Oggi 13 maggio 2020, anniversario dell’apparizione della Vergine Santissima a Fatima, onoriamo questo evento con un regalo preziosissimo che vogliamo condividere con tutti i nostri lettori. La Vergine non ci ha raccomandato altro che la recita del Rosario, e questa raccomandazione è ancora più opportuna oggi che le forze dell’anticristo, con i suoi adepti, ed in particolare la “sinagoga di satana” (sette, logge, razionalismo ateo, falsa chiesa dell’uomo, partiti “laici”, conventicole e sacrileghe chiesiuole varie) stanno sferrando un attacco formidabile contro i fedeli di Cristo e la sua “vera” Chiesa. La Vergine ha promesso che “… alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà“, ribadendo quanto già l’Altissimo aveva rivelato fin dai primordi: ” et IPSA conteret caput tuum“. Il regalo al quale si alludeva, è un libro particolare sul Santo Rosario, di p. E. Hugon, domenicano francese autore di opere spirituali meravigliose quanto mai oggi indispensabili. Lo abbiamo diviso in tre parti, per una migliore visualizzazione, ma lo pubblichiamo in rete tutto intero in questa data memorabile, che cade quest’anno in un momento storico particolarmente drammatico.
IL ROSARIO E LA SANTITÀ
del R. P. EDOUARD HUGON
DEI FRATELLI PREDICATORI
P . LETHÌELLEUX – 30, RUE CASSETTE -PARIS FRANCE
APPROVAZIONE:
Abbiamo letto, per ordine del Reverendissimo P. Provinciale, un’opera del R. P. Edouard Hugon con questo titolo: “Il Rosario e la santità”.
È uno studio serio nella sua brevità, con belle e alte idee dottrinali, ed una descrizione interessante e quasi nuova nelle ricchezze delle grazie racchiuse nel Rosario. Le anime pie e gli stessi Predicatori lo leggeranno con utilità e vi troveranno un ampio nutrimento.
Poitiers, 19 luglio 1900.
Fr. Denys MÉZARD dei Fr. Predicatori
Fr. Henri DESQUEYROJS dei Fr. Predicatori
IMPRIMATUR
Fr. Joseph-Amb. LABORÉ
Prov. provincias Occit. Lugdunensis
IMPRIMATUR
Parisiis, die 9 Augusti 1900
E. THOMAS Vic. gén.
PREMESSA
VEDUTA D’INSIEME SULLE GRANDEZZE DEL ROSARIO
Il profeta Isaia ci invita a far conoscere al popolo le invenzioni di Dio.
“Notas facite in populis adinventiones ejus”
(Is. XII, 4).
Le invenzioni di Dio! Il linguaggio umano a volte è impotente nel celebrare i capolavori del genio, ma quando si tratta di invenzioni divine, l’entusiasmo rimane muto, una spada fredda scende fino all’anima: si ammira e si tace! Tra queste invenzioni ce ne sono tre ineffabili: l’Incarnazione, la Maternità Divina, l’Eucaristia. L’uomo-Dio, la Madre di Dio, il Santissimo Sacramento: davanti a queste tre meraviglie, l’intelligenza annientata non può che gridare: Silenzio! Qui c’è il divino! Dopo le invenzioni di Dio, ci sono le invenzioni di Maria. Sono tutte sublimi, perché sono invenzioni d’amore; sono innumerevoli, perché si estendono a tutti i tempi e a tutti i Paesi. Tra queste, una delle più eccellenti è sicuramente il Rosario. Fu consegnato al mondo intero dall’Ordine di San Domenico e dalla Francia e, non appena si riseppe, il XIII secolo fu in grado di risuonare l’osanna di un futuro radioso. C’è nell’istituzione del Rosario più che un’opera di genio, troviamo quella saggezza soprannaturale che i teologi ammirano nell’istituzione dei Sacramenti. – Lungi da noi l’equiparare il Rosario ai Sacramenti, ma qui c’è permesso di costatare a tal soggetto, più di un’analogia sorprendente. I Sacramenti sono in perfetta armonia con la natura umana, che è nel contempo sensibile e spirituale. Volere applicare l’uomo ad atti puramente intellettuali significherebbe svezzarlo – per così dire – da un latte indispensabile alla sua felicità. La sua Religione e il suo culto hanno bisogno di nutrimento esterno; i suoi Sacramenti devono, come lui, essere composti da un’anima e da un corpo. I Sacramenti hanno un corpo, perché sono segni sensibili; hanno un’anima, perché contengono l’invisibile virtù dell’Altissimo. Si pronunciano poche parole: e subito il “segno” è invaso dalla maestà divina; Dio passa nei Sacramenti, poiché vi passa la grazia, e nello stesso tempo in cui la grazia ha toccato l’anima, l’anima ha toccato Dio. Allo stesso modo la vera preghiera è quella che abbraccia l’uomo interamente. Ora il Rosario ha un’anima ed un corpo: il corpo è la preghiera vocale; l’anima è il pensiero del mistero, è la virtù celeste che ne scaturisce. Come i Sacramenti, il Rosario ha la sua materia e la sua forma; per il suo lato sensibile rappresenta la Santa Umanità del Salvatore, e parla alla nostra natura corporea; per la sua virtù invisibile ed i suoi misteri sublimi rappresenta la divinità di Cristo, e parla alla nostra natura superiore, attraverso la quale noi giungiamo all’angelo e a Dio. – Nei Sacramenti il segno sensibile e la virtù delle parole formano un insieme unico, come in Cristo la natura umana e la natura divina sono unite in una sola Persona; la preghiera vocale del Rosario ed il pensiero del mistero formano un insieme indivisibile. Separare la forma dalla materia significa distruggere il Sacramento; separare il mistero dalla recitazione, significa distruggere l’essenza del Rosario. I Sacramenti sono come il prolungamento e la continuazione dell’Incarnazione; sono, per così dire, delle reliquie di Nostro Signore. Nei Sacramenti Gesù passa a benedire e salvare; fa uscire, come in passato, quella virtù che guarisce: « Virtus de illo exibat et sanabat omnes » (Luc. VI, 19). Anche nel Rosario c’è Gesù che passa. Nell’enunciare ogni mistero, potremmo dire: il Figlio di Davide passerà. « … Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me. » I Sacramenti sono i simboli esteriori che distinguono i Cristiani dagli infedeli; il Rosario è la devozione distintiva dei veri Cattolici. I Sacramenti sono il legame dolce e forte che unisce i figli del Cristo; partecipando agli stessi Sacramenti, i fedeli mostrano di condividere la stessa fede, la stessa speranza, lo stesso amore; attraverso il Rosario i Cavalieri di Maria si uniscono da ogni angolo della terra e confondono le loro voci nello stesso amore e nella stessa speranza. Il Rosario è come lo stendardo che Dio innalza sulle nazioni per raccoglierle dai quattro angoli dell’universo. « Elevabit signum in nationibus… et… colliget a quatuor plagis terræ » (Is., XI, 12). – Sarebbe facile continuare questo parallelo tra i Sacramenti, un’invenzione di Gesù, e il Rosario, un’invenzione di Maria. Lo riassumiamo in poche parole: l’uomo ha bisogno del sensibile; i Sacramenti e il Rosario sono i segni che elevano l’anima alle altezze da cui contempla gli orizzonti celesti, Dio, l’eternità. L’uomo vuole essere nutrito dallo spirituale; i Sacramenti ed il Rosario aiutano a comprenderlo. L’uomo ha sete dell’infinito; i Sacramenti e il Rosario gli danno Dio. Ma questo è solo un punto di vista pratico; la portata del Rosario è in qualche modo illimitata. – L’uomo tocca il tempo attraverso il suo corpo e le sue fragilità; con le vette della sua anima, per il suo destino soprannaturale, tocca l’eternità. Bene! il Rosario è abbastanza vasto da abbracciare il tempo e la stessa eternità. Esso racchiude in sé tutti i tempi, poiché contiene quegli insondabili misteri che sono il punto centrale di tutti i secoli. e la cui realizzazione costituisce ciò che San Paolo chiama “la pienezza dei tempi”, plenitudo temporis (Gal. IV, 4.) Esso abbraccia l’eternità. Infatti il Rosario inizia in cielo e nella l’eternità con il mistero dell’Incarnazione, finisce in cielo e nella eternità con i misteri dell’Ascensione di Gesù e dell’Incoronazione di Maria. Lo iniziamo sul cuore dell’adorabile Trinità, lo terminiamo sul cuore della Beata Vergine. Dal cielo al cielo, dall’eternità all’eternità, queste sono le distese del Rosario. Proprio per questo il Rosario è la sintesi di tutto il Cristianesimo. Il dogma intero si riduce al Rosario. Il trattato sulle Persone divine e quello dell’Incarnazione noi li incontriamo nel primo mistero; abbiamo già toccato il trattato sui Sacramenti; quanto al trattato dell’Eucaristia, tutti sanno che il Rosario è, come il Santo Sacramento e la Santa Messa, il memoriale della vita, della passione, della morte e della Resurrezione di Nostro Signore. Il trattato dei Novissimi è contenuto in modo sorprendente e pratico nei Misteri Gloriosi. Il Rosario, quindi, è la teologia, ma la teologia che prega, che adora, che dice attraverso ciascuno dei suoi dogmi: Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. La morale, che si occupa dei peccati e delle virtù, si riduce alla nostra grande devozione. L’infinita malizia del peccato mortale si apprezza solo quando vediamo, nei Misteri Dolorosi, la giustizia divina che si riversa sul Cristo innocente, esigendo da Lui quel terribile riscatto della croce, e quando sentiamo Gesù gridare sotto il peso dei nostri crimini: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Ciascuno dei misteri è una sublime lezione di virtù; non c’è solo eroismo in questi esempi: essi sono le vette più alte della vita mistica. Così il Rosario è la morale che prega, che piange, che espia, che ascende all’eroismo, dicendo a Cristo: « Redemisti nos Deo in sanguine tuo, et fecisti nos Deo nostro regnum et sacerdotes » (Apoc. V, 9, 10.). Nel Rosario è riassunta la storia, poiché questa devozione contiene Colui che è la prima e l’ultima parola di tutti gli eventi, Colui la cui figura radiosa domina entrambi i versanti della storia: l’Antico Testamento e il Nuovo. Ancora una volta, il Rosario è la storia che prega, che porta tutte le nazioni a Cristo, dicendo: Tu sei l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine. La questione sociale stessa è risolta dal Rosario, come dimostra eloquentemente Leone XIII. (Nell’enciclica del 1893 sul Rosario). Perché le nazioni hanno tremato, perché questi tremori che disturbano la pace delle società? Ci sono tre cause per questo, dice il Sommo Pontefice. La prima è l’avversione per la vita umile e laboriosa, e il rimedio a questo male si trova nei misteri gioiosi. Il secondo è l’orrore di tutto ciò che ci provoca sofferenza, e il rimedio a questo male si trova nei Misteri dolorosi; il terzo è l’oblio dei beni futuri, oggetto della nostra speranza, e il rimedio a questo male si trova nei Misteri gloriosi. Sì, ancora una volta, il Rosario è la questione sociale risolta da quel grido trionfante: Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat! – Si vede, quindi, che meravigliosa flessibilità abbia il Rosario: si adatta a tutti i soggetti, a tutti i tempi, a tutte le persone. Per la sua parte materiale e per il lato esterno dei suoi misteri, è alla portata di tutte le intelligenze, diventa il Salterio dell’ignorante; per le sue profondità divine, è la “Summa” inesauribile del teologo. È, quindi, la grande sintesi del Cristianesimo; tutto è compreso tra l’inizio e la fine del Rosario, così come tutti i tempi sono compresi tra le due sponde dell’eternità. – Sarebbe interessante confrontare il Rosario e la Summa di San Tommaso, il Rosario e i templi cristiani del Medioevo. Tutti e tre sono, ognuno a suo modo, la sintesi del Cristianesimo; tutti e tre sono una poesia in cui si dispiegano le meraviglie del piano divino; tutti e tre sono il grandioso piedistallo che eleva l’anima all’infinito; tutti e tre sono un monumento che ha sfidato i secoli, tutti e tre sono animati dallo stesso respiro divino. Nella Summa, nell’antica cattedrale, nel Rosario, l’anima vive un benessere indefinibile; si sente più vicina alla sua terra natale, è più vicina al cielo, è più vicina a Dio. Infine, tutti e tre sono orientati verso lo stesso Cristo: Gesù domina la Summa di San Tommaso, Gesù domina la cattedrale gotica, Gesù domina il Rosario: tripla sintesi, triplo insegnamento, triplo canto d’amore e di gratitudine allo stesso Dio Salvatore. I primi due sono opera del genio, ma il Rosario è più di un’invenzione del genio: è sapienza soprannaturale; in una parola, è l’invenzione di Maria. I dettagli di questa vasta sintesi dovrebbero essere studiati nei particolari, ma qui possiamo solo darne una panoramica generale; ci stiamo avvicinando a questo studio solo dalle sue vette, vogliamo semplicemente mostrare, in una visione d’insieme, come il Rosario sia la sintesi di tutte le opere di Dio. L’opera di Dio si può riassumere in due parole: creazione e salvezza. Creare e salvare, creare mondi e fare scelte, è qui che si incontrano tutte le meraviglie del reale e dell’ideale. Dopo aver realizzato questi due capolavori, Dio può riposare. Si riposò dopo sei giorni, non perché la sua onnipotenza fosse stanca, ma per contemplare quanto il suo lavoro fosse bello. Et vidit Deus quod esset bonum (Gen.I). Ahimè, per l’opera della salvezza il Gigante dell’eternità deve essersi in qualche modo stancato, deve aver camminato a lungo si è seduto come sopraffatto dalla stanchezza. Quærens me sedisti lassus. Fare un eletto, e anche solo rendere grazia a un’anima, è un’opera ancora più grande, in un certo senso – secondo Sant’Agostino e San Tommaso – della creazione del cielo e della terra. Vogliamo mostrare come questa grande meraviglia di grazia e di santità sia riassunta nel Rosario. Questa devozione ci rivela l’Autore della santità, i modelli della santità, e ci insegna la pratica della santità. L’autore della santità è Gesù; ma per avere la conoscenza dell’Uomo-Dio, dobbiamo studiarne il Cuore, l’Anima e la divinità, ed è il Rosario che ci dà questa rivelazione. I modelli di santità sono, dopo Gesù, Maria e San Giuseppe, che hanno collaborato all’opera della redenzione, ed è il Rosario che ci fa apprezzare il loro vero ruolo. La pratica della santità abbraccia tutta la perfezione cristiana, dalla carità comune alla carità eroica, ed è il Rosario che ci avvia a tutti questi gradi di vita spirituale.
Il nostro lavoro sarà quindi diviso in tre parti:
1° Il Rosario e l’autore della santità: Gesù.
2. Il Rosario e i modelli della santità: Maria e Giuseppe.
3. Il Rosario e la pratica della santità.
Non ci occupiamo qui del lato canonico o storico del Rosario; molte opere eccellenti hanno esaminato questi argomenti. Né si tratta qui di uno studio dottrinale approfondito; noi esponiamo solo alcune considerazioni teologiche e pie che possono essere utili alle anime interiori, e da un punto di vista abbastanza speciale da non duplicare altre opere apparse sul Rosario. Abbiamo voluto, secondo il desiderio e nell’interesse di alcune persone, che ogni capitolo, pur essendo legato agli altri da un legame logico, fosse completo in sé e costituisse una sorta di meditazione indipendentemente da ciò che segue e da ciò che precede. Questo spiega e giustifica alcune ripetizioni che ci siamo permessi in alcuni punti. Possano queste umili pagine far conoscere e amare meglio la Vergine del Rosario e il suo divin Figlio divino!
PARTE PRIMA
IL ROSARIO E L’AUTORE DELLA SANTITÀ GESÙ, IL SUO CUORE, LA SUA ANIMA, LA SUA DIVINITÀ
CAPITOLO PRIMO
IL ROSARIO ED IL SACRO CUORE DI GESÙ
Dio, che è perfezione infinita, purezza, la stessa santità, bellezza sempre antica e sempre nuova, ha comunicato agli esseri creati, senza perdere di ciò che è in sé medesimo, nemmeno i tratti più accentuati dei suoi attributi divini. Noi, ai quali è stato dato di contemplare e ammirare nelle creature questi riflessi delle perfezioni del loro Autore, notiamo in esse due tipi di bellezza: la bellezza del “grazioso”, la bellezza del sublime. La bellezza del grazioso è la luce, sono i fiori e tutte quelle cose che incantano e deliziano il nostro spirito; la bellezza del “sublime” è il vasto oceano, sono le gigantesche montagne, è l’immensità del cielo. Ma in nessun luogo il “grazioso” è così mirabile come nel cuore umano, nel cuore del bambino, nel cuore della vergine, nel cuore dell’amico devoto. La poesia più dolce e soave è quella del cuore. Allo stesso modo, l’abisso e il sublime dell’oceano è stato spesso paragonato all’abisso e al sublime del cuore. Cos’è più insondabile, l’oceano o il nostro cuore? Non possiamo noi quindi nominare il sublime senza nominare il cuore dell’uomo, e soprattutto il cuore delle madri e il cuore dei Santi. Ora, nel formare il cuore del primo uomo, Dio aveva un esemplare, guardava ad un ideale, pensava al Cuore del suo Cristo, secondo la parola di Tertulliano: Christus cogitabatur homo futurus. Ah! è molto dolce ricordare che Dio, nel giorno della nostra creazione, abbia preso a modello il Cuore di suo Figlio! Così, per avere la sintesi delle meraviglie del nostro mondo, dobbiamo conoscere il cuore umano, e per avere l’ideale del cuore umano, dobbiamo entrare nel profondo del Sacro Cuore di Gesù. Se vogliamo ammirare il “grazioso” con tutto il suo fascino, dobbiamo quindi contemplare il divino Cuore di Nostro Signore: è scritto di Lui: Speciosus forma præ filiis hominum, diffusa est gratia in labiis fuis (Tu sei il più bello dei figli degli uomini, la grazia è riversata sulle tue labbra – Ps. XLIV, 3). Se vogliamo ammirare il “sublime” in tutta la sua bellezza, per capire, come dice San Paolo, qualcosa della sublimità e della profondità, quæ sit sublimitas et profundum (Ephes. III, 18), che è in Gesù Cristo, dobbiamo ancora penetrare nel suo adorabile Cuore. Ora il Rosario ci rivela, nei suoi Misteri, la grazia e il sublime del Sacro Cuore di Gesù. – Considerare il Sacro Cuore in modo astratto e come separato dalla Persona di Cristo è una grave illusione che la teologia riprova. Il Rosario è la vera rivelazione del Sacro Cuore, perché considera il Sacro Cuore nel Tutto divino da cui è inseparabile. Ce lo fa vedere nelle circostanze in cui questo Cuore batte veramente, lo mostra vivo e agente nei tempi e nei luoghi in cui questo Cuore ha veramente agito e vissuto, con tutti i sentimenti che lo hanno fatto agitare: i suoi sentimenti verso il Padre, verso gli uomini, verso se stesso. Nei primi Misteri, c’è il Cuore pieno di tenerezza e di gioia; nei Misteri dolorosi, c’è il Cuore inebriato d’amore, ebbro d’amarezza; nei Misteri gloriosi, c’è il Cuore sempre inebriato d’amore, ma fremente nel suo trionfo. Nei Misteri Gioiosi c’è la bellezza del grazioso; nei Misteri Dolorosi e Gloriosi c’è la bellezza del sublime. Abbiamo detto che il grazioso è particolarmente ammirevole nel cuore del bambino. Dopo il nostro Battesimo, nostro padre e nostra madre, contemplandoci amorevolmente nella nostra culla, hanno detto in un dolce trasporto: Rallegriamoci, un bambino ci è nato, un uomo è stato dato al mondo. Natus est homo in mundum (Jov. XVI, 21). La Famiglia celeste affacciata ancor più teneramente a questa stessa culla ha detto di noi: ci è nato un Dio, rallegriamoci, ci è nato un Dio! La grazia ci aveva reso delle divinità, e il giovane cuore che cominciava a battere era già il tempio della Trinità; gli Angeli, come diceva il poeta, contemplavano la loro immagine in quella culla. Ma cosa sono tutti questi incanti davanti alla mangiatoia di Betlemme, davanti al Cuore del Bambino – Dio? « La grazia, la bontà di Dio nostro Salvatore, è apparsa a tutti gli uomini » dice San Paolo. Nulla di più commovente, ingenuo, dolce, gentile, più grazioso di questi eventi radiosi della notte di Natale: il canto degli Angeli, la visita dei pastori, in una parola questa culla divina che deve salvare il mondo. Vorremmo vedere tutte queste scene che incorniciano il presepe di Gesù in un dipinto … ma questo quadro già esiste: è il Rosario. Il Mistero della Natività è il dipinto principale, gli altri sono raggruppati intorno ad esso come quadri secondari. È veramente lì che il Cuore di Gesù Bambino si rivela con tutte le sue grazie: Apparuit gratia Dei Salvatoris nostri (Tit. II, 11) Solo il linguaggio della poesia è in grado di esprimere questi deliziosi incanti, e per questo lasciamo parlare Sant’Alfonso di Liguori, che li ha cantati in un’atmosfera di grande suggestione. « I cieli sospesero la loro dolce armonia quando Maria ha cantato per addormentare Gesù. Con la sua voce divina, la Vergine di bellezza, più luminosa di una stella, disse così: « Figlio mio, mio Dio, carissimo mio tesoro, tu dormi, e io muoio d’amore per la tua bellezza ». Nel sonno, o mio Dio, non guardar tua madre, ma l’aria che respiri è fuoco per me. I tuoi occhi chiusi mi penetrano con i loro tratti; … cosa sarà di me quando li aprirai! Le tue guance rosee deliziano il mio cuore. O Dio, la mia anima muore per te. Le tue belle labbra attirano i miei baci, perdona, o caro, io non ne posso più. » Ella tace e, premendo l’amato Bambino sul suo seno, pone un bacio sul suo viso. Ma il Bambino si sveglia, e con i suoi bellissimi occhi pieni d’amore guarda la Mamma sua. O Dio, per la madre, questi occhi, questi sguardi, quel tratto d’amore che ferisce e attraversa il suo cuore! « E tu, anima mia, così dura, non languisci a tua volta, vedendo Maria languire di tenerezza per Gesù? Bellezze divine, vi ho amato tardi; ma d’ora in poi brucerò per voi senza fine. Il Figlio e la Madre, la Madre con il Figlio, la rosa con il giglio, avranno tutto il mio amore per sempre. » (InDom GUÉRANGER. Année liturgique, temps de Noël, tom. I, 27 janvier). – La bellezza del “grazioso” si rivela poi nel cuore delle vergini, di cui ogni sospiro è per Dio, la prima bellezza, la prima vergine. Ma il tipo immacolato di tutto ciò che è verginale è sicuramente il Cuore di Gesù. Gesù, Dio vergine, Figlio di una Madre vergine, sposo di una Chiesa vergine, che bellezza! Le anime sante lo hanno capito bene, rapite da questo puro ideale, essi immoleranno il loro cuore sul seno casto di Gesù e assaporeranno le austere delizie della carità vicino a Lui. Per il vostro fascino, per la vostra bellezza, o divina Sposa delle Vergini! specie tua et pulchritudine tua, regnate su tutti gli uomini! Finalmente la bellezza del “grazioso” si manifesta nel cuore dell’amico. Amiecus fidelis medicamentum vitæ, dice lo Spirito Santo (Eccli. VI, 16). L’amico fedele è il balsamo della nostra vita, sorride alle nostre gioie, risponde alle nostre grida, asciuga le nostre lacrime. Ora, questo amico sempre fedele, che rimane quando tutto passa, che sorride quando piangiamo, è il Dio del Rosario. L’amicizia vuol dei pari. Nei primi Misteri del Rosario, Dio si fa nostro pari prendendo la nostra natura, e ci fa suoi pari dandoci la sua: è infatti il cuore dolce dell’amico che sentiamo battere in ogni mistero. Quando Gesù sorride ai pastori e ai Magi, quando istruisce i dotti ed i semplici, quando lascia cadere dalle sue labbra questa parola balsamica: « Venite a me, o sofferenti e afflitti, Io vi consolerò! ». Noi sentiamo la dolce voce di un amico, sentiamo il Cuore amorevole e devoto di Colui « che si diletta a stare con i figli degli uomini ». Non insistiamo più su questo lato “grazioso” del Sacro Cuore; la pia contemplazione dei Misteri del Rosario ci farà gustare e assaporare il suo fascino meglio di qualsiasi parola. – Dobbiamo ora considerare nel Sacro Cuore di Gesù la bellezza del “sublime” e dell’eroismo. Quando appare l’eroismo, la natura è come sopraffatta: sentiamo che Dio è lì. In tutti i giusti ci sono semi di eroismo, sono i doni dello Spirito Santo. Appena se ne presenta l’occasione, queste “energie” soprannaturali cominciano a muoversi, l’eroismo nasce spontaneamente, come il fiore dal suo seme: è il sublime che passa. Ecco perché il cuore materno sale così rapidamente al sublime, perché la vita dei santi è come intessuto dell’eroismo. I teologi insegnano che tutte le virtù sono state trovate unite in Gesù Cristo fin dal momento del suo concepimento; esse sono state portate al grado più completo, che è il grado eroico, e qui l’eroismo è divino. Queste virtù perfette che adornano la sua anima sono in qualche modo straripate dal suo Cuore sul mondo per manifestarsi a noi. Possiamo affermare, quindi, che Egli abbia vissuto una vita costante di eroismo, in ognuno dei suoi Misteri, nel presepe come sulla croce. È però nei Misteri dolorosi che il sublime ci appare più chiaro. Esiste al mondo una scena così misteriosa, così profondamente dolorosa, così grandiosa come l’agonia di Gesù? Raccogliete l’angoscia più struggente, l’amarezza più crudele, i sacrifici più dolorosi, la devozione più ammirevole che ha fatto battere il cuore umano: avrete tesori di eroismo, avrete un oceano di afflizioni. Avrete capito cos’è l’agonia dell’uomo, ma non avrete ancora capito cos’è l’agonia del Cuore di un Dio. È una scena ineffabile: si tace e si piange quando si considera un Dio in agonia. Ciò che rende questo mistero così sublime è l’amore sacrificato. – Gesù vedeva prima di tutto che sarebbe stato il grande incompreso, il grande disprezzato, il grande perseguitato; sentiva già la voce dei popoli che gli riecheggiava questa dolorosa eco: l’amore non è amato, l’amore è odiato! Tuttavia, il Cuore di Gesù ha gridato più forte degli oltraggi empi e sacrileghi degli uomini e dei demoni ai quali si è consegnato. Le lacrime gridano, ma soprattutto è l’amore che grida: Clamant lacrymæ, sed super omnia clamat amor! Nella Flagellazione, nella Coronazione di spine, nella salita della croce, c’è lo stesso eroismo. Nel Pretorio, nelle strade di Gerusalemme, sulla via del Calvario, sentiamo le grida della folla, gli insulti dei carnefici, ma soprattutto sentiamo la voce del Sacro Cuore, la voce dell’amore e del sangue, la voce del sublime: Clamant lacrymæ, clamant vulnera, sed super omnia clamat amor! Le tue lacrime gridano, le tue ferite gridano, o Gesù; ma soprattutto è il tuo amore che grida. – Finalmente Dio e la morte si incontrano sul Golgota: Dio e la morte! Che spettacolo solenne e terribile! Dio e la morte, che incontro! Ed è Dio che vuole essere lo sconfitto. Ma la morte, che pensava di essere trionfante, non fa che dare a Gesù solo un nome più bello: Dio è l’amore onnipotente, l’amore creatore; ora ha un nome nuovo: è l’amore vittima! La Crocifissione di Gesù è la perfezione del sublime, poiché è la perfezione dell’amore nella perfezione del sacrificio. Qualche goccia di sangue rimaneva nel Cuore del Crocifisso. Ah! Bisogna che sia tutto versato.. Soldato, vieni ad aprire questo cuore. Et continuo exivit sanguis et aqua (Giov. XIX, 34). Il costato è aperto, e ne fuoriescono sangue ed acqua. Questa volta non c’è più nulla da dare, l’immolazione è totale: è infatti la perfezione dell’amore nella perfezione del sacrificio dell’Uomo-Dio. Così, il sublime è in tutta la Passione di Gesù, sublime divino di cui è impossibile all’uomo ed ad ogni intelligenza creata misurare l’altezza. – Nel mistero della Risurrezione, sono di nuovo Dio e la morte che si incontrano, ma questa volta è Dio il vincitore. Eroico nel lasciarsi spezzare dalla morte, il Cuore di Gesù è ancora una volta sublime nel trionfare sulla morte e sull’inferno per comunicarci la sua vita soprannaturale. Gli ultimi Misteri finiscono in cielo: è il sublime della gloria, il sublime dell’eternità. Qui siamo soprattutto nell’infinito, nel divino: è meglio tacere davanti a questo infinito di cui si dice: « Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo » (1 Cor. II, 9). Ecco in qual modo ammirevole, tutte le bellezze del “grazioso” e del “sublime” sono riassunte nel Cuore di Gesù, e quindi nel Rosario, che ne è la rivelazione. C’è una duplice ragione dunque per contemplare e onorare questo Cuore divino, attraverso la meditazione del Santo Rosario, per ottenere da esso, per intercessione della Madre Immacolata, l’abbondanza delle grazie divine di cui è fonte e pienezza.
CAPITOLO SECONDO
IL ROSARIO E L’ANIMA DI GESÙ
Siamo nel Cuore di Gesù, penetriamo oltre: oltre agli abissi del cuore ci sono gli abissi dell’anima, scendiamo ancora: oltre gli abissi dell’anima ci sono gli abissi della divinità. Il Rosario ci fa così andare di profondità in profondità: dalle profondità e dagli abissi del cuore alle profondità e agli abissi dell’anima; dalle profondità e dagli abissi dell’anima alle profondità e agli abissi della divinità. – Ci sia permesso dapprima di entrare per qualche istante nell’anima santa del Nostro Salvatore. Essa è il capolavoro in cui Dio ha riunito tutte le perfezioni del mondo umano ed angelico. Le ricchezze di questi due mondi si possono riassumere così: scienza o verità, santità o grazia. Il regno degli spiriti è un regno di luce; la scienza è un sole illuminato in cima alle intelligenze; la verità è lo splendore che corona queste cime radiose. ciò che è incomparabilmente più bella della scienza, è una volontà, è una natura trasfigurata in quella di Dio. Questa trasfigurazione è la santità; ciò che la produce è la grazia. Sopra il sole della scienza splende negli Angeli e nell’anima giusta, il sole della grazia. Così, grazia e verità sono il tesoro comune dei due mondi intellettuali. Sarà facile per noi mostrare che la scienza e la grazia di Gesù Cristo sorpassano la scienza e la grazia degli Angeli e degli uomini insieme. Le perfezioni di questi due mondi sono così unite in Gesù; il cielo umano e quello angelico si riflettono pienamente nell’anima adorabile del Salvatore: Plenum gratiæ et veritatis (Giov. I, 14) è pieno di grazia e di verità. Cercheremo di studiare, anche se in modo sommario, la scienza e la grazia di Nostro Signore. San Paolo afferma che tutti i tesori della sapienza e della scienza sono nascosti nel Cristo: In quo sunt omnes thesauri sapientiæ et scientiæ absconditi (Col. II, 3). – Tutta la scienza dell’umanità, tutta la conoscenza dei Cherubini e dei Serafini condensata in un’unica mente formerebbe certamente un ricco e vasto tesoro, ma sarebbe opportuno sondarlo; sarebbe forse un oceano, non sarebbe l’abisso senza limiti. In Gesù Cristo è impossibile raggiungere il fondo; come in un abisso, nuove profondità seguono incessantemente quelle già esplorate, così nella scienza del Verbo incarnato, gli abissi che cerchiamo di sondare sempre e senza fine seguono altre profondità recondite: Absconditi! Questi tesori sono nascosti, sarà impossibile scoprirli nella loro interezza. Senza menzionare la scienza divina, che è infinita, ci sono in Gesù Cristo tre tipi di scienza: la scienza della bellezza, la scienza infusa e la scienza sperimentale. Fin dal primo momento della sua creazione, l’anima di Gesù ha avuto gli occhi aperti sull’infinito, ha contemplato Dio faccia a faccia e si è inebriata di questo torrente di delizie la cui fonte è l’eternità. Poiché tutta la gloria deriva da Cristo, Egli doveva avere prima di tutto ciò che dà agli altri. Ha quindi goduto della gloria fin dal momento del suo concepimento. In virtù della sua scienza beatifica, l’anima del Verbo conosce il passato, il presente e l’avvenire. Padrone assoluto della terra e del cielo, non deve ignorare nulla di ciò che accade nel suo impero; Giudice dei vivi e dei morti, deve conoscere tutto ciò che sarà sottoposto al suo tribunale: ognuna delle nostre azioni, i nostri pensieri più intimi, i movimenti più segreti del nostro cuore. Tutto ciò che è, tutto ciò che è stato, tutto ciò che sarà è presente ai suoi occhi. – La meditazione del Rosario ci ricorderà tutto questo. Nel Mistero dell’Annunciazione, per esempio, Gesù Cristo già mi conosceva, pensava a me, leggeva nella mia mente tutte le mie parole. Conosceva in anticipo tutta la mia ingratitudine, eppure mi amava, mi ha offerto il suo Cuore, e mi ha chiamato dolcemente per nome. È dolce da parte mia aggiungere che conosceva le mie adorazioni, i miei affetti, i miei desideri, mi vedeva arruolato nel grande esercito del Rosario, conosceva l’atto d’amore che avrei compiuto per Lui in questo momento nel recitare questa decina, e mi ha ringraziato in anticipo. Lo stesso vale per gli altri Misteri. Allora, dunque, meditando il Rosario, entreremo nell’anima di Gesù, ci ricorderemo che essa sa tutto quello che le diremo; ha visto quello che abbiamo fatto prima della nostra preghiera, vede come preghiamo in quest’ora, sa cosa faremo dopo il nostro Rosario. Ci sforzeremo allora durante il Rosario di raccoglierci, con il massimo rispetto ed amore e, dopo la nostra recita, di non fare nulla che possa offendere il suo sguardo. Ricorderemo anche che stiamo parlando con un’anima beata che può e vuole darci la felicità eterna. Gli diremo in ogni Mistero: « O anima santa del mio Salvatore, per le vostre gioie, per le vostre sofferenze, per i vostri trionfi, portateci alla visione beatifica, perché possiamo unirci completamente a Voi, come la fiamma si unisce alla fiamma, come l’amore si unisce all’amore! » In secondo luogo, nell’anima di Cristo c’è una scienza infusa, alla maniera della conoscenza angelica. Gli uomini sono obbligati a mendicare la loro conoscenza dal mondo esterno; la verità è davvero la manna del nostro spirito, ma dobbiamo raccoglierla a poco a poco e con il duro lavoro nei vasti campi della creazione. Per gli Angeli non è così: la manna è caduta direttamente nelle loro intelligenze; dal mattino della loro creazione, Dio ha impresso in loro delle idee potenti con le quali conoscono l’intero universo. Cristo, Re degli Angeli, non poteva mancare di una perfezione che arricchisce i suoi sudditi. Anche la sua anima aveva, fin dal mattino della sua creazione, una scienza infusa incomparabilmente più estesa della scienza angelica. Gli Angeli, con le loro idee innate, conoscono tutte le cose della natura, ma non conoscono né i decreti della volontà divina, né il futuro, né i segreti del cuore. L’anima del Verbo conosce, mediante la sua scienza infusa, tutto ciò che appartiene al dono della sapienza o della profezia, il passato, il presente, l’avvenire, i segreti dei cuori; in una parola, la sua scienza infusa, in relazione alle cose create, è tanto universale quanto la sua scienza beatifica. Il Rosario, nello stesso momento in cui ci introduce nel santuario di quest’anima beata, ci fa partecipare, in qualche modo, alla sua scienza infusa. Ci avvia verso quei grandi Misteri che gli Angeli hanno conosciuto solo poco a poco: pochi istanti ci insegnano più verità soprannaturali di quelle rivelate agli Angeli nei lunghi secoli che hanno preceduto l’Incarnazione. Tutte le rivelazioni, tutte le profezie dell’Antico Testamento sono contenute nel Rosario, come nella loro realizzazione: la recita di alcune decine ci fa ripassare tutto l’insieme dell’ordine soprannaturale. Le anime privilegiate, che penetrano più a fondo in questa meditazione, a volte ricevono vere comunicazioni celestiali; a forza di entrare nell’anima di Cristo, sono illuminate dalla sua chiarezza e ne conoscono i segreti. La scienza infusa non è un fatto raro negli annali della santità; molti Santi l’hanno attinta dalla meditazione dei Misteri del Rosario. – Non tutti noi possiamo pretendere questi straordinari favori; ma tutti noi, dal momento in cui uniamo la nostra anima all’anima del Salvatore, abbiamo il diritto di sperare in grazie di illuminazione per meglio comprendere le verità che meditiamo: da quest’anima divina scaturiranno sulla nostra intelligenza dei bagliori soprannaturali che illumineranno le profondità di questi misteri. La nostra fede sarà più illuminata dopo la recita della nostra cara preghiera, e in questo modo il Rosario sarà stato una vera partecipazione alla scienza infusa di Cristo. – Infine, c’è in Nostro Signore la scienza acquisita o sperimentale. Le sue due sapienze superiori non hanno spento l’attività naturale del suo spirito. Da un punto di vista puramente umano, Gesù Cristo era il più grande di tutti i geni: tutto ciò che c’è di fecondo e creativo nelle anime dei poeti, di puro e ideale nelle anime degli artisti, di nobile e generoso nelle anime degli oratori, era unito nella sua anima. Egli è il più perfetto rappresentante dell’umanità; altri geni rispetto a Lui non sono neppure ciò che un bambino è davanti ad un gigante, ciò che un oscuro pianeta è rispetto al sole. Il suo spirito penetrante andava direttamente in fondo alle cose, con un solo sguardo coglieva tutta la verità. Egli ha raccolto senza fatica dai campi della creazione questa conoscenza sperimentale che a noi costa tanto lavoro. Solo attraverso la sua scienza acquisita, Egli ha conosciuto tutte le verità a cui la ragione possa elevarsi, sondava tutti i segreti della natura, vedeva in anticipo tutte le meravigliose invenzioni di cui l’uomo è capace. Era Egli stesso il suo maestro; dottore degli Angeli e degli uomini, non doveva imparare nulla da nessuno. La sua scienza beatifica e la sua scienza infusa sono rimaste invariabili, perché erano complete fin dal primo momento; ma c’è stato un vero progresso nella sua scienza sperimentale. Secondo San Tommaso, queste parole del Vangelo devono essere prese alla lettera: « Gesù è progredito in sapienza e in età. » (Luc. II, 52). La sua intelligenza si è sviluppata continuamente fino al giorno in cui si è riposato nella perfezione. Ora, Nostro Signore ha acquisito questa conoscenza attraverso ognuno dei suoi atti e nei principali eventi della sua vita, che i Misteri Gioiosi ci ricordano. La meditazione del Rosario ci mette quindi in contatto con essa, ed è quindi naturale che Gesù, il nostro Dottore, ci comunichi un aiuto abbondante per aiutarci ad acquisire anche la scienza umana necessaria al nostro stato. Se la nostra vocazione ci impone lo studio, troveremo un potente ausilio nel Salterio di Maria. Recitiamo qualche Ave Maria, entriamo nel profondo di Cristo, il nostro lavoro sarà molto dolce, molto fruttuoso; come Gesù, avanzeremo rapidamente nella scienza e nella saggezza. Fu nel Rosario che dei geni celebri cercarono l’ispirazione. Basti citare qui Michelangelo e Joseph Haydn. Si conservano ancora due grandi rosari di Michelangelo che hanno un aspetto molto consunto. Quanto a Joseph Haydn, conosciamo la sua famosa testimonianza: « Quando la composizione non va più bene, cammino avanti e indietro nella mia stanza, con il mio Rosario in mano, recito qualche Ave Maria, e allora mi ritornano di nuovo le idee in mente ». Benedetto lo studio così inteso, benedetti i momenti trascorsi vicino all’anima adorabile di Colui che fa geni e santi!
CAPITOLO TERZO
IL ROSARIO E L’ANIMA DI GESÙ – SUA GRAZIA
Siamo stati iniziati dal Rosario alla triplice scienza del Verbo incarnato, ma per avere la rivelazione completa della sua anima, dobbiamo considerare in essa la pienezza della grazia. Plenum gratiæ. È la grazia, soprattutto, che fa la bellezza degli esseri. Un Santo disse: Se vedessimo un’anima in stato di grazia, moriremmo di ammirazione e di gioia, e, secondo San Tommaso, rendere la grazia ad un peccatore è un’opera più grande, in un certo senso, di quanto non lo sia la Creazione del cielo e della terra. (S. Th. Ia IIæ, q. 113, art. IX). Descrivere le bellezze della grazia è dunque descrivere gli splendori dell’anima di Gesù, ed è addirittura impossibile sospettare i tesori di quest’anima adorabile, se non si conosce il pregio della grazia. Per questo cercheremo di descrivere a grandi linee le meraviglie che la grazia ha operato nell’anima del Salvatore; mostreremo poi come la grazia di Cristo ci venga comunicata attraverso il Rosario. – La grazia è un dono celeste che ci rende esseri soprannaturali, che ci rende in qualche modo divinità, che fa abitare Dio in noi. – Prima di tutto, allarga gli stretti confini della nostra natura, ci eleva al di sopra dell’umanità e persino al di sopra della natura angelica. Se gli Angeli non avessero la grazia, sarebbero sotto di noi, e in cielo i Santi che avessero avuto più grazia degli Angeli, saranno posti più in alto. Anche se Dio creasse esseri più perfetti dei Serafini, dovremmo comunque gridare: Più in alto! Più in alto! Questo non è il soprannaturale. – Il soprannaturale ci mette al livello di Dio, è una seconda natura che si aggiunge alla prima. Nell’ordine naturale abbiamo prima di tutto un’anima: nell’ordine soprannaturale c’è anche un’anima. La grazia – dice sant’Agostino – è l’anima della nostra anima. Nell’ordine naturale abbiamo delle facoltà: l’intelligenza, la volontà, i sensi; nell’ordine soprannaturale abbiamo le virtù infuse come facoltà. Queste sono prima di tutto le virtù teologali, che affondano le loro radici in Dio; le virtù cardinali con le loro innumerevoli ramificazioni; più in alto i doni dello Spirito Santo, che sono come i semi dell’eroismo. E non è tutto. Il soprannaturale ci dà nuove operazioni: le virtù e i doni sono coronati dai dodici frutti dello Spirito Santo, e da quelle che vengono chiamate le beatitudini evangeliche. Tale è, In poche parole, questo meraviglioso insieme del soprannaturale: alla base la grazia, poi le virtù infuse, più in alto i sette doni, più in alto ancora i dodici frutti dello Spirito Santo, alla sommità le beatitudini evangeliche. – Ma non abbiamo ancora detto nulla; la grazia ci rende divinità. Ego dixi: dii estis! (Ps. LXXXI, 6). Se avessimo uno sguardo abbastanza potente, vedremmo nell’anima del giusto i tratti divini e, per così dire, la figura stessa di Dio. La Grazia, secondo l’espressione dei Santi Padri, è lo specchio luminoso in cui Dio si contempla e si riconosce. Ora, Dio può riconoscere se stesso se non solo in un dio. Sì, se siamo lo specchio del Signore, dobbiamo riflettere in noi i tratti del volto divino. Nel salutare l’anima in stato di grazia, salutiamo la figura di Dio! Divinæ consortes naturæ, dice San Pietro. (II Piet. I, 4) La grazia ci rende partecipi della natura divina. Quando immergiamo l’oro nella fornace, pur mantenendo le sue proprietà, esso diventa fuoco, assume il colore, il calore, la luce del fuoco. La grazia ci immerge nell’Essere divino, e l’uomo, senza perdere la sua natura, è tutto penetrato da Dio: egli è fiamma come Dio, è amore come Dio, pensa in Dio, agisce in Dio. I re sono orgogliosi del loro sangue; c’è in tutti i giusti un sangue reale, un sangue divino, che discende da Gesù Cristo in noi, così come la vite comunica la sua influenza e la sua vita all’ultima tralcio. Gli eroi dell’antichità pagana volevano spacciarsi per figli di un dio. Queste erano delle favole sacrileghe; per noi invece è una realtà. La nostra genealogia è veramente celeste, possiamo dire con San Paolo: Genus sumus Dei siamo della razza di Dio (Act.XVII, 28, 29). Questa è la nostra particella di nobiltà, e abbiamo il diritto di esserne orgogliosi! Infine, la grazia ci dona la persona stessa di Dio. Questo è il dolce mistero che i teologi chiamano la dimora della Trinità in noi. – La Grazia consacra la nostra anima con la sua invisibile unzione e ne fa un tempio dove Dio si diletta. Vos estis templum Dei vivi, dice San Paolo, (II Cor. VI, 16) e San Bernardo osserva che le cerimonie del Battesimo assomigliano molto alle cerimonie di consacrazione di una chiesa. Ma un tempio, una chiesa, è fatto perché Dio vi abiti. Bene – dicono le tre Persone – entreremo in quest’anima, e vi porremo la nostra dimora. Ad eum veniemus et mansionem apud eum faciemus (Giov. XIV, 23). La Trinità è dunque tanto presente nell’anima dei giusti quanto Gesù Cristo è presente nelle nostre chiese. – Come il calice dell’altare contiene veramente il sangue di Gesù, così le nostre anime contengono veramente lo Spirito Santo. Calice dell’altare, calice dell’anima santa, in entrambi vi abita un Dio! La dimora della Trinità è la presenza dell’amico con l’amico, dello sposo con la sposa. Se abbiamo delle prove, non è necessario andare molto lontano per trovare un Consolatore: basta entrare nella nostra anima; le tre Persone sono lì per sorridere alle nostre lacrime, per asciugare le nostre lacrime. Trasfigurano la nostra intelligenza, ci fanno vedere tutte le cose con le luci e i colori dell’eternità, così che in tutte le vicende di questo mondo vediamo la via di Dio, e diciamo con la Scrittura: Ecce Dominus transit! Ecco il Signore che passa! (III Re, XIX, 11). Esse trasfigurano la nostra volontà, ci fanno trovare in tutto ciò che ci accade un sapore divino; le prove e la morte stessa diventano una bevanda da assaporare con ebbrezza. Gustare mortem. In fine esse trasfigurano il nostro corpo. C’è, infatti, nei corpi dei Santi una bellezza segreta, uno splendore nascosto, che talvolta si rivela nell’ora della morte. Anche nella tomba, una sorta di maestà divina proteggerà la nostra polvere; anche nella corruzione, ci sarà nelle nostre membra come un’iscrizione invisibile, che dirà: Rispetta questa polvere, è un immortale che si assopisce, queste membra un tempo erano il tempio della Trinità, sono sacre per la risurrezione. – Parlando di grazia, non abbiamo lasciato Nostro Signore, perché è in Lui che la grazia ha esaurito tutti i suoi tesori. Tutte queste meraviglie soprannaturali, che abbiamo cercato di descrivere, si trovano in Lui ad un livello supremo. Fin dal primo momento della sua creazione, la sua anima benedetta è stata inondata da tutti i torrenti di grazia. Più ci si avvicina a una sorgente, più si partecipa all’abbondanza dei suoi corsi d’acqua; più ci si avvicina ad un focolare, più si sentono gli effetti del suo calore e della sua luce. La sorgente, l’oceano di grazia, la casa, il sole dell’amore, è la divinità. Ma è possibile essere più vicini a Dio di quanto lo fosse l’anima di Nostro Signore? La divinità e quest’anima santa si abbracciano in una stretta ineffabile, così stretta da diventare una sola persona. Toccando così l’oceano di grazia, quest’anima ne è stata inondata, l’oceano si è riversato in essa e ha riempito tutte le sue profondità. Plenum gratiæ. È la pienezza che trabocca; è impossibile aggiungervi qualcosa. Cosa si può aggiungere all’abisso quando l’abisso è riempito? Sotto l’influenza di questa grazia, tutte le virtù sbocciano nell’anima del Verbo, tutte portano quel fiore squisito, che è l’eroismo. Le virtù che appartengono allo stato di imperfezione non hanno posto in questo giardino; ma tutte le altre virtù, le virtù naturali, le virtù infuse, i doni e i frutti dello Spirito Santo, la potenza dei miracoli, il dono della profezia: in una parola, tutto ciò che è di più incantevole nell’ordine soprannaturale vi fiorisce come in una terra vergine fecondata dal sole dell’eternità. Tutto ciò che Dio ha fatto di bello nella natura e nella grazia, lo ha raccolto nell’anima di suo Figlio. Ah, qui è il caso di dire: se noi vedessimo l’anima di Gesù, cadremmo in un’estasi di ammirazione, di ebbrezza e di amore. Dio ci riserva questa estasi per l’eternità, ma il Rosario ce ne può dare un assaggio ora e comunicarci la grazia di Cristo. Per avere la rivelazione di un’anima, è ovviamente necessario studiarla nelle circostanze in cui essa si manifesta, negli eventi in cui si riflette la sua interiorità. In quali circostanze l’interno di Gesù è meglio riflesso che nei Misteri del Rosario? Cresceva nella grazia – dice il Vangelo – cioè la sua grazia lasciava apparire all’esterno i suoi meravigliosi effetti; in ciascuno dei Misteri essa irradiava attraverso il velo di una carne trasparente. Basta vedere Gesù che agisce, che parla, che insegna, per intravedere qualche lampo di questa grazia nascosta. Ebbene, nella meditazione intima del Rosario, l’anima di Cristo passa davanti a noi, la sua grazia risplende ancora attraverso la corteccia del Mistero; essa viene a noi; noi la penetriamo. Sì, il Rosario è la rivelazione vivente dell’anima di Cristo e dei suoi tesori divini. – C’è di più. Vogliamo soprattutto mostrare che il Rosario ci applica anche la grazia di Nostro Signore. La grazia che il Cristo ha ricevuto lo ha reso capo spirituale dell’umanità e lo ha reso capace di meritare per noi. Non c’è bene soprannaturale che non derivi da questa causa principale. Gesù è il grande serbatoio da cui tutti gli uomini debbano attingere per essere salvati; è il vasto oceano di grazia. Ne attingiamo incessantemente, e l’abisso profondo è sempre pieno. Ma l’Umanità del Verbo ci ha guadagnato la grazia attraverso ciascuno dei Misteri. Vediamo allora che, meditando il Rosario, siamo in contatto con la fonte da cui proviene la salvezza: si stabilisce una comunicazione tra Cristo e noi, la vita divina scaturisce nelle nostre anime con un flusso dirompente. Inoltre, secondo un santo Dottore, ogni Mistero è come il seno fecondo da cui sgorga il latte della grazia; recitando le decine, noi succhiamo, per così dire, il latte del cielo. – Indubbiamente, qui è necessario fare attenzione a non esagerare. Non vogliamo far credere che il Rosario ci applichi direttamente la grazia santificante, alla maniera di un Sacramento; tale efficacia non appartiene né al Rosario né a nessun’altra devozione. Sarebbe un errore pretendere che la recitazione sia sufficiente di per sé a darci un aumento di grazia; ma non c’è alcuna illusione nel credere che, per il fatto stesso di essere pietosamente uniti ai Misteri che hanno portato la nostra salvezza, da questa meditazione scaturiranno le grazie attuali. Secondo il Vangelo, bastava toccare le vesti del Salvatore per essere guariti. Ogni Mistero del Rosario non è forse come una frangia del manto divino? Appena iniziamo le Ave Maria, tocchiamo, per così dire, la frangia divina: non abbiamo il diritto di sperare che qualche virtù ne venga per guarirci? Virtus de illo exibat et sanabat omnes. (Luc. VI, 19). Il Mistero che ha espiato l’orgoglio ci darà un aiuto speciale per praticare l’umiltà; il Mistero che ha espiato il vizio impuro avrà una speciale efficacia nell’applicarci la castità, e così anche gli altri Misteri. Nostro Signore è come un grande sole, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo; il Rosario ci espone alla sua luce ed al suo calore. Assistiamo al sorgere di questo sole di giustizia nei Misteri dell’Annunciazione e della Natività; lo contempliamo nella sua luce di mezzodì, in tutto il suo splendore, meditando sui Misteri gloriosi. Il suo calore si irradia su di noi; noi ne riflettiamo lo splendore. La nostra anima è riscaldata dal fuoco stesso della divinità; siamo fiamme come Dio, amore come Dio. Oh, se sapessimo come approfittare della nostra preziosa devozione, quanto velocemente avanzeremmo nelle vie spirituali! È nel Rosario che le grandi anime dell’Ordine di San Domenico hanno trovato il segreto della loro santità così amabile e fecondo. Il nostro Confratello Marie-Raphaël Meysson, di pia e dolce memoria, chiamava il Rosario un segreto di santità. Nascosto nell’anima adorabile del suo Dio, beveva dalla fonte della grazia, ne attingeva un po’ di quell’eroismo che ci stacca dalla terra, assaporava un po’ di quell’ebbrezza ineffabile che è un anticipo del cielo. Possiamo noi, come privilegiati del Signore, scendere ogni giorno nell’anima del nostro Diletto, alle fonti della salvezza e della felicità! Il nemico non potrà mai violare questo asilo, e le tempeste dell’inferno, che scuotono così violentemente le anime mondane, non giungeranno mai a queste profondità luminose dove regna la perpetua serenità.
CAPITOLO QUARTO
IL ROSARIO E LA DIVINITÀ DI GESÙ
Vivere nell’anima del Verbo, è vivere lontano della regione delle tempeste, su un Tabor sempre sereno, su una cima vicino al Cielo dei cieli. Lo splendore di quest’anima si riflette nella nostra, noi camminiamo nella luce di Cristo: questo è la via illuminativa. Ma la vita mistica non si ferma qui: toccare Dio, unirsi a Dio, perdersi in Dio, ecco il fine della santità e della felicità; per questo l’ultima fase della perfezione è la vita unitiva attraverso la quale l’anima si nasconde in Dio. San Paolo ha riassunto tutta questa vita spirituale in un famoso testo: Vita vestra est abscondita cum Christo in Deo (Col. III, 3). La nostra vita è nascosta nell’anima del Cristo, cum Christo, questa è la via illuminativa; in Deo, siamo nascosti con Cristo nel profondo della divinità, questa è la via unitiva. Il Rosario, che ci ha aperto la via illuminativa, introducendoci nell’anima del nostro Salvatore, ci inizierà ai segreti della via unitiva, facendoci penetrare nell’interno stesso della divinità. L’Apostolo San Giovanni ricordava con un lieve tremito che le sue mani avevano toccato il Verbo di vita: Quod manus nostræ contrectaverunt de Verbo vitæ. (I Giov. I, 1). – Nel Rosario abbiamo una felicità simile; tocchiamo quell’Uomo il cui nome è miele per le nostre labbra, una melodia per le nostre orecchie, una soavità per i nostri cuori, Cristo Gesù, Homo Christus Jesus. Ora, in quest’Uomo, non c’è parte che non sia penetrata nella sua interezza dalla divinità. L’Unione ipostatica è quell’unzione ineffabile che ha consacrato il Cristo; tutto l’olio della divinità si è riversato nell’umanità del Verbo, l’ha inondata, l’ha compenetrata: Unxit te Deus (Ps. XLIV). Sì, o Gesù, la divinità ti ha unto interamente, l’unzione della gioia ha consacrato tutte le parti della tua umanità; il tuo Cuore ha ricevuto l’unzione divina, la tua anima l’ha ricevuta, tutto il tuo essere l’ha ricevuta: Unxit te Deus oleo lœtitiæ. L’olio misterioso è così penetrato ogni azione di Nostro Signore; quando questo Cuore sospira, è un Dio che sospira; quando quest’anima trema, è un Dio che trema. Per andare alla divinità, quindi, non è necessario lasciare il Rosario, basta contemplare l’intero Mistero, così come ci viene presentato, la persona che agisce, l’azione che si compie. La persona è il Verbo eterno; l’azione è teandriaca, cioè divina e umana, ed è tutta profumata dall’unzione gioiosa della divinità. È qui che si può dire veramente: Dio! Ecco Dio! La divinità è lì nel Rosario, Essa è lì che agisce, che anima, che profuma tutto il Mistero. Non fermiamoci dunque alla corteccia, andiamo al midollo: la corteccia è l’evento esterno, il midollo è l’interno di Gesù, il suo cuore, la sua anima, la sua divinità. Così siamo arrivati a Dio. Oh, rifugiamoci per qualche momento in questi adorabili abissi, e forse avremo una piccola parte in quell’unzione di gioia che ha fatto di Gesù il più bello dei figli degli uomini. Il Rosario ci ha introdotto nel santuario della divinità, e molto di più, ci farà sondare le profondità di Dio. Cosa c’è di così sorprendente? I Misteri del Rosario ci sono rivelati da quello Spirito onnipotente che, secondo San Paolo, sonda tutte le profondità, anche quelle di Dio: Nobis autem revelavit Deus per Spiritum Sanctum; Spiritus enim omnia scrutatur, etiam profunda Dei (I Cor. II, 10). Le profondità di Dio sono, prima di tutto, la vita intima di Dio in se stesso, è la Famiglia eterna, l’adorabile Trinità, la prima delle Vergini, come parla San Gregorio di Nazianzo, la prima bellezza e il primo amore: tre Persone divine che si tengono in un abbraccio eterno e che si rimandano l’una all’altra la parola che viene pronunciata e mai sempre ripetuta: Amore, amore, amore! E questo triplice abbraccio non è che un solo abbraccio, e questo triplice amore è che un solo amore. E Hi tres unum sunt. (1 Giov. V, 7). Ecco le profondità di Dio! Ebbene, in ogni Mistero troviamo la Famiglia divina; le tre Persone sono lì in virtù di questa legge ineffabile che le incatena l’una all’altra; solo il Verbo riveste la nostra carne inferma, ma tutte e tre cooperano all’Incarnazione e alla Redenzione. Nel primo Mistero hanno di nuovo consiglio, ripetono la parola creativa: « Ricostruiamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza ». Quando la grande opera è compiuta, quando vedono questa vergine Umanità, tutta raggiante, tutta immacolata, uscire dalle loro mani, dicono, ma questa volta senza ironia: « Ecce Adam quasi unus ex nobis factus est. Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi ». (Gen. III, 22) – Infine, quando contemplano questa innocente Umanità attaccata alla croce, pronunciano la formula del perdono: « Ora non colpiremo più l’uomo come abbiamo fatto ». Non igitur ultra percutiam omnem animant viventem sicut feci (Gen. VIII, 21). Siamo entrati nella vita intima e nei consigli della Trinità: continuiamo a sondare gli abissi divini. Le profondità di Dio sono ancora la sua misericordia e la sua giustizia. Come possiamo conciliare questi due attributi: la vendetta infinita del Signore contro il peccato e la sua infinita bontà per il peccatore? Il Rosario ci dà la chiave di questo mistero: basta guardare la croce della seconda serie, dove misericordia e giustizia si danno un bacio eterno. A volte la giustizia degli uomini si indebolisce indignata di fronte alla preghiera ipocrita o alle lacrime; qui la giustizia non si indebolisce mai, anche quando Dio perdona, è giustizia, perché Gesù ha soddisfatto per il colpevole. Amore infinito, soddisfazione infinita, questo è ciò che Dio ha scritto sulla croce con il sangue di suo Figlio. Oh sì, la misericordia e la giustizia possono essere abbracciate su questo trono di sangue. Ed anche noi andiamo alla croce per abbracciare la divinità! Le profondità di Dio sono ancora i misteri della predestinazione e della gloria. Il Rosario non solleva i veli che coprono questi abissi; almeno getta una luce consolante su questa oscurità. Ci dà un’idea di questa predestinazione mostrandoci Gesù, il modello di tutti i predestinati; ci insegna che dobbiamo conformarci a questo ideale celeste: quos prædestinavit conformes fieri imaginis Filii sui (Rom. VIII, 29); ci fa anche intravedere alcuni raggi di gloria nei misteri trionfanti della Risurrezione e dell’Ascensione. Le profondità di Dio sono l’eternità. L’eternità! ma è già cominciata in noi. Il Rosario ha lo stesso potere della Fede, perché il Rosario è la sintesi della Fede in tutta la sua sostanza. Ora, la Fede – dice San Bernardo – ha un grembo abbastanza grande da contenere l’eternità stessa. Attraverso la Fede e il Rosario il futuro esiste già nel presente: i beni che ci aspettiamo riposano nella nostra mente come su un fondamento incrollabile; la Fede è il fondamento immutabile che porta le nostre immutabili speranze: Sperandarum substantia rerum (Heb. III, 14). San Paolo ha altre parole ancora più energiche: La fede, dice, è il principio di Dio: Initium substantiæ ejus (Heb. III, 14). Attraverso la fede e il Rosario c’è nel Cristiano il seme di un Dio, il seme e l’inizio dell’eternità. Ma soprattutto il Rosario ci fa toccare l’eternità, perché il Dio-Uomo che adoriamo in ogni Mistero è, secondo l’espressione di Santa Caterina da Siena, come un ponte tra il tempo e l’eternità; tocca entrambe le rive: le rive del finito attraverso la sua natura umana, le rive eterne attraverso la sua Persona e la sua natura divina. Quando inizieremo la recita, ci uniremo all’Uomo-Dio, ci lasceremo trasportare sugli abissi di questo ponte dell’infinito e, prima di finire la nostra preghiera, avremo raggiunto impercettibilmente l’altra riva, che è la riva dell’eternità. Ecco allora tutte le profondità di Dio esplorate nel Rosario: la vita intima della Famiglia celeste, la misericordia e la giustizia divina, i misteri della predestinazione e della gloria, gli abissi dell’eternità, i segreti dell’infinito. Chi è chiamato ad una vita di unione, potrebbe quindi trovare nel Rosario risorse inestimabili, perché il Rosario è la forma più sublime di contemplazione, la più sicura, la più facile. – La più sublime, poiché ci getta nelle profondità dell’infinito: lasciate che queste anime si immergano incessantemente in questa meditazione, non esauriscono mai le loro ricchezze; c’è sempre qualche nuovo abisso da sondare. È impossibile andare più lontano della divinità, per questo è impossibile andare più lontano e più in alto della meditazione del Rosario. È la più sicura. Ci si illuderebbe nel considerare la divinità in una sorta di vita astratta e come se fosse relegata in una sfera estranea all’uomo; il Rosario ci mostra la vera vita di Dio, le sue vere effusioni con l’umanità: Dio, che mette le sue delizie ad abitare in mezzo a noi, a dialogare con i figli degli uomini. È la più semplice e facile. Il nostro modo naturale di intendere è quello di passare dal sensibile allo spirituale; gli esseri visibili sono come il piedistallo da cui l’anima si slancia verso l’infinito. Nella contemplazione del Rosario, l’Umanità del Verbo è il piedistallo visibile che ci eleva alla divinità invisibile. Non c’è bisogno di una penosa contenzione di spirito; si passa dal Cristo visibile al Cristo Dio, in modo fluido e impercettibile. Per Christum hominem ad Christum Deum. Mentre abbracciamo il Figlio di Maria, abbracciamo Dio stesso, gridiamo in dolce estasi: Quanto è buono, quanto è buono il nostro Dio! quam bonus Israel Deus! (Ps. LXXII, 1). Noi stiamo solo toccando queste bellezze, le anime pie sapranno come completare questo studio e assaporare queste delizie. Esse capiranno anche che il Rosario risponde alle esigenze di tutti. Ci sono quelli per i quali il puro invisibile non ha alcuna attrattiva; anche quando si rivolgono a Dio, la loro pietà ha bisogno di incontrare un cuore di carne come il loro, un cuore che palpita e trasale: questi troveranno nel Rosario il Cuore di Gesù. Ce ne sono altri la cui vigorosa intelligenza è focalizzata sulle bellezze spirituali, il cui sguardo potente è fatto per contemplare il cielo degli spiriti: questi troveranno nel Rosario l’anima di Gesù. Altri scivolano sulle ali di Dio verso le più alte vette della contemplazione, il loro sguardo è capace di guardare il Cielo dei cieli: troveranno nel Rosario la divinità di Gesù. Il Sacro Cuore per i proficienti, l’anima del Verbo per i più avanzati, la divinità per i perfetti. Tuttavia, questi tre stati non devono essere completamente separati: anche i principianti devono andare all’anima e alla divinità di Gesù, e il perfetto non deve mai lasciare quell’anima o quel Cuore. Il cuore, l’anima e la divinità sono tre dimore che dobbiamo abitare contemporaneamente: tria tabernacula (Marc. IX, 4). Oh, come sono deliziose queste tre dimore! È un inizio di paradiso, sono tre tabernacoli eterni: è la santità. La morte non ci allontanerà da questa triplice dimora, ma ci permetterà, al contrario, di abitare più perfettamente nel cuore, nell’anima, nella divinità del nostro Amato. Videbimus, laudabimus, amabimus. Vedremo questo Diletto, lo loderemo, lo ameremo: visione senza nuvole, lode senza interruzione, amore senza condivisione e senza fallimento, questa è la potente trilogia della felicità! La iniziamo qui sulla terra nel Rosario, andremo a finirlo, con l’ultimo Mistero glorioso, sul Cuore di Maria. Con te, o Maria, abiteremo nei tre tabernacoli eterni, il cuore, l’anima e la divinità del tuo Figlio; con te vivremo la sua vita, ameremo con il suo amore. Videbimus, laudabimus, amabimus.
[1. Continua] https://www.exsurgatdeus.org/2020/05/13/il-rosario-e-la-santita-2/