SALMO 93: “Deus ultionum Dominus”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS
A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES
SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi
tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e
delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli
oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé
J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE
TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et
d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di
Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME DEUXIÈME.
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR
13, RUE
DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 93
Psalmus
ipsi David, quarta sabbati.
[1] Deus ultionum Dominus;
Deus ultionum libere egit.
[2] Exaltare, qui judicas terram, redde retributionem superbis.
[3] Usquequo peccatores, Domine, usquequo peccatores gloriabuntur?
[4] effabuntur et loquentur iniquitatem, loquentur omnes qui operantur injustitiam?
[5] Populum tuum, Domine, humiliaverunt; et hæreditatem tuam vexaverunt.
[6] Viduam et advenam interfecerunt, et pupillos occiderunt.
[7] Et dixerunt: Non videbit Dominus, nec intelliget Deus Jacob.
[8] Intelligite, insipientes in populo; et stulti, aliquando sapite.
[9] Qui plantavit aurem non audiet? aut qui finxit oculum non considerat?
[10] Qui corripit gentes non arguet, qui docet hominem scientiam?
[11] Dominus scit cogitationes hominum, quoniam vanae sunt.
[12] Beatus homo quem tu erudieris, Domine, et de lege tua docueris eum;
[13] ut mitiges ei a diebus malis, donec fodiatur peccatori fovea.
[14] Quia non repellet Dominus plebem suam, et hæreditatem suam non derelinquet:
[15] Quoadusque justitia convertatur in judicium, et qui juxta illam omnes qui recto sunt corde.
[16] Quis consurget mihi adversus malignantes? aut quis stabit mecum adversus operantes iniquitatem?
[17] Nisi quia Dominus adjuvit me, paulo minus habitasset in inferno anima mea.
[18] Si dicebam: Motus est pes meus, misericordia tua, Domine, adjuvabat me.
[19] Secundum multitudinem dolorum meorum in corde meo, consolationes tuæ lætificaverunt animam meam.
[20] Numquid adhæret tibi sedes iniquitatis, qui fingis laborem in præcepto?
[21] Captabunt in animam justi, et sanguinem innocentem condemnabunt.
[22] Et factus est mihi Dominus in refugium, et Deus meus in adjutorium spei meæ.
[23] Et reddet illis iniquitatem ipsorum, et in malitia eorum disperdet eos; disperdet illos Dominus Deus noster.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol.
Tasso ed. MDCCCXXXI]
Salmo da recitarsi pel mercoledì. Argomento è la Provvidenza di Dio, che non lascia di punire in fine i malvagi e
rimunerare i buoni.
Salmo dello stesso David per il quarto giorno della settimana.
1.
Il Signore è il Dio delle vendette: il Dio delle vendette opera liberamente.
2. Dà a conoscere come glorioso sei tu,
o Giudice della terra: rendi la loro retribuzione a’ superbi.
3.
Fino a quando, o Signore, fino a quando i peccatori anderanno fastosi?
4. Apriranno la bocca, e parleranno
iniquamente; parleranno con arroganza tutti quelli che operano l’ingiustizia?
5. Signore, eglino hanno umiliato il tuo
popolo, e hanno malmenata la tua eredità.
6.
Hanno ucciso la vedova e lo straniero, e messi a morte i pupilli.
7. E hanno detto: Il Signore non vedrà,
e non ne saprà altro il Dio di Giacobbe.
8.
Intendete, o i più stupidi del popolo; o voi, stolti, imparate una volta.
9. Colui che piantò l’orecchia, non
udirà? e quei che lavorò l’occhio, sarà senza vista?
10. Non vi condannerà forse colui che castiga
le genti? che all’uomo insegna la scienza?
11.
Il Signore conosce i pensieri degli uomini, e come son vani.
12.
Beato l’uomo, cui tu avrai istruito, o Signore, e cui avrai tu insegnata la tua
legge,
13. Per rendere a lui men duri i giorni cattivi, fino a tanto che sia scavata la fossa del peccatore.
14. Imperocché il Signore non rigetterà
il popol suo, e non lascerà in abbandono la sua eredità.
15.
Fino a tanto che la giustizia venga a far giudizio e (fino a tanto) che staran
presso a lei tutti quelli che sono di cuore retto. (1)
16. Chi si alzerà per me contro i
maligni o chi starà dalla parte mia contro di quelli che operano l’iniquità?
17. Se non che il Signore mi ha aiutato quasi
quasi avrei avuto per mia stanza il sepolcro.
18. Se io diceva a te: Il mio piede
vacilla e la tua misericordia, o Signore, veniva in mio soccorso.
19. A proporzione dei molti dolori, che
prova il cuor mio le tue consolazioni letificarono l’anima mia.
20. Ha forse il tribunale d’iniquità
qualche cosa di comune con te, che ci prepari travaglio nei tuoi comandamenti? (2)
21.
Anderanno a caccia del giusto, e non danneranno il sangue innocente.
22.
Ma il Signore è stato mio rifugio, e il mio Dio il sostegno di mia speranza.
23.
Ed ei renderà ad essi la loro iniquità, e per la loro malizia gli sperderà; li
manderà in perdizione il Signore Dio nostro.
(1) Finché la
giustizia si volge in giudizio, fino a che il diritto sia riconosciuto come
retto nel giudizio, finché il giudizio torni alla giustizia, da cui non avrebbe
dovuto mai allontanarsi.
(2) Sarete voi come
un giudice iniquo, voi che avete dato dei precetti difficili e che non avete
disposto di osservare?
Sommario analitico (3)
(3) Questo salmo,
come il Salmo LXXXI, contiene delle minacce contro i giudici iniqui che abusano
del loro potere. Tra le opinioni supposte circa l’epoca alla quale far risalire
la composizione di questo salmo, due sembrano le più verosimili. Una lo riporta
ai tempi in cui Isaia e Michea fulminavano di anatemi contro i giudici iniqui
ed avidi dei beni altrui (Is. X, Mich. III, VII), e secondo questa opinione
questi giudici iniqui erano Israeliti. – L’altra opinione pone la composizione
di questo salmo ai tempi delle incursioni degli Assiri nella Terra Santa ed è
contro di questi che il salmista dirigerà i suoi lamenti (P. Emman, Essai sur les Psalmes.)..
Il Profeta parlando qui a nome del
popolo cristiano, della Chiesa di Gesù-Cristo perseguitata, dopo aver posto in
cima a questo salmo due grandi attributi di Dio, la potenza nell’esercitare le
sue vendette e la libertà di esercitarla (1):
I. Prega Iddio Onnipotente di esercitare la
sua giusta vendetta
1° Contro gli orgogliosi che si vantano
ed applaudono i loro crimini (2-4);
2° Contro gli oppressori dei giusti,
delle vedove, degli stranieri e degli orfani (5,6).
II. – Egli combatte l’empietà di coloro che
negano la divina provvidenza (7):
1° Li accusa di follia (8);
2° Li persuade dell’errore con un ragionamento
tratto dai doni che il Creatore ha fatto alla sua creatura e che deve possedere
in un grado infinitamente superiore (9, 10);
3° Egli li accusa di vanità (11).
III. – Proclama felici i giusti, perché
1° Essi hanno Dio per dottore, – a) che
li istruisce con la sua legge (12), – b) li preserva dalla rovina riservata ai
peccatori (13), – c) non li rigetta lontano da sé (14), – d) li riunisce ai
santi che saranno presso di Lui nel giorno del giudizio finale (15);
2° essi hanno Dio come difensore: – a)
Egli si leva per essi contro i malvagi (16); – b) tende loro la mano perché non
cadano nell’inferno (17); – c) la sua misericordia li sostiene quando i loro piedi vacillano (18);
3° Essi hanno Dio per consolatore: a)
Egli proporziona la grandezza delle consolazioni all’estensione ed alla
moltitudine dei precetti (20); b) compensa la pena attaccata all’osservazione
dei precetti (20).
4° Essi hanno Dio come sostegno:- a)
necessario contro i malvagi che cospirano contro la loro vita (21); – b)
potente, per servire loro da rifugio ed appoggio (22); – c) giusto, per far
ricadere sui malvagi la pena delle loro iniquità (23).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 1-6.
ff. 1-6. – Ricordiamoci
innanzitutto di questa verità, spesso ripetuta, che la Scrittura, attribuendo
sovente a Dio la gelosia, la collera, il furore e la vendetta, parla agli
uomini un linguaggio umano, per accondiscendere alla debolezza dei loro
pensieri ed elevarli più facilmente alla maestà dell’Essere supremo. – Che
cos’è il Dio delle vendette? Il Dio dei castighi. Voi mormorate senza dubbio perché
Egli non punisce i malvagi. Non mormorate se non volete essere nel numero di
coloro che Egli punirà. Un uomo ha commesso un furto; voi mormorate contro Dio,
perché colui che vi ha derubato non muore. Esaminate se voi stessi non
commettete furto. E nel caso in cui voi non ne commettiate, cercate di
ricordare se ne abbiate mai commesso. Se ora siete il giorno, ripassate il
tempo in cui eravate notte; se ora siete rafforzati nel cielo, ripassate il
tempo in cui abitavate la terra. Forse troverete che nel passato siete stato
colpevole di furto, e che un altro si irritasse del fatto che siete stato
lasciato in vita malgrado il vostro latrocinio, e che la morte non vi
cogliesse. Ma nello stesso momento dei vostri crimini, Dio vi ha lasciato in
vita affinché poteste rinunciare ai crimini, e riguardate come dopo aver
traversato il ponte della misericordia di Dio, non vogliate rivoltarlo dopo di
voi. Ignorate dunque che mille altri devono passare là dove siete passato voi
stesso? E potreste voi mormorare oggi, se colui che ha mormorato contro di voi
fosse stato esaudito? E tuttavia ora voi desiderate che Dio punisca i malvagi;
voi vorreste vedere morire questo ladro e mormorate contro Dio perché questo
ladro non sia morto… pesate sulla
bilancia dell’equità un ladro ed un bestemmiatore. Voi dite ora di non essere
un ladro, e sia; ma mormorando contro Dio, siete un blasfemo. Il ladro
sorveglia il sonno di un uomo per rubargli qualcosa; e voi, voi osate dire Dio
dorme e non vede ciò che l’uomo fa! Voi volete dunque che quest’uomo corregga
la sua mano: cominciate a correggere la vostra lingua; voi volete che Egli
corregga il suo cuore colpevole verso un uomo, cominciate a correggere il
vostro cuore colpevole verso Dio, per timore che questa punizione di Dio che
voi invocate, non cada dapprima su di voi quando Dio verrà. (S.
Agost.). – Perché Egli verrà, verrà certamente e giudicherà coloro che
avranno perseverato nella loro malvagità, che saranno stati ingrati verso la
sua misericordia che li ha prevenuti ed ingrati verso la sua pazienza, che
avranno ammassato contro se stessi un tesoro di collera per il giorno della
collera e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, quando renderà a
ciascuno secondo le sue opere (Rom. II, 46) – (S. Agost.). – Il Dio
delle vendette ha agito con libertà, ed in effetti non ha risparmiato nessuno
nei suoi discorsi; perché il Signore era
allora nella debolezza della carne, ma anche nella forza della parola. Egli non
ha fatto eccezione di persone nei confronti dei primi tra i Giudei. Cosa non ha
detto contro di loro? Cosa non ha detto
loro in faccia? Egli non temeva nessuno nei suoi discorsi perché meritavano di essere
risparmiati nei suoi giudizi; perché se si fossero rifiutati di ricevere il
rimedio della sua parola, avrebbero ricevuto la sua sentenza di giudice.
Perché? Perché Egli è il Dio delle vendette. Egli non li risparmiava nei suoi
discordi, perché meritassero di essere risparmiati nel suo giudizio. Perché il
profeta ha detto: « Il Dio delle vendette ha agito con fermezza; » e non ha
risparmiato nessuno nelle sue parole. E Colui che non ha risparmiato alcuno nei
suoi discorsi, nel momento di soffrire la sua Passione, risparmierà alcuno nel
suo arresto, al momento di giudicare? Colui che non ha temuto nessuno nella sua
umiltà, potrà temere qualcuno nella sua gloria? La fermezza dei suoi primi atti
vi dice come Egli agirà alla fine del mondo (S. Agost.). – « La
vendetta è mia, e sono Io che la farò, dice il Signore. » (Rom. XII, 19). – Dio,
nell’esercizio della sua giustizia, agisce liberamente: « Io mi vendicherò, e
qual è l’uomo che mi resisterà? » (Isai. XLVII, 3) – Per la ragione
stessa che la vendetta gli appartiene, Dio agirà liberamente e sovranamente,
cioè in Dio; in Dio senza considerazioni, o piuttosto al di sopra di ogni
considerazione; in Dio che, nell’ultimo giudizio che renderà agli uomini, non
avrà né condizioni da distinguere, né nessuno verso cui aver riguardi, perché
Egli verrà per vendicare gli abusi che avranno fatto gli uomini delle loro
condizioni, e per punire le attitudini criminali che hanno avuto per le loro
persone (Bourd. Jugem. De Dieu.)
– È un avvertimento dato a coloro che
giudicano la terra, il levarsi al di sopra di coloro che si giudicano elevati
sopra gli altri per la loro dignità o la loro potenza. – Non è con l’impazienza
che il giusto debba domandare a Dio di far brillare la sua potenza contro
coloro che lo opprimono, ma con un sincero amore della giustizia e per chiudere
la bocca a coloro che, vedendo i peccatori glorificarsi con insolenza,
potrebbero dubitare della Provvidenza di Dio. – Altra ragione c’è per domandare
a Dio che arresti l’insolenza dei peccatori, affinché l’impunità non li renda
ancor più criminali. Effetti funesti di questa impunità nei crimini sono:
umiliare tutti coloro che possono elevarsi al di sopra degli altri: affliggere
gli innocenti, opprimere i deboli o per interesse, o per la crudele soddisfazione
di far loro del male. (Dug.). « Elevatevi, voi che
giudicate la terra, rendete agli orgogliosi quello che hanno meritato. » Cosa
significano queste parole? È la predizione di un profeta e non l’ordine di un
audace. E non è in effetti se non perché il Profeta ha detto: « Elevatevi, voi
che giudicate la terra, », che il Cristo, obbedendo al Profeta, è resuscitato
per venire in cielo; ma è perché il Cristo voleva farlo che il Profeta l’ha
predetto … « Rendete agli orgogliosi ciò che essi hanno meritato. » Qual sono
gli orgogliosi? Coloro che non contenti di fare il male, vogliono pure
difendere i loro peccati … Chi è orgoglioso? Colui che si rifiuta di far penitenza
con la confessione dei suoi peccati alfine di poter ottenere la sua guarigione
con l’umiltà. Chi è orgoglioso? Colui che pretende di attribuirsi il poco di
bene che trova in lui e che ne rifiuta il merito alla misericordia di Dio. Chi
è orgoglioso? Colui che, pur attribuendo a Dio le sue bone opere, insulta
coloro che non ne fanno abbastanza e si eleva al di sopra di essi. (S.
Agost.). – Ma quando renderà a ciascuno la pena che ha meritato?
Nell’attesa i malvagi trionfano, i malvagi si danno all’allegria, i malvagi
bestemmiano e fanno tutto ciò che è male. Ne siete colpiti? Cercate il malvagio
con amore e non riprendetelo con orgoglio. Ne siete colpito? Il salmista
compatisce la vostra pena, e cerca con voi, non per ignoranza, ma cerca con voi
ciò che sa, per farvi trovare in lui ciò che voi non sapete. Così, colui che
vuol consolare qualcuno non può sollevarlo dal suo abbattimento che a
condizione di partecipare al suo dolore. Egli piange dapprima con lui e lo
consola con parole di consolazione … ma in questo salmo, lo Spirito di Dio,
benché sappia ogni cosa, cerca con voi e pronuncia in qualche modo le vostre
parole: « … Fino a quando i peccatori si glorieranno, risponderanno e terranno il linguaggio
dell’iniquità? Fino a quando coloro che commettono l’ingiustizia ne sosterranno
la lingua? » – Contro chi parlano se non contro Dio, coloro che dicono: A cosa
ci serve vivere così? Perché i malvagi conservano la vita, questi uomini
immaginano che Dio non sappia quel che facciano … « Fino a quando risponderanno
ed avranno un linguaggio iniquo? » Il profeta menziona qui tutte le loro
cattive opere. Che significa: essi risponderanno e parleranno con linguaggio di
iniquità? Essi avranno sempre qualche cosa da rispondere in opposizione ai
giusti. Un giusto viene a loro e dice: non commettete l’iniquità. Perché? Per
paura che ne moriate. Ma io ho già commesso l’iniquità, eppure non sono morto.
Un altro al contrario non ha fatto che opere di giustizia; perché Dio lo ha
punito severamente? Perché egli soffre? Ecco la risposta dei malvagi. Essi
hanno sempre una risposta pronta; e siccome Dio li risparmia, essi trovano in
questa pazienza di Dio degli argomenti di risposta. Dio li risparmia per un
motivo: essi rispondono su di un altro punto, sulla vita che viene loro lasciata.
L’Apostolo dice perché Dio li risparmia, ed egli spiega così le cause della
pazienza divina: « … Pensate voi dunque, voi che agite così, che sfuggirete al
giudizio di Dio e disprezzate dunque le ricchezze della sua bontà e della sua
longanimità? Ignorate che la pazienza di Dio ha per scopo di condurvi alla
penitenza? Ma voi, per la durezza del vostro cuore, per l’impenitenza del
vostro cuore, ammassate contro di voi un tesoro di collera per il giorno della
collera e della manifestazione del giusto giudizio di Dio che renderà a
ciascuno secondo le sue opere (Rom. II, 3, 6.). Cosi dunque Dio
estende la sua longanimità e voi estendete la vostra iniquità; Dio avrà un
tesoro di misericordia eterna per coloro che non avranno disprezzato la sua
misericordia, il vostro tesoro sarà un tesoro di collera, e ciò a cui vi
esponete giorno dopo giorno, lo troverete in un sol colpo; voi ammassate pezzo
su pezzo, ma troverete un mucchio enorme. Non vi rassicurate sulla poca gravità
dei vostri peccati di ogni giorno, perché queste sono piccole gocce che formano
i fiumi. (S. Agost.). Vedete qui la concatenazione del male: colui che ha
un linguaggio colpevole è come necessariamente indotto a fare del male; perché
la bocca parla dell’abbondanza del cuore, ed una coscienza corrotta si spande
in discorsi criminali (S. Girol.).
II. 7 – 11
ff. 7-11. – È il linguaggio degli atei e degli empi
di professione, ma è pure il linguaggio nelle loro opere diversi Cristiani, che
provano così bene che non sono convinti che Dio penetri il fondo dei cuori con
la sua luce e che ci sia una conoscenza esatta di tutte le loro azioni e di
tutti i loro pensieri. – Questi atei, questi empi difficilmente tornano
indietro. Poiché essi sono tanto più insensati perché credendosi saggi – ed
anche perché trattano gli altri con estremo disprezzo – è raro e quasi
impossibile che possano divenire veramente saggi. – « Come, colui che ha
formato l’orecchio non ascolta? E colui che ha fatto gli occhi è cieco? »
L’orecchio che Dio ha formato nell’uomo non intende, e l’occhio non vede che ad
una certa distanza; occorre che l’oggetto sia loro presente; ma Dio, posto a
qualunque distanza, intende molto distintamente tutto ciò che si dice fin nel
fondo del cuore; Egli vede chiaramente tutto ciò che accade nei luoghi più
reconditi, o piuttosto, è presente dappertutto (Dug.). – Perché non pensate che Egli è tutta la vista,
tutto l’udito, tutta l’intelligenza, che i vostri pensieri gli parlano, che il
vostro cuore gli scopre tutto, che la vostra coscienza è la sua sorvegliante ed
il suo testimone contro voi stessi? E tuttavia sotto questi occhi così vivi,
sotto questi sguardi così penetranti, voi vi rallegrate senza inquietudine del
piacere di essere nascosto; voi vi abbandonate alla gioia e vivete riposati tra
le vostre delizie criminose, senza pensare che Colui che ve le proibisce e vi
ha lasciato tante volte impunito, verrà qualche giorno inopinatamente a turbare
i vostri piaceri in modo terribile per i rigori del suo giudizio, quando meno
lo aspettate. – Colui che insegna
e punisce le nazioni, non le riprenderebbe? (Bossuet, “Serm., p. le I Dim. de l’Av., I^ p). È ciò che
Do fa ora: Egli insegna alle nazioni; ecco perché ha inviato la sua parola per
mezzo degli Angeli e dei Patriarchi, i suoi servi, una folla di araldi che
precedono il Giudice in arrivo. Egli ha inviato il Verbo stesso, suo Figlio, ha
inviato i servi di suo Figlio e suo Figlio stesso nei suoi servitori.
Nell’intero universo è predicata la parola di Dio. Qual è il luogo ove non si
dica agli uomini: rinunziate alle vostre antiche iniquità, e tornate sulla
retta via? Dio vi risparmia affinché vi correggiate; Egli non vi ha punito ieri
affinché oggi viviate nel bene. Egli insegna alle nazioni, non le riprenderà mai?
Egli non intenderà dunque al suo tribunale coloro ai quali insegna? Non
giudicherà forse coloro ai quali ha insegnato dapprima la sua parola e nei
quali ha sparso la sua semenza? Se frequentate una scuola, riceverete senza mai
rendere? Voi ricevete dal maestro quanto vi danno i suoi insegnamenti; il
maestro vi confida ciò che vi insegna, e credete che egli non esigerà quando
sarà venuto per voi il momento di renderglielo?
Forse credete che, venuto questo momento, non abbiate da temere il
colpo? Noi dunque riceviamo ora, e più tardi saremo condotti davanti al Padrone
per pagargli tutti i nostri debiti passati, cioè per rendergli conto di tutte
le cose di cui noi ora prendiamo l’anticipo. E che, colui che insegna le nazioni
non le riprenderà forse, Lui che da la scienza all’uomo? Colui che vi fa
sapere, non saprebbe Egli stesso, che è Colui che dà la scienza all’uomo? (S.
Agost.). – Tutti i pensieri e tutta la scienza dell’uomo che Dio non dà,
non sono che vanità. La scienza che non entra nel cuore, queste luci che non
vengono che dallo spirito, non ispirano che vani pensieri, non fanno che
gonfiare e servono piuttosto a farci condannare che salvare. – Lasciamo dunque
i nostri pensieri poiché sono vani, e prendiamo i pensieri di Dio, poiché essi
sono la saggezza medesima. (S. Agost.).
III. – 12-23.
ff. 12-15. – Felici coloro
ai quali Dio apre non solo l’orecchio del corpo per parlargli esteriormente,
non solo l’orecchio dello spirito, per dargli la conoscenza, ma pure l’orecchio
del cuore per ispirargli l’amore. – Dio è dottore dei giusti, li istruisce: – 1°
come un padre: « Il Signore vostro Dio vi ha istruito come un padre insegna al
figlio suo, affinché osserviate i comandamenti del Signore vostro Dio, e
camminiate nelle sue vie e lo temiate; (Deut. VIII, 5, 6); – 2° come guida
nella via che Egli ordina di seguire: « Io sono il Signore tuo Dio che ti insegna
ciò che è buono e ti dirige nella via che percorri; » (Isai. XLVIII, 17); – 3°
come il maestro degli atleti che si preparano al combattimento. « la sua
unzione tutto vi insegna; » (I Giov. II, 27); – 4° come nostro
Salvatore. « la grazia di Dio nostro Salvatore si è rivelata a tutti gli
uomini, per insegnarci a rinunciare all’empietà, ai desideri del secolo, ed a vivere
nel secolo con temperanza, con giustizia e con pietà. » (Tit. II, 11, 12). – Tale
è uno dei mirabili effetti della divina dottrina, addolcire l’amarezza che
prova il giusto vedendo e soffrendo le persecuzioni degli empi. Nessun riposo è
più dolce durante i cattivi giorni di questa vita, nessun fondamento più solido
in sicurezza dell’ultimo giorno, che è propriamente il cattivo giorno dei
peccatori, che la conoscenza pratica dell’amore della legge di Dio. – Per
quanto tempo sarà necessaria questa consolazione? Fino a quando sarà scavata
questa fossa nella quale gli empi saranno precipitati. Allora tutti i mali
saranno rivoltati dal lato dei malvagi, i giusti non avranno più bisogno di
consolazione, perché non avranno più pene. La prosperità del peccatore è una
fossa che si scava da sé sotto i suoi piedi. Più è elevato nel mondo, più
questa fossa è profonda. (Bellarm., Dug.). Dio, per effetto
della sua giustizia recondita, risparmia una uomo che sa peccatore ed empio, e
per questo fatto che Dio lo risparmia, la sua impunità lo gonfia ancor più d’orgoglio.
Egli si crede elevato ben in alto e cade, cade a motivo di questa impunità che
gli ha fatto credere di essere grande; egli considera la sua felicità come
un’elevazione, e Dio invece la chiama “fossa”. Una fossa precipita nell’abisso,
lungi dall’elevare al cielo; ecco perché i peccatori orgogliosi, che credono di
salire verso il cielo, non fanno che affossarsi sotto terra. Al contrario gli
umili, che sembrano abbassarsi fino a terra, si elevano al cielo (S.
Agost.). – « Perché il Signore non respingerà il suo popolo. » Egli lo
esercita e non lo respinge. Che dice in effetti la Scrittura in un altro luogo?
« … perché il Signore corregge colui
che Egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio. (Ebr.
XII, 6). » Egli lo riceve dopo averlo punito, e voi dite che lo
respinge? Noi vediamo gli uomini agire nello stesso modo verso i loro figli: talvolta
li lasciano vivere a modo loro, i figli di cui essi disperano, ma puniscono
coloro nei quali hanno buone speranze; quanto a coloro, al contrario, dei quali
non sperano di domare i vizi, li lasciano vivere secondo la loro volontà. Ma il
padre rigetta dalla sua eredità il figlio che lascia vivere secondo la propria
fantasia, mentre castiga il figlio al quale riserva la sua eredità. Così,
quando Dio flagella suo figlio, che corre a sottomettersi alla mano del Padre
che lo colpisce, punendolo come Padre, gli insegna a meritare la sua eredità.
Egli non rigetta la successione del figlio che castiga, ma lo punisce perché sia
degno di raccoglierla (S. Agost.). – Questo stato di cose –
dice il Profeta – durerà fino al giorno in cui la giustizia che si era mostrata
molto più come una potenza passiva che come una potenza attiva, si formulerà
nel Giudizio supremo (Bellarm.) – La stessa verità che è
uscita dalla bocca di Gesù-Cristo, ci giudicherà nell’ultimo giorno. C’è conformità
tra l’uno e l’altro stato: così come l’avrà pronunziata, così apparirà per
pronunciare la nostra sentenza; questo sarà il precetto che diventerà una sentenza.
Là essa sembra apparire come in un pulpito per insegnarci; là, come in un
tribunale per giudicarci; ma essa sarà la stessa nell’uno e l’altro caso. Ma
come è nell’uno e l’altro caso, tale deve essere nella nostra vita; perché
chiunque non sia d’accordo con la regola, essa li respinge e li condanna;
chiunque viene a scontrarsi con questa rettitudine inflessibile, bisogna che
essa li rompa e li distrugga. (Bossuet, I° Serm. P. le D. de la Pass.).
– Applicatevi ora a possedere la giustizia, poiché non potete ancora possedere
il giudizio. Occorre che dapprima possediate la giustizia; ma la vostra
giustizia sarà cambiata essa stessa in giudizio. Questa giustizia, gli Apostoli
l’hanno posseduta e l’hanno portata gli ingiusti. Ma cosa ha detto loro il
Signore: « voi sarete seduti su dodici troni e giudicherete le dodici tribù di
Israele (Matth. XIX, 28). » – La loro giustizia sarà dunque cambiata in
giudizio. In effetti, chiunque sia giusto quaggiù non lo è che per meglio
sopportare i suoi mali con pazienza: che sopporti dunque il tempo della sua
passione e verrà in giorno in cui eserciterà il giudizio. Ma perché parlare dei
servi di Dio? Il Signore stesso, che è il Giudice di tutti i viventi e di tutti
i morti, ha voluto essere giudicato per primo, per giudicare poi, « fino a che
la giustizia sia cambiata in giudizio; ora, coloro che la possiedono hanno il
cuore retto. » Chi sono coloro « che
hanno il cuore retto? » Coloro che vogliono ciò che Dio vuole. Ora Dio risparmia
i peccatori, e voi volete che Dio perda da ora i peccatori? Il vostro cuore non
è retto, la vostra anima è depravata, dal momento che voi volete una cosa e Dio
un’altra. Dio vuole risparmiare i malvagi e voi non volete sopportare i peccatori?
Come ho già detto, voi volete una cosa e Dio un’altra: prendete il vostro cuore
e raddrizzatelo verso Dio. Astenetevi dunque dal voler curvare la volontà di
Dio sulla vostra, ma correggete la
vostra volontà secondo quella di Dio. La volontà di Dio è come una regola: se
avete, io suppongo, piegato una regola, ove trovare di che raddrizzarvi? Quanto
alla divina volontà, essa resta nella sua integrità, è una regola immutabile.
Intanto che la regola sia intatta, voi avete di che applicarvi per raddrizzare
ciò che in voi non è retto, ma cosa vogliono gli uomini? È poco che la loro
volontà sia tortuosa, essi vogliono addirittura piegare la volontà di Dio
secondo i desideri del loro cuore, e fare che Dio agisca secondo la loro
volontà, mentre essi stessi devono agire unicamente secondo la volontà di Dio (S. Agost.).
ff. 16, 17. – Questi due versetti, avvicinati l’uno
all’altro, racchiudono un grande e triste insegnamento: essi dipingono molto bene
quel che succede continuamente in questo mondo, quando si tratta di lottare
contro i malvagi, di resistere agli operatori d’iniquità. Una voce coraggiosa
si eleva: un uomo giusto e fermo si mette davanti per sostenere questa lotta,
per organizzare quella resistenza; egli fa appello agli uomini di cuore che sa
che amano la verità e vogliono il trionfo del buon diritto. Sforzi vani!
Qualche voce appena risponde alla sua voce: egli resta solo o quasi per sostenere
il combattimento del Signore; e se il Signore non viene Egli stesso in suo
soccorso, soccomberebbe certamente all’ingiustizia trionfante (Rendu).
– Sant’Agostino ringraziava Dio di avergli perdonato i peccati che aveva
commesso, e di averlo preservato dai peccati che non aveva commesso. Io
attribuisco alla vostra grazia – diceva confessando la propria miseria ai piedi
del Signore – di non aver commesso tutto il male he io potevo fare. Non c’è Santo
in cielo che non possa dire, come il Profeta: « Se il Signore non mi avesse
protetto, io sarei diventato ben presto preda dell’inferno. » La debolezza
dell’uomo, senza l’appoggio di Dio, è estrema; la corruzione dell’uomo, senza
il rimedio della grazia di Dio, è un male incurabile. Cosa troviamo fuori da
Dio? Gli altri uomini e noi stessi. Se riposiamo sugli uomini, cadiamo con
essi; se ci appoggiamo a noi stessi, acceleriamo da noi stessi la nostra
caduta. Ed allora – diceva ancora con tanta saggezza Sant’Agostino – se voi mettete la vostra speranza negli
uomini, vi umiliate in maniera indegna; se lo ponete in voi stessi, vi elevate
temerariamente; l’una e l’altra è cosa ugualmente perniciosa. Colui che si
abbassa come schiavo si arrampicherà sempre, e colui che si leva come temerario
farà una caduta deplorevole (Berthier.) – Dio non vi lascia tempo
ad altre cose terribili in fondo alla nostra anima. L’accesso di qualche
tentazione straordinaria, il risveglio fortuito di qualche passione per lungo tempo dormiente, o infine un raggio
di luce soprannaturale emanata da Dio, è sufficiente per rivelare ai nostri
sguardi delle cavità sconosciute che rivelano nuovi elementi di peccato, è
rende evidente il fatto che noi portiamo in noi immense riserve di peccato sconosciuto.
Le sagge disposizioni di una Provvidenza piena di misericordia, e l’impero
della grazia che ci sostiene, possono solo impedire che divengano dei fatti
compiuti. Oh! Come ci affrettiamo a cercare un riparo sotto il mantello di Dio,
come ci attacchiamo ai suoi piedi quando, per la prima volta, penetriamo in
questi misteri! Quale mirabile, felice sproporzione tra il male che noi
facciamo ed il male che siamo capaci di fare, che qualche volta siamo stati
pure talvolta sul punto di commettere! … Se un imperatore pagano ringraziava
Dio tutti i giorni per le tentazioni che allontanava da lui, quanto non
dobbiamo noi ringraziarlo per i peccati che non abbiamo commesso? (FABER,
Progrès de l’ame dans la vie spir., c. XX.) – Il Profeta spiega in
cosa consista questo soccorso di Dio che ha preservato la sua anima dal cadere
nell’inferno. Se riconoscessi la mia infermità e me ne umiliassi, ben presto la
vostra misericordia verrebbe in mio soccorso, illuminando la mia intelligenza,
purificando il mio cuore, fortificando la mia volontà. (Bellarm.)
ff. 18. – Notate con Sant’Agostino queste parole,
« … quando io ho detto », o « … se io dicessi »; poiché c’è una infinità di
uomini i cui piedi vacillano nella via della salvezza; ma essi non lo dicono,
non confessano la loro debolezza, non riconoscono il pericolo che li minaccia.
Dio conosce i nostri mali, ma – dice il santo Dottore – Egli vuole che ne
facciamo confessione: ama questa confessione, ama l’umiltà che accompagna questa
confessione. Noi siamo scossi: è proprio dell’uomo. Dio ci appoggia: è il
carattere di Dio. San Pietro cammina sulle acque, la paura lo prende, egli
implora il soccorso di Gesù-Cristo, Gesù-Cristo gli tende la mano. La nostra
forza dipende quindi solo da Dio, ma Dio esige da noi la persuasione della
nostra debolezza. Una umile preghiera è la strada che conduce alla sua
misericordia. (Berthier).
ff. 19-23. – È un paradosso sconosciuto a tutti
coloro che non ne hanno fatta mai l’esperienza, che stando il corpo nel dolore,
l’anima possa essere piena di consolazione e di gioia! San Paolo ne è un
testimone fedele quando scriveva con santo trasporto: « Io sono pieno di
consolazione e ricolmo di gioia in mezzo a tutte le mie tribolazioni, e nella
misura che le sofferenze di Gesù-Cristo abbondano in noi, le nostre
consolazioni abbondano pure mediante Gesù-Cristo. (II Cor. I, 5). – La grandezza delle ricompense è in
proporzione alla grandezza delle tribolazioni; tante ferite, tante corone; io
non ho versato che una lacrima, non ho meritato che una consolazione; io ne ho
versato dieci, sarò consolato dieci volte (S. Girol.). – Si, in questa valle
dei nostri mali, che Davide chiama eloquentemente una valle di lacrime, in
questo torrente di Cedron, dove il Salvatore del mondo è passato come noi, e
dove noi ogni giorno beviamo l’acqua triste e turbolenta della nostra vita, la
felicità non è una sconosciuta, neanche un’assente. Essa ha attraversato con
l’uomo, quando l’uomo cadde, la soglia perduta dell’Eden, e dopo sessanta
secoli, bandita come noi, essa erra con noi nel mondo, compagna sacra dei
nostri infortuni e concittadina del nostro esilio. Ad essa non è permesso
mostrarsi costantemente né interamente alla nostra vista, ma non le è impedito
scegliere un’ora e donarcela. Un giorno o l’altro essa batte alla nostra porta,
si siede al focolare deserto o pieno e con uno dei suoi sguardi, gettato sul
nostro cuore, ne tira fuori questa lacrima unica ove noi leggiamo ciò che essa
sia. Lacrime di madri che ritrovano i loro figli dopo assenze e disavventure!
Lacrime del viaggiatore che saluta al mattino le coste della patria per tanto
tempo perduta! Lacrime degli eroi tra la vittoria e la morte! Lacrime del
giusto tra i brividi della coscienza! Lacrime di Agostino che parla di Dio a
sua madre sulle creste delle onde che lo riportano a Cartagine! Quante non ne
racconteremo, e quante altre ne ignoriamo, perché il cuore dell’uomo sì
profondo per la miseria, lo è altrimenti pure per la felicità. La miseria gli
viene da un accidente, la felicità dalla sua natura e dalla predestinazione: «
Prendete forse posto sulla sedia dell’iniquità voi che avete messo per noi
travaglio nei precetti? » Il profeta vuol dire: Alcun ingiusto prende parte
nella vostra sede e mai Voi avrete una sede di iniquità. Egli rende poi conto
del motivo per il quale giudica così: «Voi che avete messo travaglio nei
precetti. » Io comprendo – egli dice – che voi non prenderete mai parte alla
sede dell’iniquità perché Voi non ci avete risparmiato. Ecco perché non
risparmiando Dio i suoi fedeli allo scopo di istruirli, il profeta ha detto: «
Voi componete per noi il dolore nell’insegnamento » … Voi formate – egli dice –
un insegnamento con il dolore, vale a dire: voi ci procurate dolore
nell’insegnarci. Come il dolore può essere un insegnamento per voi? Quando
siete punito da Colui che è morto per voi, che non vi ha promesso la felicità
in questa vita, che non può ingannarci e che non vi dà quaggiù tutto ciò che voi
cercate. Cosa vi darà? E dove ve lo darà? Quanto sarà grande ciò che vi donerà
Colui che non vi dà nulla quaggiù che vi istruisce e del dolore ne fa un
insegnamento? Quaggiù il lavoro è la vostra lotta, ma vi è ugualmente permesso
il riposo. Fate attenzione che soffrirete quaggiù, ma riflettete al riposo che
è promesso. Se poteste farvene un’idea, voi vedreste che il vostro lavoro non è
la compensazione di questo riposo … Non siate pigri nel lavoro un solo istante,
e voi vi rallegrerete per tutta l’eternità. Dio vi donerà la vita eterna,
pensate che al prezzo di quel lavoro voi dovete comprarlo. Ciò che Io ho – vi
dice Dio – è da vendere, compratelo. Che cos’è che occorre comprare? Il mio
riposo è da vendere, compratelo con la forza del lavoro. – Il santo Profeta dà
immediatamente un memorabile esempio di volontà rigorosa del Padre celeste,
alla quale bisogna sottomettersi: i malvagi cospireranno contro la vita del
giusto, e condanneranno il sangue innocente. Questa sottomissione è in se
stessa molto difficile, ma innanzitutto i malvagi non avranno potere se non
quello che Dio loro concede. È dunque la volontà di Dio e non quella dei
malvagi che occorre vedere nelle afflizioni con cui essi ci infliggono; per
questo essendo stato il Giusto per eccellenza perseguitato e condannato, coloro
che vogliono partecipare alla sua gloria devono stimarsi felici di partecipare
alla sue sofferenze (Rendu) – « Ma il Signore è diventato
il mio rifugio. » Voi non avreste mai cercato questo asilo se non avreste
avvertito il pericolo, e vi siete trovati nel pericolo alfine di ricorrere a
questo asilo. Ecco come Dio ci invia le sofferenze per istruirci: Egli permette
che i malvagi ci perseguitino, e queste persecuzioni ci fanno cercare un asilo
in Lui. Mentre noi gioiamo delle prosperità mondane, noi non pensiamo a questo
asilo; perché chi si ricorda di Dio gustando le soddisfazioni della vita
presente? Bisogna che svaniscano le speranze del secolo, perché rivivano le
speranze di Dio. Bisogna quindi provare delle disgrazie, per dire come il
Profeta: « Dio è divenuto il mio asilo, Dio è diventato l’appoggio della mia
speranza. » Non c’è che la speranza mentre siamo sulla terra. Noi speriamo, non
gioiamo. Ma non tralasciamo di sperare, perché abbiamo un garante che non ci
inganna; già Egli ci consola, stempera i mali che proviamo; mette, in una
parola, un sostegno alla nostra speranza (S. Agost., Berthier). – « Egli farà
ricadere su di essi la loro iniquità. » Giusta e ordinaria Provvidenza di Dio,
è quella di punire i malvagi da se stessi e far ricadere su di loro la propria
malizia. – « Egli li farà perire con la loro malizia. » Non è senza ragione che
il Profeta dice: « per la loro malizia. » Mi ci viene del bene dal loro
intervento, e tuttavia il Profeta parla della loro malizia e non del bene che
essi procurano. Certamente è con il male che essi fanno che Dio ci prova e ci
colpisca. A quale scopo Dio ci colpisce? In vista del regno dei cieli. Agendo
così, Dio ci istruisce perché possiamo meritare la sua eredità eterna; e spesso
ce la fa acquisire mediante i malvagi, per mezzo dei quali esercita e rende
perfetta la nostra carità, che Egli vuole che noi estendiamo fin anche ai
nemici (S. Agost.).