CATECHISMO CATTOLICO A CURA DEL CARDINAL PIETRO GASPARRI (9)
PRIMA VERSIONE ITALIANA APPROVATA DALL’AUTORE 1932 COI TIPI DELLA SOC. ED. (LA SCUOLA) BRESCIA
Brixiæ, die 15 octobris 1931.
IMPRIMATUR
+ AEM. BONGIORNI, Vie. Gen
III.
CATECHISMO PER GLI ADULTI DESIDEROSI DI APPROFONDIRSI NELLA CONOSCENZA DELLA DOTTRINA CATTOLICA.
CAPO. IV.
Del Decalogo (*).
(*) Questi Comandamenti del Decalogo, da Dio stesso solennemente promulgati sul monte Sinai e da Gesù Cristo confermati e spiegati nella nuova Legge, devono da tutti essere imparati e con massima cura custoditi ed osservati. Questi divini Comandamenti, infatti, non solo tracciano ai singoli la via dell’eterna salvezza, ma sono nello stesso tempo il fondamento di ogni civile consorzio.
D. 187. Che cosa vuol dire: Decalogo?
R. Decalogo vuol dire dieci parole, ossia i dieci comandamenti che Dio diede a Mosè sul monte Sinai e che Gesù Cristo confermò nella legge nuova.
(Esod., XX, 2, 6; Matt., V, 17, 18; XIX, 17-20. — Questi comandamenti furono consegnati da Dio in mano a Mosè, scritti su due tavole. I tre primi comandamenti vengono chiamati comandamenti della prima Tavola; gli altri, comandamenti della seconda Tavola).
D. 188. Come si dividono i dieci comandamenti del Decalogo?
R. I dieci Comandamenti del Decalogo si dividono in modo che i tre primi riguardano Dio, mentre gli altri sette si riferiscono a noi stessi e al prossimo.
D. 189. Perché Dio ha premesso al Decalogo queste parole: Io sono il Signore Dio tuo?
R. Dio ha premesso al Decalogo queste parole: Io sono il Signore Dio tuo, per ammonirci ch’Egli, comeDio e Signore, ha il diritto d’imporre comandamenti, allacui osservanza siamo tenuti (Esod, XX, 2-6; Lev., XXVI, I; Deut., V, 6 e segg.; Cat. p. parr, p. III, c. II, n. 3).
SEZIONE la. — Dei tre primi comandamenti del Decalogo che si riferiscono a Dio.
Art. 1. — DEL PRIMO COMANDAMENTO DEL DECALOGO.
D . 190. Che cosa vieta Iddio nel primo comandamento del Decalogo: Non avrai altro Dio fuori che me?
R . Nel primo comandamento del Decalogo: Non avrai altro Dio fuori che me, Dio vieta che ad altri venga reso il culto a Lui solo dovuto (Esod, XX, 2-6; Lev., XXVI, 1; Deut, X, 6 e segg.; Cat. p. parr, p. I l i , c. I I , n. 3).
D . 191. Qual culto dobbiamo rendere a Dio?
R . A Dio, e soltanto a Dio, noi dobbiamo rendere il culto supremo, cioè il culto di adorazione.
D . 192. Perché dobbiamo rendere a Dio il nostro culto e adorarlo?
R . Dobbiamo rendere a Dio il nostro culto e adorarlo perch’Egli è il nostro creatore, il nostro provvido conservatore e il nostro ultimo fine.
D . 193. In qual modo dobbiamo noi rendere a Dio il nostro culto e adorarlo?
R . Noi dobbiamo rendere a Dio il nostro culto e adorarlo in quanto Creatore di tutte le cose, provvido conservatore, primo principio ed ultimo fine, e ciò — come la natura stessa, e più ancora la rivelazione ci suggerisce — mediante atti di religione tanto interni quanto esterni, il principale dei quali è il sacrificio, che a nessuna creatura può venir offerto.
D . 194. In qual modo si pecca contro il primo comandamento del Decalogo?
R . Si pecca contro i l primo comandamento del Decalogo:
1° con la superstizione, ossia l’idolatria, la divinazione, la vana osservanza, lo spiritismo, il quale ultimo si riduce in fondo, alla vana osservanza e alla divinazione;
2° con l’irreligione, cioè, con l’omettere Fatto di culto a cui siamo tenuti, col sacrilegio e con la simonia.
(L’idolatria è quella superstizione per cui il culto divino vien reso a una divinità immaginaria, alla creatura o al demonio. La divinazione, quella superstizione per cui, con l’aiuto del demonio, espressamente o tacitamente invocato, si cerca di scoprire il futuro o l’occulto. La vana osservanza, quella superstizione per cui, nell’intento di conseguire un dato effetto, si mettono in opera mezzi inefficaci, con espressa o tacita invocazione del demonio. Lo spiritismo, quella superstizione, per cui si comunica cogli spiriti malvagi, e si tenta, mediante il loro aiuto, di conoscere occulte cose. Il sacrilegio consiste nel trattare indegnamente una cosa o una persona sacra, oppure un luogo consacrato a Dio o al culto divino. La simonia implica un contratto, il cui oggetto consistendo in cose spirituali, o con queste connesse, ovvero in cose temporali con iscopo religioso, è proibito dal diritto naturale e divino, oppure da quello canonico).
D . 195. Dobbiamo noi rendere il culto anche ai Santi?
R . Anche ai Santi, e massimamente alla beata Vergine Maria, noi dobbiamo rendere un culto inteso ad onorarli e a propiziarci il loro patrocinio; questo culto però è d’ordine diverso ed inferiore, ossia è culto di venerazione (Cat. p. parr, p. III, c. II, n. 7 e segg.).
D . 196. Come si chiama il culto reso a Dio, ai Santi, alla beata Vergine Maria?
R . Il culto reso a Dio si chiama culto di latria, ossia di adorazione; quello reso ai Santi, culto di dulia, ossia di venerazione; quello reso alla beata Vergine Maria, culto di iperdulia, ossia di assai superiore venerazione.
(Il culto di latria è il culto dovuto soltanto a Dio, culto col quale l’uomo professa la propria sudditanza a Dio che ha il pieno e sommo dominio su tutte le creature. Il culto di dulia è il culto col quale veneriamo e onoriamo i Santi come creature care a Dio, figli e amici suoi, come membri di Gesù Cristo, e nostri intercessori presso Dio. La beata Vergine Maria poi, la quale è pur semplice creatura, ma come vera genitrice di Dio, è, al di sopra di ogni altra creatura, congiunta a Dio con ispecialissimo vincolo, viene anche onorata con culto speciale, che chiamasi di iperdulia. — S. Giov. Dam.: De imaginibus, oratio II, 5; III, 41).
D . 197. Dobbiamo noi inoltre venerare le reliquie dei Martiri e degli altri Santi che vivono con Cristo?
R . Noi dobbiamo inoltre venerare le reliquie dei Martiri e degli altri Santi che vivono con Cristo, perché i loro corpi, oltre ad essere stati vive membra di Cristo e tempio dello Spirito Santo, da Cristo aspettano di essere risuscitati e glorificati nella vita eterna; e perché a mezzo delle loro reliquie Dio elargisce agli uomini non pochi benefici. 0) (IV dei Re, 14; XIII, 21; Matt., IX, 20-22; XIV, 36; Atti, V, 15; XIX, 12; Conc. Niceno, II: De sacris imaginibus, actio VII; Conc. di Tr., sess. XXV, De invocatione…. Sanctorum.)
D . 198. Anche alle sacre immagini van dati l’onore e la venerazione che meritano?
R . Anche alle sacre immagini van dati l’onore e la venerazione che meritano, perché l’onore ad esse rivolto si rivolge ai prototipi da esse rappresentati: onde con quei segni di riverenza che ad esse indirizziamo, noi adoriamo Cristo stesso, e veneriamo i santi, di cui esse riproducono le sembianze (Conc. Nic. II, 1. c.; Conc. di Tr. 1. c , S. Cir. Aless.: In Psalm CXIII, 16).
D . 199. Ma allora in qual senso vietò Dio nell’Antico Testamento le immagine e le sculture?
R . Nell’Antico Testamento Dio non vietò in modo assoluto le immagini e le sculture; vietò soltanto che fossero proposte all’adorazione secondo l’uso dei gentili, e ciò per evitare che, onorandosi quasi come divinità quei simulacri, il vero culto di Dio venisse a soffrirne detrimento (Esod, XX, 4, 5; Deut, IV, 15-19; S. Tom, p. III, q. 25,
a. 3, ad I.um).
Art. 2. — DEL SECONDO COMANDAMENTO DEL DECALOGO.
D . 200. Che cosa proibisce Dio nel secondo comandamento del Decalogo: Non nominare il nome di Dio invano?
R . Nel secondo comandamento del Decalogo: Non nominare il nome di Dio invano, Dio proibisce qualsiasi
irriverenza nei riguardi del suo nome (Esod, XX, 7; Lev , XIX, 12; Deut, V, 11).
D . 201. Chi si rende colpevole di tale irriverenza?
R. Si rende colpevole di tale irriverenza chi pronunzia il nome di Dio senza giusto motivo e senza la debita venerazione, chi viola i voti emessi, chi presta giuramenti falsi, temerari ed ingiusti, e più di tutto chi proferisce bestemmie (Lev, XIX, 12; XXIV, 11-16; I V d. Re, XIX, 6 e segg. —
Il voto è una promessa deliberata fatta a Dio e il cui oggetto è un bene migliore. Il giuramento è l’invocazione del nome di Dio chiamato a riprova della nostra credibilità o a conferma di una nostra promessa; il giuramento è falso se quel che si asserisce non è conforme all’interno pensiero; temerario, se emesso in modo assoluto quando manchi invece ogni certezza soggettiva del patto; ingiusto, se nel giuramento assertorio è malvagia l’asserzione, o malvagia la promessa in quello promissorio. La bestemmia è un’espressione ingiuriosa verso Dio. Pio XI, nella Lettera al Vescovo di Verona, del 3 dic. 1924, così descrive la gravità della bestemmia deliberata: « La bestemmia sprezza in maniera oltremodo ingiuriosa la bontà di Dio, poiché, mentre va contro la fede che si professa, non solo contiene in sé la malizia dell’apostasia, ma ne spinge al massimo la gravità, sia con la detestazione del cuore, che con l’imprecazione della bocca. Qualora dunque la bestemmia venga scagliata in piena scienza e coscienza, appunto per quel suo contenuto, che è oltraggio perverso contro Dio stesso autore delle leggi, e implicita abiura della fede, essa è fra tutti i peccati il più grave, anche se ciò non apparisca esternamente dalla gravità degli effetti dannosi ».
D . 202 . Ci è pur vietato di prendere invano il nome dei Santi?
R . Ci è pur vietato di prendere invano il nome dei Santi, e specialmente della beata Vergine Maria, per la stessa ragione che ci obbliga ad onorarli.
Art. 3. — DEL TERZO COMANDAMENTO DEL DECALOGO.
D. 203 . Che cosa comanda Iddio nel terzo comandamento del Decalogo: Ricordati di santificare le feste?
R . Nel terzo comandamento del Decalogo: Ricordati di santificare le feste, Dio comanda che i giorni di festa, cioè quelli a Lui sacri, vengano celebrati col culto divino, tralasciandosi gli affari e i lavori corporali (Esod, XX, 8; XXXI, 13; Deut, V, 12-15).
D . 204. Quali erano i giorni di festa nell’Antico Testamento?
R . Nell’Antico Testamento vi erano non pochi giorni di festa, ma il più importante era il giorno del sabbato, chiamato sabbato precisamente perché quello stesso suo nome dava a significare il riposo necessario al culto divino.
D . 205. Perché nel Nuovo Testamento il giorno del sabbato non viene osservato?
R . Nel Nuovo Testamento il giorno del sabbato non viene osservato perché la Chiesa l’ha sostituito con quello della domenica, in onore della Risurrezione di Gesù Cristo e della discesa dello Spirito Santo nella Pentecoste; alla domenica la Chiesa ha aggiunto altre feste ( 2).
(2) I l comandamento concernente l’osservanza del sabbato, qualora si guardi al tempo assegnato, non fu nè fisso nè costante, bensì mutevole, né aveva carattere morale, ma solo cerimoniale; qualora, invece, si guardi alla sostanza stessa, quel comandamento ha in sé qualcosa d’attinente alla morale e al diritto di natura. Quanto poi all’epoca in cui andava tolta l’osservanza del sabbato, quella fu in cui sarebbero state abolite tutte le altre osservanze e cerimonie del culto ebraico, cioè la morte di Cristo. — Cat. p. parr, p. III, c. IV , n. 4 e segg.)
D. 206 . A che cosa dunque siamo tenuti presentemente riguardo alla santificazione dei giorni di festa?
R. Riguardo alla santificazione dei giorni di festa, siamo tenuti presentemente a santificare, a quel modo che la Chiesa comanda, le domeniche e gli altri giorni di festa da essa prescritti (Più oltre, alle DD. 243 e segg., verrà esposto quanto riguarda i giorni di festa da santificarsi a norma del comandamento della Chiesa).