1Paolo SEGNERI S. J.:
L’INCREDULO SENZA SCUSA
Tipogr. e libr. Salesiana, TORINO, 1884
PARTE PRIMA
CAPO XXIII.
Se l’astrologia vaglia punto ad invalidare la provvidenza.
I. E comune a tutti i ribelli il riconoscere ogni padrone più volentieri, che il proprio: onde a gittar questo dal soglio, non temerebbero di sostituirvi un Nerone. Mirate dunque se gli ateisti sono ribelli solenni. Purché Dio non sia quegli che li governi con la sua provvidenza da uomini ragionevoli, giungono a sognar sino un fato là su le stelle, che li governi da bruti.
II. E vero che non tutti procedono ad egual passo: mentre alcuni, più cauti nel favellare, se non più religiosi nel credere, protestano di non assegnare ai pianeti la parte di padroni nel gran teatro delle umane vicende, ma di messaggi. Contuttociò questi ancora, benché men empi, non però meno vani, conviene avvolgere in un’istessa rovina, precipitandoli per mano della ragione giù da quel cielo che essi con le lor predizioni infamano tanto, quanto i poeti lo infamarono con le loro insanie.
III. Conosco bene a qual cimento io mi esponga, pigliandola a viso aperto con un tal genere di persone ingannevoli, e pur amata: Genus hominum sperantibus fallax, quod semper vetabitur, semper et retinebitur (Tac. hist.1. 1). E l’ingegno umano sì avido di antivedereil futuro, che non si vergognò ne’ secolipiù vetusti di mendicarne gli annunzi da ridicolissime osservazioni: tanto che il garrirdegli uccelli, il tripudiar de’ polli, il trapassarde’ porci, ed altri sì vani auguri, valevan piùin una Roma ad accelerare le determinazioni o a sospenderle, di quello che valessero i voti de’ senatori. Ed oggi non ha tra noi chi tien per infausto l’inciampar su l’uscio di casa, l’abbattersi in un tal cane, l’ascoltare una tal civetta, o l’essere in un tal ruolo di convitati? Non è meraviglia però se riesca agli astrologi di ottenere dal commercio con gli astri, da lor vantato, quella credulità che ottenevano già gli aruspici dal budellame dei montoni, o dei manzi, da loro aperti a tal fine; e quella che più vecchierelle ottengono anche oggi per via di superstizioni più fievoli e più fallite, che vanno in volta. Tanto più che gli astrologi, a vantaggiare il loro partito, si travestono da politici, e promettendo sì al pubblico, sì al privato, con la previsione de mali un prò inesplicabile, qual è quello di ripararli fan sì che il dir loro contra sembri un volere opporsi all’umana felicità: né di ciò paghi, abbigliano i loro pronostici di voci sì pregnanti, sì pellegrine, che, benché non intese neppur da essi quando le proferiscono, fanno tuttavia rimanere la gente attonita, quasi perle tratte dagli stipi più ignoti della sapienza.
Oroscopo, mezzo cielo, aspetti, direzioni, dignità, esaltazioni, transiti, triplicità, erezioni, capo di dragone, coda di dragone, combustioni, stelle che veggano, ma non odano, stille che odano, ma non veggano, magne congiunzioni, magne rivoluzioni, case celesti, raggi felici, retrogradazioni funeste, gradi lucidi e tenebrosi, ed altrisì fatti, misteri tutti al dir loro, e pur null’altroin sé che palloni, tanto più vuoti diverità, quanto più gonfi di suono. Difficilissimoè pertanto pigliarsela in poche carte contracostoro, che coi soli vocaboli inauditi fannocorrersi dietro la gente matta.
IV. Mi basta nondimeno, o lettore, che voi siate contento di stare in bilico, senza declinar con l’affetto più ad una parte che all’altra; ed io confido nel peso delle ragioni, che in poco d’ora concorrerete voi pure da voi medesimo senza spinta, a dispregiare qual bugiarda una ciurmeria che va fra molti col passaporto di scienza; anzi ad abbominarla qual traditrice, mentre ella invece di giovar mai alla repubblica, come falsamente promette, perturba la repubblica insieme e la religione, porgendo nel latte di una verità immaginaria mille veleni di errori, tanto più nocevoli al mondo, quanto meno sospetti, e più dilettosi.
V. Senonchè prima di passare innanzi, conviene che io mi spieghi bene. E però, siccome io non voglio per mio nimico chi nimico non è della religione, così sappiate come io qui non intendo di uscire in campo contra l’astrologia naturale, che è quella la quale dagli aspetti de’ cieli predice i nuvoli, i nembi, le siccità, e le ricolte, or povere, or piene, agli agricoltori. Questa, a dir giusto, è più congettura, che arte. Perchè qualor vi fossero uomini daddovero intendenti di tali cose, a che prezzo non si torrebbono dai monarchi? Se Filippo II re delle Spagne, quando stava in procinto di porre in mare quella formidabile armata, che egli inviò contra l’Inghilterra, avesse in corte avuto un astrologo, il quale gli presagisse quella furiosa burrasca che gliela mandò tanto male; che non gli avrebbe egli dato di ricompensa? E così quanto pagherebbero i principi d’ogni grado, aver chi loro dinunziasse con sicurezza le carestie, le contagioni, i tremuoti, ed altri infortuni, che preveduti, potrebbero distornarsi opportunamente, o almeno debilitarsi? Eppur vediamo tutto di, che non gli hanno. Adunque è segno che tale scienza non v’è, e se pur v’ è, v’è da scena, non v’è da cattedra. Contuttociò, perché ella non va punto a ferire la provvidenza, non è dovere impiegare gli strali contra una fiera sì dimestica, quando frattanto scappano via le selvagge. Quella che non può soffrirsi è l’audacia de’ genetliaci, i quali non si curando di dar la buona ventura alle campagne, agli alberi, agli animali (da cui non possono cavar nulla di lucro), la danno agli uomini, con predir loro la vita, ora lunga, ora breve, e gli avvenimenti, ora prosperi, ed ora avversi: volendo che, come già gli egiziani aspettavano dal Nilo, e non dal cielo, la loro fertilità; così noi dal cielo, e non dal Fattore del cielo attendiamo la nostra sorte. Intendo io dunque di far vedere che tutta l’arte di questa professione superba è, se ben si rimira, sognar con arte. Ed eccovi su ciò la mia schietta proposizione.
VI. L’astrologia giudiziale è un ritrovamento fondato in aria, senza ragione alcuna, e senza esperienza bastevole a sostenerla. Cominciamo la ragione (L’astrologia giudiziale, od astromanzia, ebbe la sua culla nell’antico Oriente, e viene reputata una corruzione di antichissime dottrine astronomiche, detta per ciò da Keplero una figlia pazza di madre saggia; e la sua pazzia è così universalmente riconosciuta, che non v’ha oggidì uomo di senno, nonché pensatore serio, che la tenga in qualche conto)