Istruzione sulla Tradizione divina e sulla Santa Scrittura.
(L. Goffiné, Manuale per la santificazione delle Domeniche e delle Feste; trad. A. Ettori P. S. P. e rev. confr. M. Ricci, P. S. P., Firenze, Tip. Calas. da A. Ferroni – 1869).
La tradizione divina è la parola di Dio non scritta ma uscita dalla bocca stessa di Gesù Cristo, o rivelata agli Apostoli dallo Spirito Santo, e comunicata dagli stessi Apostoli ai primi Fedeli, che l’hanno trasmessa si loro successori, da cui noi successivamente e come di mano in mano l’abbiamo ricevuta. Quando si dice che la tradizione è la parola di Dio non scritta, s’intende dire che non è stata scritta subito dagli autori sacri, come i libri canonici dei due Testamenti, quantunque sia stata scritta in séguito o dai Concili, o nelle opere de’ santi Padri e degli altri autori ecclesiastici, o nei decreti dei Sommi Pontefici etc. La tradizione divina è assolutamente necessaria: la sua necessità e la sua autorità sono fondate sulla Scrittura e sui Padri. La santa Scrittura è la parola di Dio scritta sotto la ispirazione di Lui: non si dice santa precisamente perché mira a Dio, né perché è stata scritta col soccorso e con l’assistenza di Dio, ma perché ha Dio per autore, che 1’ha ispirata e dettata ai sacri scrittori. La Scrittura si divide in Antico e Nuovo Testamento : l’antico Testamento contiene i libri santi scritti avanti Gesù Cristo, che sono in numero di quarantacinque. Il nuovo Testamento contiene i libri che riguardano la legge evangelica, e sono stati scritti da Gesù Cristo in poi: sono ventisette. Si chiama la Scrittura Testamento, perché racchiude l’alleanza che Dio ha fatta con gli uomini, e la sua ultima volontà, con la quale lascia loro i suoi beni, come avviene nei testamenti che si fanno tra gli uomini. – Ecco l’ordine e il catalogo dei libri della Scrittura, secondo il decreto del Concilio di Trento, Sess. IV. cap. I. – I libri dell’antico Testamento sono la Genesi, l’Esodo, il Levitico, i Numeri, il Deuteronomio, Giosuè, i Giudici, Ruth, i quattro libri dei Re, i due libri dei Paralipomeni. i due libri d’Esdra, Tobia, Giuditta, Ester, Giobbe, i Salmi, i Proverbi, l’Ecclesiaste, il Cantico dei cantici, la Sapienza, l’Ecclesiastico, Isaia, Geremia, Baruch, Ezechiele, Daniele, i dodici Profeti minori, cioè: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Habacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia; i due libri dei Maccabei.
I libri del Nuovo Testamento sono: il Vangelo di s. Matteo, il Vangelo di s. Marco, il Vangelo di s. Luca, il Vangelo di s. Giovanni, gli Atti degli Apostoli, le quattordici Lettere di s. Paolo: una ai Romani, due ai Corinti, una ai Galati, una agli Efesini, una ai Filippesi, una ai Colossesi, due ai Tessalonicesi, due a Timoteo, una a Tito, una a Filemone, una agli Ebrei; le due Lettere di s. Pietro, le tre di s. Giovanni, una di s. Giacomo, una di s. Giuda, e l’Apocalisse di s. Giovanni.
Alla sola Chiesa appartiene di determinare infallibilmente il senso e i libri della Scrittura.
Della lettura della Bibbia in volgare.
(Dell’Abate Glaire)
La lettura della Bibbia in volgare è stata il tema di vive discussioni. Così i Protestanti e i Giansenisti hanno accusato la Chiesa Cattolica:
1.° di non leggere la santa Scrittura in volgare nella celebrazione della sua liturgia;
2° di non permettere generalmente a tutti i Fedeli di leggerla;
3.° di abusare della sua autorità col proibirne la lettura.
Ma non ci sembra difficile il difender la Chiesa su questi differenti appunti.
1.° Quando la religione cristiana si stabiliva, la sinagoga celebrava i suoi uffizi pubblici in ebraico, lingua che non era più l’usuale; e Gesù Cristo e gli Apostoli, che rimproverarono ai Giudei tante loro costumanze, non condannaron mai, per quanto si sa, quest’uso. Ora abbiam noi più ragione di condannarlo? Aggiungiamo, che se vi fosse un obbligo rigoroso per la Chiesa di leggere la Scrittura in volgare, gli Apostoli non avrebbero mancato di farla tradurre nella lingua di tutti i popoli che essi convertirono alla fede. Qual monumento istorico vi è, che comprovi un simil fatto? e qual critico oserebbe sostenerlo?
Vi sono ben altri motivi ancora che possono giustificare la Chiesa Cattolica. In primo luogo vi è la grande difficoltà del tradurre i libri liturgici, senza alterarne il senso, e senza porre in pericolo la forma dei sacramenti: cosa che può dare motivo ad errori ed eresie. In secondo luogo la diversità delle lingue usate negli uffizi pubblici, non nocerebbe alla comunicazione delle varie chiese della cristianità? Un prete italiano, per esempio, non potrebbe offrire il santo sacrifizio della Messa che nel suo Paese; poiché, secondo i principj dei nostri avversari, i semplici Fedeli debbono intender la lingua usata nel pubblico esercizio del culto religioso, e principalmente per questa ragione essi vogliono imporre alla Chiesa l’obbligo di leggere la Scrittura in volgare. In terzo luogo finalmente la maestà e la dignità dei nostri divini Misteri sono tali, che non si potrebbero senza abbassarli ed avvilirli volgere in certe lingue rozze ed imperfette.
2.° Ma almeno, dicono gli avversari, perché la Chiesa non ne permette la lettura senza distinzione a tutti i suoi figli? Perché ella sa, come insegna l’Apostolo s. Pietro, che vi sono nella santa Scrittura dei passi che gli uomini ignoranti e di fede non salda potrebbero intender male a danno della loro salute. Pensano inoltre i Padri, e molti lo hanno notato, che vi siano nella Scrittura molte cose, le quali invece di edificare certi lettori gli scandalizzerebbero. In fatti quanti giovani non sarebbero posti al pericolo di guastarsi, se loro si mettesse in mano l’intera raccolta dei nostri santi libri? Quanti Cristiani d’ogni età, se leggessero un libro ove incontrassero ad ogni pagina cose di cui non intendessero il senso, correrebbero rischio di far naufragio nella fede! Bisogna prima aver fatto uno studio particolare del linguaggio familiare agli scrittori sacri, per non cadere a ogni momento in qualche sbaglio. Quante cose a prima giunta urtano, e quando sono spiegate appariscono naturali, buone e lodevoli! Aggiungi che permessa una volta a tutti indistintamente la lettura della Bibbia, un gran numero di persone la leggerebbero senza fede, senza umiltà, senza purità d’intenzione, come confessano che avviene gli stessi Protestanti più dotti, e come l’esperienza d’ogni giorno dimostra chiaro: e allora essa diverrà senza dubbio una cagione di scandalo e di caduta. Che se i nostri avversari ci dicano ancora, che i santi Padri esortano tutte quante le persone a legger la Scrittura, risponderemo: « Dateci dei cristiani così istruiti, così docili e così sottomessi come eran quelli a cui son dirette le loro esortazioni, e noi terremo loro il medesimo linguaggio. »
3.° Queste avvertenze sono più che sufficienti per giustificare la Chiesa dalla terza accusa lanciatale contro, di abusar cioè della sua autorità vietando la lettura della Bibbia ai Fedeli: poiché, se si è dimostrato che ci è pericolo per una certa classe di persone a leggere la santa Scrittura, non si vede come potrebbe contrastarsi alla Chiesa il diritto di proibire in certe circostanze questa lettura. Se la sinagoga ha esercitata questa autorità vietando la lettura dei primi capitoli della Genesi, di Ezechiello e del Cantico de’ Cantici, alle persone che non erano arrivate a una certa età, perché negare il medesimo diritto ai pastori della Chiesa cristiana; mentre sta ad essi il proibire ai Fedeli a loro affidati ciò che può nuocere? Così ne hanno usato in più Concilj, senza che mai alcun cattolico gli abbia accusati di usurpazione (Concilio di Tolosa, 1229; terzo di Milano sotto s. Carlo Borromeo; Concilio di’ Cambrai, 1586; concilio di Trento).
Dopo testimonianze sì autorevoli, non fa meraviglia :he i più gravi autori e i più rinomati teologi, come gli addetti alla facoltà teologica di Parigi, Gersone, Alfonso di Castro, il Soto, il Catarina, i Cardinali Du Pirron e Bellarmino, il Fromont e l’Ertius, abbiano riconosciuto il diritto che la Chiesa ha di una tal proibizione. Ma non sarà cosa inutile il dimostrare la falsità del principio, su cui i nostri avversari fondano le loro accuse. Il principio sta nel considerare come cosa necessaria, o almeno sempre vantaggiosa a tutti i Fedeli, il leggere la santa Scrittura. Or nulla vi è di più falso. Primieramente, non si verrà mai a provare la necessità di questa lettura per i semplici fedeli; non essendovi nessun testo della Scrittura ove questa verità sia asserita, e dall’altra parte la tradizione prova il contrario. (V. Iren., adv. hæres. 1. III, c. IV.; Tertull., de Præscript, c. XIV.; Clem. Alex., Pedagog., 1. III, c. II; s. August., de Doct. Christ.).
Dopo tutto ciò e perché la lettura della Bibbia sarà assolutamente necessaria ai semplici Fedeli? forse per conoscere le verità della fede? ma non possono apprenderle nei Catechismi e nelle predicazioni dei loro Pastori? Forse per credere? ma la fede è il frutto della sommissione alle verità insegnate dalla Chiesa, e non dell’esame. O finalmente per santificare il giorno del Signore? Ma dopo l’assistenza al santo Sacrifizio, e alle istruzioni cristiane, a quante altre opere di pietà non ci possiamo applicare? In secondo luogo, la lettura della santa Scrittura non è sempre utile ai Fedeli. Abbiamo provato di sopra che potrebbe anche esser loro dannosa. Il principio da cui si partono i nostri avversari è dunque falso, e per conseguenza i capi d’accusa che ne deducono sono senza fondamento. Per riassumere adunque ciò che avevamo da dire in quest’ultimo articolo concernente la Bibbia, diciamo:
1.° Che le versioni in volgare non sono proibite in modo assoluto dalla Chiesa Universale;
2.° Che le Chiese particolari, le quali le hanno proibite, non lo hanno fatto assolutamente e per tutti i Fedeli, ma solamente per quelli a cui questa lettura potrebbe recar danno;
3.° Che queste versioni non sono state proibite se non per certe circostanze, talché se tali circostanze cessassero, queste Chiese cesserebbero di proibir l’uso di quelle versioni;
4.° Che sebbene non sia generalmente proibito di leggere le versioni della Scrittura in volgare, quando sono state approvate dai Vescovi, nondimeno vi è del pericolo per i semplici Fedeli a farne uso senza averne chiesto consiglio al proprio parroco o al Confessore.