SALMO 118 (6): “QUOMODO DILEXI LEGEM TUAM”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME TROISIÈME (III)
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 118 (6)
MEM.
[97] Quomodo dilexi legem tuam,
Domine! tota die meditatio mea est.
[98] Super inimicos meos prudentem me fecisti mandato tuo, quia in æternum mihi est.
[99] Super omnes docentes me intellexi, quia testimonia tua meditatio mea est.
[100] Super senes intellexi, quia mandata tua quæsivi.
[101] Ab omni via mala prohibui pedes meos, ut custodiam verba tua.
[102] A judiciis tuis non declinavi, quia tu legem posuisti mihi.
[103] Quam dulcia faucibus meis eloquia tua! super mel ori meo.
[104] A mandatis tuis intellexi; propterea odivi omnem viam iniquitatis.
NUN.
[105] Lucerna pedibus meis verbum tuum, et lumen semitis meis.
[106] Juravi et statui custodire judicia justitiae tuæ.
[107] Humiliatus sum usquequaque, Domine; vivifica me secundum verbum tuum.
[108] Voluntaria oris mei beneplacita fac, Domine, et judicia tua doce me.
[109] Anima mea in manibus meis semper, et legem tuam non sum oblitus.
[110] Posuerunt peccatores laqueum mihi, et de mandatis tuis non erravi.
[111] Hæreditate acquisivi testimonia tua in æternum, quia exsultatio cordis mei sunt.
[112] Inclinavi cor meum ad faciendas justificationes tuas, in æternum, propter retributionem.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO CXVIII (6).
MEM
97. Quanto cara è a me la tua legge, o Signore! Ella è tutto quanto il giorno la mia meditazione.
98. Col tuo comandamento mi facesti prudente più dei miei nemici, perché io lo ho davanti in eterno.
99. Ho capito più io, che tutti quelli che m’istruivano; perché i tuoi comandamenti sono la mia meditazione.
100. Ho capito più che gli anziani, perché sono andato investigando i tuoi comandamenti.
101. Da ogni cattiva strada tenni indietro i miei passi per osservare i tuoi precetti.
102. Non declinai da’ tuoi giudizi, perché tu mi hai dato una legge.
103. Quanto son dolci alle mie fauci le tue parole! più che non è il miele alla mia bocca
104. Da’ tuoi comandamenti feci acquisti di scienza; per questo ho in odio qualunque via d’iniquità.
NUN.
105. Lucerna a’ miei passi ell’è la tua parola, e luce a’ miei sentieri.
106. Giurai, e determinai di osservare i giudizi di tua giustizia.
107. Io sono umiliato per ogni parte, o Signore: dammi vita secondo la tua parola.
108. Sien graditi a te, o Signore, i volontarii sacrifizi della mia bocca; e insegnami i tuoi giudizi.
109. Porto sempre l’anima mia nelle mie mani; e non mi sono scordato della tua legge.
110. I peccatori mi tesero il laccio; ma io non uscii della strada de’ tuoi precetti.
111. Per mia eterna eredità feci acquisto de’ tuoi insegnamenti, perché essi sono il gaudio del cuor mio.
112. Inchinai il mio cuore ad eseguire eternamente le tue giustificazioni per amore della retribuzione.
Sommario analitico
VI SEZIONE
97-112.
Il Re-Profeta, considerando i molteplici pericoli del viaggio, è ricorso alla meditazione, alle ispirazioni interiori della legge di Dio come ad un fedele amico per scoprire le insidie e gli inganni dei suoi nemici.
I. L’amore, e di seguito la meditazione continua della legge di Dio, perfeziona l’intelligenza e la volontà (97). – Quest’amore perfeziona l’intelligenza:
1° scoprendo tutte le trappole e le insidie del nemico (98);
2° dandoci una saggezza, una prudenza superiore alla scienza, alla saggezza dei maestri più abili ed alla prudenza degli anziani più sperimentati (99, 100).
II.- La pratica, l’osservanza fedele della legge:
1° Fa evitare un gran numero di peccati, presentando la legge che li evita, così come imposto da Dio stesso (101, 102);
2° è una causa delle gioie più dolci (103), delle delizie spirituali, mille volte più dolci, senza paragoni, di tutte le dolcezze sensibili; dolcezze non sempre sensibili, ma sempre molto reali e veraci;
3° ispira un vero orrore di ogni specie di male, e per tutte le vie che vi conducono (104);
4° ci dirige con sicurezza nella via dei comandamenti (105);
5° afferma la volontà nella risoluzione di esservi fedele (106);
6° Rende gradevoli a Dio i sacrifici volontari che essa ispira (108).
III. – I motivi che portano il Profeta a questa meditazione costante, a questa osservanza fedele della legge di Dio sono:
1° I pericoli estremi che gli fanno correre i suoi nemici (109, 110);
2° L’obbligo che gli viene imposto come eredità, di essere fedele alla legge di Dio (111);
3° La speranza della ricompensa (112)
Spiegazioni e Considerazioni
VI SEZIONE — 97-112
I. – 97-100
ff. 97- 100. – Dopo aver precedentemente detto: « Il vostro comandamento è di largo accesso, » il Profeta ci mostra qui la larghezza di questo comandamento: « Signore, quanto ho amato la vostra legge. » Questa larghezza della legge è dunque la carità. Come si potrebbe, in effetti, amare ciò che Dio ci ordina di amare, se non si amasse il comandamento che lo ordina? Ora, questo comandamento è la Legge stessa. « Tutto il giorno, egli dice, è la mia meditazione. » Io l’ho amata a tal punto che ogni giorno, essa è la mia meditazione. Tutto il giorno significa tutto il tempo, e cioè che sempre questo santo amore trionfa della concupiscenza, che spesso si oppone all’adempiere il compimento delle prescrizioni della legge. (S. Agost.). – Man mano che si conosce la legge di Dio, la si ama, e quanto più la si ama, più la si conosce, perché è l’amore che ce la fa conoscere e che ci fa entrare – dice S. Agostino – nella verità dai canti. – Il Profeta avrebbe potuto dire: Con quale alacrità ho compiuto la vostra legge! Ma poiché egli ha molto più merito nel fare qualcosa per amore, piuttosto che per timore, egli dice: « Quanto ho amato la vostra legge! » … Ci sono molti che danno ai poveri per paura di essere rimproverati per la loro cupidigia ed empia avarizia; ci sono molti che vengono in Chiesa, perché temono che si noti la loro assenza e la loro negligenza; ma non tutti amano ciò che praticano. Obbedire per necessità è dunque inconciliabile con l’amore, perché è impossibile non volere ciò che si ama. L’amore, dal canto suo, può essere separato dall’opera, quando si fa qualcosa per timore o per pudore. Ma il Profeta non è sottomesso ad alcuna di queste imperfezioni. Ciò che ama, egli fa, e ciò che fa, lo ama e se ne occupa continuamente, perché medita la legge di Dio tutti il giorno ininterrottamente (S. Ilar.). – Meditate dunque tutto il giorno la Legge di Dio, non contentatevi di una lettura superficiale. Se volete comprare un campo, acquistare una casa, prendete consiglio da un uomo più prudente, ed esaminate con cura il valore di ciò che comprate per non essere ingannato. Ma qui si tratta di comprare voi stessi, è in questione il vostro prezzo; considerate ciò che siete, quale nome portate e che voi acquistate, non un campo, non argento o pietre preziose, ma Gesù-Cristo, al quale nulla può essere comparato. Prendete dunque per consiglieri Mosè, Isaia, Geremia, Pietro, Paolo, Giovanni, ed il gran Consigliere Gesù, Figlio di Dio, per acquisire il possesso del Padre. È con essi che bisogna trattare questo affare, è con essi che bisogna conferire, che bisogna meditare tutto il giorno come faceva Davide. (S. Ambr.). – Noi abbiamo sotto gli occhi una folla di giovani chierici la cui saggezza sorpassa quella dei vegliardi, la cui maturità previene l’andamento del tempo, e che suppliscono all’età con la santità. Eccellenti giovani sembrano ancor fanciulli per gli anni, ma sono sicuri per malizia. Io dico per malizia e non per saggezza, perché essi non danno a nessuno, secondo l’avviso di S. Paolo, il diritto di disprezzare la loro gioventù. Giovani virtuosi sono preferibili ad uomini vecchi nel vizio (S. Bern. De mor. et off. Episc. VII). – « Voi mi avete reso più prudente dei miei nemici, etc. » La vera prudenza dei Cristiani consiste nel saper trarre la loro salvezza dal male anche quando lo fanno i loro nemici; invece tutta la prudenza di coloro che li perseguitano, si reduce a perdere se stessi, e non pensano che a perdere gli altri. Questa non è una lettura passeggera, ma uno studio, una meditazione continua della Legge di Dio presa come regola costante ed inviolabile della nostra condotta che non può ispirarci questa prudenza (S. Ambr. e Dug.). – « Io ho più intelligenza di coloro che mi istruivano, etc. » Il linguaggio del Re-Profeta sembrerebbe qui presuntuoso e temerario, se non avesse dichiarato precedentemente, in un altro Salmo, che Dio stesso era stato suo Maestro. Egli vuole dunque farci intendere che gli uomini non possono insegnare ciò che è divino, e che, di conseguenza, coloro che pretendono di insegnare, ignorano ciò che essi insegnano, mentre il discepolo che è istruito da Dio, ne ha la conoscenza. Oltre al dono di Scienza che si deve alle comunicazioni intime dello Spirito-Santo, noi vediamo ancora qui che vi sono un gran numero di maestri e di dottori che si vantano di insegnare ciò che essi non comprendono, mentre vi sono tanti discepoli che, con la loro applicazione personale, giungono a conoscere ciò in cui i loro maestri non sono stati capaci di istruirli (S. Ambr.). – È così che noi vediamo un gran numero di anime comuni, senza scienza alcuna, ma che si occupano continuamente della Legge di Dio, spesso più illuminati di sapientissimi dottori, o di direttori rinomati che li istruiscono (Dug.). – « Io sono stato più intelligente degli anziani, etc. », bene stupendo che viene da Dio, egli ha più intelligenza degli anziani, perché per grazia di Dio, si è elevato fino alla scienza ed alla maturità della vecchiaia. Così come la vita senza macchia è una lunga vita, (Sap. IV, 8), ugualmente la scienza perviene ad una vita pura e senza macchia, considerata come una vera vecchiaia dell’uomo … indice di una vecchiaia venerabile, ed è prudenza più grande, e che dà ad un consiglio la maturità dell’età che non è la lunghezza della vita, ma la saggezza e la maturità dell’intelligenza. (S. Ambr.). – Io ho – dice il Re-Profeta – avuto grandi difficoltà durante i miei anni giovanili con nemici potenti, con cortigiani anziani e corrotti; ma sono stato più accorto di loro, mi sono burlato delle finezze di questi vecchi sperimentati, senza intendere altra finezza se non ricercare semplicemente i comandamenti di Dio (Bossuet, Sur la loi de Dieu).
ff. 101, 102. – « Ho allontanato i miei piedi da ogni via cattiva. » È veramente degno di essere più intelligente degli anziani, colui che, onorato dall’ispirazione dello Spirito Santo, insegna ai vegliardi non solo l’intelligenza della verità, ma ancora la fuga dal peccato e la vigilanza per preservarsi da ogni colpa. La fragilità umana è portata a scendere rapidamente la china del male ed a precipitarsi verso ogni colpa. La fragilità umana è portata a scendere rapidamente la china del male ed a precipitarsi nel vizio con le sue passioni; così il Re-Profeta insegna a garantirsi da questo pendio scivoloso e dalla sinuosità pericolosa della strada. « Io ho allontanato i miei piedi da ogni strada cattiva, cioè dalle vanità di questo mondo che è interamente nel male. Tutto ciò che è dubbioso, incerto nei suoi risultati, è cattivo. Una luce incerta è per noi una luce cattiva, noi dobbiamo considerare come cattivo tutto ciò che mescola la tenebre del male alla verità (S. Ambr.). – Le passioni sono i piedi dell’anima che la portano al bene o al male, secondo che siano buone o cattive. – Occorre dunque dapprima sforzarci di allontanarci da ogni via cattiva, di ritirarcene se vi ci siamo lasciati condurre, e poi in seguito applicarci ad osservare la Legge di Dio. Voler osservare la legge di Dio prima di allontanare i propri passi dalle vie d’iniquità, è un errore. (S. Hilar.). – « Io non mi sono allontanato dai vostri giudizi. » Il Profeta ci indica come dobbiamo allontanare i nostri piedi da ogni via cattiva, ed avere sempre davanti agli occhi i giudizi di Dio e la lotta che Egli ci ha prescritto (S. Hilar.). Il popolo cristiano scelto tra le nazioni, può dire a giusto titolo: « Voi mi avete prescritto una legge. » Non è da Mosè, né dai Profeti, ma da Voi stesso, Signore Gesù-Cristo. « Voi mi avete prescritto una legge, », cioè il Vangelo; ecco perché non mi sono mai allontanato dalla strada, perché ho fissato i miei sguardi su di Voi, io vi ho conosciuto e, seguendo i vostri sentieri, ho conosciuto la vera strada.
II. — 103-108.
ff. 103, 104. – Il Re-Profeta intende in anticipo la predicazione del Vangelo, che lo spirito profetico gli scopriva, ed esclama: « Le vostre parole sono dolci al mio palato; il miele più squisito è meno gradito alla mia bocca. » – Il miele è dolce alla bocca e non alla gola; al di là della bocca e del palato, il senso del gusto non ha azione. Le parole divine, al contrario, sono dolci alla gola, perché scivolano e penetrano nel più intimo dell’anima. Esse sono gradevoli, non alla bocca, come gli alimenti, ma fanno sentire la loro dolcezza là ove risiede il senso della conoscenza, della prudenza e dell’intelligenza (S. Ilar.). – Cosa c’è di più dolce, in effetti, che intendere annunziare la remissione dei peccati, una vita eternamente felice e la resurrezione dai morti, dolci e sante credenze che vengono ad addolcire tutto ciò che sapeva di morte eternamente dolorosa. È credendo a queste verità che noi abbiamo cominciato ad affrancarci dal timore e a dire: « o morte, dov’è la tua vittoria? » Con ragione egli dice: le vostre parole sono dolci al mio palate perché la grazia spirituale è stata diffusa nel più intimo del nostro cuore (S. Ambr.). – È là questa soavità che il Signore dà, affinché la nostra terra produca il suo frutto; (Ps. LXXXIV, 13); vale a dire, affinché ci faccia veramente bene ciò che è bene, non per il timore di un male carnale, ma per la dolcezza del bene spirituale … alcuni manoscritti aggiungono: « E il raggio del miele. » La chiara dottrina della saggezza è simile al miele; ma il raggio del miele designa la saggezza che proviene dai misteri nascosti, come le cellule di cera che nascondono il miele, dalla bocca di colui che li spiega e sembra schiacciarli con i suoi denti. Ma questo miele è dolce alla bocca del cuore e non a quella della carne. (S. Agost.). – Cosa significano queste parole che vengono dopo: « Io ho compreso per i vostri comandamenti, » parole tutte diverse da queste: « Io ho compreso i vostri comandamenti. » Il Profeta dichiara dunque di aver compreso e, con l’aiuto dei comandamenti di Dio, è giunto a comprendere le cose che desiderava sapere. È in questo senso che è scritto: « Voi avete desiderato la saggezza; osservate i comandamenti ed il Signore ve la darà! » (Eccli, I, 33), per timore che uno di coloro che mettono il carro davanti ai buoi non voglia, prima di avere acquisito l’umiltà e l’obbedienza, raggiungere le altezze della saggezza, che non può comprendere se essa non viene a suo tempo. Questi uomini ascoltino dunque queste parole: « Non cercate di raggiungere ciò che è troppo elevato per voi, né di scrutare ciò che oltrepassa le vostre forze; ma ciò che Dio vi ha comandato, abbiatelo sempre sotto gli occhi. » (Ibid. III, 22). È così che l’uomo giunge alla saggezza dei misteri con la sottomissione ai comandamenti. (S. Agost.).
ff. 105-108. – Questa parola di cui il Profeta dice: « Essa è la lampada che illumina i suoi piedi e la luce dei suoi passi, » è la parola che è stata messa nella bocca dei Profeti, e che è stata predicata dagli Apostoli (S. Agost.). – Questa parola è per gli uni una semplice fiamma, per gli altri una grande luce. Essa è una torcia per me, una lampada viva per gli Angeli. Essa era una luce per Pietro quando l’Angelo si pose presso di lui nella prigione e fu circondato da una luce chiara. Essa era una luce per Paolo quando, in mezzo ad una accecante chiarezza, intese una voce che gli diceva: « Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? » (Act. XII, 7). La debole luminosità della fiamma che illuminava Paolo sparì davanti allo splendore della luce divina … La parola di Dio, deve essere la fiamma che guida i nostri piedi e la luce che rischiara i nostri sentieri. Una torcia è sufficiente ai nostri piedi perché possano camminare, ma non è sufficiente per illuminare i nostri sentieri stretti ove è facile smarrirsi. Ora, la stessa parola di Dio è nel contempo, la fiamma che guida i nostri passi e la luce che rischiara i nostri sentieri (S. Ambr.). – Come altre volte, Dio illuminava nell’oscurità della notte questa misteriosa colonna di fiamme che conduceva il suo popolo in questa immensa distesa di terre incolte e deserte; così ci ha proposto come una fiamma celeste, la sua Legge ed i suoi ordini, per rassicurare il nostro spirito fluttuante e dirigere i nostri passi incerti (BOSSUET, Sur la lot de Dieu.). – Colui che cammina alla luce di questa fiamma, ed i cui passi seguono il diritto cammino può dire con tutta fiducia: « Io ho giurato e son risoluto fortemente di osservare i vostri comandamenti. » Colui che ha preso una forte risoluzione, non è più abbattuto, non teme di cadere, perché è fortemente stabilito, come radicato nella risoluzione che ha preso. Davide, dunque si tiene fortemente stabilito in questa risoluzione che ha formulato, senza timore alcuno di smarrirsi in mezzo alle tenebre di questo mondo, perché egli temeva, non giurava; se egli tremava di non potere osservare i comandamenti di Dio, non avrebbe aggiunto a questa ferma risoluzione la consacrazione del giuramento. Nessuno giura legittimamente se non a condizione di sapere bene quale sia l’oggetto del suo giuramento. Giurare, è dunque indice di scienza e la testimonianza di una coscienza perfettamente illuminata dalla luce della parola di Dio (S. Ambr.). – Ed è per la fede che si riguardano i giudizi della giustizia di Dio, perché si crede che sotto questo giusto giudizio, nessuna buona azione non abbia ricompensa e nessun peccato resti impunito. Ma come il Corpo do Cristo si è formato alla fede per mezzo di numerose ed orribili sofferenze, il Profeta aggiunge: « Io sono stato umiliato fino al punto estremo; », cioè egli ha sofferto la più forte persecuzione, perché aveva giurato e risolto di riguardare i giudizi della giustizia di Dio. E per timore che la sua fede non si indebolisse in questa terribile umiliazione, egli aggiunge: « Signore, datemi vita secondo la vostra parola, cioè secondo la vostra promessa. » (S. Agost.). – Colui che è umiliato riceve la vita secondo la promessa del Signore; colui che è vivificato dallo Spirito di Dio è un servo volontario. Importa molto in effetti, sapere se si faccia volontariamente o per necessità ciò che piace a Dio. Colui che serve Dio volontariamente, merita una ricompensa; colui che lo serve forzatamente compie un dovere, secondo la dottrina dell’Apostolo (I Cor. IX, 16, 17), (S. Ambr.). – Con questi atti volontari della bocca, bisogna intendere dei sacrifici di lode offerti da una confessione tutta d’amore e non per il timore che impone la necessità. È in questo stesso senso che egli allora dice: « Io vi offrirò dei sacrifici volontari. » (Ps. LII, 8), (s. Agost.). – Egli aggiunge: « Ed insegnatemi i vostri giudizi, perché i giudizi di Dio sono come un abisso profondo ed insondabile (Rom. IV, 33), e non possiamo che conoscerli che alla scuola di Gesù-Cristo, che è il nostro solo ed unico Maestro in tutto. Ora a questi giudizi che ci insegna, e cioè di non rendere il male, ma di fare del bene a coloro che ci hanno offeso, è sul suo esempio non maledire coloro che ci maledicono, non colpire quelli che ci colpiscono, ma indirizzare a Dio la preghiera che questo divino Salvatore indirizzava a suo Padre sulla croce per i suo carnefici (Luc. XXIII, 34): « Padre, perdona loro, perché non sanno qual che fanno. » (S. Ambr.).
III.— 109-113.
ff. 108, 110. – « La mia anima è sempre tra le mie mani; » Vale a dire, io sono sempre in pericolo di perdere la vita. O meglio, in senso più verosimile, io porto sempre la mia anima nelle mie mani, per considerarla attentamente, per vedere ciò che le manca, per esaminare e purificare tutti i suoi pensieri, tutte le sue affezioni. – « La mia anima è sempre nelle mie mani. » Così come noi non possiamo obliare ciò che teniamo nelle nostre mani, non dobbiamo dimenticare mai il grande affare della nostra anima, e sia questa la principale sollecitudine dei nostri cuori. Occorre difenderla e coprirla con le mani del cuore e del corpo, per paura che quest’anima, illuminata dai lumi dell’alto, non venga a spegnersi, e non bisogna mollare un solo pollice del terreno, ma, quando le tentazioni, le tribolazioni minacciano di atterrarci, bisogna dire con il santo Re Davide: « La mia anima è sempre tra le mie mani. » Proponiamoci di bruciare, piuttosto che cedere! (S. Bern. Serm. III, in Vig, Nativ.). – Cosa c’è di più terribile che essere tutti i giorni in pericolo di perdere la vita e non possedere alcun bene, anche nell’ordine della grazia, perché noi non possiamo perdere un istante secondo la mutevolezza naturale dei nostri desideri, per le insidie molteplici che ci tendono i peccatori, i loro esempi, le loro massime perniciose, le loro nefandezze e la corruzione quasi generale dei loro costumi? – « I peccatori mi hanno teso un inganno, ed io non mi sono allontanato dai vostri comandamenti. » Queste parole erano degne dei martiri che erano minacciati dei più crudeli supplizi, ai quali si facevano le offerte più seducenti, per spegnere in essi il desiderio del martirio con il terrore dei tormenti o con l’attrattiva delle ricompense. È una trappola molto pericolosa come la minaccia della proscrizione; sovente la prospettiva dell’indigenza che ne è il seguito, trionfa su coloro che hanno resistito alla paura della morte; è un inganno non meno pericoloso del fuoco, della prigionia e la paura di un supplizio prolungato; è una trappola da temere ancor più che le promesse delle ricchezze, degli onori e dell’amicizia dei principi della terra. Colui che trionfa di tutti questi ostacoli può ripetere con Davide: « I peccatori mi hanno teso un’insidia, ma io non mi sono allontanato dai vostri comandamenti; » io ho disprezzato le cose presenti per cercare unicamente i beni futuri, ho visto aprirsi davanti a me il regno dei cieli, che Dio stesso mi aveva promesso (S. Ambr.).
ff. 111-112. – Il Profeta dice a Dio: « Io ho acquisito le vostre testimonianze per essere eternamente la mia eredità; » cioè io sono erede dei vostri comandamenti, io ho cercato la vostra successione in virtù del diritto che mi danno la fede e la pietà … (S. Ambr.). – Un erede, secondo il costume e le leggi umane, diventa possessore di tutti i beni di cui è erede; ma il Profeta disdegna le eredità della terra, lui che è erede delle testimonianze del Signore (S. Ilar.). – Nulla di più giusto in questa espressione: « Io ho acquisito un’eredità, » perché anche noi che siamo stati dapprima eredi del peccato, siamo ora eredi di Gesù-Cristo. La prima eredità fu un’eredità di crimini; il secondo, un’eredità di virtù; la prima ci ha reso schiavi, la secondo ha rotto le nostre catene; l’una ci ha esposti, carichi di debiti, ai più crudeli creditori, l’altra ci ha acquisiti a Gesù-Cristo con i meriti della sua passione. La funesta successione di Eva divorava l’uomo intero, la ricca eredità di Gesù-Cristo ha posto l’uomo in piena libertà. Non è per un solo uomo, né per un piccolo numero di uomini, che Gesù ha scritto il suo testamento, ma per tutti gli uomini. Tutti noi siamo inclusi tra i suoi eredi, non una porzione di eredità, ma per la totalità. Il testamento è comune, tutti ne abbiamo diritto senza eccezione, tutti lo possiedono egualmente, e la parte di ciascun erede non è sminuita da ciò che possiedono i coeredi. Al contrario degli eredi della terra, l’eredità di Cristo è indivisa ed il possesso del regno dei cieli non soffre né divisione, né spartizioni (S. Ambr.). – Esaminiamo ciò che gli uomini desiderano in questo mondo come eredità. Si può dire che pochi hanno preso Dio per essere sempre loro parte di gioia del loro cuore! – « Io ho inclinato il mio cuore per praticare eternamente i vostri ordini. » Il Re-Profeta aveva detto in precedenza: « Inclinate il mio cuore verso le vostre testimonianze (vv. 36), » per farci conoscere che questa inclinazione del cuore appartiene nel contempo alla grazia di Dio ed alla nostra volontà. Ma come praticheremo eternamente i giusti ordini di Dio? In verità, le buone opere che noi facciamo per venire in soccorso delle necessità del prossimo, non possono essere eterne, al pari di queste necessità; ma se non pratichiamo queste opere per amore, esse non ci rendono giusti; se al contrario le compiamo per amore, questo amore è eterno, e gli è preparata una ricompensa eterna. È in vista di questa ricompensa che egli chiede di avere inclinato il suo cuore verso la pratica delle giuste ordinanze di Dio, affinché amandole per l’eternità, meriti di possedere eternamente ciò che ama. (S. Agost.). – È così che si. trova condannata una certa spiritualità raffinata che, sotto il pretesto di un disinteresse immaginario, ritiene essere una imperfezione il desiderare il possesso di Dio; servire Dio come Davide, in vista di questa ricompensa, è al contrario, il vero fine dell’uomo, che altro non è se non Dio, per il Quale egli è stato creato.
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