SALMI BIBLICI: “ECCE NUNC BENEDICITE DOMINUM” (CXXXIII)

SALMO 133: “ECCE NUNC BENEDICITE DOMINUM”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS. 

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME TROISIÈME (III)

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 133

Canticum graduum.

[1] Ecce nunc benedicite Dominum,

omnes servi Domini: qui statis in domo Domini, in atriis domus Dei nostri.

[2] In noctibus extollite manus vestras in sancta, et benedicite Dominum.

[3] Benedicat te Dominus ex Sion, qui fecit cælum et terram.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO CXXXIII

È Salmo (l’ultimo dei graduali) che esorta i viatori, che aspirano alla patria, a lodare Dio; o meglio, che anima quei che già arrivarono in patria a darsi tutti alle lodi di Dio, ufficio perpetuo di quei che abitano nella casa di Dio.

Cantico dei  gradi.

1. Su via benedite adesso il Signore, tutti voi servi del Signore.

2. Voi che fate vostro soggiorno nella casa del Signore, ne’ cortili della casa del nostro Dio.

3. La notte alzate le vostre mani verso il santuario, e benedite il Signore.

4. Benedica te da Sionne il Signore, che fece il cielo e la terra.

Sommario analitico

In questo salmo, che termina la serie dei salmi graduali, il popolo, nel momento in cui finisce e cessa di lodare Dio, desidera vedersi sostituito da coloro che, consacrati specialmente al suo culto, possono e devono restarvi incessantemente.

I.- Il sommo sacerdote, con il popolo, esorta i sacerdoti, i leviti e tutto il popolo a lodare Dio notte e giorno; e alzando le loro mani verso il tempo, e benedicendo Dio di cuore e di bocca (1, 2):

II. – Il popolo prega Dio di benedire il sommo Sacerdote:

1° Perché egli ha scelto il tempio per farne la sua dimora; 2° Perché Egli è il Creatore del cielo e della terra (3).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-3.

ff. 1. –  « Benedite il Signore, voi tutti che siete  servi del Signore; » voi che non siete più schiavi del peccato, ma i servi di Dio. Pensiamo che sia un lieve vantaggio il dire: «Io sono il servo del Signore? » È il colmo della virtù meritare questo favore. Ci si onora nel mondo nel poter dire: io sono il servo dell’imperatore; è una dignità l’appena avvicinarsi ad un servo dell’imperatore. A maggior ragione è dignità sovrana, infinita, potersi dire servo del Signore. Così l’Apostolo si glorifica di questo titolo, scrivendo all’inizio di tutte le sue Epistole: « Paolo, servo di Gesù-Cristo. » Benedite dunque il Signore, voi tutti servi del Signore, voi che Egli ha riscattato, voi che non riconoscete se non Dio per padrone, voi sui quali la collera non ha impero, che non siete schiavi né della voluttà, né delle altre passioni; ma non è sufficiente che essi siano servi del Signore, bisogna che si tengano in piedi. «Tenetevi in piedi nella casa del Signore. » (S. Girol.). – La benedizione che diamo a Dio viene originariamente da quella che Egli ci dà: Dio ci benedice, quando ci ricolma di beni che ci vengono dalla sua bontà, e che noi, non potendo dargli niente, confessiamo con compiacenza le sue perfezioni e ce ne rallegriamo con tutto il nostro cuore. (Bossuet, Elev. , XVIIIa sem., IXa El.). – È un dovere per tutti i Cristiani, che sono servi di Dio, il benedirlo; ma per una ragione speciale, questo dovere è più rigoroso per i sacerdoti, le cui funzioni chiamano così sovente nelle mura della sua casa, e che sono esclusivamente consacrati al culto del Signore. – Che significa: « Ora? » Nel tempo presente, perché è evidente che dopo che le nostre tribolazioni saranno passate, noi non saremo occupati se non a benedire il Signore: « Beati coloro che abitano nella vostra casa, essi vi loderanno nei secoli dei secoli. » (Ps. LXXXIII, 3). Coloro che allora benediranno il Signore senza mai fermarsi, cominceranno a benedirlo quaggiù, cioè nelle tribolazioni, nelle tentazioni, nelle sofferenze, in mezzo alle avversità del mondo, in mezzo alle insidie del nemico, in mezzo agli inganni ed alle violenze del demonio (S. Agost.). – « Voi tutti che state nella casa del Signore. » Questa casa di Dio, è la Chiesa, secondo queste parole dell’Apostolo san Paolo: « Affinché, se mi capita di tardare lungo tempo, voi sappiate come comportarvi nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, la colonna ed il sostegno della verità. » (I Tim. III, 15). Ora la Chiesa non consiste nelle mura materiali di un edificio, ma nella verità dei dogmi. Là dov’è la vera fede, là c’è la Chiesa (S. Girol.). – « Voi che state nella casa del Signore, » cioè che perseverate; perché è stato detto di colui che era altra volta un Arcangelo: « egli non è nella verità. » (Giov. VIII, 14). È stato ancora detto dell’anima dello sposo: « ma l’anima dello sposo resta là e l’ascolta, ed ella è piena di gioia alla voce dello sposo. » (Giov. III, 19).

II. — 2.

ff. 2. – « Alzate le vostre mani durante la notte, verso le cose sante. » Alzate le vostre mani, perché Gesù le ha stese sulla croce. Perché il Profeta aggiunge: « Verso le cose sante? » Eccolo: Gli eretici, i Giudei, gli stessi pagani, alzano le loro mani. Essi fanno anche delle elemosine; se vedono un povero, essi aprono le loro mani. Non sembra che le elevino? Si, essi le elevano, ma non verso le cose sante, perché essi non conoscono Gesù-Cristo … Voi, al contrario, servi del Signore, alzate le vostre mani verso le cose sante, verso il santuario, cioè confessate Gesù-Cristo, di modo che tutto ciò che fate, lo fate per Lui. .. Tutto ciò che facciamo, lo facciamo nel nome di Gesù-Cristo. noi leggiamo le Scritture, noi apprendiamo i salmi, studiamo i Vangeli, cerchiamo di comprendere i Profeti: noi non dobbiamo farlo per essere glorificati dai nostri fratelli, ma per piacere a Gesù-Cristo, affinché la sua parola risuoni sulle nostre labbra …Costui ha più appreso che poi fatto. Se io traduco nelle mie opere ciò che voi apprendete, queste opere sono molto più impregnate, penetrate dalle scritture che le parola che vi faccio intendere (S. Girol.) – In questa notte di ignoranza, di insidie, di infermità, di concupiscenze, di vizi, eleviamo le mani verso le cose sante, non solo per pregare, ma per fare delle buone opere. La preghiera da sola, non è sufficiente: bisogna elevare le nostre azioni all’altezza delle cose sante, dando i vestiti a coloro che sono ignudi, del pane a coloro che hanno fame, consolando gli afflitti, soccorrendo gli oppressi con una carità che si estenda a tutti senza eccezione. Ecco le opere che ci santificano, che sono sante e gradite a Dio (S. Hil.). – Non bisogna dare al sonno la notte tutta intera, e le nostre preghiere sono più pure quando l’anima è meno caricata dalle faccende, e la calma più profonda (S. Chrys.). –  La notte è il tempo più favorevole per lodare e pregare Dio, allorché tutto è piombato nel riposo ed il silenzio regna tutt’attorno  noi: « Io mi levo nella notte per lodare il Signore: » (Ps. CXVIII); « La mia anima vi ha desiderato di notte; » (Isai. XXVI); « Alzatevi, lodate il Signore durante la notte, all’inizio delle veglie. » (Gerem. Lam. II.). Tutti i santi hanno raccomandato questo esercizio, e la maggior parte degli istitutori di ordini monastici hanno prescritto gli uffici della notte. Il raccoglimento è più profondo quando tutta la natura è nel silenzio; i cantici di lode sono più graditi a Dio, quando si sacrifica una parte del proprio riposo col contemplare le sue perfezioni ed a celebrarne i benefici. È come un apprendistato della vita del cielo, ove gli eletti servono Dio giorno e notte nel suo tempio; è un’opera di opposizione, e nello stesso di riparazione contro gli usi del mondo, che consacra il tempo della notte ai divertimenti, ai piaceri ed all’intemperanza. – Voi che vi alzate durante la notte, che solitari levate a Dio mani innocenti, nell’oscurità e nel silenzio, e voi, Cristiani, che lodate Dio durante le tenebre, benedite il Signore (BOSSUET, Elev. XVIII, S. m, E.). – Pratica notevole, quando ci si svegli di notte è alzare le mani, ed ancor più il proprio cuore a Dio, adorarlo, lodarlo, benedirlo in un tempo in cui è dimenticato da quasi tutti. – « Alzate le vostre mani verso il santuario, » o, secondo un’altra versione: « Elevatele santamente, », cioè che la vostra anima, pregando, debba essere pura dai cattivi pensieri, dall’odio, dall’avarizia, e da ogni peccato che gli dà la morte (S. Chrys.).

ff. 3. Il Signore benedice da Sion; le sue grandi benedizioni sono nella Chiesa, ed il fine di queste benedizioni è il possesso del soggiorno celeste, di cui Sion fu la figura. (Berthier) – Il Profeta eleva in seguito a più alti pensieri lo spirito di coloro ai quali si rivolge, ricordando loro che Dio è dappertutto … che noi possiamo, di conseguenza, pregarlo in ogni luogo, nella campagna, all’interno delle nostre case, sulla pubblica piazza, nella solitudine, sul mare, nelle osterie, in una parola, ovunque noi siamo. Alcun luogo è, per sua natura, contrario alla preghiera, purché la nostra vita non si opponga alla sua efficacia (S. Chrys.). – Nessuno tra voi dica: Questa benedizione non è giunta fino a me. A chi pensate che si indirizzi il Profeta dicendo: « Che il Signore vi benedica da Sion? » Egli ha benedetto l’unità, siate nell’unità, e la benedizione giungerà fino a voi. I fratelli fanno numero, perché sono plurimi, ma essi non sono che uno, perché la carità li unisce. (S. Agost.).  


I SERMONI DEL CURATO D’ARS: “IL DIGIUNO DELLE QUATTRO TEMPORA E LE PROCESSIONI DELLE ROGAZIONI”

IL DIGIUNO DELLE QUATTRO TEMPORA E LE PROCESSIONI DELLE ROGAZIONI

“Surrexit David et abiitet universus populus utadducerent arcam Dei.”

(II Reg. VI, 2).

Possiamo, Fratelli miei, trovare una cerimonia più commovente di questa: vedere il santo re, accompagnato da tutti i sacerdoti e leviti, ai quali teneva dietro il popolo, trasportare l’Arca santa dal Tabernacolo di Silo (L’arca era stata prima a Silo (I Reg. I- IV); ma quando Davide pensò di condurla a Gerusalemme, l’arca non era più a Silo, ma a Cariathiarim (I Paral., XIII, 5) nel luogo preparatole in Gerusalemme? I sacerdoti ed i leviti compivano attorno ad essa le funzioni del loro ministero, ed ogni tribù camminava sotto il proprio stendardo. Vediamo in questo trionfo del popolo giudeo che conduce l’Arca, una figura ben naturale del pio concorso dei Cristiani che vanno in processione da un luogo all’altro, condotti dai loro pastori, con alla testa la croce e gli stendardi. Riuniti insieme formano un piccolo esercito formidabile al demonio e potente presso Dio, per ringraziarlo di qualche grazia, o per domandarne di nuove. È quindi assai necessario farvi comprendere perché furono stabilite queste processioni, e come dobbiamo assistervi. Dirò anche qualche parola sull’astinenza, che è stabilita press’a poco per gli stessi motivi: cioè per domandar al buon Dio di conservar i raccolti, e per darci modo di soddisfar la sua giustizia pei nostri peccati, ed insieme preservarci dal commetterne dei nuovi. E adunque vostro interesse ascoltar bene questa istruzione, che vi insegnerà i mezzi d’approfittare di questi beni che la Chiesa ci offre.

I. — Vi dirò anzitutto, F. M., che la prima e più antica legge che il buon Dio abbia imposto all’uomo è quella dell’astinenza. Quando Adamo fu creato, Dio lo pose nel paradiso terrestre, dandogli ogni potestà su tutte le creature, ma gli proibì nello stesso tempo di toccare il frutto d’un certo albero che gli indicò. Se Adamo fosse stato fedele a questa legge, non avremmo avuto bisogno che la Chiesa ci imponesse nuove astinenze. Ma pel peccato essendosi ribellata la nostra carne allo spirito, bisognò necessariamente domarla col digiuno e l’astinenza. Perciò la Chiesa ordina a’ suoi figli, oltre i digiuni della Quaresima, quelli delle Vigilie e delle Quattro Tempora, e l’astinenza del Venerdì e del Sabato. Ecco, F.M., il fine generale che la Chiesa si propone ordinando l’astinenza ed il digiuno in certi giorni: è per mantenere nei suoi figli lo spirito di penitenza, che Gesù Cristo non cessò di raccomandare quand’era sulla terra, e che è come il riassunto della divina morale. Sì, F.M., mortificando i nostri corpi indeboliamo le nostre passioni, possiamo espiare i peccati commessi, e applichiamo un rimedio per preservarci dal commetterne dei nuovi. E giacché, F.M., abbiam tante colpe da espiare, dobbiam approfittare di mezzi così efficaci per soddisfare la giustizia di Dio. Sì, abbiam tutti delle passioni da domare, ed è precisamente col diminuire quanto può lusingarci nel gusto, che le potremo vincere. La Chiesa, che sa il bisogno che ne abbiamo e la nostra ripugnanza a farlo, viene in nostro soccorso, facendocene un precetto, per determinare più efficacemente la nostra volontà a sottomettervisi. Ma, oltre questa legge generale, ha ancora delle ragioni particolari: così ci ordina i digiuni nelle vigilie delle grandi feste per disporci colla penitenza a celebrarle con maggior pietà e ricavarne frutto più grande. Come la Chiesa ha consacrato la domenica alla memoria della risurrezione di Gesù Cristo, così ha consacrato il venerdì al ricordo della passione e morte di Lui. Non è giusto che consacriamo questo giorno alla penitenza ed alla mortificazione, poiché furono i nostri peccati che crocifissero Gesù Cristo alla croce? Non è giusto che prendiamo parte alle sue sofferenze, se vogliamo aver parte alla grazia della redenzione? Perciò, F. M., nei primi secoli della Chiesa, tutti i venerdì erano giorni di digiuno. Si digiunava anche al sabato per onorare la sepoltura di Gesù Cristo, ed insieme per prepararsi alla santificazione della domenica. Poiché, F. M., questi sono giorni di grazia e di benedizione, dobbiam prepararvici colla mortificazione, se vogliam ricevere in abbondanza i beni che Dio ci vuol in essi largire. Oggi, F. M., come il vedete, questo digiuno del venerdì e del sabato si riduce soltanto a privarsi di mangiar carne, e la Chiesa ce ne fa un precetto: “Non mangerai carne al venerdì e al sabato.„ E devono tutti sottomettersi a questa legge, anche i fanciulli, quando lo possono: soltanto coloro che non lo possono, ne sono dispensati. Ma, ahimè! in qual secolo disgraziato siamo noi nati? Non si riconosce più tra i Cristiani quali sono i figli devoti della Chiesa: quasi tutti sembrano dilettarsi di trasgredire le leggi dell’astinenza. Ahimè! nessuno si fa più scrupolo di mangiar carne il venerdì od il sabato: la cattiva compagnia vi fa rinunciare alla vostra Religione. Quanti peccati mortali! Vedete voi degli sposalizi celebrati in sabato, senza che si mangi carne, come tanti pagani od idolatri? Ahimè! quale scandalo per i fanciulli, e quale fonte di maledizioni per quelli che si sposano! — È l’abitudine! — Amico mio: se è abitudine di mangiar carne al venerdì, il buon Dio non prenderà mai l’abitudine di ricevere in cielo chi disprezza la sua legge. La religione perde piede in mezzo a noi, perché non facciam più conto delle sue leggi. Se Adamo si è perduto mangiando il frutto proibito, così noi ci perdiamo mangiando carne nei giorni vietati. Oh! triste pensiero, il preferir di abbruciare nell’inferno per una eternità, anziché privarsi di mangiar carne! —

Ma, mi direte: è la compagnia! Ah,! la compagnia! Essa non vi sforza: non vi apre la bocca per mettervi dentro carne. — Sfortunati, avrete ben il tempo di pentirvi !… No, no, F . M., giammai questo maledetto rispetto umano vi farà fare un’azione così indegna del Cristiano, e che rivela una grande ingratitudine verso Dio. Ecché! Amico mio, voi temete il mondo: ma gettate adunque i vostri sguardi su questa croce: vedete se il vostro Dio ebbe vergogna di morirvi tutto ignudo, alla vista d’una folla immensa di popolo. — Andate, disgraziati, voi siete sconoscenti: il buon Dio vi aspetta davanti al suo tribunale, dove pagherete caro il vostro rispetto umano. Temete vi si derida? Oh! certamente, siete proprio un personaggio, per temer tanto che si rida di voi! Guardate adunque il vostro modello, F . M.; ha temuto Egli le derisioni fattegli durante la sua passione? Se le avesse temute, non ci avrebbe lasciato nella schiavitù del demonio? Andate, miserabile, andate a mangiar la vostra carne; avrete ben tempo di rimpiangerla per tutta l’eternità!… No, F. M., giammai questo maledetto rispetto umano vi faccia tradir così vilmente il vostro dovere. – Ma passiamo ad una seconda riflessione sui digiuni delle Quattro Tempora. Leggiamo nella S. Scrittura che i Giudei scacciati da Gerusalemme e per le loro infedeltà, condotti in ischiavitù a Babilonia, lontani dal tempio del Signore, riconoscendo che i peccati avevan loro meritato tutti questi castighi, vollero tentare di placare la collera di Dio, e perciò si imposero di digiunare il quarto, il quinto , il settimo ed il decimo giorno del mese ed è a questo esempio che la Chiesa istituì i digiuni delle Quattro Tempora, per farci espiare i peccati che non cessiamo di commettere ogni giorno; e per attirare su di noi con questa penitenza generale, che è molto più meritoria che se ce la imponessimo da noi stessi, per attirarci, dico la misericordia e le benedizioni del cielo (il testo del profeta Zaccaria: Jejunium quarti et jejunium quinti, et jejunium septimi, et jejunium decimi erit domui Juda– Zach. VIII, 19 – s’intende, secondo gl’interpreti, del digiuno del quarto, del quinto, settimo e decimo mese. I Giudei digiunavano il nono giorno del quarto mese, il decimo giorno del quinto mese, il terzo giorno del settimo mese, od il decimo giorno del decimomese, per diverse ragioni che si posson vedere nella Bibbia di Carrières e Menochio, a questo passo di Zaccaria. – Questa differenza d’interpretazione non indebolisce affatto, come è evidente, il valore dell’esempio proposto dal Beato). Converrete con me che i tre giorni di digiuno che pratichiamo ad ogni stagione, cioè ogni tre mesi, non hanno proporzione con i peccati che abbiam la disgrazia di commettere ogni giorno. Tuttavia la Chiesa, che è una madre buona ed ama i suoi figli, si accontenta di così poco, so lo facciamo bene e di buon cuore, del digiuno cioè e delle altre opere buone. Per farci meglio sentire la necessità in cui siamo di ben adempiere questi santi digiuni, ce ne fa un precetto: “Digiunerai nelle Quattro Tempora e nelle Vigilie. „ Essa vuole coi digiuni delle Quattro Tempora farci ricordare che come non v’è tempo in cui non si abbia la mala sorte di offendere il buon Dio, così non ve ne deve essere alcuno in cui non facciamo penitenza per placare la collera di Dio col sacrificio d’un cuore contrito ed umiliato. Ecco la prima ragione che indusse la Chiesa ad istituire le Quattro Tempora.

La seconda ragione riguarda i nostri bisogni temporali. Sapete che vi sono i digiuni delle Quattro Tempora in primavera, perché  allora il ritorno del sole incomincia a rianimar la natura, ed aprir la terra per la produzione dei frutti. La Chiesa ci avverte di domandar a Dio che abbia a dare la fecondità alla terra colle sue benedizioni. In estate, giacché il raccolto è esposto a mille peripezie dolorose, l’intenzione della Chiesa è che noi preghiamo il buon Dio di conservarcelo, e di accordarci nella sua misericordia quanto ci è necessario alla vita durante l’anno. Dico, F . M., nella sua misericordia: perché essendo noi tanto peccatori, non abbiamo alcun diritto ai beni necessari alla vita. Perciò dobbiamo umilmente domandare al buon Dio il nutrimento e il vestito, come una elemosina che può rifiutarci senza ingiustizia, e riceverli con grande riconoscenza, come un beneficio affatto gratuito, che sparge su di noi per sua pura bontà. Quindi in autunno, quando si è occupati nella raccolta, ed in inverno quando è terminata, la Chiesa vuole che offriamo a Dio i nostri digiuni e le elemosine come un sacrificio di rendimento di grazie per tutti i beni accordatici durante l’anno.

La terza ragione per la quale la Chiesa ha istituito le Quattro Tempora è per domandare al buon Dio la grazia di fare un buon uso dei beni che ci ha dati, e di non perder mai di vista Chi ce li ha dati. Ma, sventuratamente, non facciamo così. Ahimè! chi di noi potrebbe non deplorare la cecità dei Cristiani che nel tempo della raccolta dovrebbero ringraziare il buon Dio dei beni che ci largisce, ed invece sembrano raddoppiare il loro furore contro di Lui coi peccati che commettono nel medesimo tempo che raccolgono i beni che Dio ha dato loro. Dobbiamo adunque concludere, F. M., che se ci troviamo in istato di digiunare, e non lo facciamo, pecchiamo mortalmente; e se non possiamo digiunare dobbiamo sempre supplirvi con opere buone: sia privandoci di qualche cosa nei pasti, sia assistendo alla S. Messa, ovvero facendo qualche preghiera più degli altri giorni. Dobbiamo poi unirci alla Chiesa, eccitarci alla contrizione dei nostri peccati, gemere perché non possiamo far penitenza, e almeno così soddisfare la giustizia di Dio pei nostri peccati.

La quarta ragione che ha indotto la Chiesa ad istituire il digiuno è quella di domandare al buon Dio che i Vescovi abbiano ad ordinare solo buoni Sacerdoti: perché è per mezzo del Sacerdote che il buon Dio ci illumina, ci conduce, ci distribuisce le sue grazie, e ci applica nei Sacramenti il prezzo del sangue di Gesù Cristo. Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il Signore possa accordare ad una parrocchia, ed uno dei doni più preziosi della misericordia divina. Al contrario, un prete cattivo è uno dei più terribili flagelli della collera di Dio: perciò la Chiesa invita e comanda, a tutti coloro che possono, di digiunare, affine di attirar sui Vescovi i lumi necessari per conoscere bene coloro che Dio destina al suo servizio, e perché Egli effonda i suoi doni e le sue grazie su coloro che saranno ordinati. Vedete, M. P., come tutti vi siamo interessati, poiché ne dipende la nostra salvezza; infatti, se siete condotti da un buon Sacerdote, potete ricevere ogni sorta di benedizioni, sia per le preghiere che farà per voi, sia per i buoni consigli che vi darà.

II — In secondo luogo, dissi che vi avrei parlato delle differenti processioni che si fanno durante l’anno, e che hanno ciascuna un oggetto particolare. La processione del Ss. Sacramento ha per oggetto di celebrare il trionfo che Gesù Cristo fece riportare alla sua Chiesa sui suoi nemici che negavano la presenza reale di Lui nell’adorabile Sacramento; e nello stesso tempo per fargli rendere gli omaggi che Gli si devono in questo Sacramento di amore. È la più augusta di tutte le processioni, poiché Cristo vi cammina in persona. Oh! di qual rispetto ed amore non dovremmo esser penetrati in questo momento così felice, se avessimo la fortuna di ben comprenderlo; abbiamo il medesimo vantaggio di coloro che seguivano il Salvatore quando era sulla terra! La processione delle Palme si fa peronorare l’andata e l’entrata trionfale di Gesù Cristo in Gerusalemme, cinque giorni prima della sua morte: quella della Parificazione per raffigurare il Viaggio che la santa Vergine fece alTempio, portando Gesù Cristo tra le sue braccia: quella dell’Assunzione fu istituita per celebrare il trionfo della Madre di Dio assunta in cielo, e per rinnovare la consacrazione della Francia a questa augustaRegina, che tante prove ci ha dato della suaprotezione. Nelle domeniche, prima della Messa parrocchiale, si fa una processione per onorare Gesù Cristo risuscitato, che andò da Gerusalemme in Galilea: perché tutte le domeniche sono un continuo ricordo della risurrezione di Gesù Cristo. Questa processione vien fatta prima della Messa, per ricordare il viaggio che fece Gesù Cristo andando al Calvario; poiché il santo Sacrificio della Messa non è altro che la continuazione del sacrificio della croce. Ditemi, se aveste ben considerato che la processione che facciamo alla domenica prima della Messa è per onorare il viaggio, che Gesù Cristo fece andando al Calvario, con qual premura non vi interverreste per avere la bella sorte di seguire in ispirito Gesù Cristo che va ad immolarsi una seconda volta per noi? con quale pietà, M. F., e con qual rispetto vi assistereste! Non vi sembrerebbe di vedere il Sangue che questo divin Salvatore sparse sul Calvario? Ahimè! se vediamo tanta indifferenza e poco rispetto è perché  non si conosce quanto si fa, né i misteri che queste differenti cerimonie ci rappresentano. Felice il Cristiano che è istruito od entra nello spirito della Chiesa! – Vediamo che in tempo di pubbliche calamità i Vescovi comandano processioni straordinarie per calmare la collera di Dio, o per ottenere dalla sua misericordia qualche grazia particolare. In queste processioni si portano alcune volte le reliquie dei Santi, affinché il buon Dio, alla vista di quei preziosi depositi, si lasci piegare in nostro favore. La Chiesa ha stabilito quattro giorni all’anno per fare queste processioni di penitenza, e sono: il giorno di S. Marco, ed i tre giorni delle Rogazioni. In queste processioni si porta una croce e si portano stendardi, sui quali è dipinta l’immagine della Ss. Vergine e del Patrono della parrocchia: è per avvertire i fedeli, che debbono camminar sempre dietro Gesù Cristo crocifisso, e sforzarsi d’imitare i Santi, che la Chiesa ci ha dati per patroni, protettori e modelli. Dobbiamo riguardare tutte le processioni che facciamo, come una specie di trionfo, in cui accompagniamo Gesù Cristo ed i Santi. Gesù Cristo si compiace di spargere benedizioni in tutti i luoghi dove passa la sua immagine o quella dei santi: è quanto si vide in modo particolare a Roma, quando sembrò che la peste non volesse risparmiar alcuno. Il Papa vedendo che né le penitenze, né le altre buone opere potevano far cessare questo flagello, ordinò una processione generale, in cui si portò l’immagine della Ss. Vergine, dipinta da S. Luca. Appena la processione si fu incamminata, dappertutto, dove passava l’immagine della Ss. Vergine, cessava la peste: e si adivano gli angeli cantare: “Regina cœli lætare, alleluia.„ Poi la peste cessò interamente. Questo cammino che noi facciamo, seguendo la croce, ci richiama che la nostra vita non dev’essere altro che un’imitazione di quella di Gesù Cristo, che ci si è dato per esser nostro modello, ed insieme nostra guida: e che tutte le volte che noi lo abbandoniamo siamo certi di smarrirci. La croce e gli stendardi, F. M., che vediamo in capo alle processioni, sono per i veri fedeli un grande soggetto di gioia: così raccolti noi formiamo un piccolo esercito, che è formidabile al demonio, e ci dà diritto alle grazie di Dio: giacche nulla è tanto efficace quanto le preghiere che facciamo tutti insieme riuniti sotto la guida dei pastori. Ricordate, M. F., ciò che avvenne agli Israeliti, sotto la condotta di Giosuè: fecero per sette giorni il giro delle fortificazioni di Gerico con l’Arca, camminando rispettosamente coi ministri sacri. I Cananei se ne burlavano dall’alto delle loro mura: ma ben presto cambiarono pensiero. (Gio. VI).  Alla fine di questa processione strana, le fortificazioni caddero al semplice suono delle trombe; ed il Signore diede nelle loro mani i nemici, che non fecero alcuna resistenza, quasi fossero altrettanti timidi agnelli. Tale è, F. M., la vittoria che Gesù Cristo ci fa riportare sui nemici della nostra salute, quando abbiamo la ventura di assistere a queste processioni con grande religione e rispetto.

III. — In terzo luogo le processioni debbono farci pensare che noi non siamo che poveri viaggiatori sulla terra, che il cielo è la nostra vera patria, e che abbiamo dei lumi e delle grazie da Gesù Cristo per arrivarvi. Egli stesso è la via, poiché egli ci ha mostrato quanto dobbiamo fare per giungervi. – La Chiesa colle processioni vuole ispirarci che non dobbiamo attaccarci alla vita, ma a Gesù Cristo sino alla morte; perché Egli è la nostra ricompensa per l’eternità. Sì, F. M., ecco i vantaggi che troviamo nelle processioni, se abbiamo la fortuna di penetrarci bene di quanto facciamo. Ma ohimè! quanti disprezzi non riceve Gesù Cristo nelle processioni che facciamo? Gli uni non sanno più il motivo che ve li conduce: vi vanno come ridendo: gli altri vi chiacchierano, come in una pubblica piazza, guardando da una parte e dall’altra. Ahimè! quanti volgono gli sguardi loro su oggetti che animano ed infiammano le loro passioni, e. finita la processione, ne escono assai più colpevoli di quando si unirono ai fedeli. Dio mio, quante grazie disprezzate! quanti peccati si commettono in un momento cosi prezioso per ottenere i favori più abbondanti! quante cose che rallegrano il demonio!… Se vi andassimo con buone disposizioni! Dobbiam dunque farci un obbligo di assistere alleprocessioni quante volte ci è possibile: seassolutamente non possiamo assistervi, dobbiamsupplirvi recitando tutte le preghiere che recitano coloro i quali hanno la fortunadi assistervi, e sforzarci di avere le sante disposizioni che la Chiesa comanda. – La prima disposizione è di penetrarci di quanto la Chiesa vuol raffigurarci in ogni processione. Non perdiamo mai di vista, F. M. che per piacere a Dio e meritare le sue grazie, bisogna adorarlo in ispirito e verità, perciò non dobbiamo accontentarci di essere presenti alle processioni solo col corpo. Un buon Cristiano deve entrare nello spirito di quanto la Chiesa vuol rappresentargli in tutte le cerimonie che fa. Bisogna che egli creda davvero che si trova alla presenza di Dio, che lo segue come facevano i primitivi fedeli nel corso della sua vita mortale: e deve venire in queste processioni solo per domandare misericordia, sensibilmente afflitto d’aver offeso un Dio così buono. – La seconda disposizione che il buon Dio vuole vedere in noi quando accompagniamo le processioni, è di camminare con molto ordine: perché basta una persona mal composta, per dare molte distrazioni alle altre. L’ordine consiste nell’andare con modestia, senza guardar dall’una e dall’altra parte, senza parlare, senza ridere: perché sarebbe un disprezzo della presenza di Dio e delle cose sante. – La terza disposizione è di unire le proprie preghiere a quelle che fa la santa Chiesa durante la processione: cioè dovete unirvi al Sacerdote, facendo con lui tutte le preghiere che si fanno. Se non sapete leggere, ebbene, dite il vostro rosario, unendo le vostre preghiere a quelle del Sacerdote e di tutti gli altri fedeli. Bisogna guardarsi bene dal non lasciar distrarre il nostro spirito dagli oggetti differenti che vediamo davanti a noi: ma bisogna abbassare un po’ gli occhi, perché il demonio non ci offra tante occasioni di distrarci. Prima di cominciare, bisogna domandare al buon Dio perdono dei nostri peccati, affinché egli faccia discendere la sua misericordia su di noi. Ahimè! da quanti anni assistiamo alle sante processioni, e ciononostante non siamo migliori di prima! Sapete, F. M., donde può venirci tale sventura? È perché non siamo giammai ben penetrati di quanto facciamo, e sempre lo abbiamo fatto per abitudine, per usanza, e non per ispirito di pietà e di amore. Sì, F. M., un buon Cristiano deve assistere alle preghiere ed a tutti gli esercizi di religione con gusto sempre nuovo, sempre con nuovo desiderio d’approfittarne meglio che non fece finora. Quale bontà da parte di Dio di sopportarci alla sua santa presenza e di permetterci di fare quanto fanno i santi in cielo! Quanto migliore sarebbe l’uomo qui sulla terra, se avesse la fortuna di conoscere la santa religione!

 Ma diciamo ora qualche parola sulla processione di S. Marco e su quella delle Rogazioni. Ascoltate bene: è molto interessante. Bisogna che sappiate chi le ha istituite, quando furono istituite, e perché furono istituite. Nell’anno 442 i terremoti furono così grandi, e gli abitanti di Vienna nel Delfinato ne furon così atterriti, che si credevano giunti alla fine del mondo. Ciò che li spaventò ancor più, fu il fuoco caduto dal cielo sul palazzo di città, e che lo ridusse in cenere con molte case vicine. Le belve feroci uscivano dalle foreste, e venivano ad assalire gli uomini persino nelle pubbliche piazze. Gli abitanti, tutti impauriti, accorsero in chiesa coi loro Vescovo, per salvarsi da questi mostri. San Mamerto, loro Vescovo, ordinò molte preghiere e penitenze; ed in seguito, per domandar a Dio la cessazione di questi mali, ordinò, tre giorni prima dell’Ascensione, processioni solenni e digiuni per placare la collera di Dio. Le altre chiese di Francia, e parecchie di altri paesi fecero altrettanto, ed in seguito queste processioni si diffusero in tutto il mondo cristiano. – Niente v’è più edificante del modo col quale allora si facevano queste processioni: vi si assisteva a piedi nudi, vestiti di cilicio e aspersi di cenere: si osservava un digiuno rigorosissimo durante i tre giorni: era proibito lavorare, perché si avesse maggior tempo per la preghiera: e tutto questo tempo era impiegato nel domandar perdono a Dio dei peccati, nel pregare per la conservazione dei frutti della terra, e pei bisogni dello Stato. Quanto alla processione di S. Marco, essa fu istituita dal papa san Gregorio Magno nel 590, in occasione di un’orribile calamità che travagliava Roma. Essendosi stagnate le acque del Tevere per molto tempo, dopo una furiosa inondazione, esse corruppero l’aria, causando una pestilenza crudele, che fece perire una moltitudine considerevole di persone, di ogni stato ed età. La processione ordinata da S. Gregorio Magno, si fece con tanta pietà, fervore e lagrime, che la peste cessò sul momento. La Chiesa, vedendo che i peccati si moltiplicavano sulla terra, e che il buon Dio li puniva rigorosamente, ordinò di continuar quelle sante processioni, per indurci a penitenza, placar la giustizia di Dio, e ottenere laconservazione dei frutti della terra, esposti per nove mesi dell’anno a mille pericoli. Queste processioni si chiamano Litanie maggiori e minori, parola questa che significa preghiera o supplicazione. Le litanie non erano al principio che grida raddoppiate che s’innalzavano al buon Dio domandando misericordia,con queste parole: Kyrie eleison. Di poi siaggiunsero i nomi della S. Vergine e dei Santi, per pregarli di interessarsi di noi presso il buon Dio. La Chiesa, dopo aver invocato il nome di Dio e implorata l’intercessione dei Santi, espone in queste litanie i mali da cui sisente oppressa, ed i beni dei quali abbisogna: scongiura labontà di Dio, per tutti i misteri di Gesù Cristo, e specialmente per la sua qualità d’Agnello e Vittima di Dio pei nostri peccati, che è il titolo più capace di placare la collera di Dio. Sì, queste litanie, queste processioni, la santa Messa e l’astinenza che la Chiesa ci prescrive in questi giorni, ci mostrano perfettamente quali sono le sue intenzioni.(L’astinenza è ancora prescritta per i tre giorni delle Rogazioni, ed i Vescovi non ne dispensano i loro diocesani che in virtù di un indulto, che debbono sollecitare da Roma.). Dobbiamo adunque, F . M., per conformarci alla sua intenzione, riguardar questi giorni come giorni consacrati alla preghiera, alla penitenza, ed alle altre opere buone: farci gran scrupolo di mancare alle processioni, ed assistervi con un esteriore modesto e raccolto, con cuore contrito e profondamente umiliato sotto la potente mano di Dio: considerando i nostri peccati ed i castighi che essi meritano. Animati da questi sentimenti, dobbiamo sollecitare con insistenza in nome di Gesù Cristo la divina misericordia per noi, pei nostri fratelli, per tutti i bisogni della Chiesa, pei bisogni dello Stato, e particolarmente per la conservazione dei beni della terra. Ma, ahimè! doveri così necessari, e fondati su motivi così interessanti, sono quasi interamente dimenticati: mentre certuni si veggono, continuamente alle fiere del mondo. (Le fiere sono feste mondane e chiassose, date in certe epoche dell’anno nella regione Lionese, e che durano due e perfino otto giorni. Spettacoli forestieri, balli pubblici, formano l’attrattiva ed il danno di queste feste.). Ecché! Se la Chiesa ci prescrive delle preghiere per quattro giorni, non ci sforzeremo di assistervi, poiché è solo per placare la collera di Dio, e stornare i mali che meritano i nostri peccati? Sapete, F. M., a che cosa ci invita la Chiesa quando ci chiama alle processioni? Eccolo. Vuol che lasciamo per alcuni momenti il lavoro della terra, per occuparci di quello della nostra salute. Qual fortuna, quale grazia lo sforzarci in qualche modo di salvar l’anima nostra! Mio Dio, qual dono! in quel momento facciamo quanto i santi fecero per tutta la lor vita. Ditemi, F. M., che cosa fece Gesù Cristo durante la sua vita? Non fece altro, che lavorare a salvarci. Ebbene! Ecco che cosa facciamo nei giorni di S. Marco e delle Rogazioni. Qual fortuna, lavorare in quel momento alla salvezza dell’ anima nostra! Ahimè! F. M., il buon Dio si contenta di poco, se confrontiamo ciò che meritano i nostri peccati, e quanto fecero i santi! Essi non si sono accontentati di alcuni giorni di digiuno, e di alcuni viaggi di devozione, né di alcuni giorni di astinenza: ma vedete quanti anni di lagrime e di penitenza per peccati in numero assai minori dei nostri! Vedete S. Ilarione, che pianse per ottant’anni in un deserto. Vedete S. Arsenio, che passò il resto di sua vita tra due rocce. Vedete S. Clemente che sopportò un martirio durato trentadue anni. Vedete ancora quelle turbe di martiri, che diedero la lor vita per assicurarsi la salvezza. Ne abbiamo un esempio ben sorprendente in santa Felicita, madre di sette figliuoli, che viveva sotto l’imperatore Antonino. I sacerdoti idolatri, vedendo come questa santa sapeva far uscire le persone dall’idolatria, dissero all’imperatore: “Noi crediamo, signore, doverti avvertire che v’è in Roma una vedova con sette figli, che appartiene all’empia setta detta dei Cristiani, i quali fanno voti sacrileghi che renderanno i vostri Dei implacabili.„ Sull’istante, l’imperatore ordina al prefetto di far venire questa vedova, di costringerla con ogni sorta di tormenti a sacrificare agli Dei; e, se rifiuta, di farla morire. Il prefetto, fattala venire, la pregò con bontà di abbandonar la sua empia religione, e di sacrificare agli Dei dell’impero, altrimenti l’imperatore aveva ordinato di farla morire. Ma Felicita gli rispose con santa fierezza: “Non sperate, o Publio, di guadagnarmi colle preghiere o colle minacce. Avete la scelta di lasciarmi vivere, o di farmi morire: ma siate sicuro di restar vinto da una donna. — “Ma, dissele il prefetto, se vuoi morire, muori: almeno non esser la causa della perdita de’ tuoi figli.„ — “I miei figli, perirebbero, se sacrificassero ai demoni, che sono i tuoi Dei: ma se muoiono per il vero Dio, vivranno eternamente.„ Ed il prefetto: “Abbi almeno pietà dei tuoi figli, che sono nel fior degli anni. „ — “Tenete la vostra compassione per altri; noi non ne vogliamo.„ Poi voltatasi ai figli che erano presenti: “Vedete, figli miei, quel cielo così bello e così alto; è là che Gesù Cristo vi aspetta per ricompensarvi: combattete generosamente, figli miei, per il gran Re del cielo e della terra. „ Fu percossa crudelmente in volto. Il prefetto fece venire il primo de’ suoi figli, chiamato Gennaro: non potendo vincerlo, lo fece crudelmente staffilare, poi condurre in prigione. Poscia si presentò Felice, che gli rispose: “No, prefetto, non ci farete rinunciare al nostro Dio per sacrificare al demonio: fateci sopportare i tormenti che vorrete, noi non li temiamo. „ Publio li fece passare tutti davanti al suo tribunale, senza nulla ottenere, ed all’ultimo ebbe questa apostrofe: ” Ahi prefetto, se sapessi le fiamme che ti sono preparate e che ti abbruceranno per tutta l’eternità! Ah! se tu sapessi quanto la giustizia di Dio è vicina a colpirti! Approfitta del tempo che il nostro Dio ti lascia ancora e pentiti. „ Niente avendo potuto guadagnarli, furono fatti morire tutti. Durante l’esecuzione, la madre li eccitava a soffrire generosamente per Gesù Cristo: “Coraggio, figli miei: vedete il cielo dove Gesù Cristo vi attende per ricompensarvi.„

Ecco, F. M., i santi che non avevano che un’anima da salvare, un Dio da servire al par di noi, eppure vedete che cosa hanno fatto. Non si accontentarono di alcune preghiere, come le facciamo noi per pochi minuti quando la Chiesa ci chiama a pregare: ma diedero coraggiosamente la vita per salvar la loro anima. – Termino, F . M., dicendo che dobbiamo provare gran piacere, gran gioia di assistere a tutte queste sante processioni che si fanno nel corso dell’anno. Procuriamo di venirvi con desiderio sincero di domandar misericordia. Procuriamo che giammai il rispetto umano o qualche minimo incomodo siano capaci di farci trasgredire la legge dell’astinenza e del digiuno. Fortunati, se adempiremo tutte queste piccole pratiche di pietà, il buon Dio ne resta soddisfatto…