SALMO CXVIII (2) “LEGEM PONE MIHI, DOMINE”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME TROISIÈME (III)
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 118 (2)
HE.
[33] Legem pone mihi, Domine,
viam justificationum tuarum, et exquiram eam semper.
[34] Da mihi intellectum, et scrutabor legem tuam, et custodiam illam in toto corde meo.
[35] Deduc me in semitam mandatorum tuorum, quia ipsam volui.
[36] Inclina cor meum in testimonia tua, et non in avaritiam.
[37] Averte oculos meos, ne videant vanitatem; in via tua vivifica me.
[38] Statue servo tuo eloquium tuum in timore tuo.
[39] Amputa opprobrium meum quod suspicatus sum, quia judicia tua jucunda.
[40] Ecce concupivi mandata tua; in æquitate tua vivifica me.
VAU.
[41] Et veniat super me misericordia tua, Domine; salutare tuum secundum eloquium tuum.
[42] Et respondebo exprobrantibus mihi verbum, quia speravi in sermonibus tuis.
[43] Et ne auferas de ore meo verbum veritatis usquequaque, quia in judiciis tuis supersperavi.
[44] Et custodiam legem tuam semper, in saeculum et in sæculum sæculi:
[45] et ambulabam in latitudine, quia mandata tua exquisivi.
[46] Et loquebar in testimoniis tuis in conspectu regum, et non confundebar.
[47] Et meditabar in mandatis tuis, quæ dilexi.
[48] Et levavi manus meas ad mandata tua, quae dilexi, et exercebar in justificationibus tuis.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO CXVIII (2).
HE.
33. Dammi per norma, o Signore, la via di tua giustificazione e io sempre la seguirò.
34. Dammi intelletto, e io attentamente studierò la tua legge, e la osserverò con tutto il cuor mio.
35. Conducimi tu pel sentiero de’ tuoi precetti, perché desso mi piacque.
36. Inclina il cuor mio verso di lue testimonianze, e non verso l’amore delle ricchezze.
37. Rivolgi gli occhi miei, perché non veggan la vanità; nella tua via dammi vita.
38. Tien fissa nel tuo servo la tua parola, mediante il tuo timore.
39. Togli da me l’obbrobrio, ch’io ho temuto, perocché amabili sono i tuoi giudizi.
40. Ecco che io ho amati i tuoi comandamenti: fammi vivere secondo la tua equità.
VAU
41. E venga sopra di me, o Signore, la tua misericordia; la tua salute secondo la tua parola.
42. E darò per risposta a quelli che mi dileggiano, che nelle tue parole ho posta la mia speranza.
43. E non togliere tu giammai dalla mia bocca la parola di verità, perché ne’ tuoi giudizi ho fortemente sperato.
44. E osserverò mai sempre la tua legge pe’ secoli, e pei secoli de’ secoli.
45. E io camminava al largo perché cercai studiosamente i tuoi comandamenti.
46. E di due testimonianze parlava al cospetto dei re; e non ne avea rossore.
47. E meditava i tuoi precetti, che io ho amati.
48. E stesi le mani mie ai tuoi comandamenti amati da me; e nelle tue giustificazioni mi esercitava.
Sommario analitico
II SEZIONE —33-48.
Il Profeta chiede a Dio una guida per procedere ed accompagnarlo sulla buona strada
I. Egli prega di dargli, per guidarlo in questa via:
1° la legge, dottrina esteriore, affinché sia la regola della sua condotta ed egli la ricerca sempre – dice Sant’Agostino – con un desiderio sempre più grande di perfezione (33);
2° l’intelligenza, l’illuminazione e l’ispirazione interiore della grazia che gli farà non solo approfondire e conoscere, ma osservare la legge (34);
3° Egli stesso come guida,
a) alfine di condurla come desidera nel sentiero della perfezione (35);
b) inclinare il suo cuore verso i suoi precetti, e di allontanarlo dalla triplice avarizia dei beni esteriori, dei beni dello spirito e delle virtù stesse che l’uomo è portato ad attribuirsi, senza rendere gloria a Colui che ne è l’Autore (36);
c) di allontanare i suoi occhi dalla vanità e dai falsi bagliori delle cose del mondo (37);
4° La sua parola che:
a) congiunta al timore, lo indirizzi verso il dovere (38), e gli faccia sormontare l’obbrobrio della concupiscenza e del peccato (39);
b) congiunta all’amore, gli ispiri il desiderio di osservare i Comandamenti di Dio, e gli dia la forza necessaria per compierli (40);
5° la sua misericordia con la quale:
a) lo condurrà alla salvezza (41);
b) gli darà la sicurezza e la fermezza per rispondere a coloro che insultano la virtù e la pietà (42);
c) gli conserverà sempre il linguaggio della verità, il coraggio e la fermezza necessaria per annunciarla (43).
II. Egli promette a Dio di testimoniargli la sua riconoscenza osservando fedelmente i suoi precetti:
1° Non soltanto per un tempo, ma per sempre (44);
2° Con tutte le sue forze, per tutta l’estensione del suo cuore (45);
3° Con la bocca, dandone pubblica testimonianza, senza paure, senza timori davanti ai grandi e potenti della terra (46);
4° con lo spirito, con una meditazione seria e piena di amore (47);
5° Sormontando, con questo grande amore, tutte le difficoltà che si oppongono al compimento dei comandamenti (48).
Spiegazioni e Considerazioni (1)
II SEZIONE — 33-48.
I. — 33-43.
ff. 33. – Il soldato che si mette per strada non traccia da sé il cammino che deve seguire, non sceglie quello a lui più gradito, e non cerca di abbreviarlo per darsi poi alla ricreazione; ma egli riceve dal suo generale la mappa da seguire e la segue esattamente senza mai deviare, marcia sempre con le sue armi, e si ferma nei punti stabiliti per trovarvi i viveri che gli vengono preparati. Tale è la legge prescritta a tutti coloro che vogliono camminare al seguito di Gesù-Cristo. Il Re-Profeta dice a Dio, non semplicemente “datemi”, ma « ispiratemi per legge la via dei vostri comandi, » affinché resti ferma ed indistruttibile nel suo cuore, e non sia sradicata da qualche tempesta violenta del secolo, e e non sia legge a se stesso portando invece la legge scritta nel suo cuore « ed io non cesserò di ricercarla. » Non è un leggero favore che cerchiamo, ma il possesso del cielo, il regno di Dio, la società degli Angeli, il soggiorno dell’immortalità. Non è dunque per un giorno, né per due o tre, né per qualche mese che bisogna cercare questa via, ma sempre ed in tutte le circostanze, per formare così come un fascio di meriti di tutte le azioni della nostra vita. (S. Ambr.).
ff. 34. – Ma non vale tanto il ricercare se non si comprende qual sia l’oggetto dello proprie ricerche. Bisogna dapprima cercare, poi comprendere ed approfondire tutti i misteriosi segreti della legge e ritenerli nel proprio cuore (S. Ambr.). – Il Profeta prega Dio di dargli l’intelligenza perché possa praticare con lo spirito ciò che conosceva già nella lettera. Si tratta di comprendere perché la legge sia stata data a degli uomini che non devono osservarla, e comprendere anche in cosa sia stata utile che la legge si verificasse, affinché il peccato sovrabbondasse; ora nessuno lo può, se Dio non gli fornisce l’intelligenza. Ecco perché egli aggiunge: « Datemi intelligenza ed io scruterò la vostra legge, » (S. Agost.) – Datemi l’intelligenza ed io scruterò la vostra legge, e la osserverò con tutto il cuore. » Egli non la osserva dunque ancora, non l’ha ancora approfondita, non la comprende ancora? Egli non parla dunque della legge nella quale è nato, allevato ed ha osservato nei suoi atti? Siccome egli sa che il primo dovere della prudenza è interrogare i saggi su ciò che non si possa comprendere, e cercare di comprendere ciò che si ignora, egli chiede a Dio l’intelligenza. E siccome l’intelligenza deve servire per studiare, scrutare la legge di Dio, aggiunge: « Ed io scruterò, approfondirò la legge di Dio. » E comprendendo che l’osservazione perfetta della legge dipenda essenzialmente dal cuore, termina dicendo: « ed io la osserverò con tutto il mio cuore » (S. Ilar.). – Noi dobbiamo studiare, scrutare, approfondire la legge di Dio, non per vano spirito di curiosità, ma per compierla più facilmente. « Ed io la osserverò con tutto il mio cuore. » In effetti, chiunque avrà scrutato tutta la legge, e sarà arrivato alle sommità alla quale è come sospeso, dovrà certamente amare Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima, con tutto il suo spirito, ed amare il prossimo suo come se stesso. (S. Agost.).
ff. 35-37. – Ma siccome le sue forze non possono essere sufficienti, se colui che comanda non lo aiuti a compiere ciò che comanda, egli aggiunge: « Conducetemi nel sentiero dei vostri comandamenti. » Per me è troppo poco conoscere, volere anche, se non mi conducete Voi stesso, secondo questa volontà. Il sentiero di cui parla è certamente la via dei comandamenti di Dio; egli lo chiama un sentiero, perché la via che conduce alla vita è stretta (S. Agost.). – Il Profeta sa che la natura è debole, che non può intraprendere il cammino su questo sentiero senza una guida che lo conduca. Dio è questa guida, quando ci dice: « Chi non porta la sua croce e non mi segue, non è degno di me. » (Matth. X, 38). È questa guida che ci conduce, che per primo segue il cammino delle sofferenze. Se gli Apostoli ce l’insegnano, Egli ce lo ha insegnato per primo. Se noi compiamo ora qualche atto di giustizia, Egli è per noi il capo, il principe della nostra giustizia, perché Egli è la giustizia stessa. (I Cor. I, 38). Se siamo flagellati per la fede, Egli per primo ha teso il suo dorso ai flagelli, se riceviamo degli affronti oltraggiosi, Egli per primo li ha ricevuti prima di noi. Se ci si sputa in volto ignominiosamente, ricordiamoci che Egli non ha voltato il suo volto agli sputi. (S. Ilar.). Ma poiché il Profeta ancora progredisce, ancora corre, e di conseguenza implora il soccorso di Dio perché lo conduca nella sua via, poiché nulla dipende né da colui che vuole, né da colui che corre, ma da Colui che usa misericordia (Rom. IX, 16); infine, poiché Dio opera in noi stessi il volere (Fil. II, 13), poiché il Signore prepara la volontà, il Profeta continua e dice: « Inclinate il mio cuore verso le vostre testimonianze. » (S. Agost.). – « Lo spirito ed il cuore dell’uomo sono inclinati al male fin dalla gioventù. » (Gen. VIII, 21). Le affezioni dell’anima sono i piedi del cuore: esso si porta dove esse lo introducono, e non c’è che Dio che possa portarle al lato del bene. « Allontanate i miei occhi affinché non vedano la vanità. » (S. Ambr.). – La vanità e la verità, tutto sommato, differiscono tra loro. Ora è nella cupidigia di questo mondo che consiste la vanità, ed il Cristo che ci libera dal mondo, è la verità … Ma finché siamo in questo mondo, potremo mai non vedere la vanità? Il Profeta chiede dunque di non vivere sotto il sole, ove tutto è vanità, ma unicamente in ciò per il quale egli vuol essere vivificato. Se dunque la nostra vita è là dove si trova la verità, cioè nei cieli ove Gesù-Cristo è seduto alla destra di Dio, la nostra vita non è sotto il sole ove si trova la vanità (S. Agost.). – O Signore, arrestate in Voi i miei sguardi e allontanateli dalle vanità, dalle illusioni dei beni temporali, da tutti gli splendori della terra, affinché io non le veda solamente, ed un tal niente non tiri solo da me un colpo d’occhio. « Distogli i miei occhi perché non vedano la vanità. » Ma aggiungete ciò che segue: « Datemi la vita attaccandomi alle vostre vie; che io non veda le vanità; che io tolga tutto dai miei occhi. È così che attaccandomi alle vostra vita mi darete la vita, e la mia vita sarà nascosta in Voi. » (BOSSUET, Sur la Vie cachée, II’ p.).
ff. 38 – 40. – Come si farà per allontanare gli occhi dalla vanità? « Fermate, fisate la vostra parola nel vostro servo, perché sia nel vostro timore, » cioè concedetemi di agire conformemente alla vostra parola. In effetti la parola di Dio non è raffermata, fissata in coloro che la rendono mobile nel loro cuore a forza di agire contrariamente a questa parola; essa è al contrario fissata nel cuore in cui essa è immobile. Dio ha dunque fissato la sua parola per tenere nel timore coloro ai quali dà lo spirito del suo timore. (S. Agost.). – « Allontanate da me l’obbrobrio che ho temuto. » L’Apostolo sembra darci la spiegazione di ciò che questo versetto può avere di oscuro, quando dice: « la mia coscienza non mi rimprovera nulla, ma io non sono per questo giustificato. » Egli sapeva di essere un uomo, e si asteneva, per quanto poteva, da ogni peccato che avrebbe potuto commettere. La sua coscienza non gli rimprovera nulle; ma, poiché era un uomo, si confessava peccatore, sapendo bene che Gesù, la vera luce, era il solo che non avesse commesso peccato, e nella cui bocca non sia stata mai trovata menzogna. Il Re-Profeta voleva egualmente evitare il peccato, ed esprimeva il desiderio che Dio volesse ben allontanarlo da lui. Egli voleva che si allontanasse l’obbrobrio che temeva, proprio perché aveva avuto nel suo cuore un pensiero colpevole che non aveva messo in esecuzione e che, benché fosse cancellato dalla penitenza, temeva che l’obbrobrio dimorasse nella sua anima. Egli prega dunque Dio di allontanare questo obbrobrio, Lui che solo può conoscere ciò che può malauguratamente ignorare colui che ha commesso il peccato, causa di questo obbrobrio. (S. Ambr.). – Chiedendo a Dio di allontanare da lui l’obbrobrio, egli prega Dio di eliminare dalla sua anima il peccato, che è quasi sempre seguito dall’obbrobrio. Egli non chiede a Dio di allontanare, di eliminare un peccato commesso, ma un peccato che egli suppone essere presente nella sua anima per l’infermità della sua carne; egli in effetti non dice: eliminate l’obbrobrio che è in me, ma l’obbrobrio che io ho temuto (S. Ilar.). – « Ecco che io ho desiderato di compiere i vostri comandamenti, » cioè io ho desiderato amarvi con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima e tutto il mio spirito: « Fatemi vivere, non nella mia giustizia, ma nella vostra giustizia, » vale a dire riempitemi della vostra carità che ho desiderato. Aiutatemi a fare ciò che Voi raccomandate, datemi Voi stesso ciò che comandate. Fatemi vivere nella vostra giustizia, perché io ho tutto in me per morire e non trovo che in Voi di che vivere (S. Agos.).
ff. 41-43. – « E la vostra misericordia, discenda su di me. » Il Profeta chiede qui la grazia di compiere i comandamenti di Dio, che la sua misericordia gli aveva fatto desiderare. Così non è per nostra giustizia, ma per la misericordia di Dio che ci ha fatto parte della sua giustizia alla quale ci ha condotto la sua misericordia. « Che la vostra misericordia discenda su di me, e la vostra salvezza secondo le vostre promesse. » Dapprima la misericordia, e poi la salvezza, perché la nostra salvezza è tutta intera l’opera di misericordia e della bontà di Dio. – La vostra misericordia venga su di me, perché io non posso andare da lei. Che essa scenda su di me, perché essa è sopra di me ed elevata non solo al di sopra di ogni mio merito, ma anche sopra ogni mio pensiero. – « Ed io risponderò una sola parola a coloro che mi insultano, etc. ». Il Profeta segue qui un ordine perfetto: se la vostra misericordia e la vostra salvezza scendono su di me secondo la vostra promessa, come una conseguenza necessaria, io saprò cosa rispondere a coloro che mi trattano come un insensato, che mi rimproverano l’illusione della mia speranza e il credere alla vostra parola. Che può, in effetti, opporre uno spirito senza religione a questa risposta del Profeta? Egli ha pregato Dio di accordargli la sua misericordia, attende la sua salvezza da Dio, e mostra che Dio gliela ha formalmente promessa sulla sua parola. (S. Hil.). La risposta è breve ma perentoria, che i servi di Dio devono dare alle persone del secolo che insultano talvolta la loro pietà in mezzo alle afflizioni che soffrono, come se la loro virtù, la loro pazienza fosse vana e senza fondamento; è come dire, senza turbarsi: « Io ho messo la mia speranza nella parola di Dio. » (Dug.). – « E non togliete dalla mia bocca la parola di verità. » Quale lavoro è per voi ricevere la parola di verità! Ma qual danno non meno grande se venite a perderla! Così l’Apostolo vi dice: « Non trascurate la grazia che è in voi. » (I Tim. IV, 14). La parola di verità non sia mai rimossa dalla vostra bocca, le parole non siano mai in contraddizione con le azioni, e il magistero della disciplina non sia disonorato dalle opere di iniquità. La parola di verità è rimossa quando Dio dice al peccatore: « perché divulgate le mie giustizie? » (Ps XLIX. 16). L’eloquenza più feconda diviene muta se la coscienza è malata. Gli uccelli del cielo vengono e tolgono la parola dalla vostra bocca, essi che rimuovono questa divina semenza dal terreno pietroso ed impediscono che produca frutto. (S. Ambr.). – Venga l’orgoglio umano qui a ricevere una lezione di umiltà e di modestia. Il Profeta riconosce che tutto avviene in lui per effetto della bontà di Dio, e non può perseverare se non per effetto di questa stessa bontà. Ma approfondiamo il senso di queste parole: « E non togliete dalla mia bocca per sempre la parola di verità ». Tutto il dovere della bocca è mettersi al servizio dei sentimenti dell’anima e delle affezioni del cuore. Ora, perché il Profeta chiede a Dio di non togliergli dalla bocca la parola di verità? Egli non temeva che gli fosse tolta dal cuore, perché aveva messo la sua speranza nelle parole di Dio; ma sapeva che certi peccati tolgono dalla bocca la parola di verità. Dio dice al peccatore: « Perché annunziate le mie giustizie? » (Ps. XLIX, 16). Egli non gli dice: perché avete dimenticato le mie giustizie? Ma avverte il peccatore che dimora nel suo peccato di astenersi dall’ufficio della predicazione. Perché Egli vuole che il predicatore della dottrina celeste sia puro da ogni crimine, e che le sue parole siano annunciate dalla bocca pura di un corpo amico della castità. Stiamo dunque attenti a che la parola di verità non sia mai tolta dalla nostra bocca. (S. Ilar.).
II. — 44 – 48.
ff. 44 – 48. – Osservare la legge per un tempo solo, e non per sempre, non è osservarla bene. « E nei secoli dei secoli. » Queste ultime parole spiegano il senso di “sempre”. In effetti “sempre” talvolta si intende della durata della vita presente, ma allora non può spiegarsi con: « nei secoli dei secoli… » La legge di cui parla il Profeta è dunque quella di cui l’Apostolo dice: « La pienezza della legge è la carità. » (Rom. XIII, 10). Questa legge è osservata dai Santi, dalla bocca dei quali non è tolta la parola di verità, cioè dalla Chiesa stessa di Cristo, non solo in questo secolo, ma pure nell’altro secolo che si chiama il secolo dei secoli (S. Agost.).- Il Profeta non teme qui niente che venga a mettere fine alla sua vita, la sua fede non è racchiusa nello stretto spazio dei secoli presenti, ma essa si estende fino all’infinità dei tempi per osservare la legge di Dio … Non è dunque in causa la legge che egli osserva per un tempo; questa legge è l’ombra della legge futura, di questa vera Legge che deve essere eterna, ed è verso queste leggi dei secoli eterni che egli aspira di arrivare con i desideri del suo cuore (S. Ilar.) .- Colui che segue la via stretta ed angusta dei comandamenti di Dio « cammina al largo, » perché cammina in una carità sparsa nei nostri cuori dallo Spirito-Santo che ci è stato dato. Noi leggiamo in effetti: « È nelle angosce che avete steso lo spazio davanti a noi [ci avete liberato]. Ed allora. « Dal mezzo delle angosce io ho invocato il Signore, Egli mi ha esaudito ed ha dilatato il mio cuore (Ps. CXVII, 5). Ascoltate come l’Apostolo in mezzo alle più grandi tribolazioni, non avverte alcuna angoscia. « Noi subiamo ogni sorta di tribolazione, ma non siamo schiacciati. » (II Cor. IV, 8). Che cos’è vuol dunque dirci con questo “camminare al largo”? « O Corinti, la mia bocca si apre ed il mio cuore si dilata verso di voi. Non siete allo stretto nel mio cuore, ma io sono allo stretto nelle vostre viscere (ivi, VI, 11). essi non potevano essere allo stretto nel cuore di San Paolo, ove si trovava l’altezza della saggezza e la larghezza della fede. Ma essi erano allo stretto in se stessi, perché il peccatore è come rinchiuso in se stesso, strangolato nei lacci della propria malizia. Datemi un avaro che estende ogni giorno i limiti dei suoi campi, che ne esclude incessantemente i suoi vicini, vi sembra che sia al largo, egli che la terra può appena contenere. Guardatevi dal crederlo. Egli ha da retrocedere i limiti dei suoi territori, è rinchiuso nei limiti della sua personale stima, egli che non trova mai averne assai. Tale è colui che dice: « io camminavo al largo, » ma egli ne dà anche la causa: « perché io ho cercato i vostri comandamenti » (S. Ambr.).- Si, la ricerca assidua dei comandamenti di Dio mette il cuore al largo. Ricordiamoci ciò che giunge tutte le volte che siamo applicati alla lettura delle Sante Scritture, per scrutare ed approfondire i comandamenti ed i precetti di Dio: quale larghezza di intelligenza viene a dilatare la ristrettezza del nostro spirito, e come il nostro cuore, sì umile e piccolo, si trova ingrandito ed allargato per desiderare ed amare le cose divine. (S. Ilar.). – La grazia è sì dolce nei suoi movimenti, sì delicata in tutte le sue operazioni, che lungi dall’essere offesa ed annientata sotto la sua stretta, la natura illuminata e riscaldata dal suo soffio, dispiega tutte le sue facoltà con più facilità ed abbondanza che se fosse rimasta prigioniera nei limiti della propria sfera. Così il Cristiano fedele esclama volentieri con il salmista: « Signore io ho visto che tutto il resto era ristretto e limitato, ma la vostra legge è di una grande ampiezza. Io ho comincia a camminare in largo, perché ho osservato i vostri comandamenti, (Mgr. Pie, t. V, p. 145). – « Io parlavo delle vostre testimonianze davanti ai re. » Questa grazia che il Profeta ha ricevuto da Dio, gli impone dei doveri. Un cuore così dilatato deve spandere con abbondanza le parole della sua divina dottrina, anche davanti ai re ed i potenti della terra, ai quali fa richiamare l’obbligo che hanno di osservare la legge di Dio come gli altri uomini, senza temere in alcun modo le conseguenze di questa santa libertà (S. Ilar.) – Esempio che ci hanno dato in tutti i tempi i Santi confessori della fede. Nostro-Signore rianima il nostro coraggio, quando dice: « Io stesso vi darò delle parole ed una saggezza alle quali tutti i vostri nemici non sapranno resistere, ed essi non potranno contraddire. » (Luc. XXI, 15). « Quando vi faranno comparire, non vi preoccupate di come parlerete, di ciò che direte; ciò che dovete dire vi sarà dato in quel momento. » (Matth. X, 19). – « Ed io ho meditato incessantemente i vostri comandamenti. » Sottolineiamo questo ordine ammirevole: fare dapprima dei precetti con cui amiamo il soggetto delle nostre continue meditazioni; perché è per effetto di questa costante meditazione che contraiamo l’abitudine della pratica delle buone opere. Ugualmente in effetti, la fine della meditazione delle parole è il conservarne il ricordo nella nostra memoria; così la fine della meditazione dei precetti divini, è la pratica ed il compimento di questi comandamenti, che non si può compiere che amandoli! (S. Ambr.). – Il Profeta ha doppiamente amato i comandamenti di Dio e con il pensiero e con l’azione; perché in ciò che riguarda il pensiero, egli ha detto: « Io meditavo sui vostri comandamenti; » e quanto all’azione: « Io ho alzato le mani verso i vostri comandamenti. » Ma a ciascuna di queste parole egli ha aggiunto: « che io ho amato, » perché la fine del precetto è la carità che viene da un cuore puro. (I Tim. I, 15), (S. Agost.). – Non è dunque molto che noi parliamo con libertà dei comandamenti di Dio davanti ai grandi della terra, questi comandamenti devono essere l’oggetto delle nostre continue meditazioni. Ma questa meditazione non è veramente utile se non quando amiamo la legge che meditiamo. Ed ancora, né questa meditazione, né questo amore sono sufficienti se non sono seguiti da una volontà ferma di compiere la legge di Dio e del frutto delle buone opere. (S. Ilar.).
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