SALMO CXVIII (1): BEATI IMMACULATI IN VIA
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME TROISIÈME (III)
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 118 (1)
Questo salmo alfabetico, è diviso in ventidue strofe, che comprendono ognuna otto versetti tutti inizianti con la stessa lettera. Questa disposizione simmetrica piace allo spirito, serve a coprire l’aridità di un insegnamento didattico, e soprattutto allevia la memoria. – Si trovano in questo salmo undici parole differenti per designare la legge di Dio; esse sono: Lex, testimonia, viæ mandata, justificationes, mandatum, præceptum, judicium, verbum, sermo, eloqtiium, veritas, justitia. Salvo il versetto 122, non ce n’è alcun altro ove non compare almeno una di queste parole. (Le Hir.). In questo salmo CXVIII, in cui Davide parla tanto bene della legge di Dio, si è marcato: che egli la chiama sia con il nome di comandamento, che con il nome di consiglio; talvolta la nomina: un giudizio, e talvolta: una testimonianza. Ma ancora questi quattro termini non significano altra cosa che la Legge di Dio; tuttavia bisogna osservare che i due primi gli sono propri per il secolo in cui siamo, e che gli altri due gli convengono meglio in Colui che attendiamo. Nel corso del secolo presente, questa stessa verità di Dio, che ci appare nella sua legge, è insieme un comandamento assoluto ed un consiglio caritatevole. Essa è un comandamento che racchiude la volontà di un sovrano; essa è anche un consiglio che si propone come l’avviso di un amico. I predicatori del Vangelo fanno apparire la legge di Dio in queste due auguste qualità: in qualità di comandamento, in quanto necessaria ed indispensabile, ed in qualità di consiglio, in quanto utile e vantaggiosa. Che se, mancando per uno stesso crimine a ciò che dobbiamo a Dio, ed a ciò che dobbiamo a noi stessi, noi disprezziamo tutto insieme, sia gli ordini di questo Sovrano, sia i consigli di questo amico, allorché questa stessa verità, prendendo nel suo tempo altra forma, sarà una testimonianza per convincerci, ed una sentenza ultima per condannarci. (BOSSUET, Sur la Prédic. évang.)
DIVISIONE GENERALE.
Davide, considerando in questo salmo – di cui nulla ce ne determini l’epoca – la legge dei comandamenti di Dio, sotto la figura di una strada, di un cammino, che l’uomo deve percorrere per arrivare al cielo, chiede a Dio di essere per lui:
I. – un dottore che gli mostri la buona strada, ed un maestro, un precettore che lo allontani dalla cattiva strada;
II. – una guida che lo preceda in questa buona via;
III. – un compagno di viaggio che addolcisca per lui le amarezze e le pene della strada;
IV. – un benefattore vigilante che fornisca tutto ciò che è necessario alla vita spirituale di un viaggiatore;
V. – un sostegno, un medico saggio che ripari le forze del viaggiatore spossato dalla fatica;
VI. – un amico fedele che scopra le trappole del nemico;
VII. – un aiuto, un ausiliario benevolo contro i loro attacchi;
VIII. – un padre misericordioso che si prenda cura delle ferite e punisca il nemico per le sue ingiuste aggressioni;
IX. – un salvatore che lo liberi interamente da ogni pericolo;
X. – un remuneratore che lo ricompensi e lo incoroni dopo il combattimento.
I. – In effetti, quando intraprendiamo un viaggio, abbiamo bisogno che ci si indichi la strada per arrivare più in fretta e con sicurezza al termine, e ci occorre un precettore chiaroveggente che impedisca di allontanarci dalla retta via.
II. – Noi abbiamo bisogno di una guida che ci preceda per rassicurarci contro tutti i timori di deviare.
III. – Ci occorre un compagno di viaggio per temperare con le sue dolci conversazioni le pene e le noie della strada.
IV. – Un benefattore non è meno necessario per i poveri viaggiatori che non possono sopperire da se stessi ai costi del cammino.
V. – Se il viaggiatore sta per soccombere alla fatica, bisogna che si venga in suo soccorso, e che se ne riparino le forze esaurite.
VI. – Non di meno c’è bisogno di un amico fedele che gli scopra tutte le insidie che il nemico abbia potuto seminare sulla sua via.
VII. – Se si ingaggia la lotta, ha bisogno di un valido aiuto, un ausilio per difendersi dalle aggressioni dei suoi nemici.
VIII. – Se riceve delle gravi lesioni nello scontro, c’è bisogno della mano di un padre per curargli le ferite e restituirgli la salute.
IX. – Egli ha bisogno infine di un salvatore che lo liberi da ogni pericolo e lo ponga in un luogo sicuro.
X. – Infine, a combattimento ultimato, bisogna che il giusto remuneratore di tutti i suoi lavori, delle sue lotte, gli dia una ricompensa e la corona che meriti.
(Questa divisione in 16 versetti, ad eccezione della prima, che ne contiene 32, ha inoltre il vantaggio di essere quella che la Chiesa ha adottato per la recita di questo salmo nei suoi uffici; la giustezza di questa divisione apparirà molto più chiaramente nell’analisi dettagliata che stiamo per dare di ognuna di queste divisioni generali).
SEZIONE I.
Alleluja.
ALEPH.
[1] Beati immaculati in via, qui ambulant in lege Domini.
[2] Beati qui scrutantur testimonia ejus, in toto corde exquirunt eum.
[3] Non enim qui operantur iniquitatem in viis ejus ambulaverunt.
[4] Tu mandasti mandata tua custodiri nimis.
[5] Utinam dirigantur viae meæ ad custodiendas justificationes tuas!
[6] Tunc non confundar, cum perspexero in omnibus mandatis tuis.
[7] Confitebor tibi in directione cordis, in eo quod didici judicia justitiæ tuæ.
[8] Justificationes tuas custodiam; non me derelinquas usquequaque.
BETH.
[9] In quo corrigit adolescentior viam suam? in custodiendo sermones tuos.
[10] In toto corde meo exquisivi te; ne repellas me a mandatis tuis.
[11] In corde meo abscondi eloquia tua, ut non peccem tibi.
[12] Benedictus es, Domine; doce me justificationes tuas.
[13] In labiis meis pronuntiavi omnia judicia oris tui.
[14] In via testimoniorum tuorum delectatus sum, sicut in omnibus divitiis.
[15] In mandatis tuis exercebor, et considerabo vias tuas.
[16] In justificationibus tuis meditabor: non obliviscar sermones tuos.
GHIMEL.
[17] Retribue servo tuo, vivifica me, et custodiam sermones tuos.
[18] Revela oculos meos, et considerabo mirabilia de lege tua.
[19] Incola ego sum in terra, non abscondas a me mandata tua.
[20] Concupivit anima mea desiderare justificationes tuas in omni tempore.
[21] Increpasti superbos; maledicti qui declinant a mandatis tuis.
[22] Aufer a me opprobrium et contemptum, quia testimonia tua exquisivi.
[23] Etenim sederunt principes, et adversum me loquebantur; servus autem tuus exercebatur in justificationibus tuis.
[24] Nam et testimonia tua meditatio mea est; et consilium meum justificationes tuae.
DALETH.
[25] Adhæsit pavimento anima mea; vivifica me secundum verbum tuum.
[26] Vias meas enuntiavi, et exaudisti me; doce me justificationes tuas.
[27] Viam justificationum tuarum instrue me, et exercebor in mirabilibus tuis.
[28] Dormitavit anima mea prae taedio; confirma me in verbis tuis.
[29] Viam iniquitatis amove a me, et de lege tua miserere mei.
[30] Viam veritatis elegi; judicia tua non sum oblitus.
[31] Adhaesi testimoniis tuis, Domine; noli me confundere.
[32] Viam mandatorum tuorum cucurri, cum dilatasti cor meum.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO CXVIII (1).
Encomio della legge di Dio ed esortazione a custodirla,con intramezzo di varii affetti e suppliche a Dio. È Salmo che avanza gli altri in utilità, essendo tutto morale ed esortatorio a serbar la legge divina: in lunghezza essendo di 176 versetti e in artificio, cominciando i primi otto versetti dalla prima lettera dell’alfabeto ebraico, gli altri otto dalla seconda, e cosi per le 22 lettere. Sembra composto da cantare per via, quando il popolo nelle tre solennità dell’anno si recava al tabernacolo. La legge di Dio, ad impedire il tedio, è chiamata con diversi nomi di testimonianze, giudici, giustificazioni, precetti, mandati, giustizie, sermoni, parole di Dio.
Alleluja. Lodate Dio.
ALEPH.
1. Beati quelli che nella via (del Signore) son senza macchia, che nella legge del Signore camminano.
2. Beati quelli che le testimonianze di lui investigano, lui cercano con tutto il cuore.
3. Imperocché quei che operano l’iniquità, nelle vie di lui non camminano.
4. Tu hai comandato che i tuoi comandamenti sien custoditi con grande esattezza.
5. Piaccia a te che sieno indirizzati i miei passi all’osservanza di tue giustificazioni.
6. Allora io non sarò confuso, quando sarò stato intento a tutti i tuoi precetti.
7. Con cuor sincero a te darò laude dell’aver io imparati i giudizi di tua giustizia.
8. Custodirò le tue giustificazioni: non abbandonarmi fino all’estremo.
BETH.
9. Per qual maniera corregge il giovinetto le sue inclinazioni? in osservando le tue parole.
10. Te io ho cercato con tutto il cuor mio; non permettere ch’io declini dai tuoi comandamenti.
11. Nel cuor mio riposi le tue parole, per non peccare contro di te.
12. Benedetto se’ tu, o Signore; insegna a me le tue giustificazioni.
13. Colle mie labbra ho annunziati tutti i giudizi della tua bocca.
14. Nella via de’ tuoi precetti ho trovato diletto, come in lutti i tesori.
15. Mi eserciterò ne’ tuoi comandamenti, e considererò le tue vie.
16. Mediterò le tue giustificazioni: ì tuoi parlari non porrò in oblivione.
GIMEL
17. Fa mercede al tuo servo, dammi vita: e osservi io le tue parole.
18. Togli il velo a’ miei occhi, e considererò le meraviglie della tua legge.
19. Pellegrino sono io sopra la terra; non celare a me i tuoi precetti.
20. L’anima mia bramò di desiderare le tue giustificazioni in ogni tempo.
21. Facesti minaccia a’ superbi; maledetti quei che declinano dai tuoi precetti.
22. Toglimi all’obbrobrio e al disprezzo, perché le tue giustificazioni ho cercalo con ansietà.
23. Imperocché si mettevano a sedere i principi, e parlavano contro di me; ma il tuo servo si esercitava nelle tue giustificazioni.
24. Imperocché e i tuoi comandamenti sono la mia meditazione, e le tue giustificazioni sono i miei consiglieri.
DALETH.
25. L’anima mia al suolo è distesa; dammi vita secondo la tua parola.
26. Esposi (a te) le mie vie, e tu mi esaudisti; insegna a me le tue giustificazioni.
27. La via dimostrami dei tuoi comandamenti, e contemplerò le tue meraviglie.
28. Assonnò, vinta dal tedio, l’anima mia; colle lue parole dammi vigore.
29. Rimuovi da me la via dell’iniquità, e fammi misericordia, perch’io adempia la tua legge.
30. Elessi la via della verità; non mi sono scordato de’ tuoi giudizi.
31. Mi appoggiai a’ tuoi insegnamenti: Signore, non voler ch’io resti confuso,
32. Corsi la via de’ tuoi comandamenti, quando tu dilatasti il cuor mio.
Sommario analitico
I. – SEZIONE. – 1-16
Il Re-Profeta domanda a Dio di essere per lui un dotto che gli insegni la buona strada:
I.- Egli considera fin dall’inizio: il fine della legge, il termine della via, cioè la beatitudine.
1° che ottengono non i ricchi, o i felici del mondo, ma: – a) coloro che sono senza macchia; – b) coloro che con le loro opere buone camminano nella legge del Signore; – c) coloro che, non contenti di un’osservanza esteriore della legge, approfondiscono, scrutano incessantemente le lettere sante con uno studio serio dello spirito, coloro che fanno le loro escursioni favorite e le loro passeggiate di delizie attraverso i campi della legge di Dio, e nel giardino delle sue Scritture; – d) quelli che la ricercano con gli sforzi della loro volontà e del loro cuore per farne la regola della loro condotta (1, 2);
2° Dalla quale sono esclusi i peccatori che,
a) Con i loro peccati commessi operano l’iniquità;
b) con i loro peccati di omissione non camminano nella via del Signore, e non osservano i suoi comandamenti (3).
II. – Egli considera il direttore di questa vita, cioè Dio, che prescrive ai viaggiatori il cammino che essi debbano seguire.
1° Egli chiede a Dio di dirigere le sue vie (5);
2° Sotto questa saggia direzione, si ripromette una viaggio felice, e di evitare la confusione da cui saranno coperti coloro le cui azioni non hanno come regola la volontà del Creatore (6).
3° Promette di cantare le lodi di Colui che lo ha istruito e diretto; rettitudine di cuore necessaria perché le azioni siano rette (7);
4° Si ripromette di osservare fedelmente le leggi che gli ha imposto, promettendo di non abbandonarle mai (8).
III. – Egli considera se stesso un viaggiatore in questa via dei comandamenti di Dio.
1° convinto che non possa dirigere con sicurezza la sua via, preso com’è da tutto l’ardore e le passioni giovanili, riconosce di non potere arrivare a questo risultato se non osservando la legge di Dio (9).
2° Dichiara che cerca Dio con tutto il suo cuore, e gli domanda la forza di spirito sufficiente per studiare, approfondire, osservare i suoi comandamenti: dipendenza continua da Dio, tutta la sicurezza di questa vita consiste nel non vivere in sicurezza (10).
3° Per evitare la via di coloro che operano l’iniquità, egli osserverà la legge di Dio in fondo al suo cuore (11).
4° Per osservare sicuramente i comandamenti di Dio, egli domanda a Dio stesso di insegnarglieli (12).
5° Il frutto di questo insegnamento divino sarà l’annunciare agli altri le ordinanze che la bocca di Dio stesso gli ha rese note (13).
6° Agendo così egli trova la sua gioia, non solo nei comandamenti, ma nella via e nell’osservazione dei comandamenti che egli pone nella sua stima al di sopra di tutte le ricchezze (14).
7° Come prova che voglia con tutto il cuore darsi allo studio della legge di Dio, egli promette di esercitare il suo spirito nella meditazione dei suoi comandamenti, nella considerazione delle sue vie e nel non dimenticarle mai (15, 16).
I SEZIONE (SEGUITO). — 17-32.
Il Profeta chiede a Dio di essere per lui un maestro, un precettore che lo ritragga dalla cattiva strada.
I. – Egli indica gli ostacoli intrinsechi ed estrinsechi che incontra in questa via dei comandamenti di Dio:
I – Ostacoli intrinseci:
a) il languore e la morte dell’anima, per cui prega Dio di allontanarli da lui, non rendendogli ciò che merita, ma dandogli la vita (17);
b) l’accecamento di spirito, seguito naturale delle passioni e delle false massime del mondo: prega Dio di dissiparlo, desidera innanzitutto di vivere la vera vita, ed in seguito di vedere le meraviglie della legge e di avere più preoccupazione dell’anima che della scienza (18);
c) l’ignoranza della regione che percorre, egli è straniero quaggiù e cerca la sua patria, non sulla terra, ma in cielo (19);
d) la debolezza della volontà che si limita spesso al desiderio, se pur essa desidera ancora! Ma essa vuole solo desiderare (20). [Sant’Ambrogio da un altro senso che noi pure ammetteremo volentieri].
e) L’orgoglio che rifiuta di umiliarsi e che Dio punisce con le sue maledizioni (21).
II. – Ostacoli estrinseci: le derisioni e gli oltraggi ai quali sono esposti coloro che sono fedeli osservanti della Legge di Dio, soprattutto da parte di coloro che, più elevati nel mondo, professano un sovrano disprezzo per coloro che sono piccoli davanti a Dio. – Osservare i comandamenti di Dio, malgrado tutte queste difficoltà, meditare assiduamente i suoi precetti e consultarli come degli oracoli infallibili (22-24).
II. – Bisogna conoscere i due grandi danni nell’allontanarsi dalla via retta:
1° Il suo attaccamento alla terra con il peso della concupiscenza, che abbassa i desideri verso le cose terrene: egli chiede a Dio di strapparlo da esso, rendendogli vita e forza (25), e dà due motivi di appoggio alla sua preghiera:
a) ha riconosciuto e confessato le sue deviazioni (26);
b) è disposto a condurre una vita più fervente dopo che Dio, al quale espone le sue vie, gli avrà insegnato le sue (27).
2° L’assopimento spirituale della sua anima per la lassezza, la tiepidezza, ed il disgusto; egli prega Dio di risvegliarlo, di confermarlo con la sua grazia (28).
III. – Egli esprime il desiderio di rientrare nella buona strada, e chiede a Dio di ricondurvelo per effetto della sua misericordia (29), ed appoggia la sua preghiera su tre ragioni:
1° ha scelto con il soccorso di Dio la via della verità, e per non levarsi da questa via, ha sempre davanti agli occhi i giudizi di Dio (30);
2° ha creduto e si è legato ai suoi comandamenti (31);
3° ha corso
con ardore nella via dei comandamenti di Dio, grazie al soccorso che ne ha
ricevuto.
Spiegazioni e Considerazioni (1)
(1) [Sant’Ambrogio, Sant’Agostino e San Ilario, hanno scritto sul salmo
CXVIII, dei veri trattati, contenenti le più belle considerazioni, ma in cui,
come in Sant’Ambrogio soprattutto, vi sono molti sviluppi che non hanno un
rapporto diretto con il salmo. È da questi tre grandi Dottori che abbiamo
tratto la maggior parte delle spiegazioni e considerazioni che seguono.
Sant’Ilario vi figura in parte minore, perché per la maggior parte, riproduce
sotto altra forma, le spiegazioni di Sant’Agostino e di Sant’Ambrogio].
Ia SEZIONE
I. — 1-3
ff. 1-3. – Cinque cose vengono fuori per noi da questo primo versetto: 1° noi dobbiamo essere senza macchia; 2° questo è necessario lungo la via; 3° bisogna camminare; 4° nella via del Signore; 5° costoro sono felici, coloro che sono senza macchia e camminano in questa via. – Il Re-Profeta contempla in spirito i frutti della passione e della resurrezione di Gesù-Cristo; egli vede le assemblee dei giusti, i popoli riscattati dal sangue del Salvatore, la salvezza di coloro che erano perduti, la resurrezione dei morti, la santificazione delle anime, frutti preziosi dei Sacramenti, ed esclama: « Beati coloro che sono in via senza macchia. » Ed aggiunge: « Beati coloro che scrutano le testimonianze del Signore. » Qual ordine ammirabile! Come è pieno di dottrina e di grazia. Egli non ha cominciato con il dire: « Beati coloro che scrutano le sue testimonianze, » ma in primo luogo: « Beati coloro che sono senza macchia lungo la via. » Il nostro primo oggetto è una vita santa; la dottrina, la scienza non vengono che al secondo posto. Una buona vita senza dottrina può essere gradita a Dio; la dottrina senza una vita santa non può piacergli, dice lo Spirito-Santo; la saggezza non entrerà in un’anima che vuole il male. (S. Ambr., e S. Ilar.). – Ma chi è senza macchia? Non è sufficiente per questo, camminare in una via qualunque, bisogna camminare in Gesù-Cristo, che ha detto: « Io sono la via. » (Giov. XIV, 6). Colui che cammina in questa via non si ingannerà, se tuttavia prenda cura di non allontanarsene. Questa via è anche la legge: colui che è senza macchia deve camminare nella via del Signore, se vuole conservare questa preziosa purezza dell’anima (S. Ambr.). – Un’osservazione esteriore della legge non è sufficiente; c’è bisogno di aggiungere la conoscenza di questa legge, conoscenza che è il frutto di uno studio approfondito, di sforzi perseveranti dello spirito e del cuore (S. Chrys., omel. XXIV, in Gen.). – Al primo versetto il salmista non parla che di una via; qui ne menziona diverse. Egli vuole insegnarci che queste vie multiple devono ricondurci ad un’unica via, ove dobbiamo essere senza macchia, se vogliamo essere beati. Il profeta Geremia si esprime negli stessi termini: « Ecco ciò che dice il Signore: tenetevi sulle strade; considerate e domandate quali siano i sentieri antichi, per conoscere una buona strada e camminarvi. » (Gerem. VI, 16). Vi sono diverse vie che sono le vie del Signore: bisogna scegliere la migliore tra esse. – Vi sono più vie, diversi comandamenti di Dio, diversi Profeti attraverso i quali giungiamo ad un’unica via. C’è una via da Mosè, una via da Gesù, una via da Davide, una via da Isaia, una da Geremia, una dagli Apostoli, e tutte queste vie devono condurci a Colui che ha detto: « Io sono la via; nessuno viene al Padre mio se non attraverso di me. (Giov. XIV, 6); (S. Ilar.). – Se coloro che camminano nella via, cioè nella legge del Signore, sono coloro che scrutano le sue testimonianze e le ricercano con tutto il loro cuore, sicuramente coloro che commettono l’iniquità non scrutano le sue testimonianze. E tuttavia noi sappiamo che certi fautori di iniquità, scrutano le testimonianze del Signore, perché preferiscono essere sapienti più che giusti. Noi sappiamo ancora che altri scrutano le testimonianze del Signore, non che al presente vivano nella giustizia, ma per sapere come debbano vivervi. Questi uomini non camminano dunque senza macchia nella legge del Signore … È perché lo Spirito Santo sapeva che molti scrutano le testimonianze di Dio, non per tenerle proprie, ma per altri motivi, che ha aggiunto, « … e che la cercano con tutto il cuore » per farci conoscere come e in quale spirito noi dobbiamo scrutare le testimonianze del Signore (S. Agost.).
II. — 4 – 8.
ff. 4-8. – Dio comanda non solo di leggere ed imparare a conoscere i suoi comandamenti, ma di osservarli ed osservarli attentamente. – Chi è colui che ordina, cosa ordina, e qual è la cosa che ordina? – Lungi da noi questa orgogliosa presunzione che ci fa contare sulle nostre forze per osservare la legge di Dio; « Io so, Signore, che la via dell’uomo non è in lui, e non appartiene all’uomo di camminare e dirigere da se stesso i suoi passi. » (Gerem., X, 23). Pregate dunque pure voi il Signore, perché diriga i passi della vostra anima, e possiate così osservare i suoi comandamenti (S. Ambr.). – Ascoltando queste parole: « Possano le mie vie! » riconosciamo un grido di desiderio, ed ascoltando questo grido di desiderio, abbandoniamo ogni orgoglio di presunzione; perché cosa esprime mai il desiderio di una cosa che si ha talmente sotto mano, che non c’è alcun bisogno di aiuto per arrivarvi? (S. Agost.).- Vogliamo evitare questa spaventosa confusione dalla quale saranno ricoperti i riprovati nel gran giorno del giudizio? Osserviamo i comandamenti del Signore, ed osserviamoli senza eccezione; perché a cosa serve obbedire ad un comandamento quando se ne trasgredisce un altro? (Giac. II, 10; S. Ambr. e S. Ilar.). Non si tratta qui di una considerazione oziosa, speculativa, che non può che nutrire le illusioni dell’amor proprio, ma di una considerazione pratica che si manifesta con degli effetti. – Colui che crede di avere l’intelligenza della legge di Dio senza che ami maggiormente Dio, senza che annunzi le sue lodi, senza indirizzare incessantemente il suo cuore a questa legge sovranamente equa, è ancora in una ignoranza profonda. Quando si raddrizzano i loro piedi, essi camminano; quando si raddrizza il cuore, amano e lodano Dio.
III. — 9-16.
ff. 9-16. – Quanto è difficile alla gioventù vivere nella purezza e nell’innocenza! Le passioni, le inclinazioni della carne sono in tutta la loro forza, i mezzi di seduzione sono più numerosi e più potenti; la gioventù non ha né prudenza, né esperienza, e segue ciecamente il torrente del mondo, perché ne ignora la corruzione. Come vincere queste difficoltà tutte insieme? Con l’osservazione esatta dei comandamenti fuoriusciti dalla bocca di Dio. – Se Dio respinge dai suoi comandamenti colui che giudica doverli respingere, non dà un motivo di scusa a colui che è stato respinto quando voleva seguirlo? No, perché Dio, buono per essenza, e che non vuole la morte, ma la conversione e la vita del peccatore, non rigetta che colui che meriti di essere rigettato, perché compie l’opera di Dio negligentemente. Unico mezzo per evitare questa punizione, è cercare Dio con tutto il cuore (S. Ambr. E S. Ilar.). – È sovranamente desiderabile che l’uomo, in ogni età della vita, si distacchi dai vizi della natura corrotta per applicarsi alla pratica di una vita innocente e pura; ma il Profeta non attende di essere invecchiato in una lunga abitudine al crimine, per imparare la dottrina ed i precetti del Signore … egli non attende le freddezze della vecchiaia, in cui l’abitudine al male si spegne, per così dire, con la vita. Egli vuole un soldato che abbia a sostenere lunghe battaglie; Egli vuole per servo di Gesù-Cristo colui il cui spirito sia puro, anche dei ricordi dei suoi falli passati; perché nell’animo di coloro che hanno abbracciato la fede e la vita cristiana in età avanzata, la grazia ha ben deposto il perdono dei peccati, ma non ha potuto cancellare il triste ricordo dei crimini della vita antica (S. Ilar.). « È bene nascondere il segreto del re, » ed è peccare contro Dio rivelare a degli indegni i misteri segreti che ci sono stati confidati, e gettare le perle davanti ai porci (Matth. XIII, 44). C’è dunque pericolo per noi, non soltanto nel parlare contro la verità, ma nel dire la verità senza discrezione e senza prudenza, ciò che si fa sotto l’influenza dell’adulazione, dell’avarizia, della vanità o dell’indiscrezione abituale della lingua. (S. Ambr.). – La parola di Dio è una semenza divina che deve restare nascosta nel fondo della nostra anima, per produrvi il frutto che Dio ha il diritto di attendersi. Ed il primo frutto è la fuga dal peccato. – « Non chi dirà Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che avrà fatto la volontà di Dio ». Così il Profeta che ha seguito la via retta dalla sua giovinezza, che ha cercato il Signore suo Dio, che Dio non ha respinto dai suoi comandamenti, che ha giudicato degno delle sue intime comunicazioni, e che ha rinchiuso nel suo cuore i segreti della saggezza per non peccare contro Dio, rende grazie a Dio, ed esprime i desiderio di averlo come dottore e come maestro (S. Ambr.). – Dio è il solo maestro capace di insegnarci e di istruirci utilmente. – Tuttavia, la parola di Dio non deve essere per sempre nascosta nel fondo del cuore. « Noi crediamo con il cuore per nostra giustificazione, e confessiamo con la bocca per la nostra salvezza. » (Rom. X, 10). Dopo aver tratto profitto per noi stessi da questa divina parola bisogna farne profittare gli altri: « Bevi l’acqua della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo, perché le tue sorgenti non scorrano al di fuori, i tuoi ruscelli nelle pubbliche piazze. » (Prov. V, 15). L’Apostolo S. Paolo vuole che i Cristiani, e a maggior ragione i predicatori, siano delle riserve piene ed abbondanti per versarsi in seguito sugli altri: « La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza. » (Colos. III, 16). – Un Prete, un pastore di anime deve insegnare nei suoi discorsi, non delle vane curiosità e ricerche sottili, ma i precetti, tutti i giudizi che Dio ha volute farci conoscere. – « I giudizi della vostra bocca, » non di conseguenza questi giudizi che sono un abisso profondo, (Ps. XXXV, 7) e di cui San Paolo ha detto: « I giudizi di Dio sono insondabili. » (Rom. XI, 32), ma « i giudizi usciti dalla bocca di Dio, » e che Egli si è degnato rivelare con i suoi profeti (S. Ilar.). – Gli uni mettono la loro gioia nei tesori in cui hanno accumulato oro ed argento, gli altri nei vestiti sfarzosi, questi in ampi possedimenti, in campi coperti da abbondanti messi; questi nei capolavori della pittura, della scultura; l’uomo spirituale mette tutta la sua gioia nella via delle celesti testimonianze, come se possedesse i patrimoni più ricchi, nel senso dell’Apostolo (I Cor., III, 4, 5). « Io rendo grazie al mio Dio per tutte le ricchezze di cui siete stato ricolmi in Lui in tutta parola ed in tutta scienza. » (S. Ambr.). – L’analogia dei misteri rivelati con i fatti constatati e le leggi riconosciute dell’ordine naturale; gli spazi vuoti della grazia divina disseminati nell’intera natura; il nome tre volte Santo di Dio scritto su tutta la terra con caratteri ammirevoli; le vestigie della Trinità e dell’incarnazione impresse dappertutto; le aspirazioni, le aspettative che non si sospettano neppure, risvegliate e soddisfatte tutte insieme da questa rivelazione divina ed il mondo nuovo che essa ci scopre; le convenienze segrete dei due ordini; l’unione pienamente ordinata di realtà sì distinte e naturalmente sì separate; l’armonia intrinseca e l’ineffabile bellezza dei misteri stessi; infine i presentimenti intellettuali con cui la contemplazione ci dà le evidenze abbaglianti che ci sono riservate lassù: sono là i nostri tesori domestici, tesori di cui la fede ci mette d’insieme in possesso e che la ragione, illustrata e fortificata da essa, non cessa di aprirci. Cosa che ci permette di dire con il salmista: « O Dio! Io mi sono dilettato nella via delle vostre testimonianze, come in seno a tutte le ricchezze » (Mgr. Pie, T. VII, 243). – Sei cose soprattutto sono per noi causa di vera gioia nella via dei comandamenti di Dio: – 1° il pensiero della patria alla quale tendiamo; – 2° la corona che speriamo; – 3° la grazia che ci è data; – 4° la luce che ci illumina; – 5° la pace interiore di cui godiamo; – 6° di Gesù-Cristo che si fa compagno e guida della nostra via. – « Io mi eserciterò nella meditazione dei vostri comandamenti. » Doppio esercizio dell’azione e del pensiero. L’azione, la pratica dei comandamenti deve precedere la meditazione, la considerazione delle vie di Dio; perché se la pratica delle buone opere non precede, ci sarà impossibile giungere alla conoscenza della dottrina (S. Ilar.). « Ed io metterò le vostre giustizie. » Il Profeta ci insegna qui non solo a non perdere il ricordo dei comandamenti di Dio, ma ad aggiungere la pratica alla meditazione; perché non sono coloro che discutono sulla legge, senza fare ciò che essa comanda, che saranno giustificati, ma coloro che la compiono fedelmente. (S. Ambr.).
Ia SEZIONE (Seguito).
I — 17-24.
ff. 17-21. – « Rendete questa grazia al vostro servo. » Non c’è né presunzione, né temerarietà da parte di Davide nel chiedere a Dio che gli renda la ricompensa delle sue opere buone. È una prerogativa della fede e della giustizia contare sulla ricompensa che loro riserva il favore divino. Ascoltate San Paolo che dopo aver proclamato più in alto (I Cor. XV, 9), dice in un’altra Epistola: « Del resto, la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice mi renderà in questo giorno, mi è riservata (II Tim. IV, 8; S. Ambr.). – Si, è giustizia del patto di Dio, quando Egli rende il bene per il bene; ma la misericordia ha preceduto questa giustizia, allorché Dio ha reso il bene per il male … se colui che prega e dice: « Rendete al vostro servo la vita, ed io vivrò, fosse interamente morto, egli non avrebbe pregato; egli ha dunque ricevuto un inizio di santi desideri da Colui al quale ha domandato la vita per obbedirgli (S. Agost.). – Chiedete dunque con fiducia se i vostri meriti vengono in appoggio alla vostra preghiera, affinché questa preghiera vi porti anche a rendervi più degni di ciò che domandate … tuttavia per affievolire ciò che questa domanda sembrerebbe di avere di presuntuoso, il Re-Profeta dice: « Rendete al vostro servo, » espressione che riassume nel contempo la grazia dell’umiltà e la ricompensa della servitù, perché colui che è chiamato al servizio del Signore, diviene suo affrancato, riscattato com’è da questo Sangue prezioso. Colui dunque che è il servitore del Signore, e non fa nulla come schiavo del peccato, ma che ha detto a Dio: « Io sono un servo inutile, ho fatto ciò che dovevo fare, costui può dire con sicurezza: « Rendete al vostro servo. » (S. Ambr. e S. Ilar.).- Chi può domandare altra cosa che la vita, colui che indirizza la sua preghiera all’Autore della vita, che è la vita di coloro che lo amano, che solo possono ridarla a coloro che l’hanno perduta, o aumentarla in coloro che l’hanno conservata? – « Togliete il velo che è sui miei occhi. » Chiedendo a Dio di aprirvi gli occhi, il profeta riconosce che essi sono appesantiti ed oscurati. Non si fa ricorso al medico se non per applicare il rimedio sulla parte malata. Egli dice dunque al Medico disceso dal cielo: « Togliete il velo che è sui miei occhi. » Come per gli occhi del corpo, vi sono certe affezioni, certe passioni che oscurano gli occhi dell’anima, riempendoli di un umore spesso che vela loro la vista degli oggetti che avevano percepito fino ad allora, e le meraviglie rinchiuse nella legge di Dio … Ora voi sapete come potete togliere questo velo che resta sugli occhi del vostro cuore: convertitevi al Signore ed il velo cadrà (S. Ambr.). – Noi otterremo che questo velo sia tolto dai nostri occhi con la preghiera, con l’umile riconoscenza ed il rigetto dei nostri peccati, con la tribolazione che sovente ci dà l’intelligenza (Isai. XXVIII, 19); con la mortificazione volontaria. – « Io sono come uno straniero sulla terra. » Non è concesso a tutti il potere di dire a Dio con il Re-Profeta: « Io sono straniero sulla terra. » Può farlo solo colui che ha rinunciato a tutte le voluttà sensuali; chi si è spogliato da ogni affezione alle cose visibili. Solo costui è veramente straniero sulla terra per poter dire con l’Apostolo: « … noi viviamo già nel cielo, » (Phil., III, 16), che considera Dio solo come sua eredità, che si affligge e si dispiace di vivere così lungo tempo sulla terra, e vedere il suo esilio prolungarsi, che non teme la dissoluzione del proprio corpo, e spera con fiducia che sarà, alfine, per sempre, con Gesù-Cristo. Ecco il vero straniero sulla terra, egli è il cittadino dei Santi, è della casa di Dio, ed ha il suo tesoro nei cieli (S. Ambr.). – Tutti, fintantoché Cristiani, siamo poveri banditi che, relegati in un pellegrinaggio continuo, deplorando incessantemente la miseria dei nostri peccati che ci ha fatto perdere la dolcezza e la libertà della nostra aria nativa, da sola capace di riparare le nostre forze perdute e ristabilire la nostra salute quasi disperata. Tuttavia, ciò che addolcisce le difficoltà e gli incomodi del nostro esilio, sono le lettere che riceviamo dalla nostra patria beata. Queste lettere, sono le Scritture divine che il nostro Padre celeste ci indirizza mediante il ministero dei suoi Profeti e dei suoi Apostoli, ed anche del suo caro Figlio che ha inviato sulla terra per riportarci delle nuove dal nostro paese, e darci la speranza di un rapido e felice ritorno … Ecco perché il profeta Davide si rivolgeva al suo Dio tra i sospiri amorosi: « O Signore, vedete che sono uno straniero sulla terra; almeno non mi rifiutate questa unica consolazione di meditare la vostra santa parola. » (BOSSUET, Sur le mél. des bons avec les méch.). – « La mia anima ha agognato di desiderare i vostri ordini. » Io credo che non li desiderava ancora quando ambiva desiderarli. I giusti ordini del Signore producono le azioni giuste, cioè le opere di giustizia. Se dunque colui che desidera queste opere non le compie ancora, quanto ne è più lontano colui che desidera solamente desiderarle, e quanto ancor più lontano colui che non ha neppure questo desiderio! (S. Agost.). – Sant’Ambrogio dà una spiegazione più verosimile di questo versetto. Così come vivere della “vita” esprime una vita più perfetta della semplice vita, così l’espressione “desiderare il desiderio dei comandamenti” significa un desiderio più ardente del semplice desiderio dei suoi comandamenti. Noi desideriamo desiderare come se questo desiderio non fosse in nostro potere, ma dipendesse dalla grazia di Dio. In effetti quando il Signore vede che noi riponiamo tutta la nostra gioia nella santa concupiscenza che ci fa desiderare i suoi comandamenti, Egli aumenta in noi questo desiderio con la sua grazia (S. Ambr.). – Desiderare, amare la legge di Dio in ogni tempo ed in tutti gli incontri. – « Voi avete fatto manifesti i vostri rimproveri contro i superbi, i maledetti che si allontanano dai vostri comandamenti. » Altra cosa in effetti, è il non compiere i comandamenti di Dio per debolezza o per ignoranza, altra cosa è l’allontanarsene per orgoglio, come fanno coloro che ci hanno generato a questa vita di miseria e di morte (S. Agost.). – Orgoglio deplorevole, che disdegna di vivere sottomesso ai precetti divini che, sotto il gonfiarsi di uno spirito infedele, prende in disgusto i suoi celesti precetti; Ci sono diverse specie di crimini; innumerevoli sono i peccati che gli uomini possono commettere, ma nessuno provoca tanta collera in Dio quanto l’orgoglio. « Voi avete fatto manifesti i vostri rimproveri non contro gli avari, contro i voluttuosi, che tuttavia li meritano a giusto titolo, ma contro i superbi, perché essi ne hanno un gran numero, per il fatto che questo stesso orgoglio fa loro disprezzare gli uomini, disprezzare i comandamenti di Dio e disdegnare di obbedirvi. (S. Hil.).
f. 22-24. – Nessun c’è obbrobrio maggiore né disprezzo da temere che quello in cui si vedranno esposti eternamente coloro che avranno violato la legge di Dio. Non bisogna temere di ricevere degli obbrobri e dei disprezzi dagli uomini del secolo, quando si tratta di compiere i comandamenti di Dio. – Ci sono ancora di questi prìncipi, di questi uomini di potere che fanno lega contro di noi. Essi si riuniscono in consiglio per esaminare e contare quali siano i Cristiani degni di questo nome, che servono Dio fedelmente e testimoniano lo zelo più grande per le buone opere, e dicono: prepariamo loro delle insidie, mettiamoci di traverso alle loro imprese, impediamo loro con ogni mezzo di compiere il bene che hanno in vista, fiacchiamo il loro zelo, distruggiamo il loro coraggio con colpi ripetuti ed imprevisti, e, se sono graditi a Dio a causa della loro giustizia, ci si lasci la cura di provarli (S. Ambr.). – Coloro che crediamo i nostri migliori amici troppo spesso ci ingannano, o per l’infedeltà o per ignoranza: l’uomo dabbene nei suoi dubbi consulta gli amici fedeli, che sono le testimonianze di Dio; questi amici sinceri e veraci gli insegnano ciò che debba fare e lo consigliano per la vita eterna. (BOSSUET, Sur la loi de Dieu.)
II. — 25-27
ff. 25-27. – « La mia anima è rimasta legata a terra, » letteralmente … al pavimento. Si potrebbro intendere queste parole di preghiera continua ed assidua che faceva il profeta prosternato sul pavimento del tempio; ma esaminando la proprietà e la forza delle parole di cui si serve, vi scopriamo un senso più elevato. In effetti egli non dice « io sono rimasto attaccato, » ma « la mia anima è rimasta attaccata al pavimento. » Egli si lamenta qui delle tristi sequele dell’unione della sua anima con questo corpo che San Paolo chiama « un corpo di umiliazione. » (Filip. III, 21), (S. Ilar.). che cos’è dunque questo pavimento? Se si vuole paragonare il mondo intero ad una vasta casa, il cielo ne sarà la volta e la terra il pavimento. Il profeta vuole dunque essere strappato alle cose terrestri, e dire con l’Apostolo: « La nostra vita è nei cieli. » (Fil. III, 20) Da qui ne segue che essere attaccato alle cose della terra è la morte dell’anima, e che egli chiede il bene contrario a questo male quando dice: « rendetemi la vita ». Qualunque uomo, se fa qualche progresso sulla via della giustizia, risente sempre le affezioni della sua carne mortale per le cose terrene, in mezzo alle quali la sua vita sulla terra è un combattimento perpetuo (Giobbe, VII, 1), e se si strappa costantemente a questa morte dell’anima, tutti i giorni egli ritorna alla vita che gli rende incessantemente Colui che, per sua grazia, rinnova di giorno in giorno in noi l’uomo interiore (S. Agost.). – Non resta attaccato al pavimento colui al quale Gesù fa detto: “Seguimi” (Giov. I, 43); non resta legato al pavimento chi intende e chi ascolta la legge che gli dice: « Camminate dietro al Signore vostro Dio, e vi attaccherete a Lui solo. » (Deuter., X, 20). « Colui che si attacca al Signore diviene come uno stesso spirito in Lui … » (I Cor. XVI, 17). È buono per noi tenerci attaccati al Signore, e non curvare la nostra testa sotto il giogo del mondo, « ma tenerla elevata verso Dio perché possa ricevere il giogo di Cristo. » (S. Ambr.). – « Io vi ho esposto le mie vie. » In qual senso bisogna intendere queste parole: « Io vi ho mostrato le mie vie? » Se Egli ci mostra le sue vie, queste sono necessariamente le vie del peccato, perché si è nella via del peccato quando non si è nella via di Dio. È dunque in questo senso che il Profeta dice altrove: « Ti ho manifestato le mie ingiustizie. » (Ps. XXXI, 5). Questa dichiarazione non è una lode, ma una confessione dei suoi atti; cioè una confessione dei suoi peccati. Ed egli fa questa confessione per rendersi degno dello spirito di profezia, e diventar capace che Dio gli insegni le sue giustizie. (S. Ilar.). Il Re-Profeta ci traccia l’ordine mirabile con il quale possiamo pervenire alle giustificazioni del Signore, e la prima cosa da fare è la confessione dei nostri peccati, « dite le vostre iniquità affinché siate giustificati. » (Isai. XLIII, 26). – Le vie della carne sono affatto diverse dalle vie di Dio, e se vogliamo camminare nelle vie di Dio, occorre abbandonare, come Davide, le vie della carne e della saggezza del secolo, confessare i nostri errori e non tacere le nostre cadute (S. Ambr.). – Dopo aver esposto le sue vie a Dio, occorre domandargli di insegnarcele e farci comprendere le sue. Vedete l’ordine mirabile che segue il Profeta, primariamente noi dobbiamo apprendere le giustizie del Signore; secondariamente, conoscere i diversi gradi di questi ordini per sapere ciò che dobbiamo fare da principio e ciò che non debba giungere che in un secondo tempo. Sapere ciò che dovete fare non è sapere in quale ordine dovete farlo, ma è avere delle vie di Dio una conoscenza incompleta. (S. Ambr.). – Ecco perché il Profeta distingue qui le giustificazioni del Signore dalla via delle sue giustificazioni, perché lo scopo verso cui tende un cammino è differente dal cammino che conduce a questo termine. (S. Ilar.). – « Ed io mediterò le vostre meraviglie, » vale a dire le stesse leggi così perfette che egli desidera conoscere e praticare avanzando nella virtù. (S. Agost.).
III. — 28-32
ff. 28. – Talune di queste leggi sono così mirabili che coloro che non ne hanno esperienza le credono inaccessibili alla umana debolezza. Ecco perché il Profeta, affaticato e gravato dalle difficoltà che vi incontra, aggiunge: « La mia anima si è assopita sotto il peso della noia. » Il che significa che la sua anima si è assopita se non in quanto ha sentito rallentare la speranza che aveva concepito di arrivare a questa alta virtù. Ma, aggiunge immediatamente, « fortificatemi con le vostre parole nel timore che mi assopisca e non cada e non perda anche ciò che già ho acquisito. » (S. Agost.). – Il Profeta non dice che la sua anima si è addormentata, ma che si è assopita, perché colui che si addormenta è nell’atto stesso del sonno; ma colui che si assopisce prelude al sonno; questo ordine è osservato in queste parole di un altro salmo: « Colui che custodisce Israele non si assopirà né dormirà. » (Ps. CXX, 4). Il Profeta dunque, benché sia assopito, non si è ancora addormentato, ed è per prevenire questo sonno completo che aggiunge: « Fortificatemi con le vostre parole. » (S. Hil.).
ff. 29. – Fortificato e confermato da queste parole divine, il Profeta prega Dio di allontanare da sé la via dell’iniquità. Egli non dice: allontanatemi dalla via dell’iniquità, ma allontanate da me la via di iniquità, » come se essa fosse in noi e ci fosse inerente. In effetti, quando facciamo qualcosa di male, la via di iniquità resta dentro di noi e non si allontana da noi; facciamo dunque tutti i nostri sforzi per separarcene … ed è a questo proposito che dice, allontanate da me non l’iniquità, ma « la via d’iniquità », perché l’iniquità non ci è naturale, ma lo è la via che è stata come tracciata e battuta dai passi dei nostri ancestri che correvano dietro al peccato (S. Ambr.). – O ancora meglio, egli non dice: allontanate da me l’iniquità, ma la via dell’iniquità; perché benché fosse cosciente della sua debolezza, tuttavia il timore di Dio lo allontanava dall’atto stesso del peccato. Egli prega dunque Dio di allontanare da lui la via che conduce al peccato, cioè di togliere tutti i desideri delle voluttà terrene, e non permettere che sia assalito dalle tentazioni della concupiscenza o dell’ignoranza, che sono come le vie, i viali del peccato e dell’iniquità. (S. Hil.).
ff. 30. – La verità è la patria di coloro che sono quaggiù nell’esilio. Noi vi saremo stabili un giorno, ma essa si è fatta nostra via affinché noi vi camminiamo. Come può arrivare a questa patria colui che se ne è allontanato, se non vi cammina per arrivarci? Egli ha scelto questa via non per potervi disputare, ma per camminarci e camminarvi costantemente. – « Io ho scelto la via della verità. » Ecco ciò che non può dire colui che erra nei dogmi della fede; ecco ciò che non può dire l’avaro che brama i beni grossolani e materiali della terra; ecco ciò che non può dire colui che è assorbito interamente dalle speculazioni del commercio, perché la via della verità non ha nulla in comune con il desiderio delle ricchezze, con la cupidigia dei possedimenti della terra. La via della verità non ha nulla in comune con gli onori del secolo, con le sollecitudini della terra. La via della verità non ha nulla in comune con gli onori del secolo, con le sollecitudini del mondo (S. Ambr.).
ff. 31. – « Io mi sono attaccato, Signore, alle testimonianze della vostra legge. » Attaccarsi alle testimonianze del Signore, non è rigettare i suoi comandamenti, né dimenticare i suoi giudizi, ma nulla accordare ai desideri della carne. Colui che si attacca alle testimonianze del Signore rinuncia al mondo, dimentica tutto ciò che lo allettava nel passato, avanza verso ciò che è davanti a lui per giungere allo scopo ed al premio della vittoria. Costui non è mai confuso, perché, se si fosse reso colpevole di qualche errore, ne sollecita il perdono a Gesù-Cristo, che non solo gli rimette suoi peccati, ma distrugge anche la sua affezione al peccato (S. Ambr.).
ff. 32. – « Io ho corso nella via dei vostri comandamenti ». Questo versetto spiega il senso delle parole del versetto precedente: « … io ho scelto la via della verità, non ho dimenticato i vostri giudizi, mi sono attaccato alle vostre testimonianze. » Ecco, in effetti che cosa è correre nella via dei comandamenti di Dio. È come se dicesse: come avete corso in questa via, scegliendola, non dimenticando i giudizi di Dio ed attaccandovi alle sue testimonianze? Come avete potuto farlo da voi stesso? Risponde il profeta, « Io ho corso nella via dei vostri comandamenti, quando avete dilatato il mio cuore. » Io non ho fatto nulla con la mia determinazione, come se il vostro soccorso non mi fosse stato necessario; io non ho agito che « quando avete dilatato il mio cuore. » La dilatazione del cuore, è il diletto che viene dalla giustizia. È un dono di Dio, che fa che noi non siamo tenuti prigionieri dal timore nell’osservazione dei suoi comandamenti, ma che il nostro cuore sia allargato dall’amore delle delizie che troviamo nella giustizia. In effetti, Dio ci promette quella dilatazione del cuore, quando dice: « Io abiterò in essi, ed Io camminerò in mezzo ad essi. » (II Cor., VI, 16). Quale vasto spazio è quello in cui Dio cammina! È nei nostri cuori così dilatati che la carità è sparsa dallo Spirito-Santo che ci è stato dato. (Rom. V, 5), (S. Agost.). – Ecco ciò che fa il fervore. Il fervore, in effetti, è una disposizione dell’anima che rende docili alla volontà, anche alle cose più difficili della legge di Dio: è una forza che ci solleva, e con noi i fardelli della vita; è un vapore divino che non ci fa solamente camminare, ma correre nella via dei comandamenti di Dio.
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