IL CUORE DI GESÙ E LA DIVINIZZAZIONE DEL CRISTIANO (9)

H. Ramière: S. J.

Il cuore di Gesù e la divinizzazione del Cristiano (9)

[Ed. Réganault/Egnault, chez le Directeur du Messager du Coeur de Jesus, Tolosa 1891]

SECONDA PARTE

MEZZI GENERALI DELLA NOSTRA DIVINIZZAZIONE

Capitolo X

LO SPIRITO CRISTIANO, SIGILLO DELLA NOSTRA DIVINIZZAZIONE

Terza vita del Cristiano: « La vita dello Spirito »

Sappiamo che, se siamo Cristiani, c’è qualcosa in noi che ci appartiene veramente e che ci eleva al di sopra di noi stessi rendendoci un essere veramente divino che ci fa uscire dalla sfera delle cose create: una terza vita che il giorno del Battesimo si è aggiunta alla vita animale e alla vita razionale, ricevute dalla natura, ma superiore alle altre due infinitamente più di quanto la vita razionale sia superiore a quella animale. Questo essere divino del Cristiano ha nella Scrittura un nome il cui significato è stato alterato dal linguaggio abituale: lo spirito. L’uomo è un insieme di corpo e di anima. Il Cristiano, per grazia, possiede, oltre alla vita del corpo e dell’anima, anche la vita dello spirito. I discepoli del Salvatore sono chiamati da San Paolo uomini spirituali mentre gli uomini carnali sono quelli che lo Spirito di Gesù Cristo non ha liberato dalle loro inclinazioni corrotte. Per l’Apostolo, la vita dello spirito è la vera vita. Non ci sono uomini vivi se non quelli in cui questa vita sia sufficientemente vigorosa tanto da soffocare quella della carne (Rm. VIII, 13). Qual è questo spirito con cui abbiamo a che fare adesso? La Scrittura, che usa continuamente questa parola, non le dà sempre lo stesso significato. A volte è difficile discernere se ci parli dello Spirito di Dio o del nostro. Esiste una differenza profonda, in verità, perché tra lo Spirito di Dio e lo spirito creato più perfetto c’è una distanza infinita. Non è molto glorioso che la nostra somiglianza con lo Spirito Creatore possa raggiungere il punto da confondersi con Lui? Egli l’ha voluto con ogni deliberazione usando, per indicare il risultato della nostra unione con Lui, una parola dal doppio significato, che può essere applicata nello stesso modo a Lui e a noi.

Similitudine dello spirito cristiano con lo Spirito Santo.

Negli uffici della Chiesa, la formula con cui finiscono quasi tutte le preghiere, viene a volte modificata. Invece di dire: per Gesù Cristo nostro Signore che vive e regna con Te nell’unità dello Spirito Santo, diciamo « … nell’unità dello stesso Spirito Santo ». Il che significa che si è parlato dello Spirito Santo nella preghiera così conclusa. Ora, alcuni anni fa la Sacra Congregazione dei Riti ha ordinato che le parole “dello stesso” venissero tolte dalla fine di alcune preghiere alle quali era stata aggiunta. Si era parlato di Grazia, tuttavia, e le parole “dello stesso” erano state introdotte partendo dal presupposto che questo spirito non poteva essere altri che lo Spirito Santo. Sopprimendo queste parole la Sacra Congregazione ha deciso che lo spirito in questione fosse lo spirito del Cristiano, unito per grazia allo Spirito di Dio. Si deve credere che l’inserimento delle parole “dello stesso” contenesse un errore dogmatico e che, nel pronunciarlo, i ministri della Chiesa attribuissero a Dio ciò che è proprio della creatura? Niente affatto! Tutto ciò che si dice dello spirito cristiano, in quanto vive della vita soprannaturale, può giustamente essere applicato allo Spirito di Dio come suo principio. Tra i due c’è lo stesso rapporto che c’è tra il volto di un uomo e la sua immagine riflessa in uno specchio dai raggi di luce. Così come si possono dare giudizi sull’immagine, questi stessi possono essere applicati allo spirito di grazia che è nel Cristiano, qualità e prerogative che, di per sé, non dicono altro che “nello Spirito di Dio”. Se c’è confusione, essa non ha altro fondamento che l’ineffabile bontà dello Spirito Santo, il Quale, nel contemplare Se stesso nell’anima giusta, si rallegra nel trasformarla tanto da poter essere confusa con Esso.

Lo Spirito Santo si compiace di questa somiglianza.

Lo Spirito Santo è estremamente soddisfatto di questa somiglianza. Basta leggere le Lettere di San Paolo per convincersi che lo Spirito Santo, lungi dal temere che lo spirito cristiano sia simile a Lui, lo cerca e si compiace di questo. La parola “spirito”, che ad ogni passo scorre dalla penna dell’Apostolo, si riferisce tanto allo Spirito di Dio, come si riferisce al nostro. A volte i due sensi si confondono nella stessa frase, a volte c’è motivo di chiedersi quale dei due sia stato nella mente dell’Apostolo. In alcuni testi non c’è dubbio che egli abbia in mente lo Spirito Santo, terza Persona della Trinità, come quando ad esempio dice: « La carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo che ci è stato dato. Non sapete che i vostri membri sono templi dello Spirito Santo? » (1 Cor. VI, 19); « E poiché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del suo Figlio nei vostri cuori, che grida: “Abbà, Padre”. » (Gal. IV, 6). Ma ecco un testo, simile all’ultimo, in cui non si riferisce allo Spirito di Dio, ma al nostro: « Non avete ricevuto lo spirito di schiavitù che ispira paura, ma lo spirito di adozione di figli, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre! » (Rm. VIII, 16). La somiglianza tra Dio e noi, di cui abbiamo parlato poco fa, si mostra qui in tutto la sua chiarezza. Non possiamo non notare, nel confrontare i due testi di San Paolo, la stretta unione di questi due spiriti. Da un lato, lo Spirito del Figlio è mandato nei nostri cuori e grida in noi: Padre! Dall’altro, il nostro stesso spirito, sentendo la sua adozione divina, lancia lo stesso grido a Dio, che è la sintesi di ogni preghiera del Cuore di Gesù. Il Figlio di Dio, nel trasformare un’anima umana, l’ha riempita di Spirito Santo, che procede da Lui, e le ha dato il diritto di rivolgersi a Dio come suo vero Padre. Ma lo Spirito del Figlio viene dal Cuore di Gesù al nostro, e in Lui, come in Gesù, usa lo stesso linguaggio che con Dio e grida: Padre! invitandoci ad unire la nostra voce alla sua. Infatti, San Paolo dice: « Lo Spirito testimonia al nostro spirito che siamo figli di Dio. » (Rm VIII, 16). Se ascoltiamo la sua voce, se ci lasciamo trasportare dalla sua influenza divina, il nostro spirito sarà animato dai suoi sentimenti; esso concepirà per Dio un amore e una fiducia del tutto filiale; canterà all’unisono con Lui e dirà: “Padre!” Ascoltate l’Apostolo e vedete come spiega, con l’uso della stessa parola in entrambi i sensi, la comunità di vita e di finalità che risulta dall’unione dello Spirito di Gesù Cristo con lo spirito del Cristiano: « Non siete dalla carne – dice ai suoi discepoli – ma dallo spirito, se davvero lo Spirito di Dio abita in voi. Ma chi non ha lo Spirito di Cristo, Esso non è di Lui. E se Cristo è in voi, il corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito vive per la giustizia. E se lo Spirito di Colui che è stato risuscitato dai morti dimora in voi, Colui che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti darà vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. » (Rom. VIII, 9-11). L’intera dottrina di San Paolo sulla somiglianza e la relazione tra i due spiriti è riassunta in un confronto, la cui verità e bellezza i santi Padri si sono presi la briga di mettere in evidenza: « Voi avete ricevuto il suggello – dice l’Apostolo agli Efesini – dello Spirito Santo. » (Ef 1, 13). Ascoltiamo la spiegazione data da sant’Atanasio nella sua lettera a Serapione: « Lo Spirito Santo è il sigillo che il Verbo usa per incidere la sua immagine sulle creature; quel sigillo porta l’effigie di Colui che lo usa. Citando Gesù Cristo che ci imprime il suo sigillo (dandoci il suo Spirito), noi prendiamo la sua forma, secondo quanto dice l’Apostolo: « Figlioli, io soffro di nuovo per voi i dolori del parto, finché non vedrò Gesù Cristo formato in voi. » In questo modo la creatura è associata al Verbo e attraverso di Lui tutti noi partecipiamo della divinità. Basta pensare un po’ a questo confronto per vedere il rapporto tra la dottrina dei due spiriti che ora esponiamo e i princìpi precedentemente stabiliti sulla grazia increata e creata. Prendete un sigillo e applicatelo alla cera. Se questa è abbastanza morbida, l’impressione che si riceve sarà la riproduzione esatta e completa delle linee incise sul metallo. Avremo su entrambi i lati la stessa immagine con una sola differenza: nel sigillo l’immagine è come nel suo principio e nella cera come nella sua materia. Nel primo, l’immagine è in qualche modo attiva, si dà da se stessa, mentre nel sigillo viene ricevuto più passivamente. È, né più né meno, ciò che accade nell’anima quando è unita allo Spirito di Dio. Lo Spirito Santo non si accontenta di essere sostanzialmente presente nell’anima, ma si unisce ad essa e vi imprime i suoi sentimenti: « Egli lavora in essa in modo tale – dice San Tommaso – che l’anima comincia ad essere ciò che è sostanzialmente. » (S. Th. I, 2., q. 110, a 2 ad. 2.). Nuove luci, sono prodotte nell’anima, nuovi sentimenti, nuova forza, nuova vita, infinitamente superiore alle luci, ai sentimenti, alle facoltà, alla vita naturale della creatura razionale ed immagine perfetta della vita di Dio.

Cosa intende la Scrittura per spirito cristiano?

Questo è ciò che la Scrittura chiama lo spirito del Cristiano: non è la sostanza stessa dello Spirito di Dio, anche se suppone la presenza reale e sostanziale dello Spirito Divino nell’anima; né è una terza sostanza incompleta, distinta dall’anima, come essa lo è dal corpo. No, lo spirito cristiano è costituito da un insieme di facoltà, abitudini e atti che appartengono alla classe delle perfezioni che i teologi chiamano accidentali, perché si aggiungono alla sostanza dell’anima. Ma sono accidenti divini che portano l’anima ad una perfezione infinitamente superiore a quella che le sostanze più eccellenti possono avere naturalmente. Questo spirito è uno e molteplice. Come la nostra vita naturale nasce dallo stesso principio, l’anima razionale, che contiene in sé una meravigliosa varietà di forze e tendenze, così la nostra vita divina è formata in noi da un unico spirito, che è, rispetto alla nostra anima razionale, ciò che essa è rispetto al corpo: « Rinnovatevi – dice San Paolo – nello spirito della vostra mente. » (Ef. IV, 23). Applicato alle nostre facoltà, produce una moltitudine di spiriti che sono, per questo, ciò che i rami sono nell’albero. Essi sono tanti, quante sono le virtù e i doni gratuiti dell’ordine soprannaturale. C’è infatti lo spirito di fede e di amore, di saggezza e di intelligenza, di consiglio e di forza, di conoscenza, di pietà e di timor di Dio, di profezia e di molti altri. Sono queste altrettante forze divine, diverse nelle loro manifestazioni, ma identiche nel loro principio. Qual è questo principio? Innanzitutto lo Spirito di Dio che, attraverso la sua unione con l’anima, la rende capace di produrre opere soprannaturali: Hæc omnia operatur unus atque idem Spiritus (1 Cor XII, 2); e, nell’anima stessa, la grazia santificante si rende uno stesso spirito con Dio: Qui adhæret Deo unus spiritus est. Sì, San Paolo ha detto bene: uno stesso spirito. Ci allontaneremmo dalla verità se supponessimo che, nella divinizzazione della nostra anima, il sigillo divino sia separato dalla sua immagine. Quando facciamo questa separazione nell’ordine materiale, è molto facile per noi distinguere la traccia lasciata nella cera dal sigillo che l’ha prodotta. Ma prima che si separino l’uno dall’altro, quando il sigillo è ancora attaccato alla cera, non forma davvero una sola cosa con la sua immagine? Cera e metallo sono due sostanze, ma sono unite dalla stessa immagine, che è attiva in una e passiva nell’altra. Ora, l’anima cristiana, divinizzata dallo Spirito di Gesù Cristo, non è separata da quel sigillo divino. Se avesse la sfortuna di farlo, nello stesso istante, la divinizzazione cesserebbe. Essa rimane costantemente sotto questa feconda pressione. Essa è attaccata a Lui e riceve la Sua influenza, che non cessa di impressionarla e di renderla a Sé simile; in realtà non fanno più che un medesimo spirito, e ora si comprende come la parola spirito, usata per esprimere questa ineffabile unione, possa riferirsi a una delle due sostanze tra le quali si produce: Qui adhæret Deo unus spiritus est.

Cosa significa “spirito buono” e “spirito cattivo”?

Queste spiegazioni ci permettono di risolvere un problema di straordinaria importanza pratica. Si dice di certi uomini che abbiano uno spirito buono, di altri che siano animati da spiriti cattivi. Quale potrebbe essere il significato di queste parole? Certamente non intendiamo che tutti coloro ai quali attribuiamo uno spirito malvagio siano in peccato mortale. Ma, d’altra parte, se supponiamo che siano in uno stato di grazia, non dobbiamo forse riconoscere che abbiano lo Spirito Santo, che è lo spirito buono per eccellenza? Come è compatibile uno spirito cattivo con il possesso di questo Spirito? Per spiegare questo fatto, la cui realtà è dimostrata dall’esperienza quotidiana, ricordiamo ciò che abbiamo da poco ammesso. Il Cristiano è tale in ragione dello spirito buono; ma, diventando Cristiano, non cessa di essere uomo. La terza vita che la grazia di Cristo gli ha conferito, non ha distrutto in lui le due vite inferiori, quella animale e quella razionale. Egli rimane libero, anche dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, di seguire l’impulso degli istinti animali e delle inclinazioni egoistiche. Se si lascia trascinare nel peccato mortale, distrugge in se stesso la vita divina, spegne lo spirito, secondo l’espressione di San Paolo (1 Tess. V, 9). Ma senza arrivare a quell’estremo, di quante infedeltà può diventare colpevole! Lo spirito buono rimarrà in lui per tutto questo tempo. Ma il Cristiano imperfetto, lungi dal mostrare nella sua condotta l’influenza di quell’Ospite, manifesterà movimenti e tendenze contrarie. Tutti coloro che lo vedono all’opera, giudicando l’albero dai suoi frutti e l’anima dalle sue abitudini, diranno di lui che ha uno spirito cattivo. Quale Cristiano si può dire che sia di buono spirito? Colui che non si accontenta di avere in sé lo Spirito di Dio, ma che opera abitualmente sotto la sua influenza, che lo consulta nei suoi dubbi, che ascolta attentamente le sue ispirazioni, segue il suo impulso con docilità, si sforza in ogni momento di vivere, non secondo la volontà della carne, né secondo visioni puramente umane, ma come un vero figlio di Dio (1 Giov. I, 13); colui che è continuamente in guardia contro i legami dello spirito maligno e che, con l’esercizio di un’instancabile vigilanza, abbia acquisito l’arte del discernimento e l’abitudine di preservarsi da essi. Poiché la santità consiste nella fedeltà alle ispirazioni dello spirito buono, non lo si può mai raggiungere se non si impara a discernere queste ispirazioni dalle illusioni con cui lo spirito malvagio si sforza di sedurre coloro che non riesce a trascinare con le tentazioni manifeste. La scienza del discernimento degli spiriti è uno dei rami più importanti della grande scienza dei Santi. Non ce n’è un altro il cui uso sia più continuo, poiché siamo sempre sotto l’influenza di questi vari spiriti. Da un lato, siamo inclini al bene per lo Spirito di Dio, per i nostri Angeli e per le inclinazioni soprannaturali della nostra anima, dall’altro al male, apparente o nascosto, per l’angelo di satana e per le inclinazioni corrotte della nostra natura. Se non ci armiamo di una instancabile vigilanza e di una risolutezza incrollabile, saremo senza dubbio abbattuti dalla violenza della tentazione, o deviati verso i terribili sentieri dell’illusione.

Risoluzione pratica.

Ecco perché è indispensabile che, docili all’esortazione così incoraggiante del Divin Maestro, chiediamo incessantemente lo spirito buono al nostro Padre Celeste, che non può negarlo ai suoi figli! (S. Lc. XI, 13). Ma non accontentiamoci di chiedere quello Spirito che deve venire dal cielo; ricordiamoci che c’è in noi un altro spirito che, nato da Dio, non può vivere o svilupparsi senza la nostra libera collaborazione. Dio non ha aspettato che le nostre richieste ci segnassero con il suo sigillo, perché abbiamo ricevuto l’immagine divina prima di poterne apprezzare il valore, prima di conoscere noi stessi. Ma noi non siamo cera morta in cui questa immagine può sempre essere ricevuta passivamente. Possiamo cancellarla, così come permettere all’amore divino di inciderla più profondamente nella nostra anima. Viviamo già secondo lo spirito; ma sta a noi camminare più velocemente, lavorare più coraggiosamente sotto la sua influenza (Gal. V, 25). Possiamo rinnovarci incessantemente nello spirito della nostra anima (Ef. IV, 23) e completare, sottomettendoci sempre più alla legge dello spirito della vita, la nostra liberazione dalla schiavitù del peccato e dalla morte.

PARTE TERZA

MEZZI PARTICOLARI DELLA NOSTRA DIVINIZZAZIONE

Capitolo 1

IL CUORE DI GESÙ ED I SACRAMENTI IN GENERALE

Introduzione alla terza parte

Nella conoscenza del nostro rapporto con Gesù Cristo sta la vera scienza del Cristiano, la scienza per eccellenza che lo pone al di sopra di tutti gli altri, quanto il cielo si innalza sopra la terra. Non c’è niente altro da imparare se sappiamo bene cosa sia il Cuore di Gesù per noi, il suo modo di stare con noi e come il nostro cuore debba corrispondere alla sua azione. Se sapessimo bene le condizioni dello scambio meraviglioso, attraverso il quale il Cuore di Gesù ci viene donato nella sua interezza,  potremmo donarci interamente a Lui. Coraggio, siamo sulla via più breve e sicura che possa guidarci per questa preziosa scienza. Studiamo con sempre maggiore attenzione e con un amore più ardente, i mezzi con cui il Cuore di Gesù ci viene comunicato, per sapere come dobbiamo andargli incontro. Sappiamo che Egli è la fonte della nostra vita divina; ci resta da scoprire quali siano i canali che distribuiscono questa vita nel nostro cuore. Ce ne sono alcuni che, da se stessi e indipendentemente dalla nostra azione, hanno la virtù di conferirci la vita in modo permanente, purché non mettiamo ostacoli sulla nostra strada. A questa classe appartengono i Sacramenti, chiamati da Isaia, le fonti del Salvatore. Il Cuore di Gesù ci comunica anche la vita divina attraverso tutti gli atti che ci fa compiere in unione con Lui, una volta che ci ha uniti a Sé con la giustificazione: a questa comunicazione, permanente come la grazia dei Sacramenti, si dà il nome di merito. Attraverso la grazia vera e propria, che può essere puramente esterna, ma che ci può essere data anche attraverso il ministero della Chiesa, il Cuore di Gesù esercita su di noi un’azione transitoria, che non costituisce un merito in sé, ma ci mette nella condizione di acquisirlo. Lo studio della nostra unione con il Cuore di Gesù, sotto questi diversi aspetti, ci aiuterà a conoscere meglio la nostra Religione ed a coordinare meglio le conoscenze che abbiamo acquisito da essa. La nostra pietà, ben fondata sui dogmi, sarà allo stesso tempo più solida e tenera. Perché è impossibile non amare il Cuore di Gesù più ardentemente, quanto più si penetra intimamente nella sua conoscenza. Tuttavia, non possiamo  comporre qui un trattato completo sui Sacramenti, che sono il mezzo con cui si realizza la grande opera di formazione di Gesù Cristo in noi. L’unico obiettivo che ci proponiamo è quello di far capire il legame che unisce questa parte importante del dogma cattolico con il centro di tutta la Religione. È bene far vedere, con sempre maggiore chiarezza, l’unità di tutte le cose in quel Cuore Divino. Per raggiungere questo obiettivo non abbiamo bisogno di ricorrere a ipotesi avventurose o a sottili speculazioni. Ci basterà considerare il Cuore di Gesù così com’è realmente e così come ci è stato proposto alla nostra venerazione dal Divin Maestro stesso, cioè come un Cuore vivo, che ci ama e che non cessa di riversare su di noi gli influssi vivificanti del suo amore. Non possiamo negare che lo Spirito Santo sia l’inizio immediato della nostra vita divina; ma le grazie dello Spirito Divino ci vengono comunicate attraverso la santa umanità del Salvatore e attraverso un libero atto del suo amore. Il suo Cuore, organo e sede di quell’amore, deve essere visto come la sorgente da cui scorre incessantemente il fiume di vita che irrora il paradiso della Chiesa. Questo è il punto di vista in cui dobbiamo porci se vogliamo comprendere la nostra vera relazione con il Cuore di Gesù, e non vogliamo esporci al compromesso arbitrario di una devozione così ampia come la Religione stessa e di cui la sua devozione è il centro. E come il centro in una sfera, lungi dall’assorbire e confondere i vari punti della circonferenza, dà a tutti il suo ordine e la sua posizione, così la devozione al Cuore di Gesù ben compresa, non solo non oscura le devozioni particolari, né sminuisce le varie parti della Religione, ma al contrario, fa emergere molto meglio la sua ammirevole varietà e la sua divina armonia.

Capitolo II.

IL CUORE DI GESÙ E IL BATTESIMO

Meraviglie che opera il Battesimo.

Il Battesimo è il primo legame che unisce i Cristiani al Cuore di Gesù; è il sigillo dell’alleanza che porta il figlio dell’uomo nella famiglia di Dio; è il primo anello di una meravigliosa catena che Gesù Cristo ha operato durante la sua vita mortale, curando lebbrosi, paralitici, sordi, muti, posseduti, resuscitando i morti, tutte cose che non sono nulla in confronto al miracolo che si opera nel bambino che riceve il Battesimo. Il miracolo del Battesimo è la realtà di ciò che è figurativo nelle altre cose. Perché essendo com’era, cioè in potere del diavolo, l’anima di quel bambino è liberata; egli era morto e ora riceve la vita; era coperto dalla lebbra e viene completamente purificato, al posto di una forza umana, gli vien data una forza sovrumana. Tutto questo viene fatto non nell’ordine delle cose visibili che passano, ma nell’ordine delle cose invisibili, che sono uniche. Tutto questo avviene nell’ordine divino, perché la vita che il figlio dell’uomo riceve è una vita divina; le sue forze sono forze divine; l’eredità che egli acquisisce per diritto infallibile, è un’eredità divina. LAutore di tutte queste meraviglie è il Cuore di Gesù che, nel momento in cui l’acqua benedetta tocca la fronte del bambino, comunica al suo cuore lo spirito e la vita che Egli stesso anima.

Battesimo, mistero della morte.

Il mistero del Santo Battesimo è insieme un mistero di morte e un mistero di vita. Da quando l’uomo, dopo essersi spogliato della vita di Dio attraverso il peccato, si è volontariamente condannato a morte, non può tornare nel suo stato precedente se non si sottomette alla giusta punizione che i suoi peccati meritano. La misericordia divina non può rigenerarlo se la giustizia divina non sia prima soddisfatta. Il bambino che ha appena aperto gli occhi alla luce ha un debito da pagare, il debito contratto dal nostro primo padre e che è stato esteso a tutti i suoi discendenti. Un debito che deve essere pagato prima che il nuovo figlio di Adamo possa riacquistare i suoi diritti sull’eredità celeste. Come può essere ripagato da un bambino che non riesce nemmeno a pensare o ad agire da solo? Lo pagherà così come l’ha contrattato. Ha peccato nella persona del suo primo padre, il vecchio Adamo. Ma ha un altro Padre, il nuovo Adamo, che ha preso su di Sé, espiandolo, il debito del suo peccato. Gesù Cristo è morto per quel bambino e il Battesimo lo renderà partecipe della sua morte in modo meraviglioso: infatti, egli si impadronirà della giustizia del nuovo Adamo per distruggere l’opera della morte e la grazia sovrabbonderà dove il peccato aveva abbondato. Il primo effetto del Battesimo è quello di innestarci nella morte di Gesù Cristo, secondo il dire di San Paolo; di seppellirci nella sua tomba e di battezzarci nella sua morte. Sono espressioni dell’Apostolo, il cui contenuto aveva reso la Chiesa più palpabile, nei primi secoli, per l’usanza che aveva di battezzare per immersione. Il catecumeno era immerso e sepolto completamente nelle acque, per poterne uscire trasformato, in qualche modo, in un uomo nuovo. Così è stato battezzato Gesù Cristo e in questa azione, la prima della sua vita pubblica, i Santi Padri vedono la figura dell’atto con cui ha dovuto chiuderla. Fu immerso nelle acque del Giordano, mentre doveva essere sepolto nella tomba per distruggere la carne del peccato, di cui portava l’immagine. Gesù Cristo, il Figlio dell’uomo, ha riunito tutta l’umanità colpevole, l’ha sommersa nelle acque e poi l’ha sepolta sulla terra per seppellirla e purificarne i crimini. Un santo Dottore dice che, quando uscì dal Giordano, sollevò ed estrasse con sé dalle acque il mondo sommerso da una nuova inondazione. (Secum quodam modo demersum educens et levans mundum – S. Gregorio Naz., Orat. 39: in s. lumina). Si vede in questo perché Dio Padre ha scelto quel momento per riconoscerlo solennemente come suo Figlio: fino ad allora, sembrava che lo avesse ignorato, perché lo vedeva vestito delle nostre iniquità. Ora lo riconosce e dice: “Ecco il mio diletto Figlio in cui ho riposto tutte le mie compiacenze”. Ogni volta che il Battesimo del Salvatore viene conferito ad un nuovo Cristiano, questo mistero si rinnova. Quello che è stato a lungo fatto nel Capo, si opera sul membro. La morte del Salvatore, raffigurata nell’immersione nel Giordano, è riprodotta dall’acqua versata sulla fronte del bambino. I suoi peccati vengono distrutti, le sue macchie lavate via, e Dio Padre, che prima vedeva in lui solo un figlio dell’ira, si compiace ora di riconoscere in lui l’immagine del suo Figlio diletto. In un altro tempo la giustizia divina, irritata dai crimini degli uomini, aveva mandato un diluvio sulla terra per purificarla. Era un battesimo d’ira che aveva distrutto sia i peccati che i peccatori. Il Battesimo di Gesù Cristo è un diluvio di misericordia, che distrugge il peccato molto più efficacemente del primo diluvio, ma che allo stesso tempo salva il peccatore. Per questo motivo, è molto meglio raffigurato nel passaggio del Mar Rosso, che porta il popolo eletto fuori dal paese della schiavitù e lo libera. Solo il faraone e il suo esercito, cioè i vizi che tenevano prigioniera l’anima, vengono inghiottiti dalle onde vendicative, mentre l’anima ne esce viva e libera.

Il Battesimo, mistero di vita

Questo mistero è un mistero di vita molto più che di morte, perché  la comunicazione di Gesù Cristo che distrugge il peccato nell’anima dei battezzati è la più vitale e vivificante di tutte le operazioni. Proprio come il Divin Salvatore ha dato vita al mondo, morendo per noi, così Egli dà la sua vita ad ogni uomo, rendendolo partecipe dei meriti della sua morte. Il Cuore di Gesù contiene due tesori ugualmente infiniti: quello delle soddisfazioni del Salvatore e quello dei suoi meriti. Comunicandoci i suoi meriti, ci dà la vita; distrugge la morte in noi, comunicandoci le sue soddisfazioni: è una doppia comunicazione che avviene nel Battesimo. È allora che il figlio dell’uomo diventa parte del Corpo mistico del Figlio di Dio e ne diventa membro vivente. Qualcosa di simile a ciò che accade nel nostro corpo, accade poi nel Corpo divino ogni volta che assimila nuovi elementi. Tutte le parti che al momento attuale compongono i nostri membri, erano sparse nell’aria o sulla terra, appartenevano alla natura inferiore, al mondo materiale. Ma una volta divenuti la nostra sostanza, sono stati messi in comunicazione con la nostra anima, che li ha presi, li ha uniti, ha comunicato loro le sue forze, dando loro un nuovo essere. Gli elementi, che prima erano puramente materiali, fanno ora parte di un essere spirituale e razionale; sono saliti alla categoria più alta della creazione. E mentre siamo sulla terra non smetteremo di assimilare sostanze inferiori e di elevarle in noi ad un ordine superiore alla loro natura. Questo mistero della crescita e della comunicazione della vita naturale è una figura ammirevole del mistero della propagazione della vita nell’ordine soprannaturale. Finché il Corpo mistico di Gesù Cristo, che è la Chiesa, sarà sulla terra, nuovi membri presi dall’umanità decaduta e degradata vi si uniranno continuamente. Ma, non appena queste anime sono messe in comunicazione con il Cuore di Gesù mediante il Battesimo, lo Spirito Santo, l’anima del suo Corpo mistico, li trasforma, li eleva al di sopra di se stessi, comunica loro la sua forza, la sua vita, il suo essere. In una parola, li innalza allo stato soprannaturale e divino. Un’altra comparazione, usata da San Paolo, ci dà una migliore comprensione degli effetti prodotti nell’anima del Cristiano dal Battesimo: è il paragone dell’innesto. Ammirate un olivo selvatico che non produce altro che frutti rachitici ed amari. Il contadino ha profuso la sua cura su di esso senza ottenere alcun risultato soddisfacente. Ma prima di decidere di sradicarlo, si risolve nell’innestarlo. Prende la parte di un olivo buono, fa un’incisione in uno dei rami e lo inserisce. Presto la pianta si innesta al ramo, gli comunica le sue qualità e allo stesso tempo si nutre della sua linfa. Da questa unione nascono frutti che, pur rimanendo dell’olivo selvatico, hanno un sapore ed una forza simile a quella dei frutti di un buon olivo. Questo bel simbolo ha una doppia applicazione: può essere applicato all’umanità malata e ad ogni Cristiano, all’Incarnazione e al Battesimo: esso si è realizzato per la prima volta nel modo più commovente nell’Incarnazione del Figlio di Dio, quando, attraverso la mediazione della Beata Vergine Maria, l’innesto divino, Gesù Cristo, è stato posto nell’albero selvatico e maledetto dell’umanità. È avvenuto di nuovo, ma in senso inverso, in ognuno di noi, il giorno del nostro Battesimo: l’innesto dell’olivo sterile nell’albero buono ha ricevuto da esso l’abbondanza della linfa ed il sapore dei suoi frutti. Prima che questo mistero di grazia si realizzasse in noi, non potevamo produrre altro che frutti di morte, né potevamo fare altro che opere colpevoli ed inutili per il cielo. La nostra linfa era corrotta, le nostre facoltà erano assopite, la nostra natura era condannata ad una irrimediabile sterilità. Eppure il contadino celeste, Dio, nostro Creatore e Padre, ci aveva destinato a portare frutti di vita immortale. Non poteva quindi rassegnarsi a vedere i suoi piani vanificati dalla malizia di satana. Ed allora che cosa ha fatto? Lo abbiamo già detto: ci ha innestati sull’olivo buono, la vite divina, Gesù Cristo, il suo Figlio prediletto. In questo modo, senza perdere nulla del nostro essere e delle nostre facoltà naturali, abbiamo acquisito un nuovo essere e una nuova fecondità, la vita stessa del Salvatore, siamo stati resi capaci di fare le opere che l’Uomo-Dio ha fatto sulla terra, di portare frutto in Lui, di appropriarci dei suoi meriti divini. Finché siamo disposti a rimanere in Lui, la Sua linfa divina ci viene comunicata in abbondanza sempre maggiore.

Gli effetti del Battesimo, secondo i Santi Padri.

Ciò che il Salvatore disse ai suoi Apostoli, ora ripete a coloro che si uniscono a Lui nel Battesimo: « Io sono la vite e voi i tralci; colui che dimora in me, e colui in cui risiedo, porta molto frutto; ma senza di me non potete fare nulla. Mio Padre mette la sua gloria nel farvi portare molto frutto. » Da essere maledetto, da figlio del nulla e destinato alla morte, senza eredità e senza speranza, spogliato di ogni merito e della possibilità di acquisirlo, si vede improvvisamente, per dono gratuito, infinitamente al di là della sua condizione naturale: unito al Figlio di Dio, reso partecipe della sua vita, fecondità e ricchezza. Questo è ciò che fa il Battesimo. Che meravigliosa trasformazione opera nel bambino! Che miracoli fa in un istante! I Santi Padri hanno esaltato gli effetti ammirevoli della giustificazione che il Cristiano riceve nel Battesimo: « Il Battesimo è – dice San Gregorio Nazianzeno – lo splendore delle anime, il cambiamento di vita in qualcosa di più perfetto, il sostegno della nostra debolezza, la dismissione della carne, l’acquisizione dello Spirito Santo, la condivisione del Verbo, la guarigione della nostra natura, il diluvio che ci lava dal peccato, la comunicazione della luce, la cacciata delle tenebre. Il Battesimo è un carro che Dio solo conduce, un pellegrinaggio con Gesù Cristo, il sostegno della fede, il perfezionamento dell’anima, la chiave del regno dei cieli, la trasformazione della vita, la cessazione della schiavitù, lo spezzarsi delle catene, la conversione dell’uomo ad uno stato migliore. » (2 S. Gregorio Naz., Orat. 40: in x. baptisma, MG: 36, 359). Cosa possiamo continuare ad aggiungere? Il Battesimo è il più bello e il più grande dei benefici di Dio. Come certe cose si chiamano le cose sante delle cose e i cantici dei cantici perché si diffondono maggiormente, abbracciano più oggetti ed hanno una dignità particolare, così il Battesimo si chiama l’illuminazione, perché per la sua santità supera tutte le altre illuminazioni. E come Gesù Cristo ha vari nomi ed attributi diversi, così questo dono si chiama in modi diversi, nel pervaderci dalla gioia che produce in noi, perché chi ama una cosa le dà una moltitudine di nomi, proprio per la moltitudine dei suoi effetti. « Chiamiamolo dono, grazia, battesimo, unzione, illuminazione, vestito di purezza, bagno di rigenerazione, sigillo, e in altri modi molto più eccellenti ancora. Chiamatelo dono perché è dato senza essere meritato; grazia, perché è dato ai peccatori; battesimo, perché attraverso di esso il peccato è sepolto nell’acqua; unzione, perché è sacra e regale, perché da essa si ha tutto ciò che sia unto; illuminazione, perché è splendore e chiarezza; vestito, perché copre la nostra ignominia; sigillo, perché ci preserva e rappresenta il nostro regno. I cieli sono in gratitudine per esso, gli Angeli lo celebrano, perché per il suo splendore siamo diventati suoi alleati. È l’immagine della beatitudine; vorremmo esaltarlo con inni e lodi, ma la sua dignità è così eccelsa che sarebbe impossibile per noi comprenderla. » San Giovanni Crisostomo avverte che alcuni Cristiani non vedono nel Battesimo altro che la remissione dei peccati, mentre esso contiene in sé magnifiche prerogative: ci rende liberi, giusti, santi, figli di Dio, eredi di Dio, coeredi di Gesù Cristo, membra di Gesù Cristo, templi e strumenti viventi dello Spirito Santo. (San Giovanni Crisostomo, Om. ad Neoph., apud Augustinum, ML: 44, 654-655.).

Il Battesimo è l’ultimo grado dell’ascensione della natura al suo Creatore.

Poiché Dio ha creato tutti quegli esseri cavandoli da Sé fin dall’eternità, tutti tendono a ritornare a Lui, come i fiumi che si dirigono verso l’oceano. Tutta la natura non è altro che una grande opera, uno sforzo con cui le creature si elevano di grado in grado fino a raggiungere una perfezione superiore e si avvicinano così alla perfezione sovrana. Nelle piante, la natura minerale viene portata alla vita vegetativa. Negli animali la natura minerale e vegetale viene elevata a quella sensibile. Nell’uomo i tre regni inferiori si elevano alla vita razionale, il grado più alto nella scala delle perfezioni naturali. Ma tra il massimo grado di perfezione creata e non creata, tra la vita razionale e quella divina, c’è un abisso infinito. Il Battesimo colma questo abisso in parte innalzando la vita razionale alla vita divina e portando l’uomo e tutte le sue nature inferiori nell’ordine divino. In questo modo l’idea di cui gli empi hanno fatto uno dei loro errori più mostruosi si realizza completamente. Dicono che Dio si è fatto, intendendo con questo che Dio non abbia una vera esistenza, e che non c’è altro Dio se non il mondo, che si perfeziona costantemente, avvicinandosi sempre più alla perfezione assoluta. Questo errore, come tanti altri, non è altro che la verità falsificata: cioè che Dio ha voluto, per un atto del suo libero arbitrio, rendere le creature razionali partecipi della sua natura, della sua vita, della sua felicità. Questa comunicazione della vita di Dio si espande costantemente attraverso il Battesimo: il Corpo mistico di Gesù cresce ogni volta che un nuovo membro vi si unisce. In questo modo aumenta il numero degli dèi creati. Dio stesso, secondo l’espressione di San Paolo, cresce, cioè: rimanendo in Sé perfettamente immutato, riceve da noi, attraverso la virtù del Cuore di Gesù, un nuovo prolungamento di vita (Ex quo totum corpus crescit in augmentum Dei. Col. II, 19). Il potere veramente meraviglioso che il Battesimo conferisce al Cristiano consiste nel fatto che lo fa crescere in Dio e fa crescere Dio in lui.

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