S. S. GREGORIO XVII: IL MAGISTERO IMPEDITO:
III CORSO DI ESERCIZI SPIRITUALI (10)
[G. Siri: Esercizi Spirituali; Ed. Pro Civitate Christiana – Assisi, 1962]
IL NOSTRO ITINERARIO CON GESÙ CRISTO
10. La famiglia di Dio
Dobbiamo continuare a parlare della presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nell’Eucaristia, perché il solco deve approfondirsi, deve rimanere stabile. E il discorso non può essere abbandonato tanto presto. La presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nella Chiesa, che cosa realizza? Realizza quello che è il suo quadro naturale: la famiglia di Dio. Bisogna che noi riflettiamo a questo per poter trarre anche tutte le conseguenze morali e vedere come certi elementi che possono sembrare sparsi prendano invece il loro posto preciso. Guardate che quadro compongono gli elementi che storicamente noi troviamo nell’Evangelo intorno all’Eucaristia! Io prendo il discorso che ha tenuto Nostro Signore Gesù Cristo quando istituì l’Eucaristia. Il discorso è compreso tra il cap. XIV e il cap. XVII dell’Evangelo di Giovanni, dove l’evangelista ci riporta intero il discorso eucaristico, che è il testo più grande sulla dottrina eucaristica, il testo della promessa dell’impegno divino e della dottrina chiarificata e ribadita; egli non riporta, come fanno i sinottici, l’istituzione, però riporta il quadro dell’istituzione, ossia il discorso che è stato tenuto quella sera. Siccome l’elemento centrale di quella sera, la celebrazione della Pasqua, è stata la Pasqua nuova, perché in quella sera i due Testamenti si sono riuniti, Gesù ha voluto osservare prima, come noi possiamo ricostruire componendo i quattro testi evangelici, tutta la legislazione che il giudaismo imponeva per la celebrazione della Pasqua, la Pasqua dell’Antico Testamento, e ne ha compiuto tutto il rituale. Fatto questo, vi ha attaccato immediatamente la Pasqua del Testamento Nuovo, cioè la istituzione della Eucaristia. Ora, se noi seguiamo quel grande discorso — e tra una settimana, è un discorso troppo grande —, almeno toccando alcuni elementi di quel discorso, dei fatti di quella sera, noi componiamo l’ambiente che Gesù Cristo ha voluto intorno all’istituzione dell’Eucaristia e pertanto intorno alla Eucaristia. Guardate bene le cose che avvengono. La prima: Gesù si toglie la sopravveste, si cinge, s’inginocchia davanti ai discepoli e a uno a uno lava loro i piedi aggiungendo poi: « Se l’ho fatto Io, che voi chiamate Signore e Maestro, anche voi dovete prendere questo atteggiamento di umiltà ». Pietro, col suo temperamento focoso, da capo, e in quel momento, non vorrei essere irriverente, anche un po’ sbottante: « Tu non lo farai mai con me » – « Se non lo vuoi, tu non hai più parte con me. vattene ». Allora Pietro salta dalla parte opposta: « Non solo i piedi, ma anche le mani e il capo ». – « Basta questo ». Il fatto era simbolico, ma guardate bene che sorta di intimità nell’umiltà e ..che sorta di umiltà nella intimità incomincia a disegnare Gesù Cristo intorno al Sacramento. E così si comincia a disegnare l’ambiante. Guardate che cosa avviene. Come ritorna ora in Gesù Cristo la preoccupazione di lasciarli: « Io me ne andrò, resterete soli ». E allora la preoccupazione di suggerire e presentare gli elementi che serviranno a far loro buona compagnia quando Lui non ci sarà. Perché lo dice: andrà via per un momento, e alludeva alla passione, poi ritornerà; poi andrà via un’altra volta e allora andrà al Padre. Loro invece rimarranno qui. Ma sarebbe il caso di dire: « Signore, scusa, ma tu di preoccupazioni non ne devi avere ». La nostra insipienza ci farebbe fare questi discorsi. Lasciate andare! Guardate bene dove Lui vuole arrivare. Ho già detto in altra occasione che Nostro Signore Gesù Cristo, facendosi uomo, ha accettato il giuoco fino in fondo e uno dei tanti momenti in cui lo si vede è questo: agisce con la preoccupazione di loro che rimarranno soli. E allora cosa ci sarà? « State tranquilli, ci sarà lo Spirito Consolatore, il Paracleto, e vi suggerirà quello che dovrete dire, quello che dovrete sapere. State tranquilli! Non parlerò più Io dal di fuori, ci sarà un altro, il Consolatore, il Paracleto, che parlerà dal di dentro. Non sarete soli! ». La preoccupazione della solitudine. « E poi, voi potrete continuare a parlare col Padre, con me. E il Padre vi ascolterà sempre. Chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto. Perché il Padre vi ama ». Ma andiamo avanti. Poi li guarda: « Che vi vogliate bene tra di voi ». E questo lo ripete, lo incalza con un discorso che par non riesca a cadere definitivamente dalle sue labbra. Nel cap. 17 la orazione sacerdotale, quella in cui parla al Padre: « Padre, che siano una cosa sola come tu e Io siamo una cosa sola! ». Vogliatevi bene: ecco l’altra grande cosa che vi farà compagnia. Signore, ma perché hai avuto queste preoccupazioni? Pare che arrivi una risposta: « Ma non lo capisci che qui è il regime dell’affetto, della tenerezza? ». La carità, la comprensione, la unità tra i fratelli. Vedete che cosa ha messo Gesù Cristo intorno all’Eucaristia? E poi, sì, in mezzo a quel discorso è successo qualche cosa di terribile. C’era Giuda che aveva già tutta la sua organizzazione fatta, il suo piano già tutto a posto. Doveva semplicemente uscire per andare a guidare. E un discorso viene: « Ecco, uno che mette la mano nel mio piatto mi tradirà ». L’aveva già detto prima, non con questa indicazione; ma questa indicazione viene per dare la risposta. Chi è? Chi mette la mano nel piatto. « Giuda, quello che hai da fare, fallo presto ». Notate che tono: il tono della dolcezza. Non parlo del perdono di Giuda perché Gesù stesso disse una parola che è misteriosa e terribile: « Meglio sarebbe per quell’uomo che non fosse mai nato! » . Questa frase la riportano i sinottici. Ma Gesù gli parla con tanta dolcezza! Avrebbe potuto scacciarlo, umiliarlo, svergognarlo e rovinargli tutta la matassa, distruggere la ragnatela che quello aveva tessuto. Lo poteva fare. No. Neanche quando la sera stessa quello, il traditore, s’è presentato per dargli il bacio e indicarlo in tal modo agli sgherri perché nel buio lo potessero prendere e non prendessero eventualmente tn altro per lui: « Amico, lo chiama ancora una volta con un bacio tu tradisci il Figliuol dell’uomo! E basta. L’atmosfera è carica di un sentimento che non è molto comune tra gli uomini – Sembra che quella sera Gesù se li volesse tenere intorno stretti. Ha dato sé stesso a loro e per tutti andrà sulla croce. Sulla croce darà anche la Madre. Non l’abbiamo ancora nominata, l’abbiamo solo pregata; ma sulla croce Gesù darà anche la Madre, perché quando la scorgerà ai piedi della croce, ritta — non è svenuta, ha retto fino in fondo — e vedrà Giovanni, l’unico che abbia avuto il coraggio di seguirlo fin là, il discepolo vergine, dice a Giovanni : « Ecco la tua Madre » e alla Madre: « Ecco tuo figlio ». Giovanni annota che da quel momento la prese con sé e le fece da figlio. Infatti Giovanni per qualche tempo ha una presenza rarefatta nei primi eventi della Chiesa: aveva una missione di figlio da compiere e l’ha compiuta. Il mistero eucaristico finiva nella croce perché rappresentava la croce, e prima che finisse il mistero anche questo fatto è avvenuto: è avvenuto il perdono. Sulla croce — badate che il mistero eucaristico non finisce prima che sia finito il mistero della croce, perché lo rinnovella — su una delle tre croci c’è un ladrone, lì, anche lui appeso, condannato a morte, che a un certo punto riflette, sentendo le bestemmie dell’altro: « Ma piantala, dice all’altro, perché bestemmi costui? Noi almeno paghiamo per i nostri delitti, ma costui che cosa ha fatto? ». E compiuto questo primo atto di giustizia, di riconoscimento, la illuminazione perfetta entra nell’anima sua, e vede e capisce tutto. « Signore, ricordati di me quando sarai giunto nel tuo regno! ». « Oggi sarai con me in paradiso ». E la preghiera per tutti: « Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno ». Vedete che cosa Gesù si è composto dintorno! Ma c’è l’ultimo elemento, più profondo: in quel discorso, al cap. 15, c’è la parabola della vigna. Diceva Gesù Cristo: « Io sono la vite, voi i tralci ». La vita, l’umore per cui si vive, verrà a voi dalla vite: « Senza di me non potete far nulla ». E adombrava così, riprendendo un discorso in diverse maniere fatto tante volte, la grazia, e cioè la partecipazione nostra alla vita divina, la partecipazione ai discepoli e a tutti gli uomini della dignità di figli adottivi di Dio. La parabola della vite rimanda a tutti gli altri testi paralleli, è chiaro, e a tutti i testi collegati nei diversi scritti nel Nuovo Testamento. La grazia santificante, e quell’altra, l’attuale. Anche questa. A legare gli uomini in una famiglia c’è il sangue; ma che cos’è mai il sangue rispetto alla partecipazione alla vita divina che è la grazia santificante? Il sangue lega, ma la partecipazione alla stessa identica vita divina, in modo soprannaturale, attraverso la grazia santificante, è qualche cosa di carattere unitivo, collegante, fondente, infinitamente maggiore. Concludiamo. Che aria vi ha messo intorno al SS. Sacramento Nostro Signore Gesù Cristo? Che quadro ha composto, Lui? Perché questo quadro non l’ho fatto io È una famiglia. I fratelli, la intimità più sincera nell’umiltà, perché con l’umiltà si risolvono tutte le questioni umane, tutte, nessuna esclusa. E la intimità della famiglia vive della umiltà come l’intimità vera dell’amicizia vera, non di quella sciocca. E poi la preoccupazione della tenerezza che si manifesta nella preoccupazione per la solitudine con la quale viene designando tutti gli altri elementi, e poi l’elemento unitivo fondente, la grazia santificante; poi la Madre data, poi il perdono: è il sopravanzare ogni umana grettezza in questo mirabile volo del quale noi in terra, tra le cose umane, non troviamo altro esempio che quello dell’amore di un padre e di una madre. Che cosa ci vuole intorno a Gesù Cristo nella SS. Eucaristia? Una famiglia. E a questo punto noi dobbiamo cominciare il discorso sopra alcuni elementi che compongono questa grande famiglia di Dio, per viverla. Perché, vedete, la vita eucaristica non è fatta soltanto di genuflessioni, non è fatta soltanto di orazione, non è fatta soltanto di adorazione. Certamente quelle ci vorranno, ma è fatta di tante cose che si riassumono qui: nell’essere figli del Padre che sta nei cieli, visto che siamo nel tempo convitati alla mensa sua e a nutrirci di Lui, del Figlio, per aspettare di sedere alla mensa di Dio. Parola che nasconde cose per noi velatissime, misteriose e che trascendono la stessa capacità dei nostri desideri nonché della nostra intelligenza. La vita eucaristica la si raggiunge quando tutto il quadro che Gesù Cristo ha disegnato intorno all’Eucaristia è rispettato e salvo. E siccome vorrei che rimanesse a voi una traccia di questo vivere l’Eucaristia come vuole Lui, lasciate che io cominci a parlarvi della famiglia di Dio. Ecco. Cominciamo di qui: i nostri fratelli. Cominciamo un po’ a guardarli. Per il momento io vi invito a guardare i fratelli che stanno già al sicuro e sono i Santi. Vi siete mai chiesti perché ieri abbiamo detto la Messa di S. Andrea? Notate, la Messa è il Sacrificio di Gesù Cristo e l’abbiamo chiamata Messa di S. Andrea. Domani si potrebbe dire la Messa della martire S. Bibiana. Perché? Cos’è questa storia che la commemorazione dei santi, il giorno della loro confessione, cioè del loro martirio o del loro natale, cioè il giorno della morte viene a intrufolarsi dentro la Messa? E questa storia dura da duemila anni, perché le commemorazioni degli Apostoli e dei martiri si facevano nei primi tre secoli come si fanno oggi; poi sono arrivati anche i confessori e le vergini senza martirio. Prima non ci entravano se non i martiri, coloro che ci lasciavano la pelle per la fede; i confessori sono arrivati dopo. Difatti di confessori fino a un certo punto non ce n’è stato neppure uno: 32 Papi, ci hanno rimesso tutti la testa. E perché questo? È che è la famiglia di Dio, è che il senso del convito continua, e come intorno all’altare sono chiamati i figli che stanno ancora nel tempo e peregrinano ancora lontano dal Signore, per usare la parola di Paolo, così vengono anche chiamati, non partecipi di un suffragio dato alla debolezza ma partecipi di una fronda data alla gloria, quelli che sono già al sicuro! E ritornano i santi e non ci stanno male. Ho cominciato anzitutto a parlare dei santi perché stanno lassù, ed è bene sempre cominciare dall’alto, ma anche per dirvi una cosa. Non lasciate che il vento del deserto, quello di cui ho già parlato varie volte, arrivi a voi per bruciare in voi il senso della devozione ai Santi. State attenti, perché non fareste una cosa gradita a Gesù Cristo che, accogliendoli nel ritmo del suo stesso divin Sacrificio, non ha piacere che noi li lasciamo fuori. C’è un vento che viene dal deserto e che serve soltanto a bruciare e non a vivificare e pare voglia far tacere i Santi: questo senso protestantico di espellerli, di razionalizzare, la gioia di distruggere qualche cosa nella storia dei Santi! Sì, è vero che intorno a certi Santi dell’antichità, sul fondo storico — perché il fondo storico c’è sempre — sono arrivate a noi delle passiones, esercitazioni letterarie che hanno un po’ abbellito e romanzato le cose e vi hanno messo forse anche qualche invenzioncella; è vero. Ma questo non ha importanza: i Santi rimangono, anche se intorno a qualcuno le passiones del secolo V e VI hanno creato qualche racconto bello, commovente, pio, edificante oltre il dovuto. Ma la sostanza, il nocciolo rimane sempre la storicità. – E ricordiamoci che nella storia ci sono cose delle quali si può dimostrare la falsità, ci sono cose delle quali si può dimostrare la verità, ma ci sono anche cose delle quali non si potrà dimostrare la verità perché sono andati perduti i documenti, ma non se ne può neppure dimostrare la falsità. La Comunione coi Santi ci viene indicata dall’Eucaristia, dalla Comunione che c’è ogni giorno tra la gloria del Redentore che ritorna sull’altare e la gloria dei suoi Santi che egli porta per mano con sé sullo stesso altare a ricevere con Lui il canto della gloria, la preghiera dei fedeli, la loro fiducia, il loro plauso. È la famiglia di Dio. Andiamo avanti. Da quel che avete sentito prima, quando ho composto il quadro che ha fatto Gesù Cristo intorno alla istituzione dell’Eucaristia e al fatto dell’Eucaristia, è venuto chiaro il discorso sulla carità. E allora bisogna cominciare quel discorso, perché la carità fa parte e parte indispensabile della devozione eucaristica, parte essenziale. Non solo per il clima che abbiamo sentito soffuso nel Cenacolo nel momento in cui Gesù Cristo ha stretto i due Testamenti nel Nuovo patto e ha dato sé stesso ai suoi discepoli, ma perché egli ha fatto una affermazione molto grande che ci è riportata nel Vangelo di Matteo: « Se stai per fare la tua offerta davanti all’altare… ». Gesù Cristo sapeva bene quale altare sarebbe stato, no? Non si trattava più dell’altare dei profumi o dell’altare dell’incenso o dell’altare delle vittime sgozzate. Non si è più occupato di quello; sapeva di che altare si trattava perché parlava per il futuro. « Se stai per portare la tua offerta davanti all’altare e ti accorgi che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, cioè che ti potrebbe accusare — e per reciprocità se tu hai qualche cosa col tuo fratello — pianta lì… pianta lì davanti all’altare la tua offerta e va’, va’ prima a riconciliarti col tuo fratello. Dopo, ritornando, farai la tua offerta ». Dunque non è possibile avvicinarsi all’altare bene, decorosamente, diciamo pure non è possibile esplicare una vita eucaristica se non c’è la carità, l’amore verso i nostri fratelli. – C’è gente che si crede di andare per direttissima e intendersela da solo a solo soltanto con Domineddio. Ah! da solo con Domineddio non ce la intendiamo! Ce la possiamo intendere da solo a solo con Domineddio se almeno virtualmente ci sono gli altri, ma il giorno in cui noi facessimo la esclusione degli altri, da solo a solo con Dio non ce la intendiamo. Perché la carità verso i fratelli è condizione necessaria della salvezza, è il massimo dei precetti: immaginate se se ne può fare a meno! La pietà che considera solo sé stessa non è una pietà che possa resistere al vaglio divino: ci vuole la carità. Sapete che cosa occorre perché le parrocchie vivano veramente? Occorre che facciano della grande carità, occorre che si preoccupino di questo e di istillarla nei fedeli; che nessuno, nella famiglia parrocchiale, possa dormire tranquillo fintanto che c’è uno che soffre e fintanto che tutti non hanno fatto quello che si poteva fare per evitargli la sofferenza. Io cerco d’insegnarlo: ho scritto anche una pastorale sulla famiglia di Dio. E vedo che è una cosa difficile far capire che la liturgia non sta in piedi senza la carità, che quello che si fa in chiesa non può resistere e rimane scompaginato se non lo si fa con tutto quello che Gesù Cristo ha messo nel quadro, nella cornice che Egli si è costruito intorno a sé stesso. Vedo che s’incontrano difficoltà, che occorre pazienza e ci vorranno degli anni; ma io non riesco a concepire una parrocchia in cui non si faccia questo: che il parroco dica a tutti: « Guardate che ci sono alcuni che stanno male, a cui manca il necessario. Avanti, tra quanti siamo qui, dobbiamo provvedere a metterli a posto, e fintanto che non li abbiamo messi a posto nessuno di noi si può quietare ». La parrocchia non è una cosa astratta; è una grande organizzazione, certo, e l’organizzazione ha la sua parte perché senza organizzazione non si compagina nulla; ma se viene a mancare questo spirito… Non basta che ci sia un po’ di Dame della Carità che vanno intorno qualche volta a dare qualche piccolo soccorso o qualche confratello di S. Vincenzo: Dio li benedica tutti perché sono veramente bravi e lodevoli; ma non basta questo. È lo spirito che bisogna dare a tutto il popolo, perché intorno al tabernacolo ci si sta a questo modo, non ci si può stare in modo diverso. E là dove cessano le miserie materiali, che non sono poi le prime e non sono le più grandi, perché le miserie più grandi sono sempre quelle spirituali per questione di gerarchia, ci sono e ci saranno sempre le miserie spirituali: quelli che non hanno fede, quelli che non hanno pace, quelli che non hanno amore, quelli che non hanno… comprendonio, che hanno la confusione in testa, poveretti! Ombre vaganti nella notte, che non trovano mai un’alba che sorga per loro, ombre erranti senza pace e senza conclusione, gente condannata a tormentare sé stessa e a crocifiggere sé stessa senza scopo, senza utilità, senza frutto, senza dignità, senza niente! Come si fa ad andare davanti all’altare dimenticandosi di loro? Voi direte: ma noi qui non siamo una parrocchia. Siete qualche cosa di più, siete una comunità, che è una cosa più grande della parrocchia. Tra voi come vi dovete capire, come vi dovete interpretare, come vi dovete comprendere! Badate che l’ultima cosa che dovete arrivare a fare è quella di giudicarvi male, l’ultima cosa, anzi talmente ultima che vi prego di non arrivarci mai. « Nolite iudicare ut non iudicemini ». La vita eucaristica, qui in questa cappella, come fiorisce! Voi cantate così bene, recitate preghiere così belle, tirate fuori dalla divina liturgia dei canti e ne avete un bell’assortimento. Ma ricordatevi che con tutte queste cose, se veniste qui e vi giudicaste fra di voi e non ci fosse comprensione fino in fondo, fino all’eroismo in certi momenti, e non ci fosse la umiltà sufficiente per capirvi tra di voi e interpretarvi sempre bene e far sì che l’uno prevenga l’altro, vi credete di starci proprio bene intorno all’altare? « Pianta lì e va’, va’ prima a riconciliarti col tuo fratello ». La riconciliazione nel senso più ampio. Va’ prima ad adempiere tutta la legge mercé la quale soltanto, amando e servendo, tu sarai veramente in pace. Perché ci sono poi i fratelli coi quali dovremmo essere in rotta e non se ne accorgono neppure, ma Iddio vede. Ah, la Chiesa ideale: un popolo che si stringe intorno all’altare dopo aver adempito integralmente il precetto della carità! La famiglia di Dio! Come vedete, la vita eucaristica, che è la vera vita, quella che mette il centro là dove l’ha messo Gesù Cristo, il baricentro là dove l’ha messo Gesù Cristo, non dove lo mettono le devozioni dell’uno o dell’altro, come vedete non è fatta soltanto di genuflessioni — bellissime le genuflessioni, intendiamoci, e da farsi bene! —; e non è fatta neppure di sola adorazione, perché l’adorazione è un atto che è sincero soltanto quando riconosce Iddio Signore, cioè accetta tutto, e accetta tutto facendo tutto il resto. L’adorazione pare un atto frigido, vero? Ti adoro o mio Dio… e giù col turibolo. Pare tutto fatto eh! È un affare serio adorare, perché adorare vuol dire: accetto Iddio, cioè accetto tutto quello che vuole Iddio. Come vedete la vita eucaristica non la si fa soltanto con qualche pratica: la si fa soltanto accettando tutto il quadro che Nostro Signore ha messo intorno all’Eucaristia.