[A. Carmagnola: IL SACRO CUORE DI GESÙ. TORINO, S. E. I. – 1920]
DISCORSO XXVII.
Il Sacro Cuore di Gesù e Maria nostra Madre.
Come nel fatto della rovina del genere umano ebbe sì gran parte la donna, così piacque al Signore, che la donna avesse gran parte nel mistero della redenzione del mondo. Epperò ben a ragione esclama S. Bernardo: « Un uomo ed una donna, Adamo ed Eva, ci nocquero grandemente, ma viva Dio! Un altro Uomo ed un’altra Donna, Gesù Cristo e Maria grandemente ci giovarono. » Quindi è che riguardando la croce, come non è possibile non rappresentarsi alla mente il mistero di redenzione, che Gesù Cristo vi ha operato sopra, così non è possibile non ricordare altresì la cooperazione, che a tanto mistero diede Maria stando ai piedi della croce istessa. Ma se questo simbolo di nostra salute considerato da solo nel parlarci di Maria ce la mostra come nostra Corredentrice, riguardato nel Cuore Sacratissimo di Gesù ce la mostra specialmente come nostra Madre. E d in vero, poiché i simboli di questo Cuore ci dicono tutti le prove immense dell’amor suo per noi, così la croce che lo sormonta, dopo d’averci comprovato l’amore di Gesù nel morirvi sopra, ci rammenta altresì quell’altra prova di amore che ci diede nel donarci per madre nostra la sua stessa Madre, Maria. Di fatto: tutta la storia degli inestimabili vantaggi della redenzione si contiene in questo grazioso pensiero di S. Leone, che nostro Signor Gesù Cristo, ricco negoziatore del cielo, è venuto quaggiù a stabilire un salutare commercio con noi per mezzo di un mirabile cambio, prendendo cioè i nostri mali per elargire a noi tutti i beni, di cui Egli è l’inesausta sorgente venit nostra accipiens, et sua retribuens. Ora, poiché tra i beni, che sono, per così dire, di sua proprietà particolare ed assoluta, vi era pure la sua Madre, quella Madre, che a Lui ha somministrato in modo perfetto la natura umana e lo ha generato nel tempo, siccome il Padre celeste lo genera nell’eternità, che cosa fece Egli? Nel cambio generoso di tutte le sue ricchezze divine con le nostre grandi miserie non si è contentato con la sua dottrina di farci parte di quella sapienza, che ha attinto nel seno del divin Padre; non si è contentato con l’istituzione dei Sacramenti di arricchirci abbondantemente dei tesori della sua grazia; non si è contentato neppure con la sua morte di darci se stesso, la sua vita, il suo sangue, ma volendo che sotto tutti i rapporti la sua redenzione fosse copiosa, che la nostra unione con Lui fosse intima e perfetta, che il cambio di tutto ciò che era suo con tutto ciò che era nostro fosse completo, ha trasfuso ancora in noi i suoi diritti di figliuolo di Maria, facendo che Ella divenisse pure la Madre nostra e che noi diventassimo pure i suoi figli: venit nostra accipiens, et sua retribuens. Perciocché, mentre noi stessi considerandolo confitto, ignudo ad un tronco crudele e vicino ad esalare l’ultimo respiro di una vita tutta dedicata per noi, avremmo giudicato, che Egli non potesse fare di più, né avremmo giammai immaginato, che volesse porre per sempre a profitto nostro la Madre sua, la sua sapienza infinita gli ha fatto ritrovare anche ciò, ed il suo amore glielo ha fatto compiere. O tenere sollecitudini del Cuore di Gesù Cristo! O prova mirabilissima del suo amore per noi! O dolce idea, o pensiero giocondo, o cara rimembranza! La madre di Dio è ancora veramente la madre nostra! Abbiamo noi riflettuto abbastanza sopra l’eccellenza di questo gran dono del Cuore di Gesù? A h ! ci sia dolce il riflettervi anche oggi. Consideriamo adunque come questo Sacratissimo Cuore, agonizzante sopra la Croce, ci diede veramente Maria per madre.
I. — Se in nostro Signor Gesù Cristo morente sopra della croce, come osserva S. Agostino, la visibile umanità sopportava i trattamenti più rei, la divinità, che vi era invisibile e nascosta, operava le più grandi meraviglie; e tra di esse, al dire del Crisostomo, compié pur quella di riformare il sesso debole, perciocché questo sesso apparve allora tutto ad un tratto il più coraggioso, il più intrepido ed il più forte. Gli Apostoli, ad eccezione di un solo, quando avevano visto catturare Gesù, abbandonatolo, si erano dati in tutta fretta a fuggire. I discepoli, come timida greggia cui è. tolto il pastore, si erano sbandati e dispersi. E S. Pietro, che lo aveva seguito di lontano, finì per rinnegarlo e giurare che non lo conosceva neppure. Ma al contrario, alcune donne pietose, prevenendo il coraggio e la costanza dei martiri nel confessare Gesù Cristo e condannando anticipatamente la viltà di quei Cristiani, che per un misero rispetto umano si vergognano di apparir seguaci di Lui, non scoraggiate dall’odio de’ Farisei, non arrestate dal furore del popolo, non intimidite dal potere dei magistrati, non spaventate dalla licenza dei soldati, con santo ardire tengono dietro a Gesù costantemente dal pretorio di Pilato sino alla cima del Calvario, assistendo ivi alle sue estreme agonie, e riprovando pubblicamente l’ingiustizia e le barbarie, con cui è trattato da’ suoi nemici il loro Signore e Maestro, lasciandosi vedere a piangere in palese sulla sorte spietata di Lui. Quando adunque fu inalberata la croce e Gesù Cristo, mediatore augusto tra Dio e gli uomini, rimase sospeso tra il cielo e la terra, queste intrepide donne si piantarono sul fiero monte a quella distanza del Crocifisso che loro permise la soldatesca insolente, con li occhi fissi sopra di Lui, contemplando la sua eroica pazienza e i prodigi che intorno a Lui avvenivano, e tutto ciò ravvolgendo nella lor mente con pietosa e devota meditazione: Erant autem ibi mulieres multæae a longe aspicientes. (MARC, XIII). –Ma fra queste donne così forti e così fedeli all’amore di Gesù Cristo era la sua santissima ed amatissima Madre Maria; Maria tratta su quel monte non solo dall’amore di Madre di Gesù, ina pur dallo zelo di Corredentrice del genere umano, non solo per essere spettatrice dei grandi misteri che Gesù Cristo stava per compiervi, ma ancora per prendervi parte, e cooperare col suo amore e col suo dolore alla rigenerazione e vera vita nostra, che Gesù Cristo doveva effettuare con la sua morte e col suo sangue. Epperò, perché ella in questa solenne circostanza ha un ministero tutto suo proprio, un incarico tutto particolare da adempiere, non si contenta di rimanere sul monte in lontananza dal Crocifisso, ma scostandosi dalle altre donne, che l’avevano fin là accompagnata, insieme con Maria di Cleofe, con Maria Maddalena e col Discepolo prediletto si avanzò e si strinse più d’appresso al tronco crudele, da cui pendeva la Salute del mondo: Stabat iuxta crucem Iesu. Sembra bene che la crudeltà dei Giudei ciò non avrebbe dovuto permettere, non già per compassione di Maria, ma per maggior tormento di Gesù, togliendogli oziando per tal guisa il conforto di vedere la sua madre da vicino e compassionarlo; ma sia che di ciò non si dessero pensiero, sia che non osassero di farlo, il fatto si è che Maria, assecondando le divine disposizioni, si trovò con Giovanni appiè della croce del suo Gesù ad essere per la prima bagnata del suo preziosissimo Sangue. – Se ne stava adunque Maria, secondo la bella pittura, che ne fa S. Ambrogio, al lato destro della Croce di Gesù Cristo, come assorta in un’estasi di profondo rammarico e di sublime contemplazione. La sua persona ritta ed immobile annunzia tutta l’intrepidezza e la nobiltà del suo cuore. L’espressione del suo volto manifesta mirabilmente il suo immenso dolore e la sua immensa rassegnazione. I suoi occhi pietosi vanno percorrendo ad una ad una le piaghe sanguinanti dello squarciato suo Figlio e l’anima sua è tutta nel condividere le sue pene atroci, perciocché, come dice S. Girolamo, quot spinæ, quot davi, quot ictus Christi carnem rumpentes, totidem Mariæ animam verberantes. Insomma lo spettacolo che Maria dà di se stessa è quale si conviene alla sublimità di sua condizione, alla grandezza di Madre di Dio. Dall’altro fianco del patibolo stavasi ritto ancor esso Giovanni, l’apostolo prediletto di Gesù, quegli che nell’ultima cena aveva posato la testa sul suo Cuore. Egli pure contempla con tutto il dolore del suo animo e compassiona con tutte le sue forze l’amatissimo Maestro, ed egli pure tiene un atteggiamento, quale si conviene ad un discepolo di Dio. Ora, essendo giunto Gesù al colmo delle sue agonie e delle sue pene, e scorgendo questi due personaggi da lui tanto amati, posa sopra di essi il suo languido sguardo, già vicino a spegnersi nell’ombre di morte, ed accennando l’uno all’altro dice a Maria: Donna, ecco il tuo tìglio, Mulier, ecce filius tuus; e soggiunse a Giovanni: Ecco la tua Madre, ecce Mater tua. (S. Jo. XIX, 26) Oh parole piene di tenerezza e di amore! Ma parole, come tutte le altre uscite dal Cuore e dalla bocca di Gesù moribondo, nella loro semplicità sommamente sublimi e feconde! Che voleva Egli adunque significare con esse? Quali grandi cose voleva compiere? Senza dubbio – come dice S. Agostino – volle anzi tutto procurare a Maria un appoggio ed un conforto. Perciocché secondo la sentenza comune dei Padri e l’antica e costante tradizione, lo sposo purissimo di Lei, il patriarca S. Giuseppe, al tempo della passione di Gesù Cristo già da più anni era trapassato. Essendo dunque Maria vedova del suo santo consorte, e dovendo rimanere priva fra poco del suo stesso Figliuolo, questi dando a noi, come nota il Crisostomo, il grande esempio di prenderci cura dei genitori fino all’ultimo punto di nostra vita, affidò Maria alla custodia di Giovanni. In secondo luogo rendendo Giovanni figliuolo di Maria volle premiare la sua singolare purezza e fedeltà: la sua singolare purezza, perché come afferma il venerabile Beda, Giovanni ritrovato puro e vergine quando il Signore lo chiamò all’apostolato, si mantenne in tutta la sua vita vergine e puro, ciò che gli conciliò la predilezione di Gesù Cristo; e poi la sua singolare fedeltà, perché di tutti i discepoli di Gesù Cristo egli è il solo, che, non curando l’odio e il furore de’ Giudei, ha avuto il coraggio di manifestarsi pubblicamente per suo discepolo, di accompagnarlo al Calvario e di assistere alla sua morte: Virginitate et proximitate crucis Mariæ maternitatem obtinuit. (Glos.) Ma, oltre queste due grandi cose, con quella parola a Maria: « Donna, ecco il tuo figlio, » e con quell’altra a Giovanni: « Ecco la tua Madre, » Gesù Cristo volle compierne un’altra ben più grande ancora, volle cioè rendere Maria madre di noi tutti, e noi tutti figliuoli di Maria; perciocché come nell’ordine naturale oltre al padre, rappresentante più proprio della severità e della giustizia, abbiamo pure una Madre, ministra di amore e di misericordia, così fosse nell’ordine spirituale, ed in Maria, madre nostra, avessimo per tal guisa un legame di unione, un canale di beneficenza, una mediatrice di conciliazione, un mezzo di difesa in faccia al Padre celeste. Ed in vero: nostro Signor Gesù Cristo in tutto il corso della sua vita si occupò mai sempre in ogni azione, in ogni parola, in ogni pensiero della grande missione, di cui il suo celeste Padre lo aveva incaricato, vale a dire degli interessi della sua gloria e della salute degli uomini, e per tal modo se ne occupò, che sebbene amasse di amore immenso la Madre sua Maria, parve tuttavia in varie circostanze non curarsi di Lei, appunto perché, come nota S. Ambrogio, Egli crede di dover tutto se stesso al suo ministero, più che agli affetti della sua Madre; egli crede, in altri termini, di dovere assolutamente tutti i suoi momenti e tutte le sue azioni a compiere la salute degli uomini. Che se tale fu la condotta di Gesù Cristo in tutta la sua vita, puossi dubitare che tale non sia stata al tempo della sua morte? e che abbia in quell’estremo momento voluto interrompere la sua azione continua di salute per pensare soltanto a dare un appoggio alla Madre sua ed un premio al suo discepolo? Ah ciò sarebbe troppo inverosimile! È bensì vero, che in quel medesimo momento Gesù Cristo pensò ad assicurare il perdono a’ suoi crocifissori e il Paradiso ad un ladro. Ma siccome quel perdono fu nel tempo stesso implorato per tutti i peccatori, e quel paradiso per tutti i penitenti, avendo e quella preghiera e quella promessa uno scopo pubblico ed universale, benché espresse in termini particolari e privati, così per la stessa ragione la dichiarazione della nuova maternità di Maria e della nuova figliolanza di Giovanni, benché fatta con personali espressioni, ebbe lo scopo pubblico ed universale di rendere Maria Madre di tutti i credenti e nella persona di Giovanni tutti i credenti figliuoli di Maria. E ciò risulta chiarissimo dalla considerazione delle espressioni adoperate da Gesù Cristo in tale dichiarazione. Di fatti, secondo il magnifico commento che ne fa Cornelio a Lapide, in questa circostanza così misteriosa e solenne Maria è chiamata donna e non madre, perché nel dichiararla Madre nostra Egli operava nella sua pubblica qualità di Redentore degli uomini e non già in quella privata di figliuolo di Maria. Inoltre, poiché Iddio quattromila anni innanzi nel paradiso terrestre dopo il peccato dei nostri progenitori, maledicendo il serpente aveva pur promesso il Redentore dicendo: Io porrò inimicizie tra te e la Donna, tra il seme tuo e il seme di Lei, ed Ella ti schiaccerà il capo » (Gen. III, ) ora perciò con questa stessa parola Gesù Cristo voleva rendere manifesto, che Maria era veramente essa quella Donna celebrata in quella grande profezia, che, immolandosi appiè della croce insieme con Lui, schiacciava per eccellenza la testa all’infernale serpente. In secondo luogo Gesù Cristo disse: « Ecco il tuo figlio — Ecco la tua madre. » Ora le espressioni « Ecco il tuo figlio — Ecco la tua madre » nel loro senso più ovvio e più naturale, indicano cosa che è di già accaduta ed esiste nel presente, anziché cosa che deve ancor accadere in avvenire. L’intendere adunque queste espressioni dette unicamente per Giovanni sarebbe lo stesso che dire, ciò che non è, che in quel momento Maria generò o corporalmente o spiritualmente quel discepolo e che quel discepolo o corporalmente o spiritualmente rinacque a vita novella; ma intendendole invece pronunciate per tutti gli uomini, vogliono dire assai chiaramente: « Donna, in questo momento con l’immolarvi così generosamente con me appiè della croce, soffrendo nel cuor vostro tutti i dolori che Io soffro nel mio corpo ed offerendoli con me al mio celeste Padre per la salute degli uomini, Voi avete cooperato con me alla loro rigenerazione: Ecce filius tuus! Eccoti dunque nel popolo cristiano, di cui Giovanni è la primizia e la figura ad un tempo, eccoti il figlio tuo, e veramente tuo, giacché non sono Io soltanto che liberamente te lo assegno per tale, ma sei tu ancora che lo hai generato col tuo amore e col tuo dolore. » – Così adunque, come riesce manifesto dai termini medesimi della sua grande dichiarazione, nostro Signor Gesù Cristo ha adempiuto interamente la sua grande promessa di non lasciarci orfani: Non relinquam vos orphanos; e non ci ha lasciati orfani né di padre, né di madre: ma come ha voluto renderci per grazia figliuoli adottivi del suo Padre celeste, così ha voluto ancora renderci figliuoli adottivi della Madre sua, Maria. Per tal modo la tenerezza di Gesù Cristo ha esaurite tutte le diligenze per giovarci; non gli restava più nulla da legarci, da procurarci, da ottenerci; col darci per madre la Madre sua ci ha dato tutto quello che gli restava e che ancora poteva darci. O carità immensa del Sacratissimo Cuore di Gesù per noi! o bontà infinita! O copiosità ineffabile della sua redenzione!
II. — Ma per ben comprendere, quanto più ci è possibile, questa grande prova di amore del Cuore di Gesù Cristo, non basta l’aver riconosciuto che Egli con le sue sublimi parole ha dichiarato Maria per nostra Madre, ma bisogna ancora riflettere che con le medesime le ha posto in cuore per noi il supremo affetto materno. E d in vero, la parola di Dio non è certamente come quella dell’uomo, che non ha in se stessa alcuna autorità. La parola di Dio è parola per eccellenza onnipotente, che opera non solo sulla materia, ma pure sugli spiriti, che domina le volontà, che cambia i cuori. Perciò, se un uomo scegliendo un altro uomo ad un ufficio, può dargli il titolo e il diritto ad esercitarlo, ma non già l’ingegno, le cognizioni, l’abilità necessaria, se già non si trova nell’uomo eletto, la cosa ò ben diversa per Iddio, che per quanto sia grande, elevato e difficile l’incarico a cui destina una creatura, con la sua stessa destinazione le conferisce tutte le grazie, di cui abbisogna per ben sostenerlo. Le parole adunque di Gesù Cristo: «Ecco il tuo figlio; ecco la tua madre; » non solo dichiararono Maria Madre nostra, ma tale ancora la resero nell’istante medesimo in cui furono pronunziate. In quell’istante istesso Maria sentissi tutta ad un tratto commuovere le viscere, agitarsi l’anima benedetta, e nascere nel suo cuore tutta la tenerezza, tutto l’affetto di una vera madre verso di noi. Ma vi ha di più ancora. Maria, appiè della Croce, se ne stava immobile nella sua rassegnazione ed estatica nel suo dolore contemplando il suo diletto Figlio. Essa lo mirava ricoperto di piaghe, grondante di sangue, orrido, contraffatto, languente e vicino ad esalare l’ultimo fiato in un mare di tormenti. Udiva le atroci bestemmie, i pungenti sarcasmi, gli amari insulti che farisei, soldati e plebaglia lanciavano contro di Lui. Vedeva tutti costoro impazientire con furore perché ancora non moriva e dar poscia segni di gioia feroce al vedere che già stava per spirare. Ma di fronte a questo spettacolo ributtante di selvaggia crudeltà, Ella intendeva il Figliuol suo che dimenticando le sue pene e i suoi obbrobri pregava il suo Padre celeste, chiedendogli il perdono per coloro che ne erano la causa. Lo vedeva stendere non per forza, ma per amore infinito le sue braccia ad un popolo che non lo credeva e lo contraddiceva, e questo contrasto di una barbarie senza esempio e di un amore senza confini, di un eccesso di malizia, di ingiustizia, di furore per una parte, di pietà, di misericordia e di clemenza dall’altra la colpisce, la sorprende e la rapisce nella profondità misteriosa della carità, che il suo Figlio nutre e dimostra agli uomini, e di cui i torrenti di tante ingiurie e di tanti dolori non valsero ad estinguere l’incendio. In tale rapimento Gesù Cristo, Figliuol suo, non le parve mai Dio così grande e così amabile, come allora che lo vede trattato da meno che uomo e ridotto ad averne perduto le sembianze. Ah! che Maria amò sempre Gesù di un amore senza misura! Ma allora, a quello spettacolo il suo amore come avvivato da nuova fiamma si fa più violento, più energico, più tenero, elevato per così dire alla sua. più alta potenza. E dominata da questo amore, se lo avesse potuto, egli è certo che si sarebbe lanciata con Gesù sulla croce, si sarebbe stretta e crocifissa con Lui e con Lui sarebbe morta di dolore e di amore. Ora, è in questo stato di tenerezza immensa, di violentissimo amore per Lui che Gesù Cristo, dirò così, la sorprende, la coglie e l’arresta per dirle: « Mulier, ecce filius tuus: Donna, ecco il tuo figlio. E perché mai questo agire di Gesù Cristo? perché? Ah! miei cari, ciò fu propriamente, perché Maria in quella espressione: « Donna ecco il tuo figlio, » intendesse prontamente ed efficacemente che Gesù Cristo voleva dirle: « O Donna, quell’amore così forte, così veemente, così acceso che ora più che mai invade il vostro cuore per me, è ad altri vostri figli che voi d’ora innanzi dovete pure rivolgerlo: sono i figli che ora io vi creo con la mia onnipotente parola, sono i figli che ora Voi generate con me nei vostri dolori, sono gli uomini, che io vi addito nella persona del mio discepolo: Mulier, ecce filius tuus.» E così appunto intese Maria. E così intendendo per l’opera di Gesù Cristo e per la libera sua corrispondenza alla medesima, sentì tutto a rifondersi nel suo petto il cuore, e cominciò da quell’istante ad amare gli uomini di quello stesso materno amore, con cui fino allora aveva amato il suo Gesù Cristo. Fu allora pertanto, che Ella divenne quale poi la descrisse lo stesso San Giovanni: Mulier, amicta Sole; la Donna vestita del Sole. – Perché, come nota S. Bernardo, essa che nell’istante dell’Incarnazione aveva con le sue purissime carni vestito come di purissima nuvola il Sole eterno di giustizia, ora veniva Ella da quel Sole medesimo rivestita e compenetrata delle fiamme della sua divina carità. Perciocché in Gesù Cristo di mano in mano che s’avvicinava il tempo in cui doveva morire per noi, il suo amore per gli uomini si andava facendo ognor più intenso e violento; e poiché ormai era giunto al momento di esalare l’ultimo fiato, così l’amor suo per l’umanità era giunto al colmo, all’estremo suo confine. Ed allora pronunziando quelle parole, con cui ci dava Maria per Madre, apriva il suo Cuore Santissimo, ne faceva uscir fuori impetuosa una vampa di amore per noi, la quale dall’alto della Croce discendendo sopra Maria, che ne stava ai piedi, tutta la circondò, la invase, la riempì, sicché ancor Ella si sentì compenetrata dagli stessi trasporti di carità del suo Divin Figlio; e nella sua morte non vedendo più altro che il pegno di nostra salvezza domina e conquide il suo dolore, e non solo si rassegna a che il suo Figliuolo muoia; ma volentieri, e con interno gaudio, come ebbero a dire i Santi Padri, dal fondo dell’anima sua ripete a Dio l’offerta del sacrifizio del suo Divin Figlio, congiungendo l’offerta del sacrifizio del suo Cuore. Dopo di ciò, l’amore di Maria per noi nascendo dalla fonte stessa dell’amore per noi di Gesù Cristo, vale a dire dal suo Santissimo Cuore, puossi dubitare menomamente che Ella sarebbe stata lenta ad esercitare con gli uomini l’ufficio e l’amore di madre? Ah! che non appena la parola di Gesù Cristo li affidava a lei per figliuoli, tosto prendeva a portarli tutti nel suo seno e ad usare verso di essi tutte le sollecitudini, tutte le premure, tutte le tenerezze materne. Ed eccola quasi appena spirato Gesù sulla croce farsi a confortare i tremanti, a sollevare i caduti, a consolare gli afflitti. Perciocché fu ella che tosto raccolse insieme i discepoli che alla cattura di Gesù si erano messi in fuga e dispersi; fu Ella che risollevò l’animo abbattuto di Pietro, che aveva negato il divino Maestro e lo confortò a sperare e ad essere sicuro del perdono; fu essa che rimise in calma tutti i seguaci del Nazareno, la cui morte aveva scompigliati e confusi, e ingenerò nel loro cuore la sicurezza della sua vicina risurrezione. – Ma che dire poi dello zelo ammirando, con cui questa gran Madre si pose ad esercitare la sua carità per gli uomini dopo l’Ascensione al cielo del suo divin Figlio? In sul bel principio della loro predicazione gli Apostoli essendo incarcerati, flagellati, dannati a morte, essa piglia come per sé medesima tutti quegli iniqui trattamenti, ma superandoli con forte animo, si fa con la parola e con l’esempio a confortare gli Apostoli a superarli essi pure. I primitivi Cristiani abbisognando di aiuto accorrono a Lei da tutte le parti e a Lei si raccomandano con quella fiducia con cui i figli si affidano alla madre; ed Ella tutti accoglie con amorevolezza infinita e tutti rimanda felici della efficacissima sua consolazione. Tutti poi, e apostoli e fedeli, nelle difficoltà che incontrano per spargere il Vangelo e per praticarlo ricorrono a Lei, ed essa co’ suoi consigli e con le sue preghiere le appiana e le scioglie. Ma salita poi al Cielo ha ella cessato di far sentire agli uomini il suo materno affetto? Ah! conforme ai disegni amorosi di Gesù Cristo, che la voleva madre degli uomini non solo dei primi tempi della Chiesa, ma per sempre sino alla fine del mondo, lassù continuò sempre a sentire e prendere per noi tale sollecitudine, che dopo il Figliuolo suo, non havvi là alcuno che la senta e prenda maggiore di lei. E potrà forse una Madre dimenticare il frutto delle sue viscere? Ma quando pure ciò facesse una Madre terrena, ciò non farà mai la nostra madre celeste, che è la Madre per eccellenza, la Madre perfetta, la Madre modello, la Madre delle madri, siccome è la Vergine delle vergini, la stella delle stelle. Epperò del continuo aprendo il suo seno di misericordia, vi accoglie le nostre preghiere e le presenta al suo divin Figlio, del continuo gli espone i nostri bisogni, e ne implora le grazie necessarie, del continuo ce le dispensa e provvede a riparare la nostra miseria. E che altro sono mai se non prove dell’incessante amore di Maria per noi quelle apparizioni molteplici, che Ella fece a’ suoi speciali devoti o per insegnarci per loro mezzo le pratiche più salutari, o per ammonirci dei nostri traviamenti ed animarci alla penitenza, o per riaccendere in noi la fiducia in Dio ed il coraggio cristiano? Non sono prove dell’amore materno di Maria quegli aiuti così potenti che ella ci diede ognora contro i nemici del nome cristiano, per cui, vincendo la loro tracotanza, la Chiesa poté essere libera dall’oppressione e godere una vita sempre più gagliarda? Non sono prove dell’amore materno di Maria quei prodigi così palesi e strepitosi da Lei operati intanto suoi santuari, a tanti suoi altari, per mezzo di tante sue immagini? E queste immagini, questi altari, questi santuari non sono essi medesimi altre prove di tale amore? Cerchiamo pure la loro origine, cerchiamo quella di tanti altri monumenti con ogni magnificenza a Lei dedicati, di tante solennità che per lei si van celebrando, di tante dimostrazioni di ossequio che da per tutto a lei si danno, e troveremo sempre che tutto ciò è avvenuto in omaggio e ringraziamento dell’amore materno che ha dimostrato agli uomini. Quella regione era minacciata dall’eresia, quella città era desolata dalla peste, quell’altra dalla fame; la guerra travagliava quel regno, il terremoto minacciava di subissar quel paese, l’acqua di ingoiar quella provincia, il fuoco di devastar quella contrada, un rio malore di gettar nel lutto quella famiglia, un grave pericolo di togliere la vita a quell’individuo, le passioni e la disperazione di rovinar per sempre quell’anima, e tutti costernati si rivolgevano a Maria e gridavano ti denti: Madre, soccorrici, abbi pietà di noi; e Maria accorse pietosa, li coprì tosto del suo materno manto e li campò dall’ira divina. Sicché ha ben ragione S. Bernardo di esclamare: No, non si è mai inteso a dire che alcuno ricorrendo per aiuto a Maria non sia stato da Lei esaudito. Quale dono adunque è stato quello che ci fece il Cuore di Gesù nel darci dalla croce, ove agonizzava, una madie sì amante, sì tenera, sì pia! Senza dubbio questo fu uno dei benefizi più segnalati che ci abbia fatti, uno degli aiuti più potenti che ci abbia somministrato, uno dei mezzi più efficaci che ci abbia elargito per la nostra eterna salute! Qual nuovo titolo pertanto, diremo con S. Anselmo, qual nuovo motivo per accrescere la nostra fiducia, per raffermarci nelle nostre speranze, per allargare i nostri desideri! La nostra causa, la nostra salute, la nostra felicità eterna sta riposta nelle mani di una madre, che immensamente ci ama, e che amandoci di un infinito amore non lascerà certamente che vada perduto alcuno di quei figli, che Gesù Cristo, prima di morire sulla croce, le ha affidati.
III. — Ma la dichiarazione di nostro Signor G. Cristo in croce contiene due parti. Ora, se nella prima, come abbiamo veduto, Egli ha dato a Maria non solo il titolo, ma il cuore e l’affetto di Madre, nella seconda, vale a dire nelle parole rivolte al discepolo: «Ecco la tua madre» Egli ha dato pure ai fedeli non solo il titolo, ma il cuore e l’affetto di figli di Maria. Epperò la parola onnipotente dell’Uomo-Dio non è in Maria soltanto che operò un’ineffabile trasformazione del cuore, ma è ancora nei fedeli divenuti suoi figli ripieni di amor accesissimo per Lei: giacché la stessa espressione « ecco » che Gesù Cristo adoperò per formare di Maria la nostra vera Madre, l’adoperò ancora per formare di noi i suoi veri figli. Ed ecco la ragione di quell’amore sì grande, sì costante, sì universale di tutta la Chiesa verso di Maria. Ecco perché fin dai primi secoli prese ad onorarla nel seno della terra, dentro le catacombe, sulle cui pareti dipingeva o grafìva le sue benché rozze immagini, dinnanzi alle quali andavano ad animarsi al martirio i grandi campioni della fede. Ecco perché in seguito prese ad innalzare in suo onore le più splendide basiliche, e segue tuttodì in ogni parte del mondo e tra le più popolose città e nei più piccoli borghi, e sulle rive dei mari, e sulle vette dei monti, e nelle valli più romite a dedicarle dei santuari. Ecco perché con un acconcio giro di feste nel corso dell’anno fa passare alla venerazione dei fedeli i misteri principali della sua vita e celebra molte altre solennità secondo i titoli diversi e tutti magnifici, che la pietà dei Cristiani le ha dato. Ecco perché a Lei consacra dei mesi interi, delle intere settimane, ed in ogni settimana il sabbato e tutti i giorni la saluta con l’Arcangelo Gabriele:
E quando sorge e quando cade il die,
E quando il sole a mezzo corso il parte.
Ecco perché i Sommi Pontefici, i Vescovi, i Concili generali e nazionali, gli Ordini religiosi, gli Ordini civili e militari; le Università e le Accademie sono mai sempre andati a gara per celebrarne le lodi, per promuoverne il culto, per ampliarne la devozione, per difenderne le eccelse prerogative. – Ecco perché i geni della fede, i Padri e i Dottori della Chiesa tennero per Lei il linguaggio più enfatico ed espressivo, i geni della poesia per Lei innalzarono i cantici più ispirati e sublimi, i geni della musica per Lei trovarono le note più tenere e soavi, i geni della pittura formarono di Lei le tele più celebrate. Ecco perché non vi ha paese, non vi ha città, non vi ha nazione cristiana che col più grande entusiasmo non protesti di essere il paese, la città e la nazione di Maria, ciò che significa che tutti i paesi, tutte le città e tutte le nazioni cristiane hanno il medesimo sentimento, lo stesso cuore per Maria. Ecco perché in tutte le calamità pubbliche e in tutte le angustie private, nei bisogni dell’anima e in quelli del corpo, nei flagelli di Dio e in tempo delle persecuzioni degli uomini, il clero e il popolo, i re ed i sudditi, i nobili e plebei, i dotti e gli ignoranti, i grandi e i piccoli, gli uomini e le donne, i vecchi e i fanciulli, il navigante nella tempesta, l’infermo nella malattia, il povero nell’indigenza, l’afflitto nella tribolazione, il soldato nella battaglia, il giovane nella tentazione, la fanciulla nel pericolo, la madre nel dolore, ricorrono sempre e dappertutto a Maria. Ecco perché lo stesso peccatore nella miseria del suo peccato si rivolge fiduciosamente a Lei, e non vi ha Cristiano sì degenerato e corrotto che anche nella mostra sfacciata di un’apparente incredulità, in mezzo alla licenza delle sue passioni sfrenate non conservi in fondo al cuore, come carbone in mezzo alla cenere, un avanzo di inclinazione verso di Lei, che lo induce almeno di anto in tanto ad invocarla, se non altro, occultamente e ad affidarsi alla sua materna pietà. Ecco infine perché il tempo che tutto deteriora, consuma e distrugge, tutt’altro che aver affievolito il culto di Maria lo è andato facendo sempre più grande, più profondo, più universale! Ah! tutto ciò è l’effetto della gran parola detta da Gesù Cristo morendo a Giovanni: « Ecco la tua madre. » No, nessuna causa privata e particolare poteva produrre un effetto sì comune e sì generale. Bisogna risalire a quella causa onnipossente che opera sui cuori e li trasforma: bisogna risalire a quel Gesù Cristo il cui Cuore ripieno di carità infinita per noi non si è contentato di formare di Maria la nostra vera Madre, ma ha voluto ancora formare di noi i veri figli di Lei. Oh bontà! Oh amore! oh degnazione! Come importa pertanto che corrispondiamo per la parte nostra alle intenzioni così salutari del Cuore di Gesù Cristo! Come siamo in dovere di fare ancor noi quel che fece il discepolo Giovanni, che intesa la volontà del Redentore prese tosto da quel momento Maria come sua carissima Madre, e si diede a diportarsi con Lei come il figlio più affezionato! E chi vi sarà tra noi che non si senta trasportato a fare lo stesso? Deh! attacchiamoci tutti a questa madre pietosa, amiamola dell’amore più ardente, onoriamola con lo slancio più vivo, e certamente avremo parte a quei beni che porta l’amore e la protezione di questa gran Madre. – Prostrati intanto ai piedi vostri, o Gesù amantissimo, noi ringraziamo, lodiamo e benediciamo il Cuor vostro della carità infinita che ci ha usato nel donarci colla sua onnipotente parola una Madre celeste in Maria Santissima. E ad un tempo vi preghiamo di voler accendere veramente e rendere sempre più vivo nel cuor nostro l’amore per lei, affinché amandola quaggiù da veri figlioli possiamo un giorno andarla ad amare per sempre in cielo!