SALMO 118 (3): MEMOR ESTO VERBI TUI servo tuo
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME TROISIÈME (III)
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 118 (3)
ZAIN.
[49] Memor esto verbi tui servo tuo,
in quo mihi spem dedisti.
[50] Haec me consolata est in humilitate mea, quia eloquium tuum vivificavit me.
[51] Superbi inique agebant usquequaque, a lege autem tua non declinavi.
[52] Memor fui judiciorum tuorum a sæculo, Domine, et consolatus sum.
[53] Defectio tenuit me, pro peccatoribus derelinquentibus legem tuam.
[54] Cantabiles mihi erant justificationes tuæ in loco peregrinationis meæ.
[55] Memor fui nocte nominis tui, Domine, et custodivi legem tuam.
[56] Hæc facta est mihi, quia justificationes tuas exquisivi.
HETH.
[57] Portio mea, Domine, dixi, custodire legem tuam.
[58] Deprecatus sum faciem tuam in toto corde meo; miserere mei secundum eloquium tuum.
[59] Cogitavi vias meas, et converti pedes meos in testimonia tua.
[60] Paratus sum, et non sum turbatus, ut custodiam mandata tua.
[61] Funes peccatorum circumplexi sunt me, et legem tuam non sum oblitus.
[62] Media nocte surgebam, ad confitendum tibi super judicia justificationis tuae.
[63] Particeps ego sum omnium timentium te, et custodientium mandata tua.
[64] Misericordia tua, Domine, plena est terra; justificationes tuas doce me.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO CXVIII (3).
ZAIN
49. Ricordati di tua parola in favor del tuo servo, nella quale mi desti speranza .
50. Questo nella mia umiliazione fu il mio conforto, che la tua parola mi diede vita.
51. I superbi agivano sempre iniquamente; ma io non ho declinato dalla tua legge.
52. Mi ricordai de’ giudizi tuoi, o Signore, che son eterni; e fui consolato.
53. Mancommi il cuore per cagione de’ peccatori, che abbandonano la tua legge.
54. Miei cantici erano le tue giusti Reazioni nel luogo del mio pellegrinaggio.
55. Del nome tuo mi ricordai nella notte, o Signore, e osservai la tua legge.
56. Questo avvenne a me, perché cercai ansiosamente tue giustificazioni.
HETH.
57. Signore, porzione mia: io ho detto di osservar la tua legge.
58. Ho domandato con tutto il cuor mio il tuo favore; abbi pietà di me secondo la tua parola.
59. Ho disaminati i miei andamenti, e ho indiritti i miei passi a seconda de’tuoi comandamenti.
60. Preparato son io (e nulla mi tratterà) ad osservare i tuoi comandamenti.
61. Mi cinsero d’ogni parte i lacci de’ peccatori, ed io non mi scordai della tua legge.
62. Di mezza notte mi alzava a lodarti per ragione de’ giudizi di tua giustizio.
63. Io ho società con tutti quei che ti temono e osservano i tuoi comandamenti.
64. Di tua misericordia, o Signore, è piena la terra; insegnami tu le tue giustificazioni.
Sommario analitico
III SEZIONE — 49-64.
Davide chiede a Dio, perché lo accompagni e lo consoli in mezzo alle difficoltà della strada, la speranza e la carità:
I. La speranza che:
1° Interiormente consola e riempie di gioia colui che si umilia:
a) secondo la promessa divina (49),
b) secondo l’efficacia della parola divina (50)
2° Esteriormente lo difende dalle ingiustizie dei superbi, che sono sovente una grande tentazione per i giusti, e gli danno la forza di non allontanarsi dalla legge, e di non perdere in un solo momento il frutto di una lunga pazienza (51):
a) Con il ricordo dei giudizi che Dio ha esercitato dall’inizio del mondo, e le consolazioni che questo ricordo effonde nell’anima dei giusti;
b) Con uno zelo ed un dolore che vanno fino allo scoramento alla vista non del male che fanno i malvagi, ma del male che si fanno essi stessi abbandonando la legge di Dio (53);
c) Con il canto, il ricordo perpetuo, l’osservanza e lo studio approfondito dei comandamenti di Dio in questa terra di esilio (54-56).
II. – La carità che:
I° l’unisce interamente a Dio con la ferma risoluzione di prendere Dio come sua parte e di osservare la sua legge (57), risoluzione che è accompagnata:
a) dalla richiesta di assistenza divina che implora con tutto il suo cuore (58);
b) dalla riflessione seria sulle sue vie, e della riforma della sua vita (59);
c) dalla disposizione presente e ferma in cui si trova, di essere fedele alla legge di Dio senza turbarsi, qualunque cosa accada (60);
2° egli brucia tutti i legami del peccato con il ricordo della legge di Dio, che oppone ai discorsi ed agli esempi dei peccatori (61):
a) con il manifestare le lodi di Dio, fin nella notte, per espiare con le sue sante preghiere i crimini che vi si commettono (62);
b) con l’entrare in società stretta con coloro che temono Dio, con questa unione di carità che ci fa entrare nella partecipazione di tutte le buone opere dei giusti e dei santi (63);
c) e celebrare la misericordia di Dio che riempie tutta la terra (64).
Spiegazioni e Considerazioni
III SEZIONE — 49-64.
I. — 49-56.
ff. 49, 50. – Davide era spesso favorito da comunicazioni celesti, nelle quali Dio gli elargiva la ricompensa della sua fede e dei suoi meriti. Sembra dunque dire a Dio, come più tardi l’Apostolo San Paolo: « Ho sostenuto il buon combattimento, ho completato la corsa, aspetto la corona di giustizia che mi è riservata. » (II Tim. IV, 7). Non è questa una speranza presuntuosa e temeraria, ma una testimonianza di fede, con la quale confessa che il vero Dio non può ingannare. Sul suo esempio Davide dice a Dio: io chiedo il compimento della domanda che Voi avete fatto al vostro servo. La mia speranza non può essere accusata di presunzione, poiché Voi ne siete l’Autore. Io sono servo, attendo dal mio padrone il nutrimento; io sono soldato, ed ho il diritto di esigere la mia paga dal mio generale; io sono stato chiamato, io chiedo a Colui che mi ha chiamato ciò che mi ha promesso (S. Ambr.). – Lungi da noi il pensiero che Dio possa mai dimenticare le sue promesse: il Profeta che ha creduto alle sue promesse, che è pieno di desideri dei beni celesti, che non ha che disprezzo per le cose della terra, e mette tutta la sua speranza nei beni eterni, prega Dio non di ricordarsi della sua promessa, ma di renderla degna perché questa promessa possa compiersi in lui (S. Ilar.). – « Questa speranza mi ha consolato nel mio abbassamento, nella mia umiliazione. » Noi siamo dunque consolati dalla speranza che non confonde nei giorni della nostra umiliazione, cioè nei tempi della tentazione e della tribolazione. – Per questa umiliazione, bisogna intendere non soltanto l’umiltà dell’uomo che confessa i suoi peccati, e non attribuirsi la qualità del giusto, ma l’abbassamento nel quale cade sotto i colpi di qualche tribolazione o di qualche rovescio, castigo del suo orgoglio o testimonianza ed esercizio per la sua pazienza. (S. Agost.). – Questa parola ci consola nella nostra umiliazione, quando siamo oggetto di disprezzo, di insulti, di ingiurie, di oltraggi degli uomini, che ci ricordano allora che la vita presente è una battaglia, e che le tentazioni o le prove sono la legge del paese in cui abitiamo. (S. Ilar.). – In mezzo a queste umiliazioni, noi siamo vivificati dalla parola di Dio. È là in effetti che si trova la sostanza vivificante della nostra anima, che la nutre e la dirige. Nessun altro principio di vita c’è per l’anima ragionevole, che la parola di Dio … Applichiamoci dunque a fare di questa parola divina, ad esclusione di ogni altra cosa, come una pia collezione che noi depositeremo nella nostra anima per essere il principio direttivo dei nostri pensieri, delle nostre sollecitudini, delle nostre risoluzioni e di tutte le nostre azioni. (S. Ambr.). – Colui che poggia la sua vita nella parola di Dio non è scosso dalla vanagloria che avolge i superbi. Egli sa che la sua indigenza è mille volte più ricca di tutte le loro ricchezze. Egli sa che i suoi digiuni sono saziati da una benedizione celeste ed evangelica; egli sa che la sua umiltà riceverà come ricompensa un onore, una gloria incomparabile. Aggiunge anche: « I superbi non cessano di agire con ingiustizia, ma io non sono allontanato dalla vostra legge. » (S. Ilar.).
f. 51, 52. – A questo orgoglio incessante dei nemici di Dio, il Re-Profeta oppone questo sovrano rimedio: « io non mi sono allontanato dalla vostra legge. » – Con quali mezzi si è mantenuto fermo nell’osservazione della legge? Con il ricordo dei giudizi di Dio. Se, in effetti, Colui che è stato istruito e formato dagli esempi della legge cessa di credere per un istante alla verità dei giudizi di Dio, egli si allontana ben presto della legge. Per chi, al contrario risale al ricordo dei secoli passati, si convince facilmente che mai il peccatore sia potuto sfuggire al castigo della sue empietà, e che il giusto mai sia stato frustrato nella ricompensa delle sue virtù … ma chi è colui tra noi che potrebbe trovare la sua consolazione nella considerazione dei giudizi di Dio?. I giudizi degli uomini sono pur terribili per i colpevoli, quanto più i giudizi divini? Per chiarire questa verità con un esempio, noi vediamo in questo mondo gli innocenti affrettarsi con i loro desideri al giorno del giudizio, temere i ritardi, chiedere istantaneamente di essere citati davanti ai loro giudici; mentre i colpevoli sono in agitazione e nel terrore, cercano tutti i mezzi per differire questo giorno fatale, e sono profondamente rattristati quando viene loro notificato che questo giorno è arrivato. Felice dunque colui che può attendere nella gioia, questo giudizio celeste. Egli sa che gli sono riservati il regno dei cieli, la società degli Angeli e la corona dei suoi meriti (S. Ambr.). – « Io sono caduto nello scoraggiamento alla vista dei peccatori che abbandonano la vostra legge. » Ecco un sentimento ben poco comune; la maggior parte in effetti si rattrista per essere oggetto di una ingiuria, di un oltraggio, di un qualunque danno dei propri beni e della propria reputazione … Ma Davide si affligge non perché sia disprezzato, o perseguitato, ma perché la legge di Dio è abbandonata, ed egli deplora la triste sorte di questi prevaricatori che periscono così davanti a Dio senza ritorno. (S. Ambr.). – Che i giusti del Signore siano il soggetto dei nostri inni, dei nostri cantici, dei nostri salmi. Cantiamo con spirito, cantiamo con il cuore, affinché nel giorno della necessità non veniamo puniti del nostro oblio con questo rimprovero: « Voi avete rigettato le mie parole lontano da voi. » (Ps. XLIX, 17). Ma questo non è molto: il cantare le giustizie di Dio; bisogna farlo con spirito distaccato da tutte le sollecitudini della terra; è per questo che il Profeta aggiunge: « nel luogo del mio pellegrinaggio. » L’ Apostolo non vuole che noi siamo degli estranei, dei pellegrini nella casa di Dio, ma i concittadini dei Santi e della casa stessa di Dio. Perché colui che fa parte della casa di Dio si considera come esiliato in questo mondo; colui che vive già nel cielo è un pellegrino sulla terra (S. Ambr.). – Apprendiamo qui dal Profeta a ritenere nei nostri cuori i canti dei salmi che abbiamo ascoltato, e a non cessare mai da questi canti divini. Non è con negligenza che egli li ascolta, e non legge la parola di Dio con gli occhi preoccupati e divisi tra mille oggetti diversi, come tante anime irreligiose, egli non l’ascolta con orecchie che le lasciano cadere in oblio, ma questa parola divina è l’oggetto di questi canti assidui, ovunque si trovi nel suo pellegrinaggio sulla terra (S. Ilar.). – « Io mi sono sovvenuto, Signore, del vostro Nome nella notte. » Il Profeta sa che bisogna applicarsi ad osservare la legge di Dio, soprattutto nel tempo in cui i pensieri colpevoli scivolano nello spirito. È allora che i pungiglioni dei vizi, eccitati dai calori degli alimenti, sollevano le cattive inclinazioni del nostro corpo, che bisogna ricordarci del Nome di Dio e restare fedeli a questa legge che ci comanda la purezza, la continenza, il timore di Dio (S. Ilar.).- Io mi sono ricordato del vostro Nome durante la notte. » La notte è anche l’abbassamento in cui si tiene la miseria della nostra mortalità; la notte è l’orgoglio dei superbi, che commettono l’iniquità oltre misura; la notte è il disgusto di vedere i peccatori abbandonare la legge di Dio; la notte, infine è questo soggiorno nel luogo dell’esilio, fino a che venga il Signore che illuminerà i segreti delle tenebre e svelerà i pensieri dei cuori, di modo che ciascuno riceva da Dio la lode che merita. « Io ho osservato la vostra legge. » Egli non l’avrebbe osservata se, confidando nelle proprie forze, non si fosse ricordato del Nome di Dio, e in effetti, « … il nostro soccorso è nel nome del Signore. » (S. Agost.). – Voi avete perso vostro figlio? In questo dolore, in questa notte, in questa immensa privazione, ricordatevi del Signore, vostro Dio, per non essere ingrato verso Dio, come se avesse disdegnato la vostra preghiera. Voi siete stato inviato in esilio? Ricordatevi del Signore vostro Dio, per non preferirgli l’amore della patria che vi ha interdetto. Vittima dell’oppressione di un ricco iniquo e potente, voi siete stato spogliato dei vostri beni, siete nell’indigenza? Ricordatevi del Signore vostro Dio, per paura che la notte della povertà vi allontani dai doveri della pietà. (S. Ambr.). – Ricordatevi dunque incessantemente degli ordini pieni di giustizia del Signore, affinché, mentre li cantiamo con la voce interiore della nostra anima, noi ci ricordiamo nel contempo nella notte del Nome del Signore, e possiamo aggiungere: « Questo mi è sopraggiunto perché ho cercato i vostri comandamenti; cioè questo ricordo si è presentato al mio spirito fin nella notte, perché io non ero né assopito per l’estasi, né appesantito dall’intemperanza, né preoccupato dalle sollecitudini del secolo, ma perché io castigavo il mio corpo con una meditazione costante, ed esercitavo così le forze interiori della mia anima (S. Ambr.).
II. — 57-64.
f. 57-60. – « Io ho detto al mio Dio: mia parte è compiere la vostra legge. » Che gli oratori siano appassionati dai loro studi letterari, che i filosofi si compiacciano nella loro pretesa saggezza, che i ricchi vantino le loro ricchezze, che i re siano fieri della loro potenza; per noi, la nostra gloria, il nostro possesso, il nostro regno, è Gesù-Cristo. Egli è la nostra saggezza nella follia della predicazione, la nostra forza nell’infermità della carne, la nostra gloria nello scandalo della croce, con la quale il mondo è morto per noi e noi per il mondo, affinché viviamo per Dio (S. Paolo, in Ep. ad Aprum.). – Ma sono pochi quelli che possono dire con tanta fiducia che Dio sia la loro parte! Bisogna essere estranei al vizio ed ad ogni sozzura; bisogna non aver nulla in comune con il secolo e non tenere niente nel mondo. L’avaro non lo saprebbe dire, perché l’avarizia accorre e gli dice: « è a me che tu appartieni; » io ti ho messo sotto il mio giogo, sono io che sono il tuo padrone; tu ti sei venduto a me per questo oro; tu ti sei consegnato a questa terra. Il sensuale non può dire; Gesù-Cristo è la mia parte, perché la sensualità accorre e gli dice: « Sei tu la mia parte; io ti ho asservito in tale festino; io ti ho preso in trappola in questo pasto; la tua intemperanza ha segnato la tua intemperanza ha siglato il contratto che ti tiene sotto le mia leggi; » dimentichi che la tavola è sempre stata per te più cara che la vita? Mi riferisco a te, negalo, se puoi; ma … come negarlo? L’adultero non può più dire: « Il Signore è la mia parte,» perché la voluttà accorre e gli dice: sono io la tua parte, ricordati questa notte in cui tu hai conosciuto la mia legge, dove sei passato sotto il mio impero. » Infine il traditore non può dire: Gesù-Cristo è mia parte, perché ben presto la nera perfidia piomba su lui ed esclama: « egli mente, Signore Gesù, egli è mio. » (S. Ambr.). – La carità vera, che ci fa prendere come nostra parte, ci porta anche al compimento fedele di tutto ciò che ci comanda: « L’amore è la pienezza della legge. » (Rom. XIII, 10), – Ma come osservare la legge, se questo non è per grazia e per soccorso dello Spirito vivificante, nel paura che la lettera non uccida (II Cor. III, 6), e che il peccato, prendendo occasione dal comandamento, non operi nell’uomo ogni concupiscenza? (Rom. VII, 8). Bisogna dunque invocare questo Spirito: è così che la fede ottiene da Lui ciò che la legge comanda, perché colui che avrà invocato il nome del Signore sarà salvato (Gioele, II, 32). – Si possono intendere anche queste parole dal vivo desiderio che ha il Profeta di contemplare la faccia di Dio. Egli sa che gli è impossibile in questa vita, vedere ciò che l’occhio dell’uomo non ha mai visto, ciò che il suo orecchio non ha mai inteso, ciò che il suo cuore non ha mai compreso. Egli sa che la gloria di Dio è invisibile ai suoi occhi carnali, che sarebbero abbagliati dal fulgore e dallo splendore degli Angeli, e che non hanno ugualmente potuto sopportare la gloria che risplendeva dal viso di Mosè .. ma egli non lascia il desiderare, con tutto l’ardore del suo cuore, il momento felice in cui potrà gioire della chiara visione. Colui, in effetti che ha preso Dio come sua parte, domanda con fiducia di essere ammesso a contemplare la sua faccia; perché, benché nessun mortale possa vederla quaggiù, questa felicità, è tuttavia riservata a coloro che hanno il cuore puro. (S. Ilar.). – « Io ho ripensato alle mie vie, », io ho pensato alle mie vie che ho seguito nel passato, vie piene di cadute e di peccati, e questo per meritare la remissione delle mie colpe con una conversione sincera ed un’applicazione seria alla virtù. « Io ho riportato i miei passi nella via dei vostri Comandamenti, » per non seguire più queste viecosì sovente testimoni delle mie cadute; ma per camminare in questa via dei vostri comandamenti, che mi impedirà di smarrirmi laddove io mi sono sì sovente perso lontano dalla vera via, che è Gesù-Cristo? … ebbene, io ho pensato, non alle vie che ho seguito altre volte, ma a quelle che devo ora percorrere; vale a dire, io ho fatto precedere tutte le mie azioni da una seria considerazione, per vedere chiaramente se dovessi agire, e come dovessi agire, se dovessi parlare pubblicamente o in segreto, davanti a qualche persona o senza testimoni. Non agiamo dunque se non dopo aver pensato a ciò che dobbiamo fare, se non vogliamo caricarci di pentimenti tardivi ed inutili (S. Ambr.). – Se le nostre azioni sono mal composte, se ci accade ogni giorno di ingannarci nei nostri giudizi, o di errare nella nostra condotta, l’esperienza ci ha fatto conoscere che la causa di questa svista, è che non deliberiamo posatamente su ciò che dobbiamo fare, e che ci lasciamo assoggettare dagli oggetti che si presentano. Un ardore sconsiderato ci induce all’azione, prima di considerare bene le sequele e le circostanze; sebbene che un consiglio poco sicuro, procedendo dalle risoluzioni precipitose, fa sì ordinariamente che noi erriamo di qua e di là, piuttosto che camminare nella retta strada. Davide è ben lontano da questi due errori. Egli ha, dice, studiato le sue vie, ha liberato il suo spirito da tutte le preoccupazioni estranee, ha meditato seriamente su dove portino le sue inclinazioni. Ecco una delibera ben posta; dopo ciò io non mi stupisco se ha preso la parte migliore, e se ci dice che il risultato di questa importante consultazione sia stato il tornare con i suoi passi dal lato della legge di Dio. (BOSSUET, sur la Loi de Dieu). – Così, vedete qual frutto raccolga il Profeta da questa attenzione nel pensare alle sue vie, nel riflettere innanzitutto su ciò che debba fare. « Io sono pronto e non sono turbato nell’osservanza dei precetti del mio Dio. » Colui che ha cominciato a riflettere seriamente su quel che si debba fare, è sempre pronto ad agire; egli è fermo ed irremovibile, e non può essere turbato da alcun accidente. Il soffio pericoloso dell’ambizione non può agitarlo; la cupidigia, la lussuria non possono eccitare alcuna tempesta nella sua anima; egli resta indifferente alle seduzioni ingannevoli della voluttà … Se si leva la persecuzione, essa lo trova pronto, ed il turbamento che causa ad un’anima l’incertezza della sua salvezza, fa posto in lui alla speranza certa della corona che lo attende dopo il combattimento. Se la sua reputazione è sovente minacciata dalla calunnia, non pensa che il discepolo sia al di sopra del Maestro. Obbrobri di ogni genere si sono abbattuti sul Figlio di Dio; come il servo ne potrebbe sfuggire? Prepari egli dunque il suo spirito alla meditazione e dica: io sono pronto e non sono turbato nell’osservare i vostri comandamenti. (S. Ambr.).
ff. 61-64. – Queste corde, questi legami dei peccatori sono gli ostacoli di ogni genere che ci oppongono i nemici, sia spirituali, come il demonio e i suoi angeli, sia carnali, come i figli dell’infedeltà, sui quali agisce il demonio (Efes. II, 2). Minacciando i giusti con ogni sorta di mali, al fine di distruggerli ed impedir loro di soffrire per la legge di Dio, essi li allacciano come con delle corde nelle loro forti e solide reti; perché essi li catturano in seguito ai loro peccati, come in una rete (Isai. V, 18), e si sforzano di avvolgere i santi, e talvolta questo è loro permesso; ma se essi allacciano il corpo, non potranno legare l’anima, ove il salmista non ha messo in oblio la legge di Dio, perché, dice l’Apostolo, San Paolo (II Tim. II, 7) « la parola di Dio non è incatenata. » (S. Agost.). – « Io mi alzavo nella notte a rendervi gloria. » Non è abbastanza il pregare di giorno, occorre alzarsi di notte e nel mezzo della notte. Nostro Signore ha passato la notte in preghiera, per invitarvi alla preghiera con il suo esempio; e cosa chiedeva a Dio? Il perdono dei vostri peccati, nel tempo stesso che ce lo accordava con la propria volontà. «Alzatevi nel mezzo della notte per rendere gloria a Dio; » cioè per piangere i vostri peccati, non solo per ottenere il perdono delle colpe passate, ma per evitare le occasioni presenti di peccato, e mettervi in guardia contro coloro che vi potrebbero far cadere in avvenire, perché la notte è il tempo più fecondo per le tentazioni: è allora che le seduzioni della carne sono più vive, che il tentatore raddoppia i suoi sforzi, che l’anima è come appesantita dal lavoro della digestione e che lo spirito ha perso una parte del suo vigore, è allora che gli spiriti di malizia gettano tenebre sulla nostra anima e la persuadono a darsi al crimine, allorché non ha alcun testimone, alcuno spettatore, alcun accusatore da temere; è allora che la eccitano al peccato con l’esempio anche dei Santi che son caduti, ma che si sono pentiti e che hanno coperto i loro peccati con la penitenza … Prevenite queste astuzie del tentatore con la frequentazione del banchetto divino e con il digiuno che la Chiesa vi prescrive … Ricevete Nostro-Signore Gesù-Cristo nell’abitazione della vostra anima: la dove è il suo Corpo, là è Cristo stesso. Quando il vostro nemico verrà nella vostra dimora interiore tutto raggiante di splendore celeste, gli spiriti delle tenebre comprenderanno che la vostra anima è inaccessibile ai loro attacchi; essi fuggiranno e voi passerete la notte senza alcun timore (S. Ambr.). – I santi vegliano e lodano Dio anche durante il loro sonno. « Io dormo, dice lo Sposo dei cantici, ma il mio cuore veglia. » (Cant. V, 2). – Io non temo di dirlo, quando voi dormite, che la vostra anima benedica il Signore! Non lasciatevi né agitare da pensieri di alcun crimine, né eccitare dalla concupiscenza dei beni altrui, né turbare dal fermento di una corruzione interiore. La vostra innocenza anche durante il vostro sonno sarà come la voce ella vostra anima (S. Agost.). « Io sono in società con tutti coloro che vi temono. » È la comunione dei Santi, in virtù della quale i giusti partecipano alle buone opere gli uni gli altri. – Nostro Signore Gesù-Cristo vuole che entriamo in società con Lui; e come? Prendendo parte alla sua giustizia, alla sua verità, alla sua vita senza macchia, colui che cammina in una santa novità di vita, che segue i sentieri della giustizia, è in società con Gesù-Cristo. Se ho onore della menzogna, io sono in società con Gesù-Cristo, perché Egli è la verità; se io fuggo l’iniquità, sono in società con Gesù-Cristo, perché Egli è la giustizia. Felice colui che può rendere questa testimonianza! Come un membro è unito intimamente con tutte le altre membra del corpo, così è del Cristiano che è unito con tutti coloro che temono Dio; egli non dice al suo fratello: voi non siete del mio corpo; cioè il ricco non dice al povero, il nobile a colui che è di oscura condizione, il forte al debole, il sapiente all’ignorante: voi non mi siete necessari, perché egli è in società con il corpo dI Gesù-Cristo, che è la Chiesa. Ma poiché c’è un timore che non è santo e che resta molto spesso infruttuoso, il Profeta aggiunge: « e chi osserva i vostri comandamenti, per ben distinguere il timore filiale e santo, dal timore ozioso e sterile, » (S. Ambr.). – « La terra, Signore, è piena della vostra misericordia. » Si, essa è piena della misericordia di Dio, questa terra, insudiciata e corrotta dai crimini degli uomini, questa terra ove abbondano l’empietà, l’infedeltà, la perfidia. E se qualcuno osi qui qua accusare di menzogna il Profeta, e dirgli che la misericordia di Dio non sia diffusa su tutta la terra, che ricordi queste parole di Nostro Signore: « Siate buoni come il Padre vostro che è nei cieli, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sui peccatori. » (Matth. V, 45). – È soprattutto con la Passione del Salvatore che la terra è stata ripiena della misericordia di Dio. – Perché non ha detto: « Il cielo è pieno della misericordia di Dio? » Perché ci sono nelle sfere superiori degli spiriti che hanno perso ogni diritto all’indulgenza di Dio ed alla remissione di peccati, e che le potenze celesti che sono rimaste fedeli, benché sostenute dal soccorso di Dio, non hanno bisogno della misericordia di Dio come coloro che abitano la terra, liberi come sono da questo involucro di carne che è per noi un focolaio di tentazioni continue? … « Insegnatemi i vostri comandamenti. » In effetti è difficile trovare sulla terra un maestro che possa insegnare convenientemente ciò che non abbia visto. Il Profeta ci indirizza dunque con fervore a Colui che è il solo vero maestro. Come l’uomo potrebbe insegnare la verità che egli ignora, egli che non è che menzogna’ … Così Davide si rivolge al Signore, per dirgli: insegnatemi le vostre giustificazioni, perché Voi siete la vera giustizia; insegnatemi le parole della saggezza, perché Voi siete la saggezza stessa. Aprite il mio cuore, perché siete Voi che avete aperto il libro. Aprite questa porta che è nel cielo, perché Voi stesso siete la porta. Colui che vi entra per mezzo di Voi, non sarà ingannato, perché entra nel soggiorno stesso della verità (S. Ambr.).
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