SALMO 67: “EXSURGAT DEUS, et dissipentur inimici ejus”
CHAINE D’OR
SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati
con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte
testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più
rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien
Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della
Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME
DEUXIÈME.
PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de
Soissons et Laon.
Salmo 67
[1] Exsurgat Deus, et dissipentur inimici ejus;
et fugiant qui oderunt eum a facie ejus.
[2] Sicut deficit fumus, deficiant; sicut fluit cera a facie ignis, sic pereant peccatores a facie Dei.
[3] Et justi epulentur; et exsultent in conspectu Dei, et delectentur in lætitia.
[4] Cantate Deo, psalmum dicite nomini ejus; iter facite ei qui ascendit super occasum. Dominus nomen illi; exsultate in conspectu ejus. Turbabuntur a facie ejus,
[5] patris orphanorum, et judicis viduarum; Deus in loco sancto suo.
[6] Deus qui inhabitare facit unius moris in domo; qui educit vinctos in fortitudine, similiter eos qui exasperant, qui habitant in sepulchris.
[7] Deus, cum egredereris in conspectu populi tui, cum pertransires in deserto,
[8] terra mota est, etenim cæli distillaverunt, a facie Dei Sinai, a facie Dei Israel.
[9] Pluviam voluntariam segregabis, Deus, hæreditati tuæ; et infirmata est, tu vero perfecisti eam.
[10] Animalia tua habitabunt in ea; parasti in dulcedine tua pauperi, Deus.
[11] Dominus dabit verbum evangelizantibus, virtute multa.
[12] Rex virtutum dilecti, dilecti; et speciei domus dividere spolia.
[13] Si dormiatis inter medios cleros, pennæ columbæ deargentatæ, et posteriora dorsi ejus in pallore auri.
[14] Dum discernit cælestis reges super eam, nive dealbabuntur in Selmon.
[15] Mons Dei, mons pinguis. Mons coagulatus, mons pinguis:
[16] ut quid suspicamini montes coagulatos?Mons in quo beneplacitum est Deo habitare in eo; etenim Dominus habitabit in finem.
[17] Currus Dei decem millibus multiplex, millia lætantium; Dominus in eis in Sina in sancto.
[18] Ascendisti in altum, cepisti captivitatem, accepisti dona in hominibus; etenim non credentes inhabitare Dominum Deum.
[19] Benedictus Dominus die quotidie: prosperum iter faciet nobis Deus salutarium nostrorum.
[20] Deus noster, Deus salvos faciendi; et Domini, Domini exitus mortis.
[21] Verumtamen Deus confringet capita inimicorum suorum, verticem capilli perambulantium in delictis suis.
[22] Dixit Dominus: Ex Basan convertam, convertam in profundum maris;
[23] ut intingatur pes tuus in sanguine, lingua canum tuorum ex inimicis, ab ipso.
[24] Viderunt ingressus tuos, Deus, ingressus Dei mei, regis mei, qui est in sancto.
[25] Prævenerunt principes conjuncti psallentibus, in medio juvencularum tympanistriarum.
[26] In ecclesiis benedicite Deo Domino de fontibus Israel.
[27] Ibi Benjamin adolescentulus, in mentis excessu; principes Juda, duces eorum; principes Zabulon, principes Nephthali.
[28] Manda, Deus, virtuti tuæ; confirma hoc, Deus, quod operatus es in nobis.
[29] A templo tuo in Jerusalem, tibi offerent reges munera.
[30] Increpa feras arundinis; congregatio taurorum in vaccis populorum; ut excludant eos qui probati sunt argento: dissipa gentes quæ bella volunt.
[31] Venient legati ex Ægypto; Æthiopia præveniet manus ejus Deo.
[32] Regna terrae, cantate Deo; psallite Domino; psallite Deo.
[33] Qui ascendit super cælum cæli, ad orientem: ecce dabit voci suae vocem virtutis.
[34] Date gloriam Deo super Israel; magnificentia ejus et virtus ejus in nubibus.
[35] Mirabilis Deus in sanctis suis;Deus Israel ipse dabit virtutem
et fortitudinem plebi suæ. Benedictus Deus!
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO LXVII
Si cantano i misteri di ambedue i testamenti: soprattutto la discesa di Dio sul Sinai, e l’ascensione di Cristo in cielo.
Per la fine: salmo e cantico dello
stesso
David. (1)
1. Sorga il Signore, e sieno dispersi i suoi nemici; e fuggano dal cospetto di lui coloro che lo odiano.
2.
Svaniscano come svanisce il fumo; come si fonde la cera al fuoco, cosi
periscano i peccatori dinanzi alla faccia di Dio.
3
E i giusti banchettino e giubilino alla presenza di Dio; e godano
nell’allegrezza.
4.
Lodate Dio; intonate salmi al nome di lui; preparate la strada a colui che sale
sopra l’occaso: ei si noma il Signore. (2)
5.
Esultate davanti a lui; (i nemici) resteranno sbigottiti alla presenza di lui,
Padre degli orfani e giudice delle vedove.
6.
Dio sta nel suo luogo santo; Dio fa abitare nella sua casa uomini di un sol
rito. (3).
7.
Egli con sua fortezza pone in libertà i prigionieri, e quelli àncora che lo
irritano, che abitano nei sepolcri. Allorché tu, o Dio, andavi innanzi al tuo
popolo, quando passavi pel deserto,
8.
La terra si scosse; ed anche i cieli si liquefecero al cospetto del Dio del
Sinai, del Dio di Israele.
9. Una pioggia liberale terrai tu a parte, o Dio, per la tua eredità; e se questa è stata afflitta,
tu però l’hai ricreata.
10.
In essa i tuoi animali soggiorneranno; nella tua bontà hai preparato al povero
il nutrimento. (4)
11.
Il Signore darà la parola a coloro che annunziano con virtù grande la buona
novella. (5)
12.
I re potenti saran del diletto, del dilettissimo; e gloria della casa sarà il
divider le spoglie. (6)
13.
Quando voi dormiste in mezzo ai pericoli, sarete come colombe di piume
argentine, delle quali l’estremità del dorso ha il pallore dell’oro. (7)
14.
Mentre il Re del cielo fa giudizio dei re della terra, diverranno bianchi più
della neve, che è sul Selmon; il monte di Dio è fertile monte: (8)
15.
Monte grasso, monte pingue. Ma perché
pensate voi a’ monti feraci?
16.
Egli è un monte, in cui si è compiaciuto Dio di abitare; perocché il Signore
per sempre vi abiterà.
17.
Egli è il cocchio di Dio circondato da molte diecine di migliaia; questa lieta
gente è a migliaia; il Signore con essi e nel Sina nel Santo.
18. Ascendesti all’alto; prendesti teco prigionieri; ricevesti doni per gli uomini, onde, anche sopra di quelli che non credevano, abiti Iddio Signore. (9)
19.
Benedetto il Signore per tutti i gìorni: il Dio di nostra salute farà prospero
il nostro viaggio.
20.
Dio di salvazione egli è il Dio nostro; e il Signore, il Signore è quegli che
scampa da morte.
21.
Ma Dio spezzerà le teste de’ suoi nemici;
le
teste ben chiomate di coloro che camminano ne’ loro delitti.
22.
Il Signore ha detto: Gli uomini di Basan caccerò io in fuga: li caccerò nel
profondo del mare; (10)
23. Di modo che del sangue de’ nemici il tuo piede si tinga; e del medesimo le lingue de’ cani tuoi.
24.
Han veduto, o Dio, i tuoi passi; i passi dei mio Dio, del mio Re, che sta nel
santuario.
25.
Precedettero i principi uniti a’ cantori, in mezzo alle fanciulle, che
suonavano i timpani.
26.
Benedite nelle adunanze Iddio Signore, voi che derivate da Israele.
27.
Ivi il piccolo Beniamino rapito fuori di sé: i capi di Giuda loro condottieri,
i capi di Zàbulon, i capi di Nephtali. (11)
28.
Spedisci, o Dio, la tua potenza; conferma quello che in noi hai operato.
29.
Dal tempio tuo di Gerusalemme a te offeriranno doni i regi.
30. Minaccia le fiere, che stan pe’ canneti, l’adunanza de’ popoli, che è come di tori tra le mandre di vacche; per cacciar fuori coloro che sono provati come l’argento. (12)
31.
Dissipa le nazioni che aman la guerra; verranno ambasciatori dall’Egitto,
l’Etiopia stenderà per tempo a Dio le sue mani.
32.
Regni della terra, cantate laudi a Dio; cantate salmi al Signore.
33.
Cantate salmi a Dio; il quale è salito al sommo cielo dalla parte dell’Oriente.
34. Ecco che egli la sua voce farà voce di virtù; date gloria a Dio, a cagione d’Israele. La
sua magnificenza e la sua potenza vanno fino alle nubi.
35.
Mirabile Dio ne’ suoi santi; il Dio di Israele, egli stesso darà virtù e
fortezza al suo popolo. Benedetto Dio.
(1) – Per ben comprendere questo magnifico Salmo e
afferrarne il senso, talvolta così misterioso e sì difficile, sono da fare tre
importanti notazioni: 1° ricordarsi che, nell’estasi profetica, tutto appare,
tutto si riscopre agli occhi del profeta contemporaneamente. Da qui questo
brusco passaggio da un oggetto all’altro, queste associazioni di idee
istantanee ed inattese, questo miscuglio, e per così dire, questa confusione di
cose che ci rendono talvolta sì ardua l’intelligenza dei Salmi profetici; – 2°
la Chiesa è una, perpetua, universale ed abbraccia tutti i tempi, e questa
perpetuità si sviluppa in due periodi successivi: nel primo, la Chiesa è
figurativa, è l’abbozzo di ciò che più tardi deve essere il capolavoro: è la
stessa Chiesa che conduce Mosè e che regge l’Uomo-Dio, di cui Mosè non era che
la figura. Questa unità fa comprendere come, in questo Salmo, il Profeta passi,
senza transizione, dalle meraviglie antiche alle opere degli ultimi giorni. –
.3° Occorre anche grandemente fissare gli oggetti multipli dei quali questo
Salmo è pieno. Il Profeta descrive una solennità, ma la descrizione di questa
solennità non serve al Profeta che da cornice per gli sviluppi più sublimi e le
rivelazioni più grandiose.
(2) -« Fate un cammino », apostrofe agli abitanti dei
luoghi ove deve passare l’Arca. « A
Colui che sale verso il ponente ». L’armata vittoriosa ritorna a Gerusalemme
dal lato di ponente; essa, di conseguenza, avanzava verso Sion attraverso le
contrade che erano ad occidente di Gerusalemme.
(3) – Davide fa qui allusione ai ribelli, condannati a non
entrare nelle terra promessa ed a perire nella solitudine del deserto.
(4) – « Una pioggia volontaria ». Una pioggia tutta di
favore, secondo gli uni, pioggia reale che rinfrancava gli Ebrei nella solitudine,
e più verosimilmente, secondo gli altri, pioggia della manna di cui essi furono
nutriti nel deserto e che è la figura della dottrina evangelica. « I vostri
animali vi abiteranno ». Allusione alle quaglie che si sono abbattute in mezzo
al campo per nutrire gli Ebrei che avevano preso in disgusto la manna.
(5) – Nelle feste pubbliche e nei trionfi, le donne
cantavano le gesta dei vincitori, [Es. XV, Giud. V, I Re XVIII, Giud. XVI.]
(6) – « Rex virtutum dilecti dilecti », vale
a dire erit dilectissimæo dilectissimo
huic cedet erit ejus possessio. –
Questo può applicarsi al popolo di Israele, che assoggettava i re potenti della
terra di Chanaan, ma conviene altresì meglio a Gesù Cristo, questo benamato dal
Padre, in cui ha messo tutte le sue compiacenze. – La bellezza della casa, le
donne della casa (Giob. V, 24). In Oriente le donne sono ordinariamente chiuse all’interno della casa.
(7) – Quando riposerete in piena sicurezza nelle terre che
vi saranno assegnate in sorte (clerus, dalla parola greca κληρόσ), voi brillerete dello splendore
dell’argento e dell’oro, similmente alle colombe le cui ali sono argentate e le
cui piume che ricoprono l’estremità del dorso riflettono il verde pallore
dell’oro.
(8) – Mentre il Dio del
cielo dissipa i re di questa terra data in eredità al suo popolo. Allora Dio
voleva scegliere una montagna per sua dimora. Il Selmon, montagna della catena
del Basan, a nord-est della Palestina, sembrava degna di questo onore, a causa della
sua vetta elevata, sempre coperta da neve. Senza dubbio, questa catena di Basan
è una montagna elevata, una montagna dalle sommità dense, ma non è quella che
Dio ha scelto. Perché arrestate i vostri sguardi, o popolo di Israele? È qui su
Sion che Dio vuole abitare. – Da questa montagna di Selmon, il Salmista passa
dunque alla montagna di Sion.
(9). – Tu ti elevi, o
Dio! Nell’arca, sulla montagna santa, per farne tua dimora; tu trascini al tuo seguito i tuoi nemici, che
hai fatto prigionieri mediante le mie mani; tu ricevi da essi i tributi che hai
loro imposto. – L’Arca rappresenta qui l’umanità di Gesù Cristo che si eleva al
cielo nel giorno dell’Ascensione portando prigionieri i principi delle tenebre
(Col. II, 15). Tutto ciò che
Egli riceve, lo riceve con la sua Chiesa alla quale Egli lo dà; è tale il senso
che San Paolo da a questo versetto (Efes.
IV, 8).
(10) – « Io li condurrò
da Basan (dall’Oriente), nel paese di Chanaan, dove essi saranno messi a morte
con la spada, o precipitati nel mare ». – Il Salmista fa menzione di qualche
tribù che le rappresenta tutte, e questa menzione di tribù che marciano
separate, sarebbe una prova che questo Salmo è stato evidentemente prima della
cattività.
(11) – Questa bestia delle
canne (il coccodrillo o l’ippopotamo), figura il re d’Egitto con i grandi del
suo reame, comparati a due tori potenti e con i loro popoli che li circondano,
che si abbandonano ai loro capi, come le vacche ai tori, ed assecondano i
disegni che hanno formato di scacciare i servitori provati da Dio.
Sommario analitico
In
questo Salmo, composto nell’occasione del trasporto dell’arca dalla casa di
Abededom al tabernacolo preparato sulla montagna di Sion (II Re, VI, 12), [Hengstenberg ed altri esegeti pensano che
questa occasione fosse quella della traslazione solenne dell’Arca, quando in
seguito alle guerre essa fu condotta, accompagnata dai prigionieri, sul monte
Sion].
Davide
contempla e celebra il trionfo di Gesù Cristo sulla morte, la sua Ascensione al
cielo ed i doni che Egli ha sparso sulla Chiesa nascente.
I. – Egli descrive la splendore del suo trionfo:
1°
la dispersione e l’annientamento dei suoi nemici (1, 2);
2°
la gioia e la sicurezza dei giusti, che cantano dei cantici in onore del
Salvatore che ascende al cielo (3, 4);
3°
la protezione che Egli accorda alle vedove e agli orfani (5);
4°
L’entrata trionfale nel suo palazzo, la pace e l’unione che Egli fa regnare
intorno a sé e la libertà che accorda ai prigionieri dei quali ha distrutto le
catene. (6).
II. – I doni che il trionfatore distribuisce in
abbondanza:
1°
Come figura di questi doni, egli ricorda i benefici di Dio nei riguardi del suo
popolo nel deserto, la manna che il Dio del Sinai fa piovere dal cielo per
nutrirlo (7, 8);
2°
egli adatta la figura alla realtà e ci fa vedere come Gesù Cristo salendo al
cielo abbia inviato, sugli Apostoli ed i fedeli, lo Spirito Santo come una
pioggia celeste, – a) per guarire la terra dalla sua sterilità e rendere la sua
Chiesa feconda (9);- b) per nutrire i fedeli che abitano nel suo seno (10); –
c) per dare loro la forza di operare i miracoli e di convertire con la loro
parola quelli che sono chiamati a far parte della Chiesa (11, 12); – d) per dar
loro la sicurezza ed anche il fulgore e splendore in mezzo ai pericoli (13,
14); – e) per porli sulla sua montagna, di cui enumera i privilegi (15, 16).
III. – La condotta del trionfatore:
1°
Nei riguardi di coloro che Egli ha liberato, – a) come in precedenza, egli
parla dapprima figurando l’Ascensione, cioè l’ascesa di Dio al Sinai, in mezzo
agli Angeli (17); – b) celebra il fatto stesso dell’Ascensione – la liberazione
dei prigionieri – i doni che Dio ha elargito agli uomini, anche su coloro che
non credono (19); – c) rapporta il canto trionfale dei prigionieri liberati,
lodando Dio nell’aver appianato davanti a loro il cammino, e per averli
ritirati dalla morte e condotti al termine del viaggio (20, 21).
2°
Nei riguardi dei loro nemici, cioè dei
demoni che tenevano prigionieri questi uomini, – a) egli indica il modo in cui
essi saranno distrutti; – b) ne fa conoscere la causa (22); – c) indica il
luogo ove si compirà questo castigo, le profondità dell’inferno (23); – d)
svela tutto il rigore del castigo e la grandezza della vittoria (24).
IV. – Egli predice le lodi che gli Apostoli, i Re ed
i popoli convertiti alla fede canteranno in onore del celeste Trionfatore:
1°
Ci insegna che gli Apostoli sono stati testimoni dell’Ascensione del Salvatore
(24); 2° le lodi cantate da essi, dalla folla dei fedeli e che il Profeta
esorta a continuare (25); 3° indica da quale tribù vengono gli Apostoli (26,
27), 4° predice che i re delle nazioni, dei quali chiede la conversione,
vedranno Lui che offre dei doni (28, 29). 5° Predice che i popoli si uniranno
ai re in una medesima fede;- a) chiede a Dio di reprimere gli sforzi dei
tiranni e dei demoni che si oppongono a questa conversione dei popoli; – b) di
dissipare le agitazioni ostili delle nazioni stesse (30), – c) predice come
frutto la conversione delle nazioni più attaccate al culto degli idoli (31). 6°
I re canteranno a Dio dei cantici di azioni di grazie, in riconoscenza dei
benefici della fede (32, 33); 7° Il Re Profeta descrive la potenza di
Gesù-Cristo regnante sul suo trono, per eccitare i popoli a lodare eternamente
questo Dio magnifico, ammirevole nei suoi Santi, e fonte di ogni potenza e di
ogni forza per il suo popolo (34, 35).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 1-6.
ff. 1-3. – « Sorga Dio, etc. ». È cosa già fatta. Il Cristo che è al di sopra di
tutte le cose, Dio benedetto in tutti i secoli, il Cristo è risuscitato (Rom.
IX, 6), e i Giudei suoi nemici sono dispersi tra tutte le nazioni. Vinti nel
luogo stesso ove essi hanno esercitato contro di Lui la loro inimicizia, sono
stati di là dispersi tra tutti i popoli. Ed ora essi odiano il Cristo, ma Lo
temono, e sotto l’impero di questo timore, essi fuggono lontano dalla sua
faccia. Per l’anima, in effetti, temere, è come fuggire; e come fuggire,
secondo il modo del corpo, la faccia di Colui che rende sensibile in tutti i
luoghi gli effetti della sua presenza? Essi fuggono, dunque, non con il corpo,
ma con lo spirito; non nascondendosene, ma temendone; non questa faccia di Dio
che essi non seppero vedere, ma quella che essi sono forzati a vedere (S. Agost.). – « Come il fumo
svanisce, essi svaniscono da se stessi ». Il fumo è trasportato dal vento, la
cera si liquefa a causa del fuoco, e gli empi cadono così senza forza e senza
resistenza davanti alla maestà dell’Altissimo. In effetti, sollevati dal fuoco
del loro odio, i nemici di Dio e del suo Cristo, si sono elevati al colmo
dell’arroganza, essi hanno innalzato la testa fin nel cielo (Ps. LXXII, 9), ma ben presto essi
svaniranno nella vergogna dei loro
peccati. « Come le cera fonde davanti al fuoco, così i peccatori periscono
davanti alla faccia di Dio ». Forse il Profeta ha voluto rappresentare in
questo modo coloro la cui durezza si fonde nelle lacrime della penitenza; ciò
nonostante si può forse vedere in questo passaggio una minaccia del giudizio
prossimo, perché dopo essersi elevati in questo mondo come il fumo, cioè dopo
essersi dissipati nel loro orgoglio, i peccatori saranno colpiti alla fine con
l’ultima condanna e periranno per l’eternità davanti alla faccia di Dio quando
Egli si sarà manifestato nel suo splendore, simile al fuoco più vivo, per
essere il castigo degli empi e la luce dei giusti (S. Agost.). – Due sono gli avvenimenti del Messia nei quali
Egli deve trionfare sui suoi nemici. Il primo è passato, e noi ne gioiamo, il
secondo è da venire, e noi lo attendiamo. – Augurio legittimo è che Dio sia
elevato e che i suoi nemici siano confusi. – Desiderio cristiano, che Dio si
elevi in un’anima, che ne prenda possesso e che tutti i suoi nemici siano
dissipati ed annientati; vale a dire che i peccatori non siano più peccatori, e
che i loro peccati non compaiano più davanti alla sua faccia. – I due grandi
nemici di Dio nell’anima del peccatore sono l’orgoglio del proprio spirito e la
durezza del suo cuore. Quando la grazia si fa sentire a questo peccatore, la
sua vanità sparisce come il fumo che il vento dissipa, la durezza del suo cuore
si ammorbidisce e si rende flessibile a tutte le impressioni che gli si
vogliono dare. Questo cuore, in precedenza insensibile e glaciale, riceve
infine il calore del divino amore e comincia
fondersi con il fervore dello spirito (S. Greg., Berthier). – La gioia dei giusti viene espressa da un
festino, per significare: – 1° che essa è viva e fa su di essi un’impressione
simile a quella che produce uno squisito nutrimento; – 2° che essa è intima e
non superficiale, – 3° che essa fa, per così dire, parte della sostanza dei
giusti, che essa li penetra e li fortifica, come il nutrimento che noi assumiamo.
– È nella nuova Alleanza un banchetto che riempie di gioia l’anima dei giusti:
non è più un pasto alla presenza dell’Arca, ma è il Dio stesso dei due
Testamenti che si dà come nutrimento ai suoi figli. Quali delizie inondano i
santi seduti alla tavola di Gesù Cristo! Essi solo possono spiegare i loro
trasporti; ancora la loro lingua è troppo poco eloquente per dire ciò che passa
nei loro cuori (Berthier).
– Gettiamo gli occhi sul venerabile
Sacramento dell’altare: è là che ci viene preparata la tavola celeste e su
questa tavola la coppa che produce la santa ebbrezza. (S. Greg.). – Comparata a questa gioia divina, ogni altra gioia
è un dispiacere, ogni soavità è un dolore, ogni dolcezza è un’amarezza, ogni
bontà una bruttura, tutto ciò che può lusingare e piacere, spiacevole e penoso
(S. Bern., Ep. 234).
ff. 4. – « Cantate le
lodi di Dio ». Questi canta le lodi di Dio che vive per Dio; questi canta dei
salmi al suo nome: costoro lavorano per la sua gloria. Celebrate le lodi di Dio
con questi cantici, con questi salmi, cioè vivendo per Dio, lavorando per Dio.
« Preparate – egli dice – la via a Colui che sale su per ponente ». Preparate
la via a Cristo con i piedi mirabili di coloro che annunziano il Vangelo (Isaia LII, 7), i cuori dei credenti
siano una strada aperta per Lui; perché è il Cristo che sale su da ponente, sia
perché la vita nuova di colui che si converte a Lui non si unisce alla sua se
non quando l’uomo vecchio sia morto con la rinunzia a questo secolo; ossia
perché il Cristo è salito su da ponente, quando, con la sua Risurrezione, ha
vinto la morte che aveva nascosto il suo corpo nella tomba (S. Agost.). – L’uomo è incapace da
se stesso di preparare il cammino al Signore; ma quando Dio parla al suo cuore,
accompagna la sua parola con l’unzione della sua grazia, per fargli compiere
ciò che non può senza la sua assistenza. Egli abbassa in lui le montagne del
suo orgoglio, riempie ciò che vi trova di vuoto, si prepara un cammino per
arrivare fino lui (Dug.). – « Trasalite di allegria in
sua presenza », o voi che preparate la via a Colui che sale su da ponente,
esultate di allegria in sua presenza; « se voi siete in un’apparente tristezza,
sarete non di meno in una gioia costante »,
«… afflitti ma sempre lieti » (II
Cor. VI, 10); perché, mentre aprite un cammino davanti a Lui, voi
preparate una via per la quale Egli possa venire e possedere le nazioni, voi
soffrirete mille mali che gli uomini giudicheranno ben tristemente. Ma voi, non
solo non vi lasciate abbattere, ma rallegratevi vivamente, non agli occhi degli
uomini, ma sotto gli occhi di Dio. « Siate gioiosi per la speranza e pazientate
in mezzo alle sofferenze » (Rom. XII,
12). « Riempitevi di gioia alla sua presenza ». In effetti coloro che
si turbano in presenza degli uomini « … saranno turbati in faccia a Colui che è
il Padre degli orfani ed il Giudice protettore delle vedove ». Questi, in effetti, sembrano, a giudizio
degli uomini, colpiti dalla desolazione per essere stati separati il più
spesso, dalla spada della parola di Dio, dai figli di cui essi erano i padri, o
dalle donne delle quali erano gli sposi (S.
Matt. X, 34). Ma nel loro rigetto, nella loro vedovanza, essi trovano
consolazione presso « … il Padre degli orfani ed il Giudice protettore delle
vedove ». Essi trovano consolazione presso di Lui, se sanno dirgli. « mio padre
e mia madre mi hanno abbandonato, il Signore al contrario mi ha preso sotto la
sua protezione » (Ps. XXVI, 10);
se essi ripongono la loro speranza nel Signore e non cessano di pregare né di
giorno né di notte (I Tim. V, 5,). Davanti a loro i malvagi saranno turbati,
quando vedranno che i loro sforzi sono stati inutili e che il mondo intero ha
seguito il Signore (S. Agost.).
– « Io non vi lascerò orfani, aveva detto il Signore ai suoi Apostoli, Io
tornerò da voi » (S. Giov. XIV, 18);
Io tornerò a voi con la mia grazia, con il mio Spirito, con l’Eucaristia. « Io
non vi lascerò orfani », vale a dire « Io vi invierò il mio Spirito, di modo
che Io non cessi di essere con voi ». Questo nome di orfano che dà loro, indica
chiaramente che Egli è loro Padre. … Io tornerò a voi dopo la resurrezione del
mio corpo, Io che sono sempre con voi con la presenza della mia divinità (S. Bern., Tract. De Cœna.).
ff. 6. – Il Signore si fa un tempio di questi orfani e di queste vedove,
cioè di coloro che sono come destituiti da ogni eredità nelle speranze del
mondo. È di questo tempio che parla il Profeta quando dice: « il Signore abita
nel suo luogo santo ». Egli mostra chiaramente in effetti, qual sia questo
luogo santo, quando aggiunge: « Dio fa abitare nella sua casa coloro che sono
della stessa sorte, cioè coloro che non hanno che uno stesso pensiero, uno
stesso sentimento ». Questi formano il luogo santo del Signore, perché, dopo
aver detto: « il Signore abita nel suo luogo santo », come se noi Gli
domandassimo quale sia questo luogo: poiché esso è tutto intero dappertutto, il
Profeta ci risponde per farci comprendere a non cercarlo fuori di noi, ma
piuttosto a riunirci in una stessa maniera di vivere, alfine di meritare che Dio
si degni abitare in noi. Ecco il santuario del Signore, che cercano la maggior
parte degli uomini, per pregarvi ed essere esauditi. Che essi siano dunque in
se stessi, cioè in questo luogo che cercano, che vi abitano come nella casa del
Signore, come coloro che non hanno che un solo spirito, uno stesso sentimento,
uno stesso pensiero, e che là, nel loro cuore, cioè nel silenzio di questo
letto misterioso, essi ripassino con compunzione tutte le loro parole (Ps. IV, 5), affinché il Maestro
della grande casa risieda in essi, ed essi siano quello stesso santuario nel
quale saranno esauditi (S. Agost.).
– Questa profezia si è compiuta nella
Chiesa cristiana che lo Spirito Santo formò nel giorno della Pentecoste, giorno
in cui fece di tutti i fedeli come un solo cuore, e di tutte le loro case, una
sola casa, come riuniti in un solo corpo, del quale Gesù-Cristo era il Capo. –
Quale spettacolo mirabile nella Chiesa Cattolica, quello di questa unione di
tutti i veri fedeli con i loro Pastori, e di tutti i Pastori particolari con il
Pastore universale! Che altro poteva il Signore produrre se non questa
unanimità di pensiero, di viste, di sentimenti? In questo secolo di
contraddizioni, di confusione, di tenebre, questo accordo di tanti spiriti in
una stessa luce, di tanti cuori in uno stesso amore, questa identità dottrinale
e morale di tutti, malgrado la diversità dei punti di partenza di ciascuno, è
la prova manifesta della divinità della Chiesa Cattolica; è la testimonianza
irrecusabile della presenza e dell’azione di Dio nella sua Città santa (Mgr. Pie, Entret. Syn. t. IV, p. 458).
– È per effetto della sua grazia che si costruisce questa casa, e non per i
meriti di coloro con i quali Egli la costruisce. Considerate in effetti, ciò
che segue: « Egli libera e fortifica quelli che erano in catene ». Egli ha in effetti spezzato con la sua grazia
le pesanti catene che impedivano ai colpevoli di camminare nella via dei suoi
Comandamenti; « … Egli li ha liberati ed ha dato loro una forza che essi non
avevano prima di aver ricevuto la sua grazia. Egli libera ugualmente coloro che
Lo irritano abitando le tombe », cioè coloro che sono morti in ogni senso e non
sono occupati che in opere morte. In effetti, questi Lo irritano con la loro
resistenza a ciò che è giusto; perché mentre i primi che sono nelle catene,
forse volevano camminare, questi non lo vogliono; essi pregano Dio per averne i
mezzi e Gli dicono: « liberatemi dalle mie necessità » (Ps. XXIV). E quando Dio li ha esauditi, essi Gli rendono grazie
dicendo: « Voi avete spezzato i miei legami » (Ps. CXV, 7). Ma questi peccatori che Lo irritano abitando le
tombe, sono del genere di quelli che la Scrittura designa con queste parole: « … da un morto,
che non è più, la riconoscenza si perde » (Eccles. XVII, 23). Di
là ancora questa parola: « Il peccatore quando è caduto nel profondo
dell’abisso, disprezza tutto » (Prov.
XVIII, 3). Una cosa è in effetti, desiderare la giustizia, altra cosa
il combatterla, altra cosa essere liberato dal male, altra cosa difendere i
propri peccati in luogo di confessarsi; pertanto, la grazia del Signore libera
e fortifica l’uno e l’altro tipo di peccatore? E quale forza dà loro, se non
quella di lottare fino al sangue contro il peccato? Perché Egli trova dei
peccatori di questi due tipi, che devono proprio a ciò, il fatto che il
santuario di Dio sia costruito in essi: gli uni dopo la loro liberazione, gli
altri dopo la loro resurrezione (S.
Agost.). – Questa vita è un luogo di prigionia ed un deserto. Dio deve
un giorno liberarci, e noi temiamo il momento della nostra liberazione. Noi
vogliamo, dice S. Agostino, accumulare sempre dei giorni e non giungere mai
alla fine di questa carriera; noi vogliamo sempre marciare e mai arrivare;
questo è irragionevole e contraddittorio. Quale sarà infine la nostra sorte?
Quella che il Profeta descrive: noi moriamo da ribelli, ed abiteremo
eternamente in luoghi aridi ove la misericordia divina non spande le sue
influenze, noi approderemo a queste tombe ove la luce non penetra mai. È una
sciagura non profittare del deserto di questa vita per entrare nella terra
promessa! (Berthier).
II. —7-16.
ff. 7, 8. – « O Dio, quando voi uscite in presenza del
vostro popolo ». Per Dio, uscire, significa apparire nelle sue opere. Ora,
questo non è da tutti, ma appartiene solamente a coloro che sanno ammirare le
sue opere. – Io non parlo attualmente di queste opere che colpiscono gli occhi
di tutti, come il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che esse racchiudono, ma
delle opere per le quali « … Egli libera e fortifica coloro che sono nelle
catene », così come coloro che Lo irritano abitando nelle tombe, per farli abitare
nella sua casa come aventi un solo cuore ed una sola anima. È così che Egli
esce in presenza del suo popolo, cioè in presenza di coloro che comprendono
questa grazia (S. Agost.). – Gesù-Cristo marcia alla nostra testa nel deserto
di questa vita; Egli spande su di noi le benefiche influenze della sua grazia;
Egli scuote i nostri cuori, sia con il timore dei suoi giudizi, sia con la
veemenza del suo amore. Egli si mostra a noi come il Signore si mostrava agli
Israeliti nella nube miracolosa; luce da un lato, tenebre dall’altra; molta
luce per guidare i nostri passi, tante tenebre per provare la nostra fede. La
nostra sventura è il perdere di vista il Conduttore beneficante, e di imitare
gli Ebrei che rimpiangevano i falsi beni dell’Egitto. Ah! Diceva S. Gregorio,
seguiamo Gesù-Cristo: la strada che Egli ci mostra sembra dura e difficile
all’inizio, ma essa è piena di dolcezze per coloro che conducono una vita
perfetta (Berthier). – « La terra è stata scossa quando passavate nel
deserto ». Il deserto, erano i gentili che non conoscevano Dio; il deserto era
il luogo ove Dio non aveva dato alcuna legge, o nessun Profeta mai aveva
abitato e predetto la venuta del Salvatore. « Quando voi dunque passavate nel
deserto », quando il vostro nome è stato predicato ai gentili, « … la terra è
stata scossa », gli uomini della terra sono stati svegliati e chiamati alla
fede. Ma come è stata scossa la terra? « Perché i cieli si sono fusi in acque
davanti al Dio del Sinai, davanti al Dio di Israele …. ». Si tratta qui dei cieli
di cui in un altro salmo è detto: « I cieli raccontano la gloria di Dio », e
poco oltre « Non è linguaggio e non sono parole, di cui non si oda il suono » (Ps.
XVIII, 4). In ogni caso non è a questi cieli, per grandi che essi
siano, che bisogna attribuire la gloria di aver scosso la terra fino a condurla
alla fede, come se il deserto delle nazioni fosse debitore di questa grazia a
questi uomini; non è da se stessi che questi cieli hanno dato la loro pioggia,
ma questa pioggia è partita dalla faccia di Dio … dal Signore di cui è detto in
un altro punto: « voi versate ammirevolmente la vostra luce dall’alto delle
montagne eterne » (Ps. LXXV, 5); benché sia dall’alto delle montagne eterne che
viene la vostra luce, tuttavia siete Voi che la diffondete. Lo stesso qui: « I
cieli si sono fusi in pioggia », ma questa pioggia « … è partita dalla faccia
di Dio » (S. Agost.).
ff. 9, 12. – La pioggia è qui il simbolo della
grazia in noi, della dottrina della salvezza e della santa Eucaristia; è una
pioggia volontaria e tutta gratuita, perché essa è dovuta alla bontà di Dio e
non ai nostri meriti. – Dio spande le sue grazie con abbondanza e con una
liberalità che è tutta dalla sua misericordia, perché noi non possiamo
ottenerla da noi stessi. Questa liberalità tutta gratuita esige da noi che vi
corrispondiamo con una perfetta buona volontà, e con grande coraggio in mezzo
alle prove di questa vita, cosa che non fecero i Giudei carnali che, ricolmi di
benefici del Signore, non cessarono di mormorare contro di Lui quando li minacciavano
le avversità (Berthier). – Questo popolo fu ricondotto dall’Egitto con grande
clamore; noi, che siamo oggi il popolo di Dio, noi dobbiamo essere liberati da
questo mondo, che è l’Egitto in rapporto a noi, e questa liberazione arriverà
quando Gesù Cristo apparirà nella sua gloria. Ecco allora due grandi benefici,
l’uno passato, e l’altro futuro. Cosa c’è in mezzo? Delle tribolazioni? E
perché? Al fine di manifestare la volontà di coloro che servono Dio, affinché
appaia fin dove portino lo zelo del suo servizio, affinché si veda se essi
servono con disinteresse Colui dal Quale hanno ricevuto gratuitamente la
salvezza (S. Agost.). – Quando una terra è stata fertilizzata, gli
armenti vi abbondano, perché essi trovano il nutrimento di cui hanno bisogno.
Il povero è alleviato e si riconosce che la benedizione del cielo è su questo
retaggio. Ognuno deve interrogarsi sullo stato della propria anima, di questa
terra che Dio gli dà da coltivare. Quanti, qui non vi trovano che animali
feroci, cioè passioni indomite! (Berthier). – Oh! Se poteste vedere
il campo del vostro cuore, fondereste in lacrime e non trovereste un solo
boccone di cui potervi nutrire. Tutto il vostro uomo interiore perisce per la
fame; esso è quasi morto. Quanti morti vediamo camminare nel mondo! (S.
Agost.). – « Voi avete preparato
nella vostra soavità, o Dio mio, ciò che è necessario al povero ». Nella vostra
soavità e non nelle sue ricchezze. In effetti, egli è povero, perché è stato
fiaccato per essere reso perfetto, ed ha riconosciuto la sua indigenza per
essere ricolmo di beni. È di questa soavità che il Profeta dice allora: « … Il
Signore spanderà la sua soavità, e la nostra terra porterà i suoi frutti » (Ps.
LXXXIV, 13), affinché faccia il bene non per timore, ma per amore, non
per il terrore del castigo, ma per l’attrattiva della giustizia; perché tale è
la vera libertà. Ma il Signore ha preparato questi beni per l’indigente e non
per il ricco, che guarda questa povertà come un obbrobrio; obbrobrio, dice
ancora il Salmista, per colui che è nell’abbondanza, ed oggetto di disprezzo
per gli orgogliosi (Ps. CXXII, 4), (S. Agost.). – « Il Signore darà la
sua parola a coloro che evangelizzano con una grande forza ». È Dio solo che dà
Egli stesso la parola che vuole si annunci al suo popolo, ed il coraggio per
annunciarla con forza; nessuno dunque deve ingegnarsi da se stesso in questo
ministero. – È Dio che ispira i ministri della sua parola; è Lui che dà loro la
forza di predicare in mezzo ai più grandi pericoli. – Coloro che il Signore ha
scelto per annunciare la sua volontà provano che lo Spirito-Santo parla con la
loro bocca; essi sono illuminati prontamente dalla verità ed infiammati dalla
carità … ma essi devono leggere con grande precauzione le Sante Scritture;
perché colui che le consulta non in spirito d’amore, ma in spirito di curiosità
e per diventare sapiente, si arricchisce non della pienezza della parola, bensì
della pienezza del libro (S. Greg.). – È l’amore della parola
di Dio, e non l’amore della scienza che deve condurre allo studio del santi
Libri. – La forza che Dio ha comunicato ai predicatori del Vangelo si è
manifestata in tre maniere. – 1° con l’efficacia dei loro discorsi, con cui
hanno convertito il mondo intero: « … così le mie parole non torneranno senza
frutto, esse compiranno i miei disegni, e prospereranno in tutto ciò che io ho
voluto » (Isaia. LV, 11); – 2° per la libertà dei loro discorsi, che è
giunta fino a rimproverare i re per la loro vita licenziosa e dissoluta, e le
loro empietà: « Io stesso vi darò le parole ed una saggezza alla quale tutti i
vostri nemici non potranno resistere, e che essi non potranno contraddire » (S.
Luca XXII, 15); – 3° per la
potenza e la virtù dei miracoli. « le mie parole e la mia predicazione – dice
S. Paolo – non sono consistite in parole persuasive di saggezza umana, ma nelle
prove sensibili dello Spirito e della potenza di Dio » (II Cor. IV).
ff. 13, 14. – Gesù-Cristo è il Re dei re ed il
Signore dei signori. Egli li ha assoggettati tutti, condividendo le spoglie del
forte armato, cioè rendendosi padrone di tutte le Nazioni che appartenevano in
precedenza ai demoni, ed ha così formato tutte le bellezze della sua casa, che
è la Chiesa. – Si, il Cristo ha reso bella la casa, cioè la Chiesa, con la
distribuzione delle sue spoglie, come un corpo è bello per la distribuzione
delle sue membra. Ora, si chiama spoglia ciò che è tolto ai nemici vinti. «
Nessuno, dice il Salvatore, entra nella casa del forte per togliergli le armi,
se non ha prima legato il povero » (S. Matt. XII, 29). Il Cristo ha
dunque caricato il demonio di legami spirituali, con la vittoria che ha
riportato sulla morte e con la sua Ascensione dagli inferi ai cieli. Egli lo ha
legato con il mistero della sua incarnazione, ragion per cui il demonio, benché
non avesse potuto trovare nulla che Gli facesse meritare la morte, ha ricevuto
il permesso di farlo perire. Egli lo ha legato e gli ha tolto le sue armi come
delle spoglie, perché Egli agiva sui figli della diffidenza (Efes.
II, 2), per cui Egli assoggettava l’infedeltà ai propri disegni. Allora
il Signore ha purificato queste armi con la remissione dei peccati; Egli ha
santificato queste spoglie strappate ad un nemico abbattuto e caricato di
catene, e le ha distribuite per la bellezza della sua casa. Degli uni ne ha fatti
degli Apostoli, degli altri dei Profeti, altri Pastori, o Dottori per i bisogni
del Ministero, alfine di edificare il Corpo di Cristo (Ibid. I, 4), (S.
Agost.). – Le spoglie che Egli sottrae e delle quali arricchisce la
Chiesa, è ancora il deposito delle santa Verità che passa dalla sinagoga alla
Chiesa Cristiana, il mondo intero che ha rapito al gentilizio, le vittime che
strappa all’inferno, la vita che conquista sulla morte. – Qui dunque il
Salmista ci espone, in termini figurati e profetici, l’organizzazione, la
forza, i trionfi, le ricchezze della Chiesa. – Sotto la condotta di
Gesù-Cristo, il prediletto di Dio, i piccoli, i poveri, i semplici, le donne
stesse riportano le vittorie sui nemici della salvezza. Talvolta il Signore,
per manifestare i tesori della sua grazia, ha dato lo spettacolo delle virtù
più perfette nelle condizioni più eminenti; ma, dice Sant’Agostino, io vedo i
peccatori chiamati prima dei filosofi, io vedo Pietro preferito ai re, io vedo
migliaia di vergini impossessarsi della corona, e dei bambini anche tenere
lezione ai vecchi (Berthier). – « … Se voi
dormite in mezzo a terre che vi sono toccate in eredità ». Il Profeta sembra
rivolgersi a coloro ai quali sono state distribuite come delle spoglie per la
beatitudine della casa, secondo l’utilità particolare che lo Spirito Santo
manifesta per ognuno. Se voi dormite in mezzo alle vostre eredità, voi sarete
come le ali della colomba argentata, cioè vi eleverete ad una nuova altezza,
restando attaccati alla forza che unisce la Chiesa; perché questa colomba
argentata è quella di cui è detto: « … Unica è la mia colomba » (Cant.
VI, 8). Essa è argentata perché
istruita dagli insegnamenti divini per cui in un altro Salmo è detto: « I
vostri insegnamenti, Signore, cono come l’argento che il fuoco ha separato da
ogni terra e che è stato purificato sette volte » (Ps. XI, 7). È dunque un
gran bene il dormire in mezzo all’eredità, che significano, secondo qualcuno, i
due Testamenti; così, il dormire in mezzo alle parti, è riposare sull’autorità
dei due Testamenti; cioè annuire alle testimonianze dei due Testamenti. Di modo
tale che ogni parola proposta e riconosciuta proveniente dall’una o dall’altra
fonte, mette termine pacificamente ad ogni discussione col riposo più perfetto.
Se così è, qual avvertimento è dato qui a coloro che evangelizzeranno con una
grande forza, se non è Dio ad accordar loro questa parola con la quale essi
potranno evangelizzare, se essi dormono in mezzo a queste due eredità? In
effetti a loro è data la parola di verità quando essi riposano sull’autorità
dei due Testamenti, ed essi stessi sono le ali della colomba argentata,
portando fino in cielo, con la loro predicazione, la gloria della Chiesa (S.
Agost.). – Applicato ai semplici fedeli, questo versetto contiene una
verità non meno toccante. In effetti, se l’eredità del primo testamento,
essendo l’ombra figurativa del secondo, consisteva in una felicità terrestre, e
se l’eredità del Nuovo Testamento è l’eterna felicità, dormire in mezzo alle
due eredità, non è la ricerca con ardore della prima, ma attendere con pazienza
la seconda; perché, a coloro che servono Dio, o piuttosto che rifiutano di
servire Dio, alfine di ritrovare la felicità in questa vita e su questa terra,
il sonno sfugge ed essi non possono dormire. In effetti, agitati dai piaceri
che li infiammano, essi sono spinti ai disordini ed ai crimini, e non hanno
riposo, desiderando acquisire e temendo di perdere. « Al contrario, colui che
mi ascolta, dice la Sapienza, abiterà nella speranza e riposerà senza timore,
esente da ogni minaccia » (Prov. I, 33). Ecco che questo è
dormire in mezzo alle eredità: è abitare, non ancora in realtà, ma già nella
speranza, nella eredità celeste, e riposare lontano da ogni piacere di una
felicità terrestre. Ma quando sarà arrivato ciò che noi speriamo, noi non
dormiremo più in mezzo a due eredità; noi regneremo in ciò che è il nuovo ed il
vero. Ecco perché nulla ci impedisce di comprendere queste parole: « … Se voi
dormite in mezzo alle eredità », applicandole alla nostra morte, secondo il
costume della Scrittura, che dà il nome di « sonno » alla morte della carne.
Perché la migliore delle morti è quella dell’uomo che, perseverando fino alla
fine nella repressione dei piaceri terrestri, e nella speranza dell’eredità
celeste, vede l’ultima ora chiudere il corso della sua vita. Ora, coloro che si
addormenteranno in questa sorte, saranno come le ali della colomba argentata,
per essere trasportati, al momento della resurrezione, nelle nubi, nell’aere,
davanti al Cristo, al fine di vivere per sempre con il Signore (I
Tess. IV, 14), e si abbelliscono a misura dell’avvicinarsi al sole di
giustizia (S. Agost.). – Queste ali argentate della colomba, dopo le
grandi sofferenze, non sono ordinariamente per questa vita; questo splendore
dell’oro non è che per coloro che sono stati epurati per lungo tempo nella
fornace. – Criterio nascosto, ma pieno di giustizia, che il Re del cielo fa non
soltanto dei re, ma pure di tutti i popoli della terra. – Separazione ben
diversa secondo la quale gli uni diventeranno più bianchi della neve, e gli
altri più neri del carbone (Duguet). – Le piume della colomba
sono suscettibili di colori cangianti, a seconda di come esse siano esposte ai
raggi del sole. Ciò che vi domina è il bianco, il grigio, il nero, il vinaccio,
e da questo miscuglio risulta un colore che assomiglia all’oro pallido. Il
Profeta si serve qui di questa comparazione per designare la protezione che Dio
accorderà al suo popolo, principalmente alla tribù di Giuda, quando anche essa
sarà circondata dalle dieci altre tribù divenute sue nemiche, dopo lo scisma di
Roboamo. Questa tribù è chiamata qui colomba, come lo è nel Cantico dei
Cantici, perché essa rimane fedele più tempo delle altre all’alleanza con Dio (Berthier).
ff. 15, 16. – Ma, nel timore che qualcuno osi
comparare Nostro Signore Gesù-Cristo ai Santi, che sono pure chiamati montagne
di Dio, e nella paura che si assimilasse a queste montagne, che sono i figli
degli uomini, la montagna che è il Cristo, perché non mancherebbero uomini per
dire, gli uni che era Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o uno dei
profeti, il Salmista si volge ad esse e dice loro: « Perché supponete che
queste montagne fertili siano la montagna ove è piaciuto a Dio stabilire la sua
abitazione? » Similmente questi grandi uomini hanno ricevuto il nome di luce,
perché il Signore ha detto loro: « Voi siete la luce del mondo » (S.
Matt. V, 14); ma è stato anche detto del Cristo: « Egli è la vera luce,
che illumina ogni uomo che viene in
questo mondo » (S. Giov. I, 9); per cui questi
uomini sono delle montagne gloriose, ma ben al di sopra di esse è la montagna
preparata sulle cime delle altre montagne. Perché dunque supponete che queste
montagne siano la montagna sulla quale è piaciuto a Dio fissare la sua dimora?
Non è che Egli non abiti gli altri monti; ma non vi abita se non per il Cristo,
« … perché in lui risiede tutta la pienezza della divinità » (Colos.
II, 7). Il Signore abiterà le montagne che non sono comparabili a
quella preparata sulle cime di tutte le altre; Egli vi abiterà per condurli fino alla loro fine, cioè fino a
Sé stesso, dove essi Lo contempleranno nella sua divinità (S. Agost.). – I luoghi
elevati sono stati preferibilmente scelti da Dio per divenire il teatro delle
sue divine manifestazioni. I luoghi elevati avvicinano al cielo, e l’esempio
che vi si manifesta attira più facilmente gli sguardi. Così Gesù-Cristo compara
la sua Chiesa ad una città posta su di una montagna, a causa della sua
elevazione e della sua solidità, dice Sant’Agostino, ma la Chiesa non fa che un
tutt’uno con Gesù-Cristo. Essa stessa è una montagna, perché Essa è il Corpo di
Cristo; ma è Gesù-Cristo che è il fondamento della Chiesa, ed è legalmente
Gesù-Cristo che Sant’Agostino riconosce in questa parola del Salmo: « … La montagna
di Dio è una montagna grassa e fertile, ove è piaciuto a Dio l’abitarvi, perché
è la montagna ove le anime si rafforzano e si arricchiscono di doni celesti ».
– Dio scelse quaggiù dei luoghi privilegiati, ove piacque a Lui diffondere con
più abbondanza le rugiade della sua grazia. Le sante lettere sono piene di
questa teologia, ed essa è il fondamento della pratica antica e costante dei
pellegrinaggi. E questo si collega a tutto l’insieme della dottrina cattolica:
Dio volendo entrare in trattative con l’uomo, cioè con l’essere nello stesso
tempo intelligente e sensibile, ha dovuto adattare alla sua grazia i rapporti
di tempo, di luoghi e di persone. C’è dunque una vocazione, una predestinazione
per i luoghi come per le persone; ci sono dei luoghi, delle montagne ove si
sono accumulate delle meraviglie di un ordine soprannaturale, ove c’è stato il
compiacimento di Dio nel risiedervi fin dagli inizi, e dove risiederà fino alla
fine (Mgr. Pie, t. VI, p. 524).
III. — 17-24.
ff. 17, 18. – Il Salmista termina questo Salmo
con la descrizione del trionfo di Gesù-Cristo, che dopo essere disceso, con la
sua incarnazione seguita dalla sua morte, nelle parti infime della terra, è
salito successivamente al di sopra di tutti i cieli, conducendo con Sé una
moltitudine di prigionieri, e ha distribuito magnificamente i suoi differenti
doni sugli uomini, inviando loro lo Spirito Santo e, cosa più ammirevole, ha
trionfato del cuore ribelle di coloro che erano completamente increduli e ha
fatto in modo che popoli in precedenza infedeli ed increduli, dimorassero nel
Signore, e che il Signore avesse dimorato in essi (Duguet). – Dopo aver
descritto il corteo che circonda il carro del trionfo del Signore, il Profeta
si rivolge al Signore stesso: « … Voi siete salito nell’alto dei cieli, voi
avete catturato la prigionia, avete distribuito dei regali agli uomini. » –
L’Apostolo riporta questo versetto e lo applica a Nostro Signore in questi
termini: « Ad ognuno di noi, la grazia è stata data secondo la misura del dono
di Gesù ». Ecco perché il Profeta ha detto: Ascendendo in cielo ha portato
con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. Ma che significa la
parola « ascese », se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui chediscese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per
riempire tutte le cose (Efes. IV, 7-10). È dunque, senza
alcun dubbio, di Gesù Cristo che il Profeta ha parlato dicendo: « … Voi siete
salito nell’alto dei cieli, voi avete fatto prigioniera la cattività, voi avete
ricevuto i doni nella persona degli uomini ». E non siate preoccupati dal fatto
che l’Apostolo, citando questo passaggio, non abbia detto: « Voi avete ricevuto
dei doni nella persona degli uomini », ma: « Egli ha dato dei doni agli uomini
». L’Apostolo, con l’autorità che questo titolo gli dava, ha parlato, così come
ha fatto, considerando il Figlio come Dio con il Padre. In questo senso,
effettivamente, Egli ha dato dei doni agli uomini, inviando loro lo
Spirito-Santo, che è lo Spirito del Padre e del Figlio. Ma se si considera lo
stesso Gesù Cristo nel suo corpo che è la Chiesa, se si considera che i Santi
ed i fedeli sono sue membra, secondo queste parole dell’Apostolo: « Voi siete
il corpo ed le membra di Cristo » (I Cor. XII, 27), senza alcun dubbio,
in questa qualità, Egli ha ricevuto dei doni nella persona degli uomini (S.
Agost.). – Ma cosa vuol dire: «
Avete catturato la cattività »? Sarà perché Egli ha vinto la morte, che teneva
prigionieri coloro sui quali essa regnava? O forse il Profeta ha designato, con
questo termine « cattività », gli uomini che il demonio teneva prigionieri? Il
Profeta dà agli uomini che erano prigionieri, il nome di cattività, come noi
diciamo « milizia » parlando dei militari. Il Profeta ha detto che la cattività
era stata catturata dal Cristo. Perché in effetti, la cattività non sarebbe
felice se gli uomini potessero essere fatti prigionieri per il loro bene? …
Essi sono dunque prigionieri perché sono stati presi, e sono stati presi perché
sono stati soggiogati; sottomessi a questo giogo che è pieno di dolcezza,
liberati dal peccato di cui erano schiavi, essi sono divenuti i servitori della
giustizia, rispetto alla quale erano liberi in precedenza (Rom. VI, 18). Ecco perché
il Cristo è in essi, nello stesso tempo, Colui che ha dato i doni agli uomini,
e Colui che ha ricevuto dei doni nella sua Persona dagli uomini. Così, in
questa cattività, in questa servitù, a questo carro, sotto questo giogo vi sono
migliaia di uomini, non che piangono, ma che gioiscono; perché « … il Signore è
in essi, nel suo Santuario ». – Ma cosa aggiunge il Profeta? « Anche coloro che
non credono che Dio possa abitare in mezzo ad essi ». Non parla della
cattività, e non dice perché, prima di passare sotto la felice servitù, essi si
trovavano incatenati in una servitù funesta? In effetti è in ragione della loro
incredulità che gli uomini erano prigionieri del nemico, « … che agisce sui
figli ribelli, nel numero dei quali una volta eravate anche voi, quando
vivevate tra essi » (Efes. II, 2-3). È dunque per i doni
della sua grazia che il Cristo, che ha ricevuto i doni nella persona degli
uomini, ha reso prigioniera questa funesta cattività. In effetti, questi uomini
non credevano che un giorno avrebbero abitato la casa di Dio. Ma la fede li ha
infine liberati, affinché essi abitassero la casa di Dio, e diventassero essi
stessi questa casa e il carro di Dio, formato da migliaia di Santi che si
rallegrano (S. Agost.).
ff. 19, 20. – È allora che il cantore di
queste parole profetiche, al quale lo Spirito Santo concedeva di contemplare in
anticipo queste grandi cose, egli stesso pieno di gioia, intona un inno di
gioia e grida: « Benedetto sia il Signore-Dio ». La terra deve unirsi al cielo per ridire con
la moltitudine degli eletti: « La salvezza viene dal nostro Dio, seduto sul
trono, e dall’Agnello … Benedizione, gloria, saggezza, azioni di grazie, onore,
potenza e forza dal nostro Dio, nei secoli dei secoli ». (Apoc. VII, 10, 12.). – E
poiché il Cristo conduce fino alla fine il carro di cui ha parlato, il Profeta
continua e dice: « Un cammino prospero ci sarà preparato dal Dio della nostra
salvezza ». Queste parole ci insegnano la necessità della grazia. Chi sarà
salvato in effetti, se Dio non lo salvava? Ma per paura che questo pensiero non
si presentasse al nostro spirito: perché dunque noi moriamo se la grazia ci ha
salvato? … egli aggiunge: « Appartiene al Signore liberare dalla morte », lo
stesso vostro Signore, non ha avuto altra uscita dalla sua vita, che la morte.
Soffriamo dunque con pazienza la morte stessa, sull’esempio di Colui che ha
voluto uscire dalla vita per mezzo della morte, benché alcun peccato lo avesse
reso tributario della morte, e che fu il Signore, al Quale nessuno poteva
togliere la vita ed al Quale apparteneva il deporla da se stesso (S.
Agost.).
ff. 21-23. – « Ma comunque Dio schiaccerà la
testa dei suoi nemici, e la fronte superba di coloro che camminano nei loro
peccati »; vale a dire di coloro che si elevano in maniera disordinata, e che
si inorgogliscono fieramente nei loro peccati, mentre dovrebbero attingere
sentimenti di umiltà. Egli schiaccerà la loro testa, « perché colui che si
esalta, sarà abbassato ». Egli schiaccerà la testa dei suoi nemici e non
soltanto di coloro che lo hanno deriso sulla croce, ma anche di tutti quelli
che si ergono contro la sua dottrina e
che volgono la sua morte in derisione, come se non fosse che la morte di un
uomo (S. Agost.). – Così come Dio è buone nei riguardi dei peccatori
umili che riconoscono le loro debolezze, così è terribile nei riguardi dei
peccatori orgogliosi che sono nemici dichiarati e vogliono insolentemente
perseverare nei loro peccati. Egli li schiaccia talvolta in questa vita, ma
sempre nell’altra, dove non ci sarà da sperare più salvezza per coloro il cui
orgoglio non sarà stato abbassato in questa vita. – Nessun nemico, per potente
che sia, tra le mani di Dio ritira le sue quando a lui piace, con la stessa
facilità con la quale Egli ha liberato il suo popolo dalle mani di re
potentissimi; non c’è nessun abisso di peccato, quantunque profondo, da cui la
bontà onnipotente di Dio non si ritiri quando vuole (Dug.).
IV. — 24-35.
ff. 25-27. –
« Si è visto il vostro passo, o mio Dio »! Si è visto il vostro passo
attraverso il mondo, che voi dovete percorrere interamente su questo carro,
chiamato ugualmente nel Vangelo col nome di nube e che significa: i santi ed i
fedeli. …Tali sono i passi che da voi si sono visti; vale a dire, tali sono i
passi che ci sono stati manifestati, quanto la grazia del Nuovo Testamento ci è
stata rivelata. Ecco perché è scritto: « Quanto son belli i piedi di coloro che
annunziano la pace, che annunciano la buona novella » (Rom. X, 15). In effetti,
questa grazia e questi passi erano nascosti nell’Antico Testamento; « … ma
quando è venuta la pienezza dei tempi, e quando è piaciuto a Dio rivelare suo
Figlio, perché fosse annunciato tra le nazioni » (Gal. IV, 4), si sono
visti i vostri piedi, o mio Dio!, « i passi del mio Dio, del Re che abita nel
luogo santo ». In qual luogo santo, se non nel suo tempio? In effetti il tempio
di Dio è santo, e « Voi siete questo tempio » (II Cor. III, 17), (S.
Agost.). – Ora, perché questi passi fossero visti, « … i principi hanno
marciato per primi con coloro che cantavano sul salterio, in mezzo alle
fanciulle che battevano sui tamburi ». I Principi sono gli Apostoli; essi hanno
in effetti, marciato per primi, affinché i popoli li seguissero; essi hanno
marciato per primi annunciando il Nuovo Testamento, « con quelli che cantavano
sul salterio », cioè con coloro le cui buone opere, visibili agli altri uomini,
glorificassero Dio, come strumenti destinati a lodarlo. Questi stessi principi
erano « in mezzo alle fanciulle che battevano sui tamburi », vale a dire: essi
erano onorati dal ministero stesso che espletavano; perché tale è il rango dei
ministri sacri in mezzo alle nuove chiese che essi governano. In effetti, nel
timore che non venga allo spirito di qualcuno, l’interpretare queste figure in
senso carnale, il Profeta continua e dice: « benedite il Signore nelle Chiese »;
come se dicesse: guardatevi, sentendo parlare di fanciulle che battono sui
tamburi, dal pensare a divertimenti lascivi. « Benedite il Signore nelle Chiese
». Le chiese sono figurate con denominazione mistica; le chiese sono le
fanciulle che battono sui tamburi, cioè a chi la vittoria riportata sulla carne
ha dato un’autorità spirituale. « Benedite dunque nelle Chiese il Signore,
Iddio, voi che siete usciti dalle sorgenti di Israele ». È in Israele, in
effetti, che Egli ha scelto coloro che voleva fossero delle sorgenti; è là che
Egli ha scelto gli Apostoli, i primi che hanno ascoltato queste parole. «
Chiunque berrà l’acqua che io gli darò, non avrà mai sete, ma uscirà da lui una
sorgente d’acqua che zampillerà fino alla
vita eterna » (Giov. IV, 13, 14); (S. Agost.). – I piccoli ed i grandi,
i princìpi ed i popoli si trovano in queste chiese come nella casa comune, per
rendere i loro doveri a Dio.
ff. 28-30. – Questa espressione. « Signore,
dispiegate la vostra forza », è nello stile dei profeti, che rappresentano Dio
come intimante i suoi ordini agli strumenti della sua bontà o delle sue
vendette. Dio comanda alla sua forza, quando la impiega, quando ne fa sentire
gli effetti. Io potrei dire, nell’orazione: Signore comandate alle vostre luci
di illuminarmi; comandate al vostro amore di abbracciarmi; comandate alla
vostra misericordia di perdonare i miei peccati; comandate alla vostra saggezza
di mostrarmi le vostre vie. Nel Salmo XLIII, il Profeta dice che Dio comanda la
salvezza di Giacobbe; vale a dire che Egli prende i mezzi efficaci per salvare
il suo popolo. O Signore, ripeto con il sentimento di un cuore toccato dal
desiderio di compiacervi: comandate la mia salvezza; comandate ai nemici che vi
si oppongono, lasciate la mia anima gioire delle pace che si gusta nel vostro
seno; comandate alle mie passioni di tacere alla vostra presenza. Comandate al
mio cuore di attaccarsi inviolabilmente a voi (Berthier). – In qualunque
grado di virtù e di santità l’uomo sia stabilito, deve chiedere a Dio di
stabilizzarlo e completare in lui ciò che ha iniziato. Sovrano ambito è Gesù
Cristo, al Quale tutti i re della terra sono venuti a rendere adorazione ed i
loro omaggi, consacrando a Lui i loro Stati ed ancor più il loro cuore. Quale
dono più gradito a Dio, se non il sacrificio di lode? Ma vi sono degli uomini
che, benché portino il nome di Cristiani, hanno sentimenti contrari, e
mischiano a queste lodi queste arie discordanti. Che Dio faccia dunque ciò che
dice il Profeta: « Reprimere le bestie feroci del canneto ». Queste sono delle
vere bestie feroci, perché sono pericolose per la loro mancanza di
intelligenza, e sono le bestie feroci delle canne perché essi corrompono, con i
loro errori, il senso delle scritture. – Ed è ancora per gli stessi uomini che
il Profeta aggiunge: « Essi sono come una moltitudine di tori in mezzo alle
vacche dei popoli », affinché coloro che sono stati provati dal denaro siano
respinti. Dando loro il nome di tori, a causa della loro testa dura ed
indomita, il profeta designa gli eretici, le vacche dei popoli sono le anime
facilmente seducibili. « Al loro numero appartengono certi tali che entrano
nelle case e accalappiano donnicciole cariche di peccati, mosse da passioni di
ogni genere, che stanno sempre lì ad imparare, senza riuscire mai a giungere
alla conoscenza della verità » (II Tim. III, 6-7). – Lo stesso Apostolo dice ancora: « Bisogna
che si abbiano delle eresie per manifestare coloro che tra voi sono riprovati »
– « È necessario infatti che ci siano divisioni tra voi, perché si manifestino
quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi » (I Cor. XI, 19), cosa che
si riconduce a ciò che aggiunge il Profeta: « Affinché tutti quelli che sono
provati con l’argento siano riprovati »; cioè manifestati, evidenziati (S.
Agost.). – « Respingete le bestie feroci, sempre pronte a slanciarsi
dalle loro canne ». Quale spettacolo presenta in questo momento il mondo, se
non quello di una banda di tori furiosi che non hanno davanti a loro se non
timide vacche? È vero, i popoli stessi sono rammolliti, « stravaccati »,
pertanto il mondo contiene ancora delle intelligenze ferme, dei coraggi
robusti; grandi energie sussistono in seno alle società. Ma queste nature forti
ed oneste che sono a prova di argento, vengono escluse, respinte; si riducono
gli uomini degni di questo nome, si crede di aver guadagnato tutto, tanto i
popoli si personificano in volontà fiacche, in spiriti fluttuanti, in anime che
non hanno nulla di virile: truppe di vacche che abbiamo visto più di una volta
in fuga, quando i tori hanno fatto irruzione (Mgr. Pie, I, 456, Homél, Pentec.).
ff. 31-35. – I reami o i re della terra hanno
bisogno che si ricordi loro l’obbligo che hanno di cantare le lodi di Dio. Essi
sono talmente inebriati dalla loro grandezza e dallo sfarzo che li circonda,
che dimenticano facilmente ciò che essi devono a Dio, per non ricordarsi se non
di quello che essi credono che gli uomini debbano loro. – La voce di Dio è così
forte e potente, che nulla è capace di resistergli, e che i suoi nemici più
dichiarati saranno infine obbligati a rendergli gloria. – I Santi sono la più
grande meraviglia di Dio. Il mondo non è che un’ombra della sua grandezza, ma i
Santi ne sono un’immagine viva, essi rappresentano in qualche modo, la virtù e
la forza invincibile di Dio, perché è per esse che sono divenuti Santi,
malgrado tutti gli attacchi del demonio, del mondo, della carne (Dug.).
– « Al suo popolo che è ora fragile e debole, Dio donerà la forza e la potenza
». In effetti quaggiù, noi portiamo i nostri tesori in vasi fragili (II
Cor. IV, 8); ma allora, per i gloriosi cambiamenti che avranno luogo
anche nei corpi, « egli darà la forza e la potenza al suo popolo »; il Cristo
gli darà la forza che per primo ha deposto nella sua carne, e che l’Apostolo
chiama la forza di resurrezione (Filip., III, 10); questa forza per
la quale la morte sarà distrutta. « Benedetto sia il nostro Dio »! (S.
Agost.).