LA FESTA DI CRISTO-RE (1)
R. P. Edouard HUGON, o. P.
MAESTRO DI TEOLOGIA PROFESSORE DI DOGMATICA AL COLLEGIO PONTIFICIO « ANGELICUS » DI ROMA E MEMBRO DELL’ACCADEMIA ROMANA DI S. TOMMASO D’AQUINO
LA FESTA SPECIALE di GESÙ-CRISTO RE
QUINTA EDIZIONE Rivista ed accresciuta.
PARIS (VIe) PIERRE TÉQUI, LIBRAIRE-ÉDITEUR 8a, RUE BONAPARTE, 83 1938
APPROBATIONS
Visto ed approvato
Roma, Angelicus, li 10 aprile 1927.
Fr. Ceslas PABAN-SEGOND, O. P. Maître en S. Théologie.
Fr. Réginald GARRIGOU-LAGRANGE, O. P. Maître en S. Théologie.
PERMESSO DI STAMPA:
17 aprile 1927. Bonaventura GARCIA DE PAREDES. Mag. Gen. Ord. Frnt. Prædic.
IMPRIMATUR:
Parisiis, die 5 a decembris 1927. V. DUPIN, v. g.
PREFAZIONE
È in risposta al desiderio ed all’invito del Sommo Pontefice Pio XI, che abbiamo deciso di affrontare questo tema per il grande pubblico. Il Papa ha voluto procedere con quella maturità e quella saggezza che caratterizzano gli atti del suo Pontificato, chiedendo che la festa di Gesù Cristo Re fosse preparata con un movimento di opinione cattolico. “Il Santo Padre – scriveva nel 1924 Sua Eminenza il Cardinale Laurenti al signor Georges de Noaillat – ha giudicato il progetto molto bello, molto grande, molto opportuno. Proprio per la sua importanza, questo progetto è una realizzazione degna, grandiosa, epocale, che scuote gli animi…. Per ottenere questa preparazione, è necessario agitare, propagare la questione a parole e per iscritto, con scritti per gli studiosi, con scritti popolari… Tale preparazione sarebbe coronata da un atto solenne del Papa, che troverebbe il mondo pronto ad apprezzarne il significato (Cfr. Nouvelles Religieuses, aprile 1924, e la rivista Regnabit, 1924, pp. 197, 198). » Ci è stato molto gradito entrare in queste considerazioni del Capo supremo della Chiesa, e, per procedere con la chiarezza e l’ordine desiderati, abbiamo cercato di mostrare che Gesù Cristo è veramente Re; quindi, come e in quale veste sia Re e come la sua regalità sia universale e si estenda a tutte le nazioni e società; come sia sovranamente importante proclamare questa verità nel nostro tempo, il cui crimine capitale è l’apostasia ufficiale degli Stati e dell’opinione pubblica; infine, che uno dei modi più efficaci per rimediare a questa iniquità, per combattere il secolarismo e per rivendicare i diritti di Dio, sia l’istituzione di una festa speciale di Gesù Cristo, Re universale delle nazioni e delle società, in una parola di tutte le creature. – Abbiamo avuto la grande consolazione di vedere come l’Enciclica Quas primas confermasse questi insegnamenti e che la liturgia della festa li traducesse in una forma adatta a tutte le intelligenze. – Così teologia e liturgia hanno unito le loro voci per cantare lo stesso inno di lode, lo stesso inno d’amore a Cristo Re; e queste sono le armonie che abbiamo voluto far emergere in questa nuova edizione.
CAPITOLO PRIMO
GESÙ-CRISTO È VERAMENTE RE
Si può dire che tutti i testi messianici, nello stesso momento in cui predicono il Cristo futuro, affermano la sua regalità universale. « Non c’è uno dei profeti, dice il cardinale Pie, non c’è uno degli Evangelisti e degli Apostoli che non gli assicuri la sua qualità e le sue attributi di re (Cfr. il ben documentato libro di p. THÉOTIME DE SAINT-JUST, La regalità sociale di Gesù-Cristo, secondo il cardinale Pie, p. 23). Lo citeremo ancora più di una volta). – Già la Genesi annuncia che le nazioni della terra saranno benedette in Lui e che Egli sarà atteso dalle nazioni; i Numeri dicono che da Giacobbe uscirà il vero dominatore (Gen. XII, 2, 3; XXIII, 17; XXVI, 4; XLIX, 8). I Salmi cantano questa dignità. Il Salmo II rappresenta il Messia come una Persona distinta dal Padre a cui il Padre parla e che Egli genera come suo vero Figlio: Dominus dixit ad me; Filius meus es tu, ego hodie genui te; e allo stesso tempo come Persona divina, eterna, onnipotente, che esercita la regalità su Sion e la cui eredità sono tutte le nazioni della terra: Postula a me, et dabo tibi gentes hæreditatem tuam. Il salmo CIX esalta nel Messia il Signore di Davide, uguale a Dio Padre nella potenza regale, poiché Egli siede alla sua destra e deve un giorno regnare sui suoi nemici, che sono diventati lo sgabello dei suoi piedi. Il Salmo LXXI descrive le prerogative di questa regalità, che è eterna, cum sole et ante lunam, ed universale, fino ai confini della terra. I Profeti annunciano Colui che è nato bambino e che è Dio e Principe della Pace, che è Re, con un immenso impero: Deus Fortis e Princeps pacis … Multiplicabitur ejus imperium (ISAI., IX, 6-7). È questo stesso regno che Daniele predice quando parla della piccola pietra che rompe la colossale statua, diventa una montagna gigantesca e riempie tutta la terra (Dan., II, 34 ss.), e cioè che il regno di Cristo deve sostituire gli imperi terreni. Sant’Agostino esclama a questo proposito: « Non sorprende che i Giudei non abbiano riconosciuto quella che disprezzavano come la piccola pietra giacente ai loro piedi; quelli che piuttosto ci stupiscono sono coloro che si rifiutano di riconoscere una tale montagna (S. Agostino, Enarrat. 1n ps. XLV, 12; P. L., XXXVI, 522). Altri profeti, come Zaccaria, celebrano le virtù di questo Re, che viene con giustizia, mitezza ed in povertà a salvare il suo popolo: « Ecce rex tuus venit tibi justus et salvator, ipse pauper » (Zacc. IX, 9). È stato quindi giustamente detto che la regalità di Gesù Cristo è come la spina dorsale dell’Antico Testamento, così come la figura benedetta del Salvatore domina entrambi i versanti della storia. – Il Nuovo Testamento lo afferma con ancora più forza. I Vangeli sinottici sottolineano questa dignità regale. L’angelo che annuncia la nascita alla Beata Vergine le dice: “Il Signore gli darà il trono di Davide suo padre, ed Egli regnerà per sempre nella casa di Giacobbe” (Lc. I, 32). Cristo esercita questa potenza suprema in vari modi: perfeziona la Legge, che è di istituzione divina (Mt., V, 7); è il Padrone del sabato, che è anche di diritto divino (Mt., IX, 15); con una sola parola perdona i peccati con la sua stessa virtù (Luc. V, 17-26); Egli diffonde il suo dominio su tutto il creato, sia materiale che spirituale, come spiega meravigliosamente S. Tommaso (S. Thom., IIIa, q. 44), e gli Angeli stessi che sono suoi sudditi, hanno l’onore di servirlo (Luc., II, 13. Matth.,11; XXVI, 53). Prima di ascendere al cielo, disse ai suoi apostoli: « Mi è stato dato ogni potere in cielo ed in terra. Andate ed insegnate a tutte le nazioni » (Matteo, XXVIII, 18-19). – Si vedrà qui il carattere pubblico e sociale di quest’autorità: poiché Egli ha tutto il potere, le nazioni, tutte le nazioni, sono tenute a sottomettere docile la loro mente alla sua dottrina, e la loro vita alla sua morale e alle sue leggi, che derivano dal Battesimo, baptizandes … – San Giovanni, nel prologo del suo Vangelo, gli attribuisce il potere regale e divino di rigenerare e divinizzare i figli di Dio; e poi riporta la risposta di Gesù alla domanda di Pilato: Sei Tu dunque re? – « Tu l’hai detto », risponde Gesù. “Il Cardinale Pie sottolinea che questa risposta è fatta con tale accento di autorità che Pilato, nonostante tutte le rimostranze dei Giudei, consacra la regalità di Gesù con una scritta pubblica ed un segno solenne (op. cit. p. 23-24). A questo proposito, il Vescovo di Poitiers fa sue le magnifiche parole di Bossuet: « Che la regalità di Gesù Cristo sia promulgata nella lingua ebraica, che è la lingua del popolo di Dio, nella lingua greca, che è la lingua dei dotti e dei filosofi, e nella lingua romana, che è la lingua dell’impero e del mondo, la lingua dei conquistatori e dei politici. Ora avvicinatevi, o Giudei, eredi delle promesse; e voi, o Greci, inventori delle arti; e voi Romani, padroni della terra: venite a leggere questa scritta mirabile: inginocchiatevi davanti al vostro Re. » – Nella sua Rivelazione, San Giovanni chiama Gesù il Principio e la Fine, il Re dei re, il Signore dei signori, il Giudice supremo, che dona a ciascuno secondo le sue opere (APOC, I, 18; IV, 9-10;VI, 10;III, 7; XXII, 13;XVII, 15;XIX. 16). San Paolo (Philipp.. II; Rom., VIII 31;Hébr., I) predica sia la divinità di Cristo che la sua potenza regale: Colui che ha la forma e la natura di Dio, che è il Figlio di Dio stesso, ha il dominio universale: e per diritto di eredità, perché è erede costituito di tutte le cose in virtù dell’unione ipostatica; e per diritto di merito, perché è esaltato per essersi umiliato; e per diritto di conquista avendo acquisito la sua Chiesa a prezzo del suo sangue: Regere Ecclesiam Dei, quam acquisivit sanguine suo (Àct., XX,28. ). L’importanza di questo testo per stabilire la divinità e la regalità di Cristo non può essere abbastanza sottolineata: chi ha acquisito la Chiesa è DIO, e il suo sangue è il sangue di DIO, così come la sua Chiesa è la Chiesa di DIO. Riunendo i vari titoli di Cristo, l’Apostolo conclude: OPORTET illum regnare, deve essere re (I Cor., XV, 25, 27).
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La tradizione patristica lo ha affermato fin dall’inizio con la stessa energia. San Giustino, nel suo Dialogo con Trifone, mostra ai Giudei che Cristo è il Signore che si è manifestato nell’Antico Testamento, il sovrano che governa con perfetta preveggenza (Cf. JUSTIN, Dialog. Cum Tryphone, P. G.,VI, 600, 620) Allo stesso modo, sant’Ireneo stabilisce, contro gli gnostici, che Cristo è il principio e la fine di tutte le cose, Colui che consola il suo popolo afflitto e si prende cura di esso lui come padrone. (Cf. IREN., Cont. Hæres., lib. IV, c. Xll; P. G.,VII, 1095). – Tra le tante testimonianze della Chiesa latina, basta citare questo passo di sant’Ambrogio: « Il titolo è giustamente posto sulla croce, perché sulla croce si irradiava la maestà del Re Gesù: supra crucem tamen Régis majestas radiabat (S. AMBROS., Exposit. In Luc, X, P. L., XV, 1925). » La Chiesa siriaca ci dice per bocca del suo dottore Sant’Efrem che Cristo è il Re pacifico il cui scettro è la croce. Egli innalza questa croce come un ponte sulla morte, attraverso il quale le anime passano dalla regione della morte alla regione della vita: Tibi gloria! Qui CRUCEM TUAM PONTEM EXSTBILISTI SUPER MORTEM, ut per eum transeant animæ eregione mortis in regionem vitæ (EPHRAEM, édit. LAMY, t, I, p. 138. — Cf.t. II, p. 578). » La Chiesa di Alessandria spiega, con San Cirillo, che il Salvatore è davvero Re: non ha negato davanti a Pilato questa suprema regalità, ha fatto solo capire che il suo impero è di un altro ordine, che non è imposto dalla violenza o stabilito in modo umano, ma che viene dalla sua stessa natura e si estende su tutto il creato: « Creaturarum omnium dominatum non per vim extortum nec aliunde invectum, sed essentia sua et natura (S. CYR1LL. ALEXANDR., In Joant lib.XII; P. G., LXXI V, 622. 23). » – La liturgia celebra frequentemente questo titolo di Re; nel Te Deum, saluta il Re della gloria, tu rex gloriæ, Christe; nelle antifone dell’Avvento, il Re delle nazioni, O rex gentium; nell’lnvitatorio, il Re degli angeli, il Re degli apostoli, il Re dei martiri, ecc. e, nella festa del Santissimo Sacramento, Cristo Re, Sovrano delle nazioni: Christum Regem dominantem gentïbus….
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Le ragioni teologiche sono evidenziate da San Tommaso. Il grande Dottore dedusse la regalità da queste parole del Simbolo: Cristo è seduto alla destra del Padre… « Sedersi alla destra del Padre significa condividere con il Padre la gloria della divinità, la beatitudine e il potere giudiziario; e questo in modo immutabile e regale: et hoc immutabiliter et REGALITER (S. THOM., IIIa, q. 58, a. 2). “Egli possiede questa dignità come Dio, è manifesto, ma anche come uomo per l’unità della Persona; è per questo che noi onoriamo con uno stesso onore il Figlio di Dio con la natura umana che Egli si è unita (lbid.,a. 3.). – Dappertutto nella Scrittura Cristo è rappresentato come il Giudice supremo, e lo stesso Salvatore afferma che il Padre gli ha dato questo potere di giudicare: Pater omne judicium dédit Filio (Joan., V, 22). Il potere giudiziario, dice San Tommaso, deriva dalla dignità regale: « Judiciaria potestas consequitur regiam dignitatem ». Quindi, se Cristo è Giudice, è Re costituito da Dio. (IIIa, q. 50, a. 4, nd. 1.26) Questa conclusione, inoltre, emergerà con piena evidenza dalle considerazioni che seguono.
CAPITOLO II
IN CHE MODO E A QUAL TITOLO GESÙ CRISTO È RE
Tutti i teologi (V. commentatori di San Tommaso, III, P.) concordano che Nostro Signore non ha esercitato in questo mondo l’ufficio di re temporale, né in Giudea né in altre contrade, né è stato incaricato di dirimere controversie tra individui, come Egli stesso dichiara: « Homo, quis me constituit judicem aut divisorem inter vos (Luc. XII, 14)? » – D’altra parte, è evidente che Gesù Cristo, in quanto Dio, è Signore e Re di tutte le cose, per il fatto stesso che tutto è stato fatto da Lui e tutto sussiste in Lui, in cielo e in terra, nel mondo visibile e invisibile (Col. I, 16). – Si riconosce inoltre che anche come uomo, Egli ha, almeno, una regalità spirituale su tutti gli individui e tutte le società: questa è la conclusione immediata dei già citati testi della Scrittura e della Tradizione, che chiamano Gesù Cristo Re, Sovrano delle nazioni, Re dei re, Signore dei signori, ecc. – La questione è sapere se come uomo avesse il dominio dell’intero universo e se fosse il Re temporale di tutti i re e di tutti gli imperi. – Qui la soluzione non è stata unanime: scrittori di grande fama, come il B. Bellarmino Tolet, Sylcius Billuart, ecc. rispondono negativamente, mentre la risposta affermativa già insegnata da San Tommaso e Sant’Antonino, validamente difesa dalla teologia di Salamanca, diviene sempre più comune nella nostra epoca (Cf. BELLARM., de Rorn. Pont., cap. iv et v; TOLET. SYLVIUS, in IIIa, q. Billuart, de Justitia, 4 diss. III, art. VI; SALMANT., de ïncarn., diss. XXXII, dub. II). – Una festa liturgica non dovrebbe basarsi su dottrine controverse, ed è noto che in passato già l’approvazione del culto del Sacro Cuore è stata ritardata perché dei sostenitori partigiani volevao basarla sulla discutibile teoria che il cuore è l’organo delle passioni. – Ma sembra che ai nostri giorni sia possibile evitare le polemiche e arrivare ad una reale certezza ponendo la questione sotto suo il suo vero punto di vista. – I teologi che lo negano o ne dubitano lo considerano in modo troppo ristretto, le loro argomentazioni dimostrano solo che Nostro Signore non è un sovrano terreno come i re di questo mondo, e che non esercita esteriormente il suo potere reale e il suo sovrano dominio. – Altri sono rimasti impressionati da questo sofisma: se Nostro Signore avesse un potere diretto sui re e sugli imperi, lo avrebbe anche il Papa, il che è chiaramente insostenibile. – È facile rispondere, con la teologia di Salamanca: non tutto il potere spirituale di Cristo passa al suo Vicario, per esempio il potere di istituire i Sacramenti o di modificare la costituzione della Chiesa; e, quindi, anche se il Papa non ha un potere diretto sugli Stati, Cristo può averlo, completo e assoluto se gli conviene, a motivo della stessa unione ipostatica. – Questo è il vero principio che deve essere invocato per risolvere il problema: bisogna sempre considerare ciò che questa unione sostanziale comporti in termini di diritti e prerogative nel Cristo intero. Non basta quindi confessare che Nostro Signore come Dio è Re, perché dubitare di questo significherebbe dubitare della sua divinità; ed è troppo poco dire che come uomo è solo un re spirituale, perché questo sarebbe limitare una regalità che la Scrittura e la Tradizione gli attribuiscono senza alcuna riserva. Consideriamo la questione in un modo più alto e più universale e diciamo: il Cristo tutto intero, questo Redentore, questo Salvatore benedetto, che sussiste nelle sue due nature, la natura divina e la natura umana, è il Re in assoluto, sia per l’ordine temporale che per l’ordine spirituale, senza alcuna restrizione. – I testi già citati suggeriscono questa soluzione. Colui che dice: Tutto il potere mi è stato dato in cielo e in terra, è il Cristo nella sua doppia natura, il Cristo visibile che conversa con gli Apostoli. Ora nulla è escluso dal suo impero, che è assoluto sia in terra come in cielo. Il Cristo si è definito Giudice e quindi anche Re, perché che Egli è il Figlio dell’uomo: Judicium facere, quia Filius hominis est (JOAN., V, 27.). – È nello stesso senso che parla San Paolo: “Omnia subjecta sunt ei, sine dubio, præter eum qui subjecit ei omnia” (I Cor., XV, 27.). Tutto nell’ordine temporale, come nell’ordine spirituale, tutto tranne il Padre, è soggetto a Lui. Questo è il Cristo, non solo nell’ordine divino, secondo il quale non ha bisogno che il Padre gli sottometta le creature, ma ancora nella sua natura umana, a motivo della quale può ricevere l’impero dell’universo. – San Pietro, per glorificare il Salvatore, che ha sofferto e che è risorto, gli attribuisce questo dominio sovrano su tutto, hic est Dominus omnium, insieme al potere giudiziario: constitutive est a Deo judex vivorum et mortuorum (Act., XV, 36, 42). – Nell’Apocalisse, Cristo, chiamato Re dei re e Signore dei signori, senza restrizioni e in qualsiasi ordine i governanti possano comandare, è il Redentore nella sua duplice natura: la natura divina, poiché il suo nome è il Verbo di Dio; la sua natura umana, poiché la sua veste è coperta del suo sangue (Apoc, XIX. 13, 16). – I Padri che abbiamo citato attribuiscono la regalità universale al Cristo visibile, che è stato sospeso sulla croce per salvarci. – La liturgia ( « O rex gentium… veni et salva hominem quem de limo formasti. » – Ant. O dell’Avvento) saluta il Salvatore come Re delle nazioni nella sua duplice natura, per cui unisce Dio e l’uomo, e conclude : Vieni a salvare l’uomo che hai formato dal limo, cioè a dire, salvate per le sofferenze della vostra natura umana, l’uomo che avete creato in virtù della vostra natura divina. – Così, per conservare i testi della Scrittura e della Tradizione nella loro pienezza, è necessario confessare che Nostro Signore tutto intero con la sua duplice natura è Re assolutamente, senza restrizioni, Re di tutti gli uomini e di tutto l’universo. – Se Nostro Signore ha detto che il Suo regno non è di questo mondo, voleva dire che il Suo potere non ha origine da qui sotto e non è esercitato in modo mondano; non ha negato di essere il vero sovrano di questo mondo, Lui che ha anche detto: Tutto il potere mi è stato dato in cielo e in terra. Abbiamo già suggerito la vera ragione teologica, il cui valore probatorio ci sembra inconfutabile. Come Cristo, in virtù dell’unione ipostatica, merita un tale onore che tutte le creature, uomini o Angeli, debbano adorarlo interamente con la sua santa umanità, così come Egli ha diritto, in virtù della stessa unione, a tale potere e sovranità, che tutte le creature devono obbedirgli anche secondo la sua natura umana e sottomettersi a Lui sotto ogni aspetto, senza eccezioni. – Questo solo titolo dell’unione ipostatica conferisce così al Cristo tutto intero la regalità su tutto l’universo, anche se non l’ha esercitata durante la sua vita mortale. – È così che parla infatti San Tommaso: « Cristo, pur essendo stato costituito re da Dio stesso, non ha voluto avere sulla terra l’amministrazione temporale di un regno terreno. » (IIIa, q. 59, a 4, ad 1.) Il Dottore Angelico afferma qui tre cose: – 1° che Nostro Signore, anche nell’ordine temporale, aveva ricevuto da Dio la qualità di vero Re; – 2° che non ha avuto, durante la sua vita quaggiù, l’esercizio o l’amministrazione di questo potere; -3° che, se non l’ha esercitato, è perché Egli non ha voluto fare uso di questo potere e di questo diritto. – Nei confronti degli uomini, egli è Re ad un titolo particolarmente dolce, cioè il diritto di conquista e di redenzione, in virtù della sua grazia capitale. È con buona ragione che ci chiamiamo populus acquisitionis (I PETR., II, 9), così come si è acquistato la sua Chiesa a prezzo del suo sangue, quam acquisivit sanguine suo. L’Apostolo ha stabilito con invincibile eloquenza questo dominio reale e sovrano del Salvatore su ciascuno di noi: poiché Egli ci ha riscattati a tale prezzo, non siamo più nostri, non possiamo più venderci e renderci schiavi degli uomini: « Non estis vestri: empti enim estis pretio magno » (I Cor., VI, 19-20.). – « Pretio empti estis, nolite fieri servi hominum. » (Rom. VII, 23). » Questo è anche ciò che ci ricorda San Pietro: « Sappiate che siete stati riscattati, non con oro o argento corruttibile, ma con il sangue dell’Agnello immacolato, il Cristo immacolato » (I Piet. I. 18,19). » – San Giovanni nell’Apocalisse, riunisce questi due titoli e questi diritti di eredità e di conquista, e celebra il Principe dei re della terra, che ci ha amato e ci ha lavato dai nostri peccati nel suo sangue (Apoc. I, 5). Per questo motivo, l’enciclica dichiara espressamente che il potere reale in senso stretto deve essere rivendicato per il Cristo uomo. Aggiunge che sarebbe un grave errore contestare al Cristo uomo il dominio sulle questioni civili. Il Papa insiste sulla ragione che abbiamo appena sviluppato: il solo titolo dell’unione ipostatica esige che tutte le creature, Angeli e uomini, gli obbediscano e siano soggetti al suo impero (Act. Apost. Sedis, 596, 598, 599). L’enciclica sottolinea poi il titolo di conquista in virtù della redenzione.