SALMO 138: DOMINE, PROBASTI ME ET COGNOVISTI ME”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME TROISIÈME (III)
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 138
In finem, psalmus David.
[1] Domine, probasti me, et cognovisti me;
[2] tu cognovisti sessionem meam et resurrectionem meam.
[3] Intellexisti cogitationes meas de longe; semitam meam et funiculum meum investigasti;
[4] et omnes vias meas prævidisti, quia non est sermo in lingua mea.
[5] Ecce, Domine, tu cognovisti omnia, novissima et antiqua. Tu formasti me, et posuisti super me manum tuam.
[6] Mirabilis facta est scientia tua ex me; confortata est, et non potero ad eam.
[7] Quo ibo a spiritu tuo? et quo a facie tua fugiam?
[8] Si ascendero in cælum, tu illic es; si descendero in infernum, ades.
[9] Si sumpsero pennas meas diluculo, et habitavero in extremis maris,
[10] etenim illuc manus tua deducet me, et tenebit me dextera tua.
[11] Et dixi: Forsitan tenebrae conculcabunt me; et nox illuminatio mea in deliciis meis.
[12] Quia tenebrae non obscurabuntur a te, et nox sicut dies illuminabitur; sicut tenebrae ejus, ita et lumen ejus.
[13] Quia tu possedisti renes meos; suscepisti me de utero matris meæ.
[14] Confitebor tibi, quia terribiliter magnificatus es; mirabilia opera tua, et anima mea cognoscit nimis.
[15] Non est occultatum os meum a te, quod fecisti in occulto; et substantia mea in inferioribus terræ.
[16] Imperfectum meum viderunt oculi tui, et in libro tuo omnes scribentur. Dies formabuntur, et nemo in eis.
[17] Mihi autem nimis honorificati sunt amici tui, Deus; nimis confortatus est principatus eorum.
[18] Dinumerabo eos, et super arenam multiplicabuntur. Exsurrexi, et adhuc sum tecum.
[19] Si occideris, Deus, peccatores, viri sanguinum, declinate a me;
[20] quia dicitis in cogitatione: Accipient in vanitate civitates tuas.
[21] Nonne qui oderunt te, Domine, oderam? et super inimicos tuos tabescebam?
[22] Perfecto odio oderam illos, et inimici facti sunt mihi.
[23] Proba me, Deus, et scito cor meum; interroga me, et cognosce semitas meas.
[24] Et vide si via iniquitatis in me est; et deduc me in via æterna.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO CXXXVIII.
Dio premia le opere buone, e punisce le cattive. Egli vede e considera tutte le cose più nascoste; onde niuna può sfuggire al suo giudizio, per ricevere da lui o premio o punizione.
Per la fine: salmo di David.
1. Signore, tu hai fatto saggio di me, e mi hai conosciuto;
2. tu hai conosciuto il mio stare e il mio andare.
3. Tu da lungi vedesti i miei pensieri; osservasti il filo dei miei passi. (1)
4. E le mie vie tutte tu prevedesti, anche quando parola non è sulla mia lingua. (2)
5. Ecco che tu, o Signore, le cose tutte hai conosciute, le ultime e le antiche; tu mi formasti, e ponesti sopra di me la tua mano.
6. Mirabile, si è renduta in me la tua sapienza; ella è molto elevata, e ad essa non potrò io aggiungere.
7. Dove anderò io lontan dal tuo spirito, e dove l’uggirò io lontan dalla tua faccia?
8. Se salirò al cielo, ivi se’ tu; se scenderò nell’inferno, tu sei presente.
9. Se io prenderò le ali al mattino, e anderò a stare nelle ultime parti del mare, (3)
10. Colà pure mi guiderà la tua mano, e starò sotto il potere della tua destra.
11. E io dissi: Forse mi occulteranno le tenebre; ma la notte è luce, che mi disvela ne’ miei piaceri;
12. Perocché le tenebre non sono oscure per te, e la notte sarà illuminata come il giorno; il buio e la luce son la stessa cosa per lui.
13. Perocché tu se’ padrone de’ miei affetti; prendesti cura di me fin dal seno di mia madre.
14. Darò lode a te, perché sommamente grande ti se’ dimostrato: le opere tue son mirabili, e troppo bene il conosce l’anima mia.
15. Non sono ignote a te le mie ossa lavorate nel segreto, la mia sostanza lavorata nelle viscere della terra.
16. Gli occhi tuoi mi videro quand’io era informe: or tutti nel tuo libro saranno scritti; nuovi giorni si formeranno, e neppur uno ne mancherà. (4)
17. Ma sono grandemente onorati da me, o Dio, gli amici tuoi; grandemente possente è divenuto il loro impero.
18. Se vorrò contarli, saran più che l’arene del mare; mi alzai, e sono ancora con te. (5)
19. Se tu, o Dio, porrai a morte i peccatori: ritiratevi da me, o uomini sanguinari.
20. Perché voi dite dentro di voi: Inutilmente si faranno eglino padroni di tue cittadi.
21. E non ho io odiati, o Signore, quelli che ti odiano? e non mi struggeva a cagione dei tuoi nemici?
22. Con odio perfetto io gli odiava, e mi son fatti nemici.
23. Provami, o Signore, e il mio cuore disamina; interrogami, e riconosci i miei andamenti.
24. E vedi se per la via di iniquità io cammini; e per la via dell’eternità mi conduci.
(1) « Funiculum meum, » La misura, l’estensione della mia corsa. Gli Egiziani contavano le misure del cammino con le corde. L’espressione dei Settanta, « la mia corda, » ha rapporto con questo uso.
(2) Queste parole: « Quia non est sermo lingua mea, » potevano egualmente significare: “quando non c’è discorso sulla mia lingua, voi conoscete tutto: senza che io dica tutto questo, Voi lo sapete già; oppure: mi mancano le parole per esprimere fino alla vostra scienza ».
(3) Il mare è posto qui per le regioni dell’Occidente.
(4) Nel vostro libro sono scritti i giorni che verranno, benché non ne esista ancora qualcuno di essi. – Si potrebbe tradurre ancora, seguendo la Vulgata: quando non ero che una massai informe, i vostri occhi mi vedevano, tutte le mie membra erano scritte nel vostro libro; di giorno in giorno, esse erano formate da Voi; nessuna di esse era ancora formata, e Coi già mi vedevate, o mio Dio (Le Hir).
(5) Quando al
mattino mi alzo, dopo aver riflettuto tutta la notte al numero dei vostri amici
ed ai benefici di cui li colmate, io non ho ancora finito, ma sono troppo
occupato della vostra bontà al loro riguardo.
Sommario analitico
Davide, in questo salmo, si rende testimonianza della sua innocenza alla presenza di Dio che penetra fin nel fondo dei cuori, e rende omaggio alla sapienza infinita ed alla provvidenza ammirabile di Dio.
I. – Egli descrive questa sapienza divina, che è universale, inevitabile, incessante, che conosce interamente e che abbraccia:
1° tutte le nostre azioni (1, 2),
2° tutti i nostri pensieri,
3° tutti i nostri progetti e tutte le nostre intenzioni (3, 4),
4° tutte le cose passate e future, e ne dà la ragione: questo avviene poiché è Dio che ci ha creato e che ci conserva (5).
II. – Egli dipinge l’estensione di questa sapienza immensa come Dio, e che agisce non solo con la sua presenza, ma con la sua operazione:
1° su tutti gli occhi (6-10),
2° in tutti i tempi (11-12).
III. – Egli rende ragione dell’impossibilità di sfuggire alla conoscenza di Dio:
1° tutto ciò che noi abbiamo di più segreto gli è conosciuto, dipende da Lui (13, 14);
2° la struttura mirabile del nostro corpo è opera sua (15);
3° noi gli siamo presenti già prima di nascere, e questa scienza provvidenziale si estende a tutti i giorni (16).
IV. – Egli passa in seguito da questa sapienza, a questa provvidenza di Dio su tutti gli uomini:
1° sui giusti, dei quali la gloria, la potenza ed il numero lo strabiliano (17, 18);
2° sui peccatori, il cui castigo lo fa rifuggire dalla società (17, 20);
3° di là il suo odio per i malvagi ed il suo ardore per la giustizia, sentimenti dei quali prende Dio a testimone (21, 24).
Spiegazioni e Considerazioni
I. – 1-5.
ff. 1. – « Signore, mi avete provato e mi avete conosciuto. » Cosa dite? Dio vi ha conosciuto dopo avervi provato, e prima di questa prova forse non vi conosceva? Badiamo di non mal intendere la sorte di Colui « che conosce tutte le cose prima che siano fatte. » (Dan. XIII, 42). Queste parole: « Voi mi avete provato, » significano: Voi mi avete perfettamente conosciuto. Quando l’Apostolo ci dice che Dio sonda i cuori, questa espressione indica non l’ignoranza in Dio, ma una scienza profonda. Dio non ha bisogno di provare, di sperimentare per conoscere; Egli conosce tutti in virtù della sua prescienza divina (S. Crysost.). – Con il riposo ed il risveglio o l’alzarsi, egli fa intendere la vita intera, che si non si può ridurre a queste due situazioni che abbracciano tutte le nostre azioni, le nostre opere, le nostre entrate, le nostre uscite, il risveglio ed il sonno, il lavoro ed il riposo, il dolore e la prosperità, la vita e la morte (S. Chrys.).
ff. 2-5. – Dio conosce non soltanto le nostre azioni esteriori, ma tutto ciò che passa nella nostra anima, non solo Egli conosce i nostri pensieri nascosti, quando si agitano nel nostro spirito, ma anche quelli che iniziano a nascere; diciamo meglio, molto tempo prima. « Voi avete penetrato i nostri pensieri da lontano, » (S. Chrys.). Lo sguardo di Dio, che abbraccia la nostra vita nel suo insieme, ne penetra pure i più impercettibili dettagli: Egli conosce il cammino lungo il quale marciamo, i disegni e le imprese che formiamo, lo scopo e il fine che abbiamo di vista, l’oggetto dei nostri desideri e delle nostre aspirazioni; in una parola, i principi, i mezzi e il fine di tutte le nostre azioni (Duguet). – Così la scienza di Dio, non comprende le nostre vie, i nostri disegni quando li mettiamo in esecuzione, ma Egli li prevede tutti con piena certezza, sa tutto ciò che dobbiamo dire, prima di aprir bocca e prima che la parola sia sulla nostra lingua. – E che dico … questa scienza conosce tutto ciò che deve succedere negli ultimi tempi, e tutto ciò che si è compiuto nei secoli più remoti. Tutti i secoli, passati e venturi si svolgono e passano sotto lo sguardo fisso della sua eternità. – Siete Voi che mi avete formato, che « avete steso la vostra mano su di me. » Il Profeta prova che Dio sa tutto ciò che ci riguarda; prima, perché Egli conosce tutte le cose passate e future; in secondo luogo, perché Dio stesso ha voluto fare l’uomo, ed è Egli stesso che lo governa, lo conserva, ed ha steso su di lui la sua mano. Ora, come il suo essere potrebbe avere qualche segreto per il Dio che lo ha creato, che lo muove, che lo penetra, che ne conserva e ne fa agire tutte gli “ingranaggi”?
II. — 6 – 12.
ff. 6 – 10. – La scienza di Dio, oltre che universale, è pure inevitabile. « La vostra sapienza è elevata in maniera ammirevole sopra di me. » Essa mi sorpassa, è elevata ben al di sopra di me, è troppo grande perché una ragione possa comprenderla, tanto è meravigliosa, tanto è superiore! Ma che?! Se ogni meraviglia è così grande come essa, può essere compresa? Questo è impossibile, essa mi sorpassa infinitamente e non potrà mai raggiungerla (S. Chrys.). – San Basilio traduce: « È da me che la vostra sapienza ha ricevuto una magnifica esaltazione. » Perché questa parola: « da me, » se non perché il Profeta trovava in se stesso una testimonianza della scienza infinita ed incomprensibile di Dio, allorché egli sentiva bene che gli era impossibile comprendersi da se stesso? (S. Agost. De l’âme, etc.) – È a me che la vostra scienza mi è sembrata ammirevole; » vale a dire, io ho scoperto, con meravigliosa ragione, la grandezza e l’estensione della vostra sapienza. E come? Da me1 Considerando l’arte meravigliosa, la saggezza strabiliante con la quale avete organizzato tutte le parti del mio corpo, da questa piccola ma mirabile parte delle vostre opere, io ho concepito l’idea più alta del suo divin Fattore (S. BASILE. De hom. Struct.) – Ciò che è più formidabile nella divina Sapienza, e che la rende così adorabile, è che essa è la conoscenza che Dio ha di noi in se stesso. Egli non ci contempla come uno spettatore infinitamente intelligente; Egli guarda in se stesso, vi si vede, ci conosce, come conosce tutte le cose, nelle cause più recondite, più intime, più profonde; Egli ci giudica con una verità la cui luce e l’infallibilità sono irresistibili. Santa Maddalena De’ Pazzi, esaminava tutta la sua alta conoscenza in un’estasi, ed abbiamo là un monumento soprannaturale della più delicata conoscenza di se stesso; Ma cos’è la conoscenza di un esame di coscienza, rispetto alla conoscenza istantanea, penetrante, completa, che Dio ha di noi in se stesso? (FABER. Le Créateur et la Créât., p. 148) – Che fare per sfuggire a questo sguardo penetrante di Dio? Quando noi vogliamo sottrarci allo sguardo dell’uomo, ci si offrono due mezzi: l’allontanamento e l’oscurità; ma allo sguardo di Dio, questi due mezzi sono impotenti. Se ricorro alla fuga, qual fuga potrà mai allontanarmi da Dio; come potrei nascondermi dal suo Spirito, dalla sua intelligenza, dalla sua presenza che riempie tutti i luoghi? Che io salga nei cieli, o che io scenda negli abissi impenetrabili della terra, che piombi negli anfratti più nascosti dell’Occidente, o che abiti le estremità dei mari, io non posso sfuggire agli sguardi di Dio, né fuggire la sua presenza, né scappare alla sua sapienza infinita, inseparabile dalla sua presenza. – Cercheremo un rifugio nella notte, un riparo da questo sguardo di Dio? La notte più oscura circonda un peccatore di chiarezza per scoprirlo e servire da testimone contro lo stesso. Non ci sono tenebre per Colui che è la luce, ciò che noi chiamiamo oscurità non è oscuro per Lui, incapace di sottrarre alcunché alla sua vista. Per Lui, ogni notte si illumina e diviene così chiara come il giorno più radioso. Le tenebre della notte e la luce del giorno sono per Lui la stessa cosa, perché Dio non vede gli oggetti per la proiezione di una luce che viene dall’esterno degli oggetti stessi, ma Egli li conosce e li penetra perfettamente con la luce del suo Spirito (Duguet). – Temete Dio in pubblico ed in segreto. Voi uscite dalla vostra dimora: Egli vi vede; voi entrate: Egli vi vede; la vostra lampada è illuminata: Egli vi vede; voi la spegnete: Egli continua a vedervi; voi vi ritirate nei distretti più segreti della vostra dimora: Egli vi vede; voi pensate tra voi: Egli vi vede. Temete dunque Colui il cui sguardo gira da ogni parte, che illumina la vostra notte, che trionfa delle vostre tenebre, per conservarvi nel timore della sua giustizia, per santificarvi con il pensiero della sua presenza; e … se volete darvi al peccato, cercate un luogo ove Dio non vi veda, e fate ciò che volete (S. AUG. Serm. XLVI sur les par. du Seig.) – È una proprietà dell’Essere di Dio che il Profeta reale ha sottolineato, e del quale ha preteso farne soggetto di elogio, quando ha detto che le tenebre in cui Dio si nasconde ai nostri occhi e che ce lo nascondono in questa vita, non sono meno ammirabili della sua stessa luce; e che tutto ciò che noi scopriamo di splendido e di luminoso nelle adorabili perfezioni, non è più glorioso per Lui, né più venerabile per noi, di ciò che ci sembra avviluppato da nuvole, e coperto dal velo di una misteriosa oscurità; perché è così che San Ambrogio ha spiegato questo passaggio del salmo: « sicut tenebræ ejus, ita et lumen ejus: » La sua luce è come le sue tenebre, e le sue tenebre hanno qualche cosa di così divino come la sua luce. (BOURD. P. F. de S. Thom.). – Le tenebre della fede Cristiana non somigliano affatto a quelle di cui stiamo parlando, esse sono tenebre luminose. « La notte è divenuta la mia luce in mezzo alle mie delizie. » Come la notte – si domanda S. Agostino – si è illuminata per me? Gesù Cristo è sceso in questa notte, Egli ha preso una carne simile alla mia, e così ha illuminato la mia notte. La mia notte è divenuta la mia luce in mezzo alle mie delizie. Quali sono, in effetti le mie delizie, se non Gesù Cristo stesso? – È ai piedi del tabernacolo, è alla presenza del più tenebroso ma anche del più mirabile dei nostri misteri che mi piace ripetere nel mio spirito quella parola di Davide: « La mia notte è la mia luce in mezzo alle mie delizie. Nessuna parte delle più profonde tenebre avvolgono la Maestà divina, né la stessa carne di Gesù-Cristo si nasconde ai nostri sguardi. La notte, niente che la notte! Ma o notte, voi siete la mia luce, perché Colui che io adoro sotto i veli del Sacramento mi fa gustare ineffabili delizie. Io gusto nella notte oscura quanto il Signore sia dolce, e le delizie che assaporo mi danno come una chiara veduta della soavità del Signore. – Le delizie dell’Eucaristia mi fanno veder chiaro nell’Eucaristia: la notte diviene un luce in mezzo alle mie delizie. (Mgr DE LA BOUILLERIE. Symb., 168).
III. — 13-16.
ff. 13-16. – Non soltanto Dio penetra attualmente tutti i segreti della nostra esistenza, ma il suo sguardo ha raggiunto ciò che nessun altro ha mai penetrato, cioè il mistero della formazione dell’uomo. La madre dei Maccabei diceva ai suoi figli: « Io non so come siate stati formati nel mio seno, perché non sono io che vi ho dato lo spirito, né l’anima, né la vita; e non sono io che ho assemblate tutte le vostre membra, ma il Creatore del mondo, che ha plasmato l’uomo dalla sua nascita, e che ha provveduto alla generazione di tutti » (II Macc., VII, 22, 23.). Questa operazione di Dio è l’effetto della sua sapienza e della potenza infinita. Nessun’opera si esegue se non dopo un disegno formato nello spirito del suo autore. Prima che Dio realizzi la sua opera, essa è già in Lui, si svolge interamente nella sua suprema ed infinita intelligenza. – « I vostri occhi mi hanno visto che era ancora informe. » Il Re-Profeta mostra di nuovo che nulla sfugge alla sapienza infinita di Dio. Allora, benché non fossi che allo stato embrionale, io non sfuggivo alla vostra conoscenza, Voi penetravate distintamente tutte le parti del mio essere; allorché la natura formava successivamente la sua opera, benché il suo lavoro si compisse nel segreto e come nelle viscere della terra, ognuna delle mie membra con il loro accrescimento particolare veniva presentato al vostro sguardo. Gesù-Cristo esprime questa stessa verità, quando dice: «Tutti i capelli del vostro capo sono contati. » (Luc. XII, 7). Noi vediamo qui riuniti, in una stessa proporzione, la sapienza e la provvidenza di Dio. (S. Chrys.). – Opera ammirevole di Dio nella formazione del corpo umano, in questa struttura tanto ben legata di un gran numero di ossa, grandi e piccole, senza alcuno strumento, in un luogo segreto ed oscuro. – Quanto è penetrante l’occhio di Dio, che vede chiaramente l’uomo ancora informe, o anche prima che sia formato. È questo l’idea eterna che Egli ha avuto di tutte le parti dei nostri corpi, che vi erano distintamente marcati, come se fossero stati scritti in un libro. Cos’è questo libro in cui tutti sono scritti, se non l’ordine della Provvidenza che Dio osserva nei nostri confronti? Tutti i nostri destini sono scritti in questo libro eterno. Ma cosa sarebbe questo ordine di Provvidenza, se non vi fosse una vita futura, una eternità dopo questa sequela di giorni che percorriamo e si allontanano in successione? Noi siamo scritti nel libro di Dio, non per i giorni, ma per l’eternità (Duguet, Berthier).
IV. — 17-24.
ff. 17, 18. – Questa Sapienza infinita di Dio non è una sapienza indifferente o impotente. Dio guarda, conosce, ma se guarda, conosce per giudicare, ricompensare o punire. Questo intervento di Dio nelle cose umane si manifesta in due atti: Dio onora e ricompensa i giusti; Dio odia e castiga i peccatori. – Tre cose, dice il Re- Profeta, contribuiscono a rendere più brillante la gloria che circonda i santi: – gli onori di cui Dio li circonda: « I vostri amici mi sono sembrati straordinariamente onorati; » – la forza della loro potenza: « Il loro impero si è estremamente fortificato; » – la loro grande moltitudine: « Io li conterò, essi saranno più numerosi della sabbia del mare. » Onori straordinari resi ai Santi che durante la loro vita, erano sconosciuti, reietti, disprezzati dal mondo, e che ora brillano di uno splendore che si accresce nei secoli, mentre i mortali più ricchi e più famosi, qualche anno dopo la loro morte, sono destinati all’indifferenza ed all’oblio. – È per l’onore di Dio che i suoi servi sono onorati, e dopo averli impiegati a procurare la sua gloria, Egli si prende cura di glorificarli Egli stesso. È per questo che il Profeta reale gli diceva: Signore, Voi sapete ben rendere ai vostri amici ciò che ne avete ricevuto; e se essi hanno avuto la gioia di farvi conoscere tra gli uomini, ne sono ben ripagati dall’alto grado di elevazione ove Voi li fate salire nel cielo, ed anche con la profonda venerazione per cui i loro nomi sono sulla terra. « I vostri amici sembrano ai miei occhi ricolmi di una gloria infinita. » (BOURD., P. la fête de Ste Genev.). – Comparate, nel corso dei secoli, le rovine sparse dalle istituzioni umane, con le opere, gli edifici solidi, indistruttibili della santità. – È la fecondità mirabile della Chiesa, sposa di Gesù-Cristo, questa risplendente moltitudine degli eletti del cielo che il Profeta vedeva in spirito, e che l’Apostolo San Giovanni descriveva in questi termini, dopo aver determinato il numero dei santi della sinagoga: « Dopo questo, io vidi una gran moltitudine che nessuno poteva contare, di ogni nazione, di ogni tribù, di ogni popolo e di ogni lingua, che era in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, vestiti di una veste candida, con palme nelle loro maini. » (Apoc. VII, 9) « Io mi sveglio e sono sempre con Voi, » il Profeta esprime qui la speranza di essere un giorno ammesso nel numero degli amici di Dio; io entrerò come essi nella tomba, ma ne uscirò un giorno, come da un letto da riposo; questo sonno della morte finirà, io mi risveglierò, sarò ancora da Voi, e vi sarò in una maniera ben più perfetta di quanto fossi sulla terra. (Berthier).
ff. 18-22. – « Se voi portate i peccatori alla morte, uomini di sangue, allontanatevi da me. » Il secondo effetto dello sguardo di Dio sui figli degli uomini è dunque l’esercitare la sua giustizia vendicativa sui peccatori, annientandoli. Il frutto da raccogliere da questa condotta di Dio riguardo ai peccatori, è quello di rompere ogni commercio con i malvagi, da cui non si riporta quadi mai tutta la virtù che vi si è portata; bisogna allontanarsi da queste vittime maledette della giustizia di Dio, che Egli condannerà alla morte eterna, ed evitare particolarmente quegli uomini di sangue che uccidono od odiano gli altri, quei peccatori scandalosi che fanno perire le anime. (Duguet). – « Qual legame può esserci tra la giustizia e l’iniquità? Quale unione tra la luce e le tenebre? Quale accordo tra Gesù-Cristo e belial? Qual società tra il fedele e l’infedele? (II Cor. VI, 13, 14). – Ciò che dicevano in altri tempi i nemici dei Giudei, rientranti in possesso delle loro città dopo il ritorno dalla cattività, i nemici di Gesù-Cristo e della sua Chiesa lo ripetono ancora nel loro cuore, pieno di odio geloso per la propagazione del regno di Gesù-Cristo. Siccome la conseguenza della propagazione della Religione Cristiana, è stata quella di strappare le città, cioè i grandi centri di popolazione, alla schiavitù del demonio, essi dicono sempre nel loro cuore che invano i giusti sperano di abitare tranquillamente nelle città sotto la protezione del Signore, loro primo ed unico Padrone assoluto. Ma noi, noi abbiamo lo Spirito di Gesù-Cristo, e ciò che il Cristo provava in se stesso, noi lo proviamo in noi; noi crediamo e professiamo altamente che Dio è tanto potente da conservare ciò che Egli ha acquisito. E come mai il demonio potrà prevalere contro i suoi eletti. Ai nostri tempi, in cui i nemici di Dio, di ogni religione, di ogni virtù, predicono in tutti i modi, nelle assemblee dei giusti, alla Chiesa Cattolica, alla Città di Dio, la distruzione ed il niente, al Cristianesimo, la decadenza, l’indebolimento e l’annientamento; nel momento in cui essi dicono nei loro pensieri: “vanamente i Cattolici vogliono estendere le loro conquiste per la libertà di associazione, di insegnamento; in questo stesso momento Dio rinnova loro le promesse di immortalità fatte alla sua Chiesa. Non temete nulla: « Io sono con voi fino alla consumazione dei secoli, » (Matth. XXVIII, 20). – E siccome i giusti non formano che un cuore solo, un’anima sola, un solo pensiero, un sentimento con il Dio che li illumina e li fortifica, essi condividono i loro sentimenti di odio per i nemici del suo Nome e della sua Chiesa. « Io li ho odiati con odio perfetto. » Che vuol dire un odio perfetto? Io odiavo in loro la loro iniquità, giammai in essi le vostre creature. Ecco l’odio perfetto, non odiare gli uomini in ragione dei loro vizi, né amare i vizi in ragione degli uomini. (S. Agost.). – Il nostro odio ha un carattere veramente religioso, tutte le volte che noi odiamo colui per il quale Dio è l’oggetto del suo odio. Ci viene comandato di amare i nostri nemici, ma i nostri, non i nemici di Dio; perché, secondo le parole del Salvatore, è un atto di religione odiare per Dio suo Padre, sua Madre, la sua Sposa, i suoi figli ed i suoi fratelli (S. Hilar.). – Non siamo quindi indifferenti agli oltraggi che vengono fatti a Dio, sentiamoli vivamente, sforziamoci di opporci per quanto possiamo e, se non possiamo fare altro, gemiamo almeno nel segreto (Duguet).
ff. 23, 24. – « O Dio, provatemi e sondate il mio cuore. » Bisogna essere ben certi della propria innocenza per osare fare questa domanda a Dio. Chi di noi, al contrario, non teme il terribile interrogatorio che Dio ci farà subire, e forse ben presto: Qual è la vita che avete condotto? Quella attraverso i sentieri stretti del Vangelo, o quella attraverso i sentieri larghi del mondo e della moda? Preveniamo questo terribile interrogatorio: « Se noi ci giudicheremo da noi stessi, non saremo giudicati da Dio. » (I Cor. XI, 31). – Tutto il frutto di questo mirabile salmo è racchiuso in queste ultime parole: « Guidami alla vita eterna. » Qual è questa vita eterna? La via spirituale che conduce al cielo e che non ha fine. Tutte le altre cose sono di breve durata, racchiuse come sono nello spazio ristretto della vita presente. Il Salmista lascia dunque tutti questi beni passeggeri, per rivolgersi a ciò che è immortale, eterno, infinito. (S. Chrys.). – Niente di più importante, nulla di più necessario che ben conoscere se la via sulla quale si cammina sia la via retta; niente di più facile, niente di così ordinario che ingannarsi su questo punto. Tante ingiustizie che non percepiamo, tante illusioni dell’amor proprio che non si scoprono, tanti deragliamenti del proprio cuore che non si vedono! Chi non tremerebbe di spavento a questa parola che lo Spirito Santo ripete due volte in uno stesso libro: « C’è una via che sembra retta all’uomo, e di cui l’estremità raggiunge la notte. » (Prov. XIV, 12; XVI, 25). Non basta temere solo i propri peccati, ma occorre applicarsi alle buone opere (Duguet). – Non c’è che l’Essere al quale nulla è sconosciuto che possa servire da guida agli uomini in questa strada, perché è il solo che possa evitare i pericoli, spianare le difficoltà, sostenere la costanza, raddrizzare i falsi sentieri, e raggiungere il momento del passaggio nella eternità beata. (Berthier).