DISCORSO XXVI.
Il Sacro Cuore
di Gesù e il S. Sacrifizio.
Poiché l’uomo è fattura di Dio e Dio non può essere all’uomo un oggetto estraneo, è assolutamente indispensabile all’uomo il culto di Dio. Ma l’essenza del culto, la sua anima, ciò in cui il culto si compendia è il sacrifizio. Ed ecco perché l’umanità in ogni tempo e in ogni luogo ha innalzati degli altari e sopra di essi ha scannate delle vittime e le ha bruciate in onore della divinità. Abele innocente colle sue pure mani svenava il fiore del suo gregge e l’offriva in sacrifizio a Dio. Noè scampato dalle acque del diluvio, appena uscito dall’arca salvatrice immolava a Dio le vittime serbate. Abramo, Isacco, Giacobbe, Melchisedech seguivano l’esempio dei loro antenati, e compievano ancor essi dei sacrifizi. In seguito il popolo ebreo, uscito dalla schiavitù dell’Egitto, dapprima tra la semplicità del tabernacolo, dappoi nella grandiosità del tempio di Gerusalemme, con una liturgia ordinatissima, non solo nelle feste principali, ma al mattino ed alla sera d’ogni giorno, tra il profumo degli incensi e i gravi cantici dei Sacerdoti, adempiva questo sacro dovere. E quale altro popolo, anche tra i più barbari e selvaggi, non ha offerto dei sacrifizi, alla divinità? Certamente presso gl’idolatri furono crudeli ed esecrandi i loro riti, sia per le vittime che vi sgozzavano, sia per i misteri nefandi con cui li accompagnavano; ma con tutto ciò essi non facevano altro che alterare l’applicazione del più nobile e più imperioso istinto dell’uomo, quello cioè di rendere a Dio il culto dovutogli, per mezzo del sacrifizio. Il sacrifizio adunque, necessario ad esprimere nel modo più riverente le relazioni dell’uomo con Dio, il sacrificio che per ragione di questa necessità si trova in ogni tempo ed in ogni luogo, anche prima della venuta di Gesù Cristo in sulla terra, non doveva mancare dopo la sua venuta: anzi doveva essere infinitamente superiore ai sacrifizi dei tempi antichi, quanto i tempi nuovi superano per opera di Gesù Cristo i tempi antichi in amore ed in grazia, e quanto la realtà supera la figura. E questo sacrifizio già l’aveva annunziato Iddio stesso quando per bocca del profeta Malachia, diceva: « Dall’oriente all’occidente il mio nome è grande tra le genti, ed in ogni luogo sarà sacrificata ed offerta al mio Nome un’oblazione monda. » E questo sacrifizio fu realmente instituito mercé la carità infinita di Gesù Cristo. Perciocché il Cuore Sacratissimo di Gesù, nel trarre fuori dalla sua ferita la Eucaristia, non volle in essa trarre fuori soltanto un grande mistero ed un grande Sacramento, ma ancora il più augusto, il più prezioso, il più ammirabile dei sacrifizi, sia per l’eccellenza della vittima, che in esso si sacrifica, sia per la somma degli omaggi, che in esso si rendono a Dio, sia per la fecondità meravigliosa dei suoi effetti. Dopo d’aver dunque riconosciuto il grande amore di GesùCristo per noi nell’istituire l’Eucaristia come Sacramento, riconosciamo oggi il grande amore di Gesù Cristo nell”istituire l’Eucaristia come Sacrifizio.
I. — Amore di Dio per l’uomo, e poi amore di Dio per l’uomo, e da ultimo ancora amore di Dio per l’uomo: ecco, o miei cari, il compendio della vita e del ministero di Gesù Cristo. – Fu questa divina potenza che lo fece scendere dal cielo in terra; fu essa, che lo indusse a prendere la nostra carne di peccato, fu essa che gl’inspirò le più meravigliose dottrine, fu essa ancora che governò ogni opera, ogni passo, ogni pensiero, ogni affetto del Divin Redentore. Ma dove l’amore del Cuore Santissimo di Gesù per noi diede la sua prova estrema fu senza dubbio nel Sacrifizio da Lui compiuto sopra la croce. Tutti i disagi, tutte le angustie, tutte le pene della sua mortai vita non erano che file sparse che dovevano mettere capo sul Calvario ed avere il loro suggello nel Sangue preziosissimo di Gesù Cristo. E ben lo sapeva Egli, che prendendo a dipingere il suo ritratto in quello del buon pastore, non si contentò di mostrarcelo tutto sollecito di condurre il suo gregge ai buoni pascoli e tutto ansante nel ricercare là pecorella smarrita, e tutto lieto e festante per averla ritrovata, ma volle finire la sua dipintura col mostrarcelo ancora a dare la vita per le sue pecorelle: Bonus Pastor ponti animati suam prò ovibus suis. (Jo. X, 14). Orbene, se il sacrifizio del Calvario è il supremo slancio d’amore del Cuore Sacratissimo di Gesù Cristo, non dovremo riconoscere che tale, è pure il Santo Sacrifizio della Messa, che è la copia fedele, anzi la rinnovazione, sebbene in modo incruento, del Sacrifizio del Calvario? Sì, o miei cari, la Santa Messa che si celebra sui nostri altari è essenzialmente lo stesso, lo stessissimo Sacrifizio che Gesù Cristo compì sulla Croce. Perciocché la stessa è la vittima che si immola sui nostri altari, vale a dire Gesù benedetto, Figlio unico di Dio e di Maria Vergine; lo stesso è il Sacerdote, giacché quivi è pure Gesù che immola la vittima, non essendo altro il ministro che ascende l’altare, se non un rappresentante di Gesù Cristo, uno strumento, di cui egli si vale a compiere il sacrifizio. Ed in vero, che cosa ha fatto nostro Signor Gesù Cristo nell’ultima Cena, quando ha istituito la SS. Eucaristia? Poiché l’immolazione della vittima non è che la separazione del sangue dal corpo della vittima istessa, Gesù Cristo consacrando separatamente il pane ed il vino, e mettendo direttamente sotto le specie del pane il suo corpo e sotto le specie del vino il suo sangue, ha Egli stesso operato una vera immolazione separando il suo sangue dal suo corpo. E poiché ancora la condizione essenziale del Sacrifizio è la morte e la distruzione intera della vittima, G. Cristo dando a mangiare il suo Corpo e a bere il suo Sangue agli Apostoli, mercé la distruzione delle specie mangiate, cessò di esistervi in forma sacramentale, e benché non in modo reale come poscia sul Calvario, tuttavia in modo mistico, vale a dire occulto, Egli fece una vera morte. Per tal guisa nell’ultima cena Gesù Cristo rappresentò nel modo più sensibile l’immolazione che il giorno dopo avrebbe fatto di sé sul Calvario, spargendo per noi il suo Sangue, e la morte cui sarebbe sottostato per la nostra salute. Per tal guisa nell’ultima cena Gesù Cristo Sacerdote-Dio, offrendo a Dio una vittima divina, compiva un vero e reale Sacrifizio, già compreso anticipatamente nell’unico e gran Sacrifizio della Croce. – Ma Gesù spronato dall’amore del Cuor suo per noi, non fu pago di compiere Egli allora lo stesso Sacrifizio del Calvario, ma volle che un tal Sacrifizio si avesse a perpetuare sino alla fine del mondo. Epperò con aria di potenza e di impero Egli diceva ancora agli Apostoli, e nella persona degli Apostoli ai loro successori: « Questo fate in memoria di me: Hoc facite in meam commemorationem, vale a dire: Come Io ho in questo momento con quest’azione sublime compiuto un vero e reale Sacrifizio, anzi lo stesso Sacrifizio che domani compirò morendo sulla Croce, così ancor voi consacrando il pane separatamente dal vino, e consumando poscia nella Comunione le specie sacramentali, ricordate e ripetete sino alla fine del mondo quello stesso Sacrifizio, unico e vero, che Io ho voluto ora anticipare e rappresentare, il sacrifizio della mia morte: Quotiescumque manducabitis panetti liunc et calicem bibetis, mortem Domini annuntiabitis donec veniat. » (I Cor. XI). È dunque evidente che come il sacrifizio compiuto da Gesù Cristo nell’ultima cena fu lo stesso Sacrifizio da Lui compiuto sul Calvario, così ancora lo è il Santo Sacrifizio della Messa che Gesù Cristo nell’ultima cena coll’onnipotente suo comando dato agli Apostoli istituiva in modo permanente. Or dunque se lo stesso è il Sacrifizio che si compie sui nostri altari che quello compiuto sul Calvario, non sarà pure lo stesso l’amore? Sì,lo stesso amore con cui Gesù Cristo adempì la nostra redenzione è quello con cui nella Santa Messa perpetua ed applica a noi i frutti della redenzione istessa. Ci amò adunque il Cuore di Gesù, ci amò di amore grande istituendo la Santissima Eucarestia come Sacramento, per cui perpetua la sua reale presenza in mezzo a noi e si fa cibo delle anime nostre; ma quando pensò a fare dell’Eucarestia il gran Sacrifizio che doveva durare sino alla fine del secoli, fece tal cosa che del suo amore per noi trascese i limiti estremi. Ma ciò non è ancor tutto; perciocché guardando bene addentro alla natura del Sacrifizio della Croce e a quella del Sacrifizio degli altari, sembra vedere in questo una carità più che generosa. Sul monte Calvario Gesù Cristo muore per espiare le nostre colpe, e morendo sembra il massimo prodigio di debolezza. Ma al tempo stesso che appare meno di un uomo, Egli rivela coi più grandi prodigi la sua divinità. Il cielo si copre di dense tenebre, il sole si oscura, la terra traballa, il velo del tempio si squarcia, i sepolcri si aprono, i morti risorgono, e tutta la natura si scuote per modo, che un gentile è costretto ad esclamare: Vere Filius Dei erat iste! Ah! costui era veramente Figlio di Dio. E così Gesù Cristo che moriva in croce come un malfattore si dava a conoscere per quella divina Persona, che era di fatto. Ma invece nel Sacrifizio della Santa Messa non succede nulla di tutto ciò. Quivi, è vero, Egli non muore che misticamente, vale a dire non in modo reale come sul Calvario, ma in modo occulto mercé la consacrazione separata del pane e del vino e la cessazione della sua esistenza Sacramentale per la Comunione. Ma perciò appunto nel Sacrifizio della Santa Messa Gesù Cristo non solo non si fa conoscere come Dio, ma neppure come uomo; perché mentre per una parte Egli si offre in Sacrifizio sotto simboli che non hanno nulla di sanguinoso e di spaventevole, per ragione di questi simboli medesimi, qui vi è un’eclissi totale della sua gloria, vi è la prigionia delle sue membra, vi è la cessazione delle funzioni naturali che convengono ai suoi sensi, vi è l’oscurità, l’immobilità, l’annientamento, che lo mettono talmente in nostra balìa che noi possiamo trattarlo come materia inerte. Ora quanto più altri si abbassa e si umilia per chi ama, non dimostra per lui tanto più grande il suo amore? Questa per ciò è la ragione per cui mi sembra esservi nel Sacrifizio dell’altare una carità tanto più generosa che nel Sacrifizio del Calvario, quanta più in quello Gesù Cristo sembra trascurare il suo onore. – Ma vi ha di più ancora. Perciocché io domando: Quante volte Gesù Cristo vuole rinnovato il Santo Sacrifizio della Messa? Certissimamente, come insegna l’Apostolo S. Paolo, « Gesù Cristo, sacerdote sommo ed eterno, non ha bisogno di offrire ogni giorno delle vittime, come facevano i sacerdoti dell’antica legge; Egli ha adempiuto tutti i doveri dell’umanità verso Dio e ne ha espiati tutti i delitti offrendo se stesso per una volta sola: Hoc fecit semel, seipsum offerendo. (Hebr. VII, 27) Quest’unica oblazione basta anzi a santificarci: Sanctificati sumus per oblationem corporis Jesu Chrit semel; (Ib. X, 10) basta a consumarci eternamente nella nostra santità: Una oblatione consummavit in sempiternum sanctificatos. (Ib.) Epperò il Sacrifizio della Messa non aggiunge un millesimo al Sacrifizio della Croce, giacché se la Messa è vero Sacrifizio, essa non è, come dicemmo, che l’unico Sacrifizio della Croce. Laonde, a notarlo di passaggio, la sbaglia di gran lunga il protestantesimo il quale, supponendo falsamente che tutte le Messe che si celebrano siano altrettanti sacrifizi separati e distinti da quello del Calvario, esce fuori col ridicolo sofisma che « La Messa fa ingiuria alla Croce, e con l’imputazione a noi Cattolici di credere che il Sacrifizio del Calvario non sia stato sufficiente a salvarci. » No, questa non è assolutamente la nostra fede. Ma pur credendo fermamente che bastò alla nostra salute l’unico Sacrifizio della Croce, e che il Sacrifizio della Santa Messa non aggiunge nulla al primo, perché tutte le Messe che furono celebrate dal principio dal Cristianesimo e si celebreranno fino alla fine del mondo sono comprese col Sacrifizio della Croce in un solo e medesimo volere di Gesù Cristo come un solo e medesimo Sacrifizio, noi dobbiamo riconoscere tuttavia e credere altresì che il Sacrifizio del Calvario non bastando alla carità del cuore di Gesù Cristo, Egli volle che mercé il Sacrifizio dell’altare fosse rinnovato e fatto presente ogni giorno, anzi le migliaia di volte al giorno, e che mercé questo stesso sacrifizio della Messa fossero applicate agli uomini di tutti i tempi quelle grazie di salute che scaturirono dal Sacrifizio del Calvario. Ma che dico solo « di tutti i tempi? » Io debbo aggiungere « di tutti i luoghi. » Perché la carità di Gesù Cristo non fu paga di dare alla Chiesa la facoltà di celebrare la Santa Messa in ogni giorno e innumerevoli volte del giorno, ma in un sol luogo, o in pochi luoghi determinati, ma istituì questo Sacrifizio in modo che si potesse e si avesse a celebrare da per tutto, nell’oscurità delle catacombe come nello splendore delle basiliche, nelle umili chiesuole di campagna come nei templi superbi delle città, sulle cime dei monti come in fondo alle valli, in mezzo al deserto come sulle acque dell’oceano, nei clamori del campo di battaglia come nella pace silenziosa d’una vergine foresta, dovunque insomma fosse possibile ergere un altare e piantarvi sopra una croce. Or dite, non è questo un vero abisso di carità? Certamente il Cuore di Gesù Cristo ci ha dato qui una prova finale del suo amore: In finem dilexit eos.
II. – Ma il tesoro donatoci dal Cuore Sacratissimo di Gesù nella santa Messa ci si manifesterà sempre più prezioso se ci facciamo a considerare come per esso ci fu dato il mezzo di rendere a Dio il culto a Lui dovuto nel modo più perfetto. Non solo la fede, ma la ragione istessa ci insegna che noi siamo legati a Dio con ogni maniera di debito. Iddio si affaccia alla mente umana siccome ciò che si può concepire di più eccelso, di più sublime, di più perfetto, come il principio di ogni essere e di ogni perfezione, la perfezione eterna ed influita, la somma grandezza, la somma sapienza, la somma potenza, la somma bellezza, la somma bontà, la somma giustizia, la somma santità. Ora innanzi a questa vista di Dio, l’intelligenza umana non può rimanersi superbamente inerte; è necessario che santamente si commuova e induca tutto l’uomo nella sua anima e nel suo corpo a chinarsi in adorazione innanzi a tanta Maestà; anzi fa d’uopo che spinga l’uomo, re della Creazione, a raccogliere in se stesso le adorazioni di tutto il creato e offrirle a Dio. Tutte il mondo sembra risentire la grandezza di Dio, suo Creatore, e il conseguente dovere di adorarlo; ed è perciò che il Santo re Davide invitava la terra tutta a rendere a Dio questo omaggio: Omnis terra adoret te. (Ps. LXV) Ed è perciò ancora che i tre fanciulli nella fornace ardente sollecitavano la luce e le tenebre, il venti e le tempeste, le brine e le nevi, la pioggia e la rugiada, i fiumi ed i mari, i monti e le valli, le erbe e gli alberi, le bestie selvagge e gli animali da campo, gli uccelli dell’aria e i pesci dell’acqua, le creature tutte a benedire il Signore. Ma questo mistico prosternarsi di tutti gli esseri privi d’intelligenza resta senza vita religiosa, se non ve la trasfonde l’uomo, essere ragionevole e religioso! Tocca a lui, come dotato di ragione e come sacerdote della creazione animare le adorazioni di tutto il creato, raccogliere nel suo cuore il profumo come in un sacro incensiere! e farlo quindi salire al trono di Dio come incenso gradito. Ma con tutto ciò l’uomo come essere finito non potrà mai render a Dio la conveniente adorazione. Esprima pure dinnanzi a Dio il suo nulla con le preghiere più fervide e più nobili, bruci pure gli incensi più odorosi e più preziosi, arda pure migliaia e migliaia di ceri, sacrifichi pure i più pingui animali e ne moltiplichi a dismisura le ecatombi, unisca pure insieme gli omaggi più riverenti di tutti gli altri uomini, non sarà mai che ei possa rendere a Dio quel supremo e perfettissimo culto che a Dio è dovuto: Dio non può essere degnamente onorato se non da Dio. Or ecco a che serve anzi tutto il Santo Sacrificio della Messa. Poiché essa è un Uomo – Dio quegli che si immola in nostro nome con la stessa umiltà profonda, con la stessa devota riverenza, con la stessa perfetta obbedienza con cui si offrì sulla croce, ed in essa quest’Uomo-Dio ci ammette ad offrire questa sua immolazione divina, per tal guisa nella S. Messa noi siamo abilitati a rendere a Dio l’adorazione più perfetta, superiore immensamente a quella stessa adorazione, che gli rendono tutti gli Angeli e tutti i Santi del Cielo. Non basta. Iddio oltre al presentarsi alla nostra mente come l’essere più perfetto, si presenta altresì al nostro cuore come il nostro supremo benefattore. È forse necessario che vi ritessa qui la storia delle larghezze divine per noi? Che vi mostri come tutta quello che siamo e che abbiamo in ordine alla natura ed alla grazia, tutto ci viene dalla liberalissima mano del Creatore? – Ormai, dopo che nel corso di questo mese abbiamo ricordati i supremi benefizi fatti dal Cuore di Dio all’uomo, sembrerebbe inutile. Basta il dire che l’uomo in tutto il suo essere non è altro se non un cumulo di benefizi divini. Ora dinnanzi a questi benefizi immensi fa d’uopo che il cuore dell’uomo, riconoscendoli, si commuova ed esprima la sua gratitudine a Dio nel miglior modo possibile. Ed ecco perché la Chiesa volgendosi a Dio in uno slancio del suo culto per Lui ci ricorda questo grande dovere: Vere dignum et iustum est, æqunm et salutare, nos Ubi semper et ubique gratias agere. (Praef. Missæ) È veramente, o Signore, cosa degna, giusta, equa e salutare, che noi sempre e dovunque ti rendiamo le dovute grazie. Ma anche qui l’uomo, che è povero e privo d’ogni bene, come si adergerà a ringraziare Iddio in quella misura che Egli merita? Qual ricambio, chiedeva affannoso il santo re Davide, qual ricambio renderò io al mio Signore, per tutti i benefizi che mi ha fatti? Quid retribuam Domino prò omnibus, quae retribuii mihi?Ed ecco di bel nuovo il Santo Sacrificio della Messa, che viene in nostro soccorso.Lo stesso re Profeta mirando in lontananza a questo Sacrifizio, si confortava dicendo: Calicem salutaris accipiam, et nomen Domini invocabo: (Ps. CXV, 3, 4) Offrirò riverente il Calice d’un Dio Salvatore, ed il suo nome, la sua invocazione,il suo sacrifizio, soddisferanno per me al debito di gratitudine che ho con Dio. Si, in questo Sacrifizio, essendo Iddio ringraziato da noi per mezzo di Gesù Cristo, vero uomo ma pur vero Dio, riceve il rendimento di grazie in misura adeguata all’immensità dei suoi benefizi. Qual carità adunque ebbe per noi il Cuore di Gesù nell’istituire l’Eucaristia non solo come Sacramento,ma ancora come Sacrifizio! Per tal guisa egli soccorso meravigliosamente alla nostra necessità e picciolezza: poiché ci diede così il mezzo di fare a Dio un’offerta sensibile in segno di soggezione al suo supremo dominio e di rendimento di grazie alla sua infinita liberalità, e questa offerta è Lui stesso, Figlio eterno di Dio in atteggiamento di vittima, nell’atto cioè di adorare e ringraziare per noi Iddio nel modo più perfetto.
III. — Ma adorare e ringraziare Iddio, sebbene in modo perfetto, non è ancora tutto il culto che gli è dovuto e che noi siamo necessitati a rendergli. Perciocché ciò potrebbe bastare qualora noi non avessimo più di Lui alcun bisogno, ma non già nell’indigenza assoluta in cui ci troviamo. Ed in vero, che cosa siamo noi in ordine al corpo e in ordine all’anima? in ordine al tempo e in ordine all’eternità? Povertà, impotenza. E che è mai anche tutta la ricchezza, tutta la bellezza, tutta la sanità, tutta la forza, tutta la prosperità di tutti gli uomini raccolte in un sol uomo? Chi si può vantare di possederle senza timore di perderle? Più ancora, dove sono le nostre virtù, la nostra giustizia, la nostra fortezza d’animo contro gli assalti delle passioni, del mondo, di satana? Senza l’aiuto della grazia di Dio noi siamo nulla, possiamo nulla, nemmeno far nascere un buon movimento nel nostro cuore. E trovandoci ridotti a tale povertà ed impotenza non sentiremo noi la necessità di alzare i nostri occhi, di stendere le mani, di sollevare il nostro spirito e il nostro cuore col sacrifizio di propiziazione a quel Dio che può e vuole aiutarci? Ma l’uomo, chiunque egli sia, ha forse il sé i meriti per essere ascoltato da Dio? Era perciò che Gesù Cristo raccomandava a’ suoi discepoli di domandare al Padre celeste nel suo Nome e li rimproverava perché fino allora noi avevano chiesto in Nome suo, vale a dire per la virtù dei suoi meriti infiniti. Ah! senza dubbio perché le nostre domande giungano accette al trono di Dio e siano esaudite è necessario che siano vivificate dalla virtù di quell’Uomo-Dio, che senza avere per sé il minimo bisogno di pregare, ha voluto tuttavia per noi nel corso della sua mortal vita, come ci attesta S. Paolo, offrire a Dio preghiere e suppliche con forti grida e con lacrime. Ma ecco il Santo Sacrifizio della Messa. Ivi non solo domandiamo a Dio i suoi celesti favori nel nome di Gesù Cristo, ma, affine di rendercelo propizio ed ottenerli, offriamo a Dio lo stesso Gesù Cristo ricoperto di tutti i meriti infiniti della sua Passione e Morte. E come potrà essere che il Divin Padre nel vedere in questo sacrifizio augusto lo stesso suo divin Figlio che in atteggiamento di vittima implora grazie per noi, non ce le conceda tosto? Ed ecco perché una delle parti più importanti della liturgia della Messa consiste nelle preghiere che vi si fanno. In queste preghiere la Chiesa domanda ogni sorta di grazie; domanda la forza pei deboli, la consolazione pei tribolati, la provvidenza per i poveri, la conversione pei peccatori, la perseveranza per i giusti, la conservazione della salute del corpo, la cessazione delle malattie, la opportunità del tempo, la liberazione della guerra, la tranquillità degli Stati, il benessere delle famiglie, la protezione divina durante la vita, l’assistenza del cielo al punto di morte, il trionfo della verità e della giustizia, tutte le grazie per l’anima e per il corpo, per il tempo e per l’eternità. E tutte queste grazie ella domanda per i meriti infiniti di Gesù Cristo e specialmente per il merito del suo Sacrifizio che si offre in sull’altare. E tutte queste grazie ancora per lo stesso merito la Chiesa realmente impetra, così che la Santa Messa nella Chiesa è veramente la fonte divina di ogni bene, quella da cui deriva la conservazione, la vita, la forza, la prosperità di tutti i figli di Dio, e di tutti gli uomini del mondo. Ma infine nel culto che dobbiamo rendere a Dio, è per noi essenzialissimo espiare le nostre colpe. Tutti, senza eccezione di sorta, siamo miserabili peccatori che abbiamo più e più volte offeso la Maestà infinita di Dio. E ad ogni offesa che abbiamo commessa, noi avremmo meritato di essere distrutti. Tuttavia Iddio pietoso ci ha risparmiati e conservati in vita. Noi siamo adunque in dovere di riconoscere che Iddio poteva punirci perché ne eravamo ben degni. E a tal fine che dovremmo far noi? Poiché, come insegua l’Apostolo Paolo, non si fa la remissione delle colpe senza spargimento di sangue, non è del sangue che noi dovremmo far scaturire da una vittima ed offrirlo a Dio? Ma da quale vittima? Egli è certo che l’ecatombe intera del genere umano non varrebbe a soddisfare degnamente l’oltraggio recato a Dio col peccato. E se i sacrifizi dell’antica legge giungevano di fatto a placare Iddio ed a renderlo propizio al popolo od all’uomo peccatore, non era già per quello che erano in se stessi, ma bensì per quello che significavano, « essendo impossibile, come insegna lo stesso S. Paolo, che col sangue dei capri, dei vitelli e dei tori si cancellino i peccati. » Ma ciò che non può fare il sangue degli uomini, e tantomeno quello degli animali, lo potrà fare senza dubbio il Sangue di Gesù Cristo, che ha una virtù ed un merito infinito. Ed è questo appunto che si offre a Dio nel Santo Sacrifizio della Messa, come già un giorno nel Sacrifizio del Calvario; ed alla vista di questo Sangue che si offre per la remissione dei peccati, come non si placherà la giustizia di Dio e non trionferà la sua misericordia? Non già che nel Sacrifizio della Messa si rimettano immediatamente i peccati senza il bisogno di sottometterli alla podestà delle chiavi nel Sacramento della Penitenza, ma bensì perché in questo Sacrifizio sgorgano quelle grazie di conversione che valgono a spezzare i cuori colpevoli e a purificarli prima ancora che nel Sacramento delle divine misericordie abbiano ricevuto la sentenza! di assoluzione; perché in questo Sacrifizio scaturisce il dono della vera compunzione, lo spirito di penitenza, la grazia di ben praticarla e di ristorare per tal guisa in unione ai meriti infiniti di Gesù Cristo gli oltraggi recati a Dio con la colpa. È in questo senso che noi riconosciamo nel Sacrifizio della Messa una virtù espiatrice; e non solo per noi viventi ancora sulla terra, ma secondo la fede e la pratica costante della Chiesa, secondo la testimonianza dei Santi Dottori, secondo le attestazioni delle più antiche liturgie, non ostante le negazioni dell’eresia, ancora per le anime giuste, che passate a l’altra vita con le macchie di lievi peccati o senza aver fatta condegna penitenza dei peccati gravi, trovatisi ancora nella necessità di compiere la loro espiazione, prima di poter raggiungere la requie e la luce eterna. Più ancora: al Santo Sacrifizio della Messa noi attribuiamo giustamente una virtù espiatrice, non solo per coloro che intendono o per i quali si intende direttamente ad ottenerla, ma eziandio per quei peccatori che di ciò non si danno alcun pensiero, e per quelli medesimi che con diabolico proposito si abbandonano alla colpa con questo scopo diretto di sfidare le divine perfezioni. Alcuni si meravigliano, parendo loro che Iddio ai tempi nostri abbia cambiato il modo di governare, essendo che anticamente si faceva chiamare il Dio degli eserciti, e parlava ai popoli frammezzo alle nuvole, e con i fulmini alla mano, e castigava le colpe con tutto il rigor della sua giustizia, con le catastrofi più spaventose, mentre ora tollera con pazienza non solo le vanità e le leggerezze, ma i peccati più sordidi, gli scandali più iniqui e le bestemmie più orrende, che molti de’ Cristiani vomitano ad ogni tratto contro il suo Santissimo Nome. Come va dunque? Forse che le nostre ingratitudini sono ora più scusabili, di quello che erano prima? Tutto all’opposto. Sono assai più colpevoli quanto più grandi sono i benefizi, di cui noi nella nuova legge siamo ricolmati. La ragione vera di sì stupenda clemenza è la S. Messa, in cui si offre all’eterno Padre questa gran vittima di Gesù, questo agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo. « Io per me credo – dice mirabilmente S. Leonardo da Porto Maurizio – che se non fosse la Santa Messa, a quest’ora il mondo sarebbe già sprofondato, per non poter più reggere all’alto peso di tante iniquità; ma la Messa è quel poderoso sostegno, che lo tiene in piedi. » Sì, è la Santa Messa, che ferma più spesso di quel che si crede il braccio della divina giustizia pronto a percuotere, che allontana i molti flagelli dagli uomini, che li scampa da tanti pericoli, e che, provocando la divina misericordia, attira invece sopra di essi le più elette grazie. Oh se l’umanità comprendesse quello di cui va debitrice al Santo Sacrifizio della Messa! Così adunque col Sacrifizio dei nostri altari si rinnova e si fa presente lo stesso Sacrifizio del Calvario, e per tal guisa si rende alla Maestà di Dio il culto che a Lui è dovuto nel modo più perfetto. Così si onora come deve essere onorato. E poiché nell’offrire questo sacrifizio si ricordano e si esaltano quasi sempre le virtù, i meriti e le grazie di Maria, Madre di Dio, degli Angeli e dei Santi, e si invoca la loro intercessione secondo l’avvicendarsi delle loro feste, così collo stesso Sacrifizio, non già offerto ad essi direttamente, ma a Dio in loro onore, si rende anche ad essi l’omaggio di quel culto che loro pure è dovuto. Così specialmente si adora Iddio come deve essere adorato, gli si offre il più adeguato ringraziamento de’ suoi benefizi; se ne domandano dei nuovi nel modo più atto ad ottenerli, si implora e si ottiene la remissione dei peccati. Così ancora la Santa Messa è il compendio di tutti i sacrifizi dell’antica legge, perciocché da solo è sacrifizio latreutico, ossia di adorazione, sacrifizio eucaristico, ossia di ringraziamento, sacrifizio impetratorio, ossia di impetrazione delle grazie, sacrifizio espiatorio, ossia della remissione dei peccati. Amore pertanto, amore infinito del Cuore di Gesù per noi, ecco ciò che ci predica in modo eccellentissimo il Santo Sacrifizio della Messa. E dopo ciò come potrà essere che, dai devoti almeno del Sacro Cuore, non si corrisponda degnamente a tanta prova di amore? Come non vi sarà in noi il massimo impegno per ascoltare devotamente la Santa Messa, non solo nei giorni festivi, ma più volte ancora nel corso della settimana? Deh, o carissimi, non rifiutiamoci di partecipare il più sovente possibile con la nostra devota presenza ad un Sacrifizio che è la gloria della Chiesa, la consolazione e la delizia delle anime fedeli, la ricchezza e la fortuna di ogni cuore cristiano, la fonte inesauribile di tutte le grazie per il tempo e per l’eternità. Veniamo, veniamo spesso ad attingere con gaudio a questa fonte di salute, e siamone certi, per la bontà immensa del Cuore di Gesù Cristo, continueranno a sgorgarne zampilli di vita eterna. E voi, o Cuore Sacratissimo, nel vostro influito amore per noi, continuate ad ammetterci in questo Santo Sacrifizio ad essere partecipi delle vostre adorazioni, delle vostre azioni di grazie, delle vostre suppliche e delle vostre impetrazioni di perdono, affinché per questo gran mezzo compiendo degnamente i nostri doveri col vostro Padre Celeste, possiamo sempre nel corso di nostra vita essere da Lui mirati con sguardo benigno ed amoroso, ed al termine di essa meritarci d’essere accolti per tutta l’eternità tra le sue braccia in cielo.