscrisse la verginità; e perché non ne rimanesse alcun esempio, bestemmiò che anche Gesù Cristo, anche gli Angioli hanno avute spose carnali. – Cardone, uno dei discepoli di Valentino, e Marcione, discepolo di Cardone, superarono nell’intrepidezza della bestemmia e della stravaganza i loro turpi maestri. Cardone si era contentato di ammettere due dèi, uno buono e l’altro cattivo. Marcione ne volle tre: uno visibile, l’altro invisibile, il terzo medio. Negò che il corpo di Gesù Cristo fosse un vero corpo umano. Insegnò che tutte le azioni sono indifferenti, e che la loro bontà o malvagità non dipende che dall’opinione degli uomini; e come era naturale ad aspettarsi, fece virtù del vizio, e del vizio virtù e poi disse che i sodomiti o Giuda son salvi, e tutti i patriarchi dannati. Quel Marcione che, come narra S. Girolamo, avendo un giorno incontrato in Roma S. Policarpo, vescovo di Smirne e poi martire, ed avendogli detto: Policarpo, mi conosci? S. Policarpo gli rispose: Ti riconosco pel primogenito del diavolo. – Taziano (an. 219) capo degli encratiti ossia astinenti, avendo ammesso egli pure, come Cardone, doe principi creatori, Dio e il demonio, disse che la donna e la vite sono state create dal demonio. Condannò adunque l’uso delle nozze e del vino: il perché i suoi scolari pretesero consacrare coll’acqua 1’Eucaristia. Ma Dioscoro. uno di loro, per calmare in alcun modo la collera delle donne, insegnò che anche il corpo dell’uomo dall’ombilico in giù è stato creato dal demonio, e solo la parte dall’ombilico in su è stata creata da Dio: Iniqua mentis asellus. – Ma se Taziano avea abbassato la donna sino all’ inferno, Montano (an. 220), capo dei catafrigi, la sollevò fino al cielo nelle persone delle sue feminette Priscilla e Massimilla, di cui fece due profetesse: e perché il loro esaltamento non pregiudicasse alla propria dignità, nel tempo stesso che proclamò profetessa la donna, ebbe la modestia di proclamarsi esso stesso lo Spirito Santo. Disse Gesù Cristo solo uomo per natura, ma per virtù superiore ai Profeti. Ove molti eretici han negato il Battesimo pei vivi, Montano battezzava anche i morti. Proclamò illecite al cristiano le nozze; e portò a tanto la crudeltà ed il sacrilegio che formava il pane da consacrarsi di farina impastata col sangue di un bambino di un anno, estortogli a forza di punture di ago. Ed è un esempio tremendo della miseria dell’uomo quando a sé stesso si abbandona, che anche il grande Tertulliano siasi lasciato sedurre da sì turpe e sì stravagante eresia! – Origene (an. 227), avendo perduto il cervello colla filosofia di Platone (chiamato dai Padri il patriarca di tutti gli eretici e il condimento di tutte l’eresie), disse ineguali le tre Persone divine, eterna l’origine dell’anima, temporanea la pena dei reprobi, possibile la salute eterna dei demonj. Novato (an. 254), negando esistere nella Chiesa la potestà di rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo, tolse ogni speranza al pentimento e non lasciò ai peccatori che la disperazione per conforto. – Elexeo (an. 267) ammise un Dio e due Cristi, uno superno, l’altro terrestre. Lo Spirito Santo, secondo questo matto bestemmiatore, non è stato che la sorella di Gesù Cristo e della stessa forma e statura, avendo tutti e due sei miglia d’altezza e ventiquattro di larghezza. Oh ragione umana! siffatte follie han trovato seguaci. – Sabellio (an. 261), ritenendo la parola trinità, ne negò il domma, dicendo che il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo non son che tre nomi, o vocaboli diversi di una sola e medesima persona. Da esso ebbero origine ì patripassiani, ossia coloro che hanno insegnato che il Padre Eterno ha patito ed è morto in croce sul Calvario. Prassea ed Ermogene furono di questa scuola; ma quest’ultimo aggiunse: il corpo di Gesù Cristo essere ora collocato nel sole, la materia eterna, e la promiscuità delle donne, domma prediletto di quasi tutti gli eretici. – Paolo Samosateno, che volle farsi adorare come un angelo (an. 269), fu però nelle dottrine e ne’ costumi un demonio. Non ammise in Dio che una sola persona; disse che Gesù Cristo non è stato che puro uomo, e che, pel solo profitto che fece nella virtù, conseguì la figliolanza divina; figliolanza di grazia però e non di natura, simile a quella onde tutti i giusti si chiamano figli di Dio. – Manete (an. 278) rinnovò la dottrina dei due principj coeterni e dei due dèi, l’uno buono e l’altro cattivo, che chiamò Socia o il principe della materia, e da esso disse creato il corpo dell’uomo. Perciò asserì esso pure, come Marcione, che Gesù Cristo non ebbe un vero corpo umano, ma apparente: ammise con Origene le anime coeterne a Dio: negò il libero arbitrio. Rigettò l’antico Testamento, come opera del Dio cattivo, ritenendo solo il nuovo, come opera del Dio buono. Abolì il Battesimo, ritenendo l’Eucaristia, ma da prendersi in un modo che il pudore e l’orrore non ci permettono d’indicare. Negò la risurrezione dei corpi; stabili il paradiso de’ suoi nella luna; e disse che il plenilunio accade quando le anime accorrono alla luna in gran moltitudine, e che cessa quando una barchetta viene a sollevar la luna dal peso di tanta gente per iscaricarla nel sole. E perché sapesse ognuno che egli avea imparate sì grandi e si belle cose a buona scuola, non mancò di proclamarsi per quello spirito paracleto che Gesù Cristo avea promesso di mandare sulla terra per farla felice: ciò che per altro non impedì al re di Persia di fare scorticar vivo Manete. I suoi seguaci adoravano gli elementi ed il demonio: ammisero la metempsicosi; si astenevano dal mangiar carne; condannavano l’agricoltura ed il matrimonio, affermando che l’anima di chi pianta un albero, dopo morte, rimane a questo stesso albero legata, e di chi prende moglie passa in corpo di donna. Non condannavano però l’uso legittimo del matrimonio che per abbandonarsi a sfoghi contro natura: perché sia vero che degli eretici anche l’astinenza e la castità sono sempre sospette. – Ario (an. 314) imparò da questi maestri, che lo avevano preceduto nel cammino della bestemmia contro Gesù Cristo. a negarne la divinità, dicendolo pura creatura, come disse lo Spirito Santo, creatura di Gesù Cristo. Eunomio ed Ezio, furono di questa setta; ma agli errori del maestro aggiunsero ancora queste altre bestemmie: in Dio esservi tre sostanze o nature diverse, come l’oro, l’argento e il bronzo; non esser necessarie le buone opere, ma bastare la sola fede per andar salvo; i vescovi e i semplici sacerdoti esser eguali. Esser vani i sacrifici pe’ defunti, né doversi osservare i digiuni, né le feste della Chiesa. Lutero rinnovò mille anni dopo gli stessi errori. Tra le sette innumerabili in cui si divise l’arianesimo (an. 361) vi fu quella ancora dei duliani, dalla parola greca dulion, che significa servo; perché, per disprezzo, così questi scellerati chiamarono Gesù Cristo. – Apollinare (an. 375), senza negare le divine Persone, le disse, come Origene, ineguali, chiamando grande lo Spirito Santo, maggiore il Figliuolo, massimo il Padre. E volendo alterare il domma dell’incarnazione, come avea fatto di quello della Trinità, insegnò che il Verbo, nel farsi uomo, prese un corpo senz’anima: che la carne stessa che prese da Maria era increata e dell’essenza della stessa Trinità: dal che fu strascinato a dire che Gesù Cristo anche nella divinità aveva patito e che il Verbo nell’incarnarsi erasi trasmutato in corpo ed avea cambiata natura. – Mentre però gli apollinaristi negavano, siccome il maestro, al Figliuolo un corpo umano e terreno, gli antropomorfiti (an. 393), uomini al pari di Vadio loro maestro, grossolani di mente, turpi di cuore, uman corpo attribuivano ancora al Padre, affermando che la divina natura ha figura e forma umana come abbiam noi. La storia delle eresie presenta un fenomeno singolare, ed è, che le sette che sembrano essersi meno delle altre allontanate dalle dottrine del Cattolicismo sono però quelle che più delle altre hanno odiato e perseguitato i Cattolici. Tali sono oggi i Greci scismatici e i giansenisti, che detestano la Chiesa Cattolica più degli stessi Turchi e Giudei. E tali furono già i donatisti (an. 408), le cui persecuzioni atroci contro al clero cattolico dell’Africa richiamarono la memoria di quelle di Nerone e Diocleziano. Questi settarj. ammettendo il Figlio al Padre consustanziale, lo fecero però minore del Padre. Ma non essendo giusto che i bestemmiatori di Gesù Cristo risparmiassero la Chiesa sua sposa, sostennero ancora che la vera Chiesa non esisteva che nel loro partito; che i sacramenti sono santi ed efficaci quando sono amministrati dai santi della loro tempra. Si legge di alcuni di loro che, avendo buttata ai cani la divina Eucaristia consacrata da un sacerdote cattolico, furono dagli stessi cani divorati. In fine, chiamavano martino il suicidio, o la morte violenta che si davan da sé o si facevan dare da altri: bene inteso però che vi si preparavano santamente coll’essersi saziati di ogni genere di lascivia, prima di andarvi: dimostrando così il nesso misterioso che vi è tra il contentare la carne ed odiare se stesso, tra la vita del bruto e la morte del disperato. – Nessuno però, in fatto di stravaganza e di empietà, andò in quest’epoca (an. 408) tant’oltre quanto Priscilliano. La sua dottrina fu un impasto mostruoso delle assurde e turpi bestemmie de’ manichei e degli gnostici. Disse il mondo creato dal demonio; le anime, della stessa sostanza di Dio: la Trinità essere solo nei vocaboli; il corpo umano composto secondo i dodici segni dello zodiaco; il mondo reggersi dal fato. Vietò il cibarsi delle carni degli animali, ma non fu nemico di altre carni, perché permise il divorzio ed osò di pregare tutto nudo in mezzo ad un branco di femmine, senza dubbio per rendere la sua preghiera più santa, più raccolta, più efficace e soprattutto più pura. Non bisogna separare da questi entusiasti della lascivia i messaliani. entusiasti dell’orgoglio, detti ancora sataniani, perché, ammettendo più dèi, ma non adorandone che un solo, rendevano però culto a Satanasso per non riceverne nocumento. Si chiamarono ancora euchiti o pregatori, perché sostenevano che il Battesimo non toglie i peccati, se non come il rasojo recide i peli della barba, lasciandone la radice, e che la preghiera è il solo mezzo di estirparli; e perciò pregavano buona parte del giorno. Spacciavano di ricevere, nel tempo della quiete o del sonno, rivelazioni dalla Trinità, delle quali ognuno faceva parte a’ compagui: poi tutto ad un tratto rizzatisi in piedi, incominciavano a cantar salmi, detti perciò ancora psallian: poi vedevansi tremare, danzare e saltare, diceano essi, sopra i demonj. – Questi matti sono stati i maestri ed i modelli dei quaccheri moderni. Dopo essere stato cotanto bestemmiato il Figlio di Dio, non poteva essere dagli eretici risparmiata la madre (an. 409-425); ed ecco Nestorio che, partendo dall’errore di Anastasio, che in Gesù Cristo vi erano due persone, l’una divina e l’altra umana, e che non fu egli sempre Dio, ma che la persona divina a lui si aggiunse per merito dopo la nascita, negò che la SS. Vergine si dovesse dire madre di Dio: degno però di morire colla lingua rosa de’ vermi. Ecco Elvidio negare a Maria la verginità dopo il divino suo parto, facendola Madre di quegli Apostoli che nel Vangelo sono detti fratelli del Signore, perché ne eran cugini. Ecco Gioviniano insegnare esso pure che Maria non restò vergine dopo aver dato alla luce Gesù Cristo; e poi aggiungere: uguale essere il merito della verginità e del matrimonio: uguali i peccati in malizia; uguali per tutti nel cielo le ricompense; e l’uomo che ha ricevuto con vera fede il Battesimo divenire impeccabile. Ed ecco infine Vigilanzìo, uomo corrottissimo, che, pensando che tutti i corpi dei cristiani e dei santi fossero cosi impuri ed immondi siccome il suo, dopo avere proscritto il celibato e derisa la verginità, negò il culto delle reliquie dei martiri, abolì come vana l’invocazione dei santi e della loro regina. A questa scuola hanno attinta la loro fede, nelle stesse materie, i luterani, i calvinisti, gli anglicani, degni discepoli di un sì edificante maestro! – Ma a completare l’istruzione de’ moderni eretici contribuirono anche altri antichi maestri. Tale si fu Pelagio (an. 402), che negò la trasfusione del peccato originale e però la necessità del Battesimo pei bambini affin di conseguire la vita eterna. Perciò asserì ancora che la concupiscenza, come pure la morte dell’uomo, è opera di Dio e non l’effetto del peccato; che la grazia altro non è che il libero arbitrio, e perciò può l’uomo adempire la legge di Dio senza quel soccorso soprannaturale che si dice propriamente grazia; in fine, che è inutile la preghiera, ed impossibile che un eletto pecchi anche volendo. – Mentre i pelagiani combattevan la grazia, Eutiche sorse ad attaccare di nuovo l’incarnazione. Disse che Gesù Cristo non ebbe carne simile alla nostra, ma carne portata dal cielo e fatta solo passare pel seno di Maria; che non fu egli altrimenti vero uomo, ma uomo in cui di due nature si formò una sola natura ed una sola persona; e perciò che in lui anche la divinità fu crocifissa. L’eresia di Eutiche però, come è proprio di tutte l’eresie, degenerò ben presto in molte altre. Poiché Giulio di Alicarnasso (an. 533) insegnò l’unica natura, sognata da Eutiche, essere stata in Gesù Cristo, sin dalla concezione, impassibile. – Temisto, capo degli agnoiti, sostenne (an. 066) che a quest’unica natura di Cristo molte cose furon dal Padre velate e nascoste. Gli armeni (an. 600) vi aggiunsero che la carne di Gesù Cristo era la carne della divinità, e che il corpo della divinità si consacra nella Eucaristia. In conseguenza di ciò adorano la croce con un sol chiodo fisso nel mezzo per indicare che la sola divinità fu crocifissa. I monoteliti finalmente, sull’autorità di Ciro vescovo e di Sergio monaco, dall’errore di una sola natura in Gesù Cristo tirarono la conseguenza che non vi era in lui che una sola volontà ed una sola operazione. Agli attacchi però contro l’incarnazione vennero subito appresso nuovi attacchi contro la Trinità e Dio stesso; perché nella religione cristiana tutti i misteri sono insieme legati come i fondamenti di uno stesso edificio. Filippo (an. 606), capo dei tritelli, insegnò che le tre divine persone sono tre dèi. Anastasio imperatore alle tre persone ne aggiunse una quarta, dicendo non doversi ammettere trinità, ma quaternità in Dio; e i venusiani, discepoli di Paterno, rinnovando le turpi assurdità di Dioscoro. insegnarono che Dio non ha creato l’uomo che dalla testa sino all’ombelico, e che il resto del corpo umano è opera del demonio: e che però basta conservarsi puro dal capo sino allo stomaco, e che, pel rimanente del corpo, abbandonare ad ogni libidine l’opera del demonio non è alcun male; dottrina comoda alla voluttà e che, come era naturale a succedere, non tardò ad avere tra la sentina dei voluttuosi molti seguaci. – Queste orribili dottrine foggiate dagli eretici intorno alla Trinità, a Gesù Cristo, alla pudicizia, divulgatesi per tutto l’Oriente, prepararono al maomettanismo la via, che, secondo l’osservazione giustissima di Leibnizio, è nato dall’arianesimo. Imperciocché dalla bestemmia di Ario, che Gesù Cristo non era Dio, avendo concluso Maometto (an. 626) che il figlio di Maria avea fallata la divina missione, si disse da Dio incaricato esso stesso per compierla, e si diede per un altro messia e pel maggiore dei profeti. Rimonta perciò ad Ario e suoi consorti nell’empietà il tristo vanto di avere nel maomettanismo, di cui gettarono il seme, partorita la più sporca, la più stupida, la più assurda, la più crudele di tutte le eresie. Comprese Maometto che una dottrina che lusinga la carne non può mancare di essere accolta con favore dalle passioni, principalmente se è sostenuta dalla spada. Perciò questo solenne impostore, colla spada in una mano e col codice della voluttà nell’altra, minacciando la morte e dando la impurità per morale in questa vita ed un luogo di prostituzione per paradiso nell’altra, si trasse dietro molti popoli dell’Asia, che le dottrine profondamente lascive, de’ manichei avevano sì bene iniziati per una religione voluttuosa; e riuscì facilmente a stabilire e propagare una setta che è stata il flagello e l’obbrobrio dell’umanità. – Nemmeno gl’imperatori cristiani d’Oriente, andarono affatto immuni dal contagio maomettano, e senza dichiararsi apertamente per Maometto adottarono non poche delle sue funeste dottrine. In fatti Leone isaurico imperatore (an. 715) fece coi maomettani a gara per distruggere in tutto l’impero il culto de’ santi, le immagini sacre e i cattolici che le veneravano; detto perciò iconomaco ed iconoclasta, ossia distruttore delle sacre immagini, e riguardato come padre legittimo dell’eresia dello stesso nome, che modernamente i calvinisti hanno rinnovata. – Ma un secolo dopo (anno 821) Michele Balbo, imperatore esso pure d’Oriente, fece dimenticare gli scandali con cui Leone avea macchiato la santità dell’impero, dando degli scandali ancora maggiori, insegnando, dall’alto del trono vana la dottrina delle pene eterne, fanatici i profeti, favolosi i demonj. Giuda il traditore essersi salvato; e per farsi più facilmente perdonare dalle passioni tante bestemmie, camminando sulle tracce di Maometto, insegnò ancora la fornicazione essere un atto indifferente. – Il secolo decimo fu un secolo d’ignoranza e di tenebre. Il sapere ristretto fra cherici e fra monaci, fra loro ancora contava pochi seguaci. Ma, come avverte il Bellarmino, la previdenza divina dispose che non nascessero allora novelle eresie; e nella barbarie de’ tempi il deposito della fede rimase puro ed intatto nel mondo cristiano. Gli scandali però di cui l’impero greco fu per più secoli il teatro avevano rallentato da un pezzo i legami della chiesa di oriente con quella d’occidente; e il clero greco, non meno che gl’imperatori, smanioso di sottrarsi da ogni censura, da ogni freno del sommo Pontefice, consumò nel secolo undecimo (an. 1048) quello scisma sciagurato di cui Fozio avea gettato le fondamenta nel nono, e che quattro secoli di tirannia musulmana, che dal 1452 gravitano su questo popolo infelice, par che non abbiano fatto espiare abbastanza. – Mentre questi errori accadevano in Oriente, in Occidente erano, come si è già notato, scorsi quasi tre secoli senza novelle eresie, e fu riservato a Berengario (an. 1058) il turbare questa .pace della Chiesa. Insegnò egli da prima che nell’Eucaristia non vi è il vero corpo e sangue di Gesù Cristo, ciò che poi hanno insegnato i calvinisti più tardi: che nell’Eucaristia col corpo del Signore rimane la sostanza del pane, dottrina rinnovata quindi dai luterani; infine, che il Battesimo non si deve amministrare che agli adulti, errore disotterrato quindi dagli anabattisti; e così quest’infelice eresiarca gettò le fondamenta del protestantismo moderno. Ma altri duci ancora più funesti e più audaci fornirono armi al protestantismo, e ne apersero e ne facilitaron la via. I principali furono i valdesi che, uniti agli albigesi, insegnarono: la sola Scrittura sacra avere autorità in materia di fede, e quello solo doversi ammettere delle dottrine dei Padri e delle decisioni dei concilj che è alla Scrittura conforme; come se la Chiesa cattolica abbia mai insegnato o preteso d’insegnare cosa contraria alla Scrittura! I sacramenti essere solamente due; il Battesimo e la Cena; l’Eucaristia doversi anche ai laici amministrare sotto ambe le specie, ed essi pure poterla consacrare. Le indulgenze essere inefficaci: i sacrifici, per le anime dei defunti, inutili; le dedicazioni delle chiese, le memorie dei santi, le feste, i digiuni, le cerimonie sacre, ritrovati del diavolo: di più dissero lo stato religioso un cadavere; i voti di castità un incentivo al vizio; ai preti doversi dar moglie; al sommo Pontefice non doversi alcuna obbedienza. Questi medesimi errori Giovanni Wicleffo li rinnovò in Inghilterra; Giovanni Uss e Girolamo di Praga in Boemia ed in gran parte della Germania; Ruisol in Olanda: aggiungendovi di più, l’anima morire col corpo, ed il Cristianesimo intero essere una follia. Ma i Fraticelli in Italia e Riccardo in Francia li condirono colla solita salsa del libertinaggio, agli eretici sì gradita, usando delle donne in comune dopo la cena e l’invocazione dell’almo spirito. Se non che Riccardo, aggiungendo alla bestemmia il delirio, si disse il Figlio di Dio per nome Adamo: d’onde gli Adamiti, che, a somiglianza di Adamo innocente, andavan nudi; e che, vantandosi figli di Dio, vivevan da bruti; salvo che, pria di servirsi di una donna, ne chiedevano ad Adamo licenza. Delirj, adunque, turpitudini, infamie, empietà di ogni genere: ecco le sole scoperte che in quindici secoli ha fatte, ecco le sole dottrine che ha insegnate 1’eresia, ed ecco a che è stata buona la ragione umana quando si è separata dall’autorità della Chiesa e dall’insegnamento della vera fede!
GNOSI: LA TEOLOGIA DI sATANA (49) – LA VERA E LA FALSA FEDE -IV-