SALMI BIBLICI: “VENITE, EXSULTEMUS DOMINO” (XCIV)

SALMO 94: “VENITE, EXSULTEMUS DOMINO

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR – 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 94

Laus cantici ipsi David.

[1]  Venite, exsultemus Domino; jubilemus Deo salutari nostro;

[2] præoccupemus faciem ejus in confessione, et in psalmis jubilemus ei:

[3] quoniam Deus magnus Dominus, et rex magnus super omnes deos;

[4] quia in manu ejus sunt omnes fines terræ, et altitudines montium ipsius sunt;

[5] quoniam ipsius est mare, et ipse fecit illud, et siccam manus ejus formaverunt.

[6] Venite, adoremus, et procidamus, et ploremus ante Dominum qui fecit nos;

[7] quia ipse est Dominus Deus noster, et nos populus pascuae ejus, et oves manus ejus.

[8] Hodie si vocem ejus audieritis, nolite obdurare corda vestra

[9] sicut in irritatione, secundum diem tentationis in deserto, ubi tentaverunt me patres vestri, probaverunt me, et viderunt opera mea.

[10] Quadraginta annis offensus fui generationi illi; et dixi: Semper hi errant corde.

[11] Et isti non cognoverunt vias meas: ut juravi in ira mea: Si introibunt in requiem meam.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XCIV

Invito ed esortazione a lodar Dio col cuore, colla bocca e colle opere.

Landa: ovver cantico dello stesso David.

1. Venite, esultiamo nel Signore, cantiam le Lodi di Dio Salvator nostro.

2. Corriamo a presentarci davanti a lui coll’orazione, e coi salmi celebriamo le sue lodi.

3. Imperocché il Signore è un Dio grande, e un Re grande sopra tutti gli dèi.

4. Perocché l’ampiezza tutta della terra egli tiene nella sua mano, e a lui gli altissimi monti appartengono.

5. Perocché di lui è il mare, ed egli lo fece, e dalle mani di lui fu fondata l’arida terra.

6. Venite, adoriamolo e prostriamoci, e spargiamo lagrime dinanzi al Signore, di cui siamo fattura.

7. Imperocché egli è il Signore Dio nostro: e noi popolo dei suoi paschi e pecorelle di suo governo.

8. Oggi, se la voce di lui udirete, non vogliate indurare i vostri cuori.

9. Come nel luogo dell’Altercazione al dì della tentazione nel deserto, dove tentaron me i padri vostri, fecer prova di me, e videro le opere mie. con quella generazione, e dissi: Costoro van sempre errando col cuore.

11. Ed eglino non han conosciute le mie vie; ond’io giurai sdegnato: Non entreranno nella mia requie.

Sommario analitico

Questo Salmo, senza titolo in ebraico, è attribuito a Davide dai Settanta, la Vulgata e San Paolo, che lo cita sotto il nome di Davide nella lettera agli Ebrei (IV, 7). Esso fu composto probabilmente dopo il trasporto dell’arca a Sion, e dato ai cantori per il servizio divino.

[Il Salterio liturgico contiene questo salmo secondo l’antico italico; questo spiega le differenze con la traduzione della Vulgata che qui leggiamo. – Questo Salmo sembra essere un dialogo a tre voci, con una quarta a nome del Salmista (vers. 8), ed una quinta a nome di Dio (vers. 9-11)].

Il Re-Profeta:

I. – Invita il popolo giudeo a cantare le lodi di Dio.

1° Egli chiama tutti i cori, tutte le voci, tutti gli strumenti ad unirsi nella lode divina (1, 2);

2° Ne offre i motivi: – a) la grandezza di Dio, elevato sopra tutti gli dei (3); – b) Egli è il sovrano Creatore e Signore della terra, del mare e di tutto l’universo (4, 5); – c) Egli ci ha creato, e noi abbiamo offeso con i nostri peccati il nostro Creatore (6); – d) la provvidenza tutta particolare con la quale Dio ci governa (7).

II. – Ricorda che occorre aggiungere a questo culto di lode, l’obbedienza alla voce di Dio:

1° Introduce Dio stesso parlando al suo popolo ed esortandolo a non chiudere le sue orecchie ed il suo cuore alla voce che fa intendere (8);

2° lo invita ad evitare la disobbedienza e l’ostinazione dei Giudei nel deserto (9);

3° ricorda la pena di questa ostinazione, i rimproveri continui che Dio ha loro fatto, il loro incessante accecamento, la loro esclusione dalla terra promessa (10, 11).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-7.

ff. 1, 2. – Ci sono tre gradi, o se si vuole, tre azioni in questo preambolo del Salmo: cantare le lodi del Signore con gioia, servire il Signore con allegria, comparire alla presenza del Signore, o nel suo santo tempio, con i sentimenti di perfetta soddisfazione. Nessuna noia in questi santi cantici, nessun mormorio in queste servitù; nessuna agitazione in questo traffico con Dio. Colui che vuole accordare l’amore del mondo con i doveri della religione non comprenderà niente degli inviti del Profeta.  Egli dirà – se è in buona fede – che la preghiera lo disgusta, che la fedeltà alla legge di Dio lo intimorisce, che l’assiduità nel santo tempio lo riempie di cattivo umore. Così succede quando il cuore è vuoto di Dio e quando vi regna imperiosamente l’amore del mondo (Berthier). – Si giunge a Dio con l’intelligenza e la volontà, che sono come i due piedi dell’anima. L’intelligenza ci avvicina a Dio mediante la fede. Per avvicinarsi a Dio, bisogna innanzitutto credere che Dio c’è; (Hebr. XI, 6); la volontà ci avvicina a Dio con le affezioni (S. Agost.). – Noi dobbiamo pervenire a Dio come servi al loro signore. « Voi avete riempito le vostre mani per il Signore, avvicinatevi ed offrite le vittime e le lodi della casa del Signore; » (II Paral. XXIX, 31); come i discepoli al loro maestro: « Venite e saliamo al monte del Signore, alla casa del Dio di Giacobbe, ed Egli ci insegnerà le sue vie » (Isai. II, 3); come i malati al loro medico: « Venite, torniamo al Signore, è Lui che ci ha colpito, ma Egli ci guarirà; Egli ci ha battuto, ma chiuderà le nostre ferite, » (Osea VI, 1, 2.); come coloro che hanno sete vengono ad una fonte rinfrescante: « se qualcuno ha sete, venga a me e beva; » (Giov. VII, 37); come ciechi alla luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo; come degli amici che vengono ad intrattenersi con un amico. – Tre tipi di confessione vi sono: la confessione della fede, la confessione dei peccati, la confessione delle lodi. – Noi dobbiamo prevenire l’arrivo di Gesù-Cristo come giudice con questa triplice confessione della fede, dei peccati, delle lodi. «  Confessate Dio durante la vostra vita, confessatelo nella vostra forza e nella vostra gloria, confessate Dio e glorificatelo nelle sue misericordie. » (Eccli. XVII, 27).

ff. 3-7. – Niente è di più importante per pregare bene, che concepire innanzitutto delle grandi idee di Dio. – Egli è superiore ad ogni potenza; questo sarebbe poco per Dio, o piuttosto non sarebbe nulla l’essere al di sopra degli dei della gentilità, che non erano se non idoli privi di vita e sentimento, ma la sua grandezza sorpassa quella di tutti coloro che portano il nome di dei nell’antica Scrittura, gli Angeli, i re, i potenti, i giudici della terra, etc. Seconda ragione, Dio domina sovrano su tutto l’universo. Questo pianeta terra che ci sembra così considerevole e pieno di meraviglie, è come un atomo; se lo si compara alla potenza di Dio, esso è tutto intero nella sua mano. Egli è il padrone delle montagne più elevate, da dove considera tutte le azioni e tutti i pensieri degli uomini; è padrone assoluto del mare, al quale comanda con autorità, e nel quale eccita tempeste quando gli pare, e lo riconduce alla calma quando gli piace. – Tutto gli appartiene ancora a titolo di produzione, di modo che nulla esisterebbe senza di Lui. – C’è poi questa terza ragione: « Dio ci ha fatto », che comprende riassumendo tutta la Religione. Essa è il fondamento della fede, l’appoggio della fiducia, il motivo della riconoscenza, l’aculeo dell’amore … ogni opera  è cara a colui che l’ha fatta; ma quale opera, aggiunge Sant’Agostino, quella che è formata ad immagine e similitudine del proprio Autore? Non c’è alcuno di noi che non abbia disonorato questa divina immagine: compiangiamo le nostre offese e chiediamo grazie ai piedi del suo trono. – Penitenza, per quando è il tempo: inchiniamo la faccia al Giudice; preveniamolo con la confessione dei nostri peccati, preveniamo il suo volto con la confessione della nostra impotenza, per timore che non ce la faccia conoscere con la nostra caduta. « Piangiamo, piangiamo davanti a Colui che ci ha fatti; »  piangiamo prima di cadere in questi pianti irrimediabili ed infiniti; piangiamo con San Pietro, per timore di non piangere eternamente ed inutilmente con Giuda e con tutti i malvagi (Bossuet,  Médit., sur l’Ev.) — Noi non possiamo riparare da noi stessi questa divina somiglianza, è a Dio che compete ristabilire questi tratti troppo spesso e troppo a lungo cancellati, il creare in noi un cuore nuovo, renderci conformi al gran modello che ci ha dato nella Persona di suo Figlio. – Quarto motivo, ancora più toccante: noi apparteniamo in proprio al Signore, noi siamo la porzione cara del suo gregge, noi siamo immediatamente sotto la sua condotta. Gesù-Cristo, divin Pastore delle nostre anime, non solamente ci nutre nei pascoli delle Scritture, ma ci conduce Egli stesso per mano, come pecore ragionevoli, e si degna di nutrirci con la propria carne. (S. Agost.; Berthier; Dug.). – « Noi siamo il popolo dei suoi pascoli e le pecore che le sue mani hanno creato. » Vedete con quale eleganza il Profeta ha cambiato l’ordine delle parole, le ha come stornate dal loro senso naturale, al fine di farci intendere che le pecore ed il popolo sono la medesima cosa. Egli non ha detto: le pecore dei suoi pascoli, ed il popolo che le sue mani hanno formato, cosa che poteva apparire più conveniente, perché le pecore si riportano ai pascoli; ma egli ha detto: « il popolo dei suoi pascoli. » Le sue pecore sono dunque questo popolo, poiché ha detto: « il popolo dei suoi pascoli, », questo popolo formato dalle sue pecore. D’altra parte, così come noi possediamo le pecore che compriamo, ma che non creiamo noi, e come aveva detto più in alto: « … prostriamoci davanti a Colui che ci ha creati, » egli dice qui a ragione: « le sue pecore che le sue mani hanno creato. » Nessun uomo si crea delle pecore: egli può comprarne, riceverne in dono, trovarne, aggiungerle al suo gregge, rubarne addirittura; ma crearne, non può! Al contrario, il Signore ci ha creati, ecco perché : « il popolo dei suoi pascoli e le pecore che le sue mani hanno creato, » sono le pecore che si è degnato creare da sé con la sua grazia (S. Agost.). 

II. — 8-11.

ff. 8-11. – Non è sufficiente lodare il Signore con cantici, con adorazioni, con azioni di grazie, bisogna aggiungere a questo culto esterno, l’obbedienza alla voce di Dio, il compimento delle sue volontà. – La parola “oggi” indica il tempo della vita presente e ciascuno dei momenti che la compongono: « Nel mentre di quel che si dice oggi, se ascoltate la mia voce, non indurite i vostri cuori, come nel luogo della contraddizione. » (Ebr. III, 15). « Se oggi ascoltate la sua voce, badate di non indurire i vostri cuori. » Il demonio, al contrario, non cessa di suggerirci di commettere oggi il peccato e di rinviare all’indomani la pratica della giustizia. Ecco perché il Signore, volendo distruggere l’influenza di questi cattivi consigli, ci dice per bocca del Profeta: « Oggi, se ascoltate la mia voce. » Il demone dice: Oggi mi appartieni, il domani è per Dio. Il Signore, al contrario, grida a voce spiegata: « Ascoltate oggi la mia voce. » Considerate i trucchi artificiosi del vostro nemico: non osa consigliarvi di allontanarvi interamente da Dio, egli sa che questo pensiero ripugna sovranamente ai Cristiani, ma cerca di attaccarvi con le sue trovate artificiose. Egli è scaltro nel fare il male. Egli sa che noi non viviamo realmente che nel tempo presente, e che tutte le nostre azioni si compiono nel breve arco di tempo che noi chiamiamo il presente. Ecco perché ci deruba fraudolentemente il giorno presente e ci lascia la speranza del domani. Giunto il domani, questo cattivo consigliere si presenta di nuovo, prende ancora per lui il giorno attuale, rimandando il domani per il Signore, ed è così che togliendoci costantemente il tempo presente con l’attrazione dei piaceri, e rinviando sempre la nostra speranza ai tempi avvenire, ci conduce all’ultimo giorno senza che, nella nostra imprudenza, siamo stati vigilanti per prepararvici. (S. Basil., Homin. S. Babtisma.) – L’Apostolo san Paolo, dopo aver messo davanti agli occhi degli ebrei convertiti alla fede l’esempio dei loro padri che, per loro ostinazione, si erano resi indegni di entrare nella terra che Dio aveva loro promesso, conclude con questo eccellente avviso: « Temete, dunque, fratelli miei che non ci sia in alcuno di voi un fondo o di incredulità o di malignità che vi allontani dal Dio vivente; ma esortatevi incessantemente l’un l’altro, mentre ancora dura questo tempo che la Scrittura chiama “oggi”, perché dovete essere persuasi che ciò che si chiama l’oggi è per voi il tempo delle misericordie del Signore. Vedete, sottolinea san Crisostomo, la mirabile teologia di san Paolo: egli non esorta gli ebrei a convertirsi, né a seguire i lumi della grazia quando saranno liberi da certi imbarazzi del secolo, né ad allontanarsi dai loro errori in un certo termine che avrebbe potuto loro demarcare … ma egli dice loro: Esortatevi gli uni gli altri, mentre disponete di questo giorno presente, perché questo giorno presente vale meglio per voi di tutti i secoli compresi nella durata infinita di Dio; perché il giorno presente è il solo punto di eternità al quale abbiate diritto; in una parola, perché non c’è che il giorno presente in cui possiate sicuramente ed infallibilmente operare per la vostra salvezza (Bourdiol, Sur le retard de la Pén.) –  Nella legge del sabbat, Dio figura il riposo futuro che si prepara ai suoi servi … È la dottrina di san Paolo che vi fa vedere nell’antico popolo, e dalle origini del mondo, in una eccellente figurazione, la promessa di un riposo felice. L’Apostolo chiama Davide a conferma di questa verità, allorché sottolinea che questo grande Profeta promette ai figli di Dio un nuovo riposo e giura che « … i ribelli non entreranno, »  e nello stesso tempo un giorno di prova in cui apprendiamo ad obbedire alla sua voce, secondo quanto è nello stesso salmo: « Oggi se voi ascoltate la sua voce, non indurite i vostri cuori! » altrimenti per voi non ci sarà riposo. Ecco dunque due giorni misteriosamente segnati dal Signore, uno per obbedire alla sua voce, e l’altro per riposarsi eternamente con Lui! Ed è questo il vero sabbat, « … il vero riposo che è concesso al popolo di Dio. » (BOSSUET, Elév. VIII, S. XII, Elév.) – La causa principale del traviamento degli uomini, è il non conoscere le vie di Dio. Queste vie di Dio sono la sua legge, sia naturale che scritta; le sue ispirazioni ed i tocchi della sua grazia; l’imitazione costante di Gesù-Cristo, che ha detto essere Egli stesso la via; la conoscenza della nostra miseria e la persuasione stessa della nostra debolezza; la fuga dal mondo e l’allontanamento da tutto ciò che il mondo stima, ama, ammira; lo spirito di solitudine e la pratica della preghiera; l’amore per le umiliazioni, le sofferenze, la povertà (Berthier). – Non dubitate del riposo, della felicità, dell’eternità, dell’immortalità, se siete fedeli alla legge di Dio; e non dubitate ancor più della morte eterna, del fuoco eterno, della dannazione in compagnia dei demoni, se trasgredite a questa legge. La promessa di Dio contempla questi due termini (S. Agost.).