SALMO 146: LAUDATE DOMINUM, quoniam bonus
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME TROISIÈME (III)
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 146
Alleluja.
[1] Laudate Dominum, quoniam bonus
est psalmus; Deo nostro sit jucunda, decoraque laudatio.
[2] Ædificans Jerusalem Dominus, dispersiones Israelis congregabit;
[3] qui sanat contritos corde, et alligat contritiones eorum;
[4] qui numerat multitudinem stellarum, et omnibus eis nomina vocat.
[5] Magnus Dominus noster, et magna virtus ejus; et sapientiæ ejus non est numerus.
[6] Suscipiens mansuetos Dominus; humilians autem peccatores usque ad terram.
[7] Præcinite Domino in confessione, psallite Deo nostro in cithara.
[8] Qui operit caelum nubibus, et parat terræ pluviam; qui producit in montibus fœnum, et herbam servituti hominum;
[9] qui dat jumentis escam ipsorum, et pullis corvorum invocantibus eum.
[10] Non in fortitudine equi voluntatem habebit, nec in tibiis viri beneplacitum erit ei.
[11] Beneplacitum est Domino super timentes eum, et in eis qui sperant super misericordia ejus.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO CXLVI.
Esortazione a lodare Dio, perchè benefico, sapiente, potente, provvido, giusto e in scicordioso.
Alleluja. Lodate Dio.
1. Lodate il Signore, perché buona cosa è il salmo: diasi al nostro Dio laude gradevole e conveniente.
2. Il Signore, che edifica Gerusalemme, radunerà i figliuoli d’Israele dispersi.
3. Egli è che risana i contriti di cuore, e fascia le loro piaghe.
4. Egli, che conta la moltitudine delle stelle, e tutte le chiama pel loro nome.
5. Grande il Signore Dio nostro, e grande la potenza di lui; e la sua sapienza non ha misura.
6. Il Signore è difensore de’ mansueti, ma umilia fino a terra i peccatori.
7. Cantate inni al Signore con rendimento di grazie; celebrate le lodi di lui sulla cetera.
8. Egli, che il cielo ricopre di nuvole, e alla terra prepara la pioggia.
Egli che produce su’ monti il fieno, e gli erbaggi per servigio dell’uomo.
9. Egli, che dà il loro cibo a’ giumenti, e a’ teneri corvi che lo invocano.
10. Ei non fa conto della forza del cavallo, né che l’uomo stia ben in gambe,
11. Il Signore si compiace di que’ che lo temono, e di que’ che sperano nella sua misericordia.
Sommario analitico
Questo salmo, che si crede molto probabilmente aver rapporto con il ritorno dalla cattività, quando furono ricostruite le mura di Gerusalemme, può dividersi in tal sorta:
I. – Il salmista invita tutti gli uomini a lodare Dio, perché la loro lode è:
1° utile.
2° gradita a Dio.
3° conveniente e degna della sua grandezza (1)
II. – Egli espone la materia di questa lode ed enumera i motivi che ne fanno un dovere:
1° la bontà e i benefici di Dio nei riguardi del suo popolo prigioniero: Egli ha ricostruito Gerusalemme, radunato i suoi resti dispersi, guariti i malati e fasciate le loro piaghe (2, 3);
2° la potenza e la saggezza che fa brillare nei cieli (4, 5);
3° la sua misericordia e la sua bontà nei riguardi degli umili, la sua giustizia severa nei riguardi dei peccatori (6);
4° la sua provvidenza, a) che prepara le nubi per inviare alla terra la pioggia necessaria alla sua fertilità (7, 8); b)che produce l’erba necessaria agli animali ed il nutrimento che ognuno di essi reclama; c) che protegge gli uomini che, invece di confidare i mezzi umani, mettono tutta la loro speranza in Lui (10, 11).
Spiegazioni e considerazioni
I. — 1.
ff. 1. – Più in alto, nel salmo CXLIV, il Profeta ha proclamato che il Signore era grande e degno di lodi infinite. Qui, è questo medesimo atto di lode che egli dichiara essere buono, è il canto dei salmi che egli ci mostra essere come una sorgente inesauribile di grazie. Esso distacca l’anima dalla terra, le dà delle ali che abbracciano, la tiene ad incomparabili altezze (S. Chrys.). – E come la nostra lode sarà gradita al nostro Dio? Se noi lo lodiamo con la santità della nostra vita. Ascoltate la Scrittura, alfine di riconoscere che questo tipo di lode gli sarà gradita. In altra luogo è detto: « Non è bella la lode sulla bocca del peccatore. » (Eccl. XV, 9). Se dunque la lode non è bella nella bocca del peccatore, essa non è accetta a Dio; perché ciò che è gradito è ciò che è bello. Volete dunque una lode che sia gradita a Dio? Non ponete contrasto tra i vostri santi cantici ed i vostri cattivi costumi. « Che la nostra lode sia gradita al nostro Dio. » Cosa ha detto con ciò il profeta? Voi che lodate Dio, vivete santamente. La lode degli empi, offende Dio. Egli fa attenzione più alla vostra vita, che al vostro canto. Sicuramente, voi desiderate essere in pace con Colui che voi lodate; come dunque potreste cercare di essere in pace con Lui, quando siete in contraddizione con voi stessi? Come – mi direte – io sono in contraddizione con me stesso? La vostra lode risuona in una maniera e la vostra vita in un’altra. « Che la nostra lode sia gradita al nostro Dio. » In effetti, la lode può essere piacevole per un uomo che ascolta la lode di una lusinga fatta con voce dolce, con parole armoniose e finemente preparate; ma … la lode sia gradita al nostro Dio, le cui orecchie sono aperte non alla bocca, ma al cuore, non al linguaggio, ma alla vita di colui che loda. (S. Agost.).
II. — 2-11.
ff. 2-3. – Noi abbiamo gran soggetto nel lodare il Signore, dacché Egli ha costruito la Gerusalemme della terra, che è per noi la Chiesa, ed ancora più la Gerusalemme del cielo, che è il possesso di Se stesso. È scritto che Gesù, doveva morire non solo per la sua nazione, ma anche per raccogliere i figli di Dio che erano dispersi (Giov. XI, 52). E siccome la Gerusalemme terrestre era figura della Chiesa, e la Chiesa è figura della Gerusalemme celeste, il Profeta ha potuto avere in vista l’edificio eterno di questa santa dimora che riunirà tutti gli eletti. – « Egli guarisce coloro che hanno il cuore contrito e fascia le loro piaghe. » Qual sono gli strumenti che fasciano queste ferrite? Dio li fascerà come fanno i medici. Talvolta, in effetti, quando la frattura è stata mal ridotta o le ossa mal riposte, i medici, per rimediare, rompono di nuovo l’arto e fanno una nuova frattura, essendo la prima guarigione difettosa. Così, dice la Scrittura: « Le vie de Signore sono rette, ma l’uomo dal cuore tortuoso vi trova scandalo. » (Osea, XIV, 10). Cosa vuol dire: « L’uomo dal cuore tortuoso vi trova scandalo? » [i malvagi vi inciampano]. L’uomo dal cuore tortuoso è colui il cui cuore non è retto. Egli crede che tutte le parole del Signore siano tortuose; egli crede che tutto ciò che Dio ha fatto non sia retto; tutti i giudizi di Dio gli dispiacciono, e principalmente quelli dai quali è colpito; egli si siede per discutere e per provare quanto ciò che fa Dio sia cattivo, perché Dio non agisce come egli vorrebbe. Per l’uomo dal cuore tortuoso, non vale l’allinearsi a Dio, egli vorrebbe ancora far piegare Dio alla sua volontà. Se voi siete retto, sentirete che Io lo sono. Stendete su di un suolo perfettamente unito un pezzo di legno tortuoso, esso non può applicarsi, barcolla, ondeggia da tutti i lati, cosa che non proviene dalla ineguaglianza del suolo, ma dalla tortuosità del legno. È così che la Scrittura ha detto: « Quanto è buono il Dio di Israele per coloro che hanno il cuore retto! » (Ps. LXXII, 1). Ebbene, come può raddrizzarsi un cuore tortuoso? Esso non è solamente tortuoso, esso è duro; se è duro e tortuoso, allora sia rotto, sia rotto per essere raddrizzato. Voi non potete raddrizzare da voi stessi il vostro cuore; rompetelo, affinché Dio lo raddrizzi. Ma come fratturarlo? Come sbriciolarlo? Confessando, castigando i vostri peccati! Significano altra cosa i colpi con cui battete il vostro petto, se non che supponiate che siano state le vostre ossa che hanno peccato? Ma noi indichiamo con questo che vogliamo rompere il nostro cuore, affinché sia raddrizzato dal Signore (S. Agost.). – « Egli guarisce, dunque, i cuori spezzati, » in coloro il cui cuore è contrito, e la guarigione di questi cuori sarà perfetta quando il nostro corpo sarà ricreato, come Dio ci ha promesso. Attualmente ed aspettando, cosa fa il medico? Affinché possiate arrivare ad una perfetta guarigione, tiene le vostre lesioni bendate, finché la frattura che ha ricomposto, sia consolidata. Quali sono queste bende? I Sacramenti riservati a questa vita. le bende che il medico pone sulle vostre lesioni sono dunque dei Sacramenti riservati a questa vita, che fanno la nostra consolazione, e tutte le parole che vi indirizziamo, queste parole che echeggiano nelle vostre orecchie e che comunicano, in una parola, tutto ciò che si fa in seno alla Chiesa nel tempo: ecco gli apparati delle nostre fasce. E così come il medico, a guarigione completata, toglie l’apparecchio, ugualmente, nella Gerusalemme celeste, quando saremo divenuti simili agli Angeli, pensate forse che riceveremo ancora ciò che riceviamo quaggiù? Avremo bisogno che ci si legga il Vangelo perché si conservi la nostra fede? Avremo bisogno di un prelato che ci imponga le mani? Tutti questi Sacramenti sono gli apparecchi applicati alle nostre lesioni; quando la nostra guarigione sarà perfetta, essi saranno tolti; ma non vi saremmo arrivati se le nostre ferite non fossero state fasciate. « Egli guarisce, dunque, coloro il cui cuore è rotto ed Egli fascia le loro ferite. » (S. Agost.) – Gli uomini guariscono talvolta le lesioni del corpo, Dio ha comunicato a questo riguardo una parte della sua potenza; ma questo Maestro supremo si è riservato la guarigione delle anime; Lui solo può calmare i loro dolori, ed è ciò che gli uomini sembrano ignorare (Berthier).
ff. 4, 5. – Ciò che precede, riguarda la benevolenza di Dio, la sua liberalità, il suo amore per gli uomini; noi vi vediamo che è come la funzione della sua provvidenza il soccorrere coloro che sono nell’infelicità. Ciò che segue riguarda la sua potenza. Come se agisse su di una moltitudine dispersa, il Profeta sceglie a proposito questo esempio, essendo la sua intenzione il mostrare che Dio poteva riunire senza pena il suo popolo disperso, Egli che solleva e consola gli afflitti, che conta esattamente l’innumerevole moltitudine delle stelle. Egli potrà dunque ricondurci e radunarci tutti, perché possiamo raggiungere quel numero secondo quanto Egli ci ha promesso, e chiama tutti con il proprio nome. Nessuno di essi perirà, Egli li ricondurrà tutti fino all’ultimo, come quando si fa un appello nominale. (S. Chrys.). – Quando l’occhio dell’uomo toccato raggiunge queste profondità e scruta questi abissi, ne ridiscende ben presto vinto. Solo il Dio che ha creato queste immensità le può abbracciare con il suo sguardo, solo Lui conosce e nomina i migliaia di stelle e pianeti che la sua forza ha creato e che la sua potenza sostiene. « Quanto è grande; la sua potenza è infinita, la sua saggezza senza limiti. » – Dio conta la moltitudine delle stelle e le chiama con il loro nome; è dunque per Dio una così gran cosa il contare e il nominare gli astri che popolano il firmamento, Egli che calcola il numero di capelli della nostra testa? Ma le stelle di cui parla il Salmista, son le stelle della Chiesa che ci consolano nella notte di questo mondo. Dio si compiace nel contarle, perché Egli conta tutti gli eletti che regneranno con Lui nel cielo. (S. Agost.).
ff. 6, 7. – « Il Signore prenderà sotto la sua protezione coloro che sono umili, dolci e docili. » Non vi ostinate contro i misteri di Dio; siate docile, perché Egli vi prende sotto la sua protezione. Se al contrario gli resistete, ascoltate ciò che segue: « Ma Egli abbassa i peccatori fino a terra. » (Ibid.); (S. Aug.). – Non è senza ragione che il Profeta pone l’elevazione degli umili e l’umiliazione dei peccatori, che sono sempre degli orgogliosi, dopo l’omaggio che ha reso alla grandezza di Dio. Egli si era elevato, per così dire, fino al trono di Dio, era stato colpito dalla sua grandezza, dalla sua potenza, dalla sua saggezza infinita; gli sembrava che tutto dovesse sparire in presenza di una così alta maestà. Tuttavia, elevato com’è, lo vede proteggere ed elevare alla gloria del cielo coloro che sono dolci ed umili di cuore, mentre schiaccia sotto i piedi della sua maestà ed umilia fino a terra coloro che sono tanto temerari per volere, in qualche modo, disputare a Dio i diritti della sua suprema grandezza.
ff. 8, 9. – L’autore sacro non ha voluto che un insensato potesse dire: Cosa mi può fare ciò che accade nelle regioni celesti? Egli si affretta dunque ad aggiungere ciò che spetta all’interesse degli uomini, esponendo la ragione per la quale Dio copre il cielo di nubi. È per te, sembra dirmi, è per darti la pioggia, perché la pioggia è buona per te, arricchisce i campi. Notate ancora la sua saggezza: egli ci parla qui dei beni comuni, di quelli che Egli dà a tutti, e la cui abbondanza deve, certo chiudere la bocca dell’empio. Ora, se Egli si dimostra così magnifico verso gli infedeli, cosa non farà per voi, suo popolo particolare? – Quali sono queste nubi, dice S. Agostino, se non le figure ed i misteri che sono racchiusi nei nostri libri santi? Perché voi non vedete più il cielo, voi tremate; ma la pioggia che viene dalle nubi fertilizza le vostre campagne, e la serenità che ne succede vi rallegra. Se non prendessimo occasione dall’oscurità delle Scritture, noi non vi diremmo tutte queste cose che rallegrano le vostre anime. Esse sono la pioggia che vi feconda! Dio ha voluto che le parole dei Profeti fossero oscure, perché i dottori e gli interpreti, possano esercitare sul cuore degli uomini una influenza salutare e comunicar loro, per l’intermediario delle nubi, l’abbondanza della gioia spirituale. (S. Agost.). – « Egli produce il fieno sulle montagne. » Notate una volta di più l’estensione della sua provvidenza: non è soltanto nelle terre coltivate, ma ancor sulle montagne che Egli dispone una tale abbondanza per gli animali destinati al servizio dell’uomo, e non solo agli animali domestici, questi utili servitori degli uomini, ma pure alle bestie selvatiche cui è dato il nutrimento e nei luoghi stessi ove meno ci si aspetterebbe di incontrare ciò che li nutre (S. Chrys.). – Il corvo, animale dei più voraci, che non possiede granai né provvigioni, senza seminare e senza lavorare, trova di che nutrirsi; Dio gli fornisce ciò che serve a lui ed ai suoi piccoli che l’invocano. Dio ascolta le grida dei corvi, benché rudi e sgradevoli, e li nutre come gli usignoli e gli altri uccelli la cui voce è più melodiosa e dolce. (BOSSUET, Médit.). – Il corvo è l’immagine del peccatore: il nero del suo piumaggio e la sua predilezione per la carne corrotta, giustificano ampiamente questo simbolo. Il corvo, che avendo lasciato l’arca, non vi rientra più, ci mostra quanto sia raro che il peccatore indurito ritorni dai suoi delitti … Ora, se Dio si degna di nutrire il corvo che l’offende, quale non sarà la sua sollecitudine per i piccoli dei corvi che lo invocano, quando domanderanno il loro nutrimento? Nel pensiero dei Padri, San Agostino, San Girolamo, San Gregorio, San Ilario, i piccoli dei corvi sono i figli del popolo giudeo e della gentilità convertita alla fede cristiana. Il Giudei, per la loro ingratitudine e la loro colpevole infedeltà, i gentili, per la loro ignoranza del vero Dio, il loro culto idolatrico ed il loro gusto cruento per i sacrifici impuri, meritano di essere paragonati ai corvi; ma i figli dei Gentili e dei Giudei hanno ascoltato la parola divina ed invocando il Signore, hanno ricevuto l’abbondante nutrimento delle grazie del Vangelo (Mgr. DE LA BOUILLERIE, Symb. II, 445.).- I nostri padre sono stati simili ai corvi, e noi, noi siamo i piccoli dei corvi ed invochiamo Dio. È ai piccoli dei corvi che l’Apostolo San Pietro ha detto: « Non è con argento o con oro corruttibile che siete stati riscattati dai vani costumi di cui i vostri padri vi avevano trasmesso la tradizione. » (I Pietr. I, 8). In effetti, i piccoli dei corvi, che si vedevano adorare gli idoli dai loro padri, hanno cambiato vita e si sono convertiti a Dio; ed ora voi ascoltate il piccolo del corvo … io invoco il Signore. (S. Agost.). – L’universo tutto intero è, anche nell’ordine naturale, un immenso banchetto eucaristico ove ciascuno riceve la sua parte di vita, sotto una forma più o meno elementare, con delle condizioni di più o memo grande perfezione; ma tutto viene da Dio, tutto proviene dalla sua infinita liberalità, il nutrimento degli Angeli, quello degli uomini nell’ordine della natura e della grazia, e non c’è, fino alla vita ruminante dell’animale, che una effusione di magnificenza divina. Si, per riprendere la parola del Profeta, il piccolo del corvo che grida dal fondo del suo nido, domanda a Dio la sua parte di vita, perché Dio è la vita universale, e tutte le piccole vite individuali, particolari, che pullulano nell’immensità, sono una derivazione, una imitazione di questa vita sovrana, ed è così, continua Ugo di San Vittore, che il bene sovrano si spande dappertutto, costituisce ogni specie di vita, e riporta ogni vita particolare alla vita sovrana ed universale. (Mgr. LANDRIOT, Euchar., 282.) – Sotto la figura di questi animali che Dio nutre col fieno che ha creato, Sant’Agostino riconosce questi uomini apostolici, questi predicatori del Vangelo ai quali l’Apostolo San Paolo applica egli stesso questa parola: « Voi non metterete freno alla bocca del bue che trita il grano. » (Rom. V, 8). Ora, in qual senso è vero che la terra produce il fieno che gli servirà da alimento? « Il Signore ha stabilito Egli stesso che coloro che annunziano il Vangelo vivranno di Vangelo. » (Luc. X, 8). Egli ha inviato gli Apostoli e ha detto loro: « mangiate ciò che vi sarà posto davanti, perché l’operaio è degno della sua mercede. » (I Cor. IX, 11). Una ricompensa è dunque dovuta loro. Ma cosa danno essi e cosa ricevono? Essi danno i beni spirituali e ricevono i beni temporali; essi danno l’oro, ne ricevono il fieno: perché ogni carne è simile al fieno, ed è giusto che il superfluo dei beni della carne diventi il fieno dei servitori di Dio, secondo la prescrizione dell’Apostolo. (S. Agost.). – « È lui che produce il fieno sulle montagne. » Se non volesse parlare del fieno che copre le nostre praterie, sarebbe più vero dire che Egli fa crescere più abbondantemente nelle vallate che sulle montagne; perché là ove la pioggia cade più abbondante, l’erba dei campi cresce anche più lussureggiante. È dalle montagne che le acque scorrono nelle vallate per renderle più fertili. Queste Scritture che noi leggiamo, che noi spieghiamo, che abbiamo tra le mani, sono chiamate, nel linguaggio dello Spirito-Santo, le montagne sante; queste montagne, sono i santi Profeti. Queste montagne producono il grano, producono il fieno. Se siete uomo, riceverete da esse del grano, se siete come l’animale senza ragione, non riceverete che fieno. « Voi salverete Signore, gli uomini e le bestie. » (Ps. XXXV). Voi siete salvato in ragione della vostra fede: se siete uomini riceverete nella Scrittura l’intelligenza spirituale; se siete ancora privi di ragione, non avete che l’intelligenza giudaica della lettera. (S. Girol.).
ff. 10, 11. – Dio condanna qui con due esempi coloro che si appoggiano ai mezzi umani; questi due esempi sono il vigore dei cavalli e l’agilità dei piedi, che rappresentano a loro volta le forze della cavalleria e della fanteria. – Si prepara un cavallo per il giorno del combattimento, ma è il Signore che salva. (Prov. XXI, 21). – Vi sono due tipi di errore nei riguardi della salvezza che ci si deve attendere da Dio: gli uni dimorano nell’ozio, come se Dio dovesse salvarli senza di loro; è a questi che bisogna dire di preparare un cavallo per il giorno del combattimento; gli altri fanno molte buone opere e credono che siano i loro sforzi che li salveranno. Bisogna dir loro che è il Signore che salva, che non sono né le armi, né la forza dei cavalli, né la velocità degli uomini che fanno riportare la vittoria, ma la sola volontà di Dio: « Vegliate dunque nell’acquisizione di meriti; ma siate persuasi nello stesso tempo, che è la grazia che ve li dona. » (S. Bern.; Duguet). – Se voi avete queste due cose, dice il Profeta, il timore e la speranza secondo Dio, otterrete la sua benevolenza; e essendovi acquisita questa benevolenza, voi la riporterete su tutti coloro che ripongono la loro speranza nelle loro forze piuttosto che nella misericordia divina (S. Chrys.).