DOMENICA FRA L’OTTAVA DELLA NATIVITÀ DEL SIGNORE. (2019)
Semidoppio. – Paramenti bianchi.
(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)
La Messa ci dice che « il Verbo disceso dal Cielo durante la notte di Natale (Intr.) è « il Figlio di Dio venuto per renderci partecipi della sua eredita come figli adottivi » (Ep.). Prima di Lui, l’uomo era infatti come « un erede, che, nella sua minorità, non differisce da un servo » (Ep.). Ora invece che la legge nuova l’ha emancipato dalla tutela dell’antica, « egli non è più servitore, ma figlio » (Ep.).Rivelandoci questa paternità soprannaturale di Cristo, che colpisce più specialmente le nostre anime in questo tempo di Natale, la liturgia fa risplendere ai nostri occhi la Divinità sotto l’aspetto di Paternità. Cosi il culto dei figli di Dio si riassume in questa parola, detta con Gesù, con labbra pure e retto cuore: « Padre!». (Ep.). – Il Vangelo ci mostra anche quale sarà in avvenire la missione grandiosa di questo Bambino che comincia a manifestarsi oggi nel tempio. « È il Re » (Grad.) « il regno del quale » (All.) « penetrerà fino all’intimo dei cuori» (Vang.). Per tutti sarà una pietra di salvezza; pietra d’inciampo per quelli che lo perseguiteranno (Com.) pietra angolare «per molti in Israele» (Vang.). L’Introito parla della notte nella quale l’Angelo di Dio colpi i primogeniti degli Egiziani, preparando la liberazione d’Israele, immagine della notte santa nella quale la Beatissima Maria mise alla luce il Salvatore, venuto per liberare l’umanità.
Incipit
In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Sap XVIII:14-15.
Dum médium siléntium tenérent ómnia, et nox in suo cursu médium iter háberet, omnípotens Sermo tuus, Dómine, de coelis a regálibus sédibus venit [Mentre tutto era immerso in profondo silenzio, e la notte era a metà del suo corso, l’onnipotente tuo Verbo, o Signore, discese dal celeste trono regale.]
Ps XCII: 1
Dóminus regnávit, decórem indútus est: indútus est Dóminus fortitúdinem, et præcínxit se. [Il Signore regna, rivestito di maestà: Egli si ammanta e si cinge di potenza.]
Dum médium siléntium tenérent ómnia, et nox in suo cursu médium iter háberet, omnípotens Sermo tuus, Dómine, de coelis a regálibus sédibus venit [Mentre tutto era immerso in profondo silenzio, e la notte era a metà del suo corso, l’onnipotente tuo Verbo, o Signore, discese dal celeste trono regale.]
Oratio
Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, dírige actus nostros in beneplácito tuo: ut in nómine dilécti Fílii tui mereámur bonis opéribus abundáre. [Onnipotente e sempiterno Iddio, indirizza i nostri atti secondo il tuo beneplacito, affinché possiamo abbondare in opere buone, in nome del tuo diletto Figlio]
Lectio
Lectio Epístolæ beati Pauli Apostoli ad Gálatas.
Gal IV: 1-7
Fratres: Quanto témpore heres párvulus est, nihil differt a servo, cum sit dóminus ómnium: sed sub tutóribus et actóribus est usque ad præfinítum tempus a patre: ita et nos, cum essémus párvuli, sub eleméntis mundi erámus serviéntes. At ubi venit plenitúdo témporis, misit Deus Fílium suum, factum ex mulíere, factum sub lege, ut eos, qui sub lege erant, redímeret, ut adoptiónem filiórum reciperémus. Quóniam autem estis fílii, misit Deus Spíritum Fílii sui in corda vestra, clamántem: Abba, Pater. Itaque jam non est servus, sed fílius: quod si fílius, et heres per Deum.
“Fratelli, fintantoché l’erede è fanciullo, non differisce punto dal servo, benché sia padrone di tutto: ma sta sotto, tutori ed amministratori fino al tempo stabilito prima dal padre. Così noi pure: mentre eravamo fanciulli, eravamo tenuti in servitù sotto gli elementi del mondo. Ma quando venne il compimento dei tempi, Iddio mandò il Figliuol suo, fatto di Donna, soggetto alla legge, affine di riscattare quelli che erano sotto la legge, sicché fossimo adottati in figliuoli. E poiché siete figliuoli, Iddio ha mandato lo Spirito del Figliuol suo nei vostri cuori, che grida: Abba, Padre „
S. Paolo insegna così ai Galati che, essendo passati dal Giudaismo al Cristianesimo, sono affrancati dalla servitù dell’antica legge, e sotto la nuova debbonsi riguardar come figli di Dio, e chiamarlo Abba, cioè caro Padre, perché ha dato loro per fratello il suo Figlio Gesù Cristo. La nostra felicità nel diventar Cristiani è stata ancora più grande di quella dei Giudei, perché i nostri padri erano pagani. Ringraziamo ogni giorno il Signore di sì gran benefizio, ed attestiamogli la nostra riconoscenza, con la fede, la carità, la confidenza, la pazienza e con la più esatta vigilanza per evitare il peccato, l’unico male, che privandoci del titolo di figli di Dio, e di tutti i privilegi a questo uniti, ci sottoporrebbe di nuovo alla schiavitù del demonio. (L. Goffiné, Manuale per la santificazione delle Domeniche e delle Feste; trad. A. Ettori P. S. P. e rev. confr. M. Ricci, P. S. P., Firenze, 1869).
Graduale
Ps XLIV: 3; 2
Speciósus forma præ filiis hóminum: diffúsa est gratia in lábiis tuis. [Tu sei bello fra i figli degli uomini: la grazia è diffusa sulle tue labbra.]
V. Eructávit cor meum verbum bonum, dico ego ópera mea Regi: lingua mea cálamus scribæ, velóciter scribéntis. [V. Mi erompe dal cuore una buona parola, al re canto i miei versi: la mia lingua è come la penna di un veloce scrivano.]
Alleluja
Allelúja, allelúja
Ps XCII: 1.
Dóminus regnávit, decórem índuit: índuit Dóminus fortitúdinem, et præcínxit se virtúte. Allelúja. [Il Signore regna, si ammanta di maestà: il Signore si ammanta di fortezza e di potenza. Allelúja]
Evangelium
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum Lucam.
R. Gloria tibi, Domine!
Luc II:33-40
In illo témpore: Erat Joseph et Maria Mater Jesu, mirántes super his quæ dicebántur de illo. Et benedíxit illis Símeon, et dixit ad Maríam Matrem ejus: Ecce, pósitus est hic in ruínam et in resurrectiónem multórum in Israël: et in signum, cui contradicétur: et tuam ipsíus ánimam pertransíbit gládius, ut reveléntur ex multis córdibus cogitatiónes. Et erat Anna prophetíssa, fília Phánuel, de tribu Aser: hæc procésserat in diébus multis, et víxerat cum viro suo annis septem a virginitáte sua. Et hæc vídua usque ad annos octogínta quátuor: quæ non discedébat de templo, jejúniis et obsecratiónibus sérviens nocte ac die. Et hæc, ipsa hora supervéniens, confitebátur Dómino, et loquebátur de illo ómnibus, qui exspectábant redemptiónem Israël. Et ut perfecérunt ómnia secúndum legem Dómini, revérsi sunt in Galilaeam in civitátem suam Názareth. Puer autem crescébat, et confortabátur, plenus sapiéntia: et grátia Dei erat in illo.
OMELIA
[A. Carmignola, Spiegazione dei Vangeli domenicali, S. E. I. Ed. Torino, 1921]
SPIEGAZIONE V.
“In quel tempo il padre e la madre di Gesù restavano meravigliati delle cose, che di lui si dicevano. Simeone li benedisse, e disse a Maria, sua madre: Ecco che questi è posto por ruina e per risurrezione di molti in Israele, e per bersaglio alla contraddizione; e anche l’anima tua stessa sarà trapassata dal coltello, affinché di molti cuori restino disvelati i pensieri. Eravi anche una profetessa, Anna figliuola di Fanuel, della tribù di Aser: ella era molto avanzata in età, ed era vissuta sette anni col suo marito, al quale erasi sposata fanciulla. Ed ella era rimasta vedova fino agli ottantaquattro anni, e non usciva dal tempio, servendo Dio notte e giorno con orazioni e digiuni. E questa, sopraggiungendo in quel tempo stesso, lodava anch’essa il Signore, e parlava di Luì a tutti coloro, che aspettavano la redenzione d’Israele. E soddisfatto che ebbero a tutto quello che ordinava la legge del Signore, se ne tornarono nella Galilea alla loro città di Nazaret. E il Bambino cresceva, esi fortificava pieno di sapienza: e la grazia di Dio era in lui” (S. Luc. II, 33-40).
Comandava l’antica legge, che trascorsi quaranta giorni, dacché era nato un figlio, la madre di lui, dopo averli passati in santo ritiro, si portasse al tempio per purificarsi, facendo l’offerta di un agnello, se era ricca, e di due colombini o due tortorelle, se si trattava di una madre povera. Inoltre la stessa legge ebraica ordinava ancora, che tutti i primogeniti fossero offerti a Dio in memoria ed in ringraziamento della liberazione degli Ebrei dalla schiavitù dell’Egitto, avvenuta per la morte di tutti i primogeniti Egiziani, uccisi in una sola notte dall’angelo del Signore. Ma poiché in seguito Iddio aveva scelto per l’uffizio sacerdotale Aronne e la sua famiglia, stipite della tribù di Levi, fu disposto che fuori di questa tribù, tutti i primogeniti d’Israele fossero riscattati mediante cinque sicli d’argento, corrispondenti a circa cinque lire. Or bene, quantunque queste leggi non colpissero né Maria, né Gesù, Maria SS. volle tuttavia esattissimamente osservarle, e quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, insieme col suo sposo S. Giuseppe, si recò al tempio per purificarsi e per fare la presentazione ed il riscatto di Gesù. E fu in tale circostanza che avvennero i fatti, che ci narra il Vangelo di questa Domenica.
1. Viveva a Gerusalemme un santo e venerando vegliardo per nome Simeone. Egli era uomo giusto e timorato di Dio e pareva che nel suo cuore si fossero riunite tutte le brame, che i patriarchi avevano di vedere il Messia. Epperò, come ci dice S. Luca, lo Spirito Santo era in lui e lo aveva assicurato « che non avrebbe veduto la morte prima di vedere il Cristo del Signore, da lui aspettato ». – Nell’ora adunque che Maria venne al tempio, lo stesso Spirito Santo avvisò Simeone, e gli ispirò di recarvisi, e quando la Vergine e S. Giuseppe vi introducevano il Bambino, il vecchio si accostò loro, domandò e prese Gesù nelle braccia, poi benedisse il Signore, dicendo: « Adesso, o Signore, lascerai che se ne vada in pace il tuo servo secondo la tua parola, perché gli occhi miei hanno veduto il Salvatore del mondo ». Ma la commozione non gli strappò solamente dal cuore e dal labbro questo grido di riconoscenza. E qui cominciando il Vangelo di oggi, dopo d’averci detto che, il padre (si intende putativo) e la madre di Gesù restarono meravigliati delle cose, che di Lui si dicevano, prosegue dicendo che Simeone li benedisse, cioè si rallegrò con loro e quindi con l’accento dell’ispirazione divina voltosi a Maria, madre di Gesù, le disse: Ecco che questi è posto per rovina e per risurrezione di molti in Israele, e per bersaglio alla contraddizione, epperò una spada ti trapasserà l’anima: e tutto ciò affinché restino disvelati i pensieri di molti. E qui, o miei cari, facciamo di intendere bene queste parole del santo vecchio Simeone. Gesù è la vita in persona (Ioan. XIV, 6). Egli è venuto per darci la vita e darcela con sovrabbondanza (Ioan. X, 10). Ed Egli dà questa vita, che è la vita eterna, con i meriti della Incarnazione, Passione e Morte, in tal guisa che chiunque la vuole, facendo buon uso della grazia da Lui recata sulla terra, può averla. E questo vuol dire l’essere Gesù posto per la risurrezione di molti. Ma poiché vi sarebbero stati pur troppo anche molti, che gli avrebbero opposta resistenza, che lo avrebbero contradetto, che si sarebbero abusati della sua parola, e della sua grazia, così per questi Gesù, contro sua voglia, sarebbe stato come l’inevitabile occasione di rovina e di morte eterna; poiché Gesù Cristo è Colui, a proposito del quale, i cuori degli uomini sono costretti a rivelarsi coi propri pensieri ed affetti, dimostrando di amarlo o di odiarlo, di stimare e seguire la sua dottrina con l’esercizio della virtù, oppure di non curarla e disprezzarla col l’abbandonarsi in braccio al vizio. Ecco che cosa vogliono dire quelle parole così gravi e profetiche del vecchio Simeone. E quanto tali parole siansi avverate è ciò che chiaramente dimostra la storia di nostra Santa Chiesa. Essa ci fa conoscere, che se tanti furono coloro che credettero a Gesù Cristo e si diedero ad amarlo e ne ebbero da Lui la risurrezione e la vita eterna, vi furono pur molti, incominciando fin dai tempi della sua vita mortale e dagli stessi Ebrei, che lo contradissero, lo respinsero, l’odiarono e n’ebbero la rovina e morte eterna. Gli Ebrei, difatti, da più secoli lo aspettavano; sapevano preventivamente il tempo della sua venuta, il luogo della sua nascita, la tribù, a cui apparterebbe, la sua stessa famiglia. Eppure quando ad essi si presentò, quando diresse loro le sublimi sue parole, quando sotto i loro occhi compì gli stupendi suoi prodigi e li ricolmò de’ più ricchi suoi benefici, quali ciechi lo disconobbero, l’oltraggiarono, lo perseguitarono, lo flagellarono, lo incoronarono di spine, lo confissero ad una croce; e dai sanguinosi bracci di essa sembrò dir loro: Stendo le mie mani verso un popolo incredulo e che mi contraddice: Expandi manus ad populum non credenetem et contradicentem (Isai. 10). In seguito lo hanno contraddetto gl’infedeli; ne hanno combattuto il Vangelo, hanno tentato d’arrestare il corso del Cristianesimo, di cui Egli era il fondatore, tutto impiegarono contro i suoi discepoli, ferro, fuoco, supplizi, torture, morte. Dopo trecento anni di lotta, Gesù Cristo ha vinto. Ma si presentarono bentosto novelle contraddizioni. L’eresia levò il capo, seminò la divisione, cercò di lacerare l’inconsutile veste del Salvatore. Vi ha forse uno dei dogmi della santa Chiesa, che l’eresia non abbia preso a combattere? – Lo stesso vediamo ai dì nostri. In mezzo a molti credenti e adoratori di Gesù vi hanno tanti increduli che lo disconoscono, tanti empi che lo oltraggiano, tanti bestemmiatori che lo insultano, tanti indifferenti che lo trascurano. E così, pur troppo, sarà sino alla fine del mondo: da una parte quelli ai quali Gesù Cristo è di risurrezione, e dall’altra coloro ai quali è di rovina. – Or bene, o carissimi, da qual parte ci troviamo noi? Riflettiamo seriamente che ciò dipende da noi. Iddio è grande, Iddio è giusto, dice S. Agostino, in due parole spiegandoci tutta la dottrina della predestinazione e della riprovazione; Egli può liberarci senza meriti, perché è buono, non può dannarci senza demeriti, perché è giusto. Tocca a noi raccogliere con una santa premura la grazia del Signore, e farla valere con fedeltà; « perciocché a chi ha già, si dona ancora, e sarà nell’abbondanza » (Matth. XIII; 12); e col buon uso della grazia chiameremo su di noi sempre nuovi favori, mercé i quali noi potremo essere nel bel numero di coloro, pei quali Gesù Cristo è posto in risurrezione.
2 Prosegue il Vangelo dicendo: Eravi una profetessa, Anna, figliuola di Fanuel, della tribù di Aser: ella era molto avanzata in età ed era vissuta sette anni col suo marito, al quale erasi sposata fanciulla. Ed ella era rimasta vedova fino agli ottantaquattro anni: e non usciva dal tempio, servendo Dio notte e giorno con orazioni e digiuni. E questa sopraggiungendo in quel tempo stesso, lodava anch’essa il Signore e parlava a tutti coloro, che aspettavano la redenzione d’Israele. Per tal modo, dice S. Ambrogio, non solamente gli Angeli, i profeti, i pastori, ma anche i vecchi ed i giusti hanno annunziato la venuta del Bambino Dio; ed ogni età e ogni sesso doveva rendere testimonianza a quella sua nascita miracolosa. Simeone – aggiunge lo stesso Dottore – ha profetizzato, la santa Vergine ed Elisabetta avevano profetizzato, era d’uopo che profetizzasse anche una vedova, affinché nessuno stato vi fosse e nessun sesso, che non rendesse testimonianza al Figliuol di Dio: e questa vedova incontrasi sotto le volte dell’antico tempio nel momento della presentazione di Gesù. Ma quale vedova! una vedova commendevole pel dono di profezia, per ragione della sua nascita, essendo figliuola di Fanuel, uno dei primi della tribù di Aser, per la provetta sua età, avendo ella ottantaquattro anni, per la sua continenza, per la sua pietà e mortificazione, per la sua dedicazione al servizio del Signore, passando la sua vita nel tempio. Ed è questa donna, che lodava anch’essa il Signore e parlava del Messia a tutti quelli, che aspettavano la redenzione d’Israele. Certamente il Vangelo non poteva farci di questa donna un più splendido elogio. E se lo fa con tanta diligenza è per farci comprendere quanto fosse degna ancor essa di rendere testimonianza solenne a Gesù Cristo, di avere la grazia insigne di essere, per così dire, il suo primo predicatore, e quanto fosse pregevole sulla sua bocca la lode, che rendeva a Dio con le sue sante parole. – Ora, miei cari, se rallegra il pensiero, che vi hanno pur molti, che, seguendo l’esempio di questa santa donna, impiegano la loro lingua per lodare e benedire Iddio, non rattrista grandemente il riflesso, che vi hanno pur tanti, i quali sgraziatamente impiegano la loro lingua per bestemmiarlo? E come mai vi sono dei giovani, dei Cristiani, che si abbandonano a questo grave delitto? Il Santo re Davide dice che la bocca del bestemmiatore è piena di maledizione. S. Agostino assicura che il peccato di coloro, i quali bestemmiano Gesù Cristo regnante nei cieli è uguale in gravità al peccato di quelli, che lo crocifissero in terra. Del resto, chiara e convincentissima prova dell’enorme delitto, che commettono coloro, che bestemmiano, la porgono i castighi, con i quali Iddio mai sempre ha punito questo peccato. Nel Levitico leggiamo come il Signore aveva ordinato, che il bestemmiatore fosse condannato a morte e lapidato da tutto il popolo. Faraone bestemmiando diceva: Io non conosco chi sia il Signore, ed ebbe per tomba il mar Rosso. Senacheribbo bestemmiava ancor esso, e l’Angelo del Signore gli trucidò cento ottantacinque mila soldati, ed egli stesso fu ucciso per mano dei suoi figli. Antioco fu terribilmente tocco da una piaga incurabile; i vermi se lo divoravano vivo a brani e tramandava dal suo corpo tale un fetore, che divenne insoffribile a sé ed all’armata. A Nicànore fu tronca la testa ed esposta ai pubblici oltraggi. I Giudei bestemmiarono assai di spesso contro Gesù Cristo e furono pressoché tutti sterminati da Tito. Giuliano l’apostata in mezzo alle bestemmie cadde mortalmente trafitto da un giavellotto. Al bestemmiatore Ario scoppiarono le viscere e diede i tratti in mezzo ad atrocissime doglie. Nestorio, che osò bestemmiare la SS. Vergine, negando la sua divina maternità, ebbe la lingua rosa dai vermi. Sappiamo da S. Gregorio, vescovo di Tours, che un cotal Leone di Poitiers avendo bestemmiato, divenne per giusto castigo di Dio sordo e muto, e poi morì pazzo. S. Gregorio Magno racconta d’un ragazzo sui cinque anni, che, già avendo l’abito di bestemmiare, fu strappato dal diavolo dalle braccia di suo padre e non comparve mai più. Questi e moltissimi altri esempi, che si potrebbero addurre, mostrano chiaramente quanto sia grave il peccato della bestemmia e come dispiaccia a Dio. Guardatevi pertanto dal macchiare la vostra lingua con questo peccato. Guardatevi pure dal solo nominare invano il Nome santo di Dio. Purtroppo molti giovani e molti Cristiani prendono la brutta abitudine di intercalarlo ad ogni istante nei loro discorsi, ancorché non lo facciano con vera malizia. Conviene perciò guardarsi da questo difetto e per esprimere i vari sentimenti dell’animo con qualche esclamazione valersi di una qualche parola, che non abbia alcun cattivo significato e che non disdica alla buona grazia di ogni nostro discorso. Per non contrarre poi la cattiva abitudine di bestemmiare, bisogna assolutamente fuggire la compagnia di coloro, che bestemmiano. Che se per avventura nei passeggi, nelle ricreazioni, o nelle conversazioni vi accadesse di sentire taluno a pronunziare qualche bestemmia contro il nome adorabile di Gesù Cristo, contro il suo SS. Sacramento, o contro la SS. Vergine, seguite la santa usanza che hanno molti buoni Cristiani di dire tosto anche a voce alta: Sia lodato Gesù Cristo! Sia lodato e ringraziato il SS. Sacramento! Evviva Maria! E somiglianti giaculatorie, con le quali riparerete bellamente l’ingiuria, che venne fatta a Dio, e gli darete una bella prova del vostro amore, imitando così il bell’esempio datoci oggi dalla santa profetessa Anna.
3. Dice da ultimo il santo Vangelo, che come Maria e Giuseppe ebbero soddisfatto a tutto quello che ordinava la legge del Signore, se ne tornarono nella Galilea alla loro città di Nazaret. E il Bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza; e la grazia di Dio era in lui. Ora che cosa intende di apprenderci il Vangelo con queste ultime parole? Certamente intende di dire che Gesù, avendo in tutto voluto rassomigliarsi agli uomini, col crescere degli anni cresceva nella statura e nelle forme della persona, non meno, che nella bellezza e nella maestà. Ma intende forse di dire che Gesù realmente crescesse nella sapienza e nella grazia, nei doni dello spirito? No, certamente. Gesù Cristo come vero Uomo-Dio fin dal primo istante della sua mortale esistenza ebbe in sé la stessissima sapienza e grazia infinita, incapace di aumento o diminuzione di sorta. Tuttavia per parere in tutto simile agli uomini, iqualidiventano gradatamente più savi e piùvirtuosi, Gesù Cristo non volle lasciare trasparire la sua sapienza e la sua grazia se non gradatamente. – Epperò quel dire che fa il Santo Vangelo, che Gesù Cristo cresceva e si fortificava nei doni dello Spirito, vale a dire nella pienezza della sapienza e della grazia, non si deve intendere altrimenti che così: che col crescere degli anni, Gesù cresceva eziandio nella manifestazione della sua sapienza e della sua grazia, onde andava ordinando e temperando le sue azioni interiori a grado a grado in modo che si confacessero all’età, onde sembrava realmente crescere agli occhi degli uomini, che miravano alle sole azioni esteriori di Lui. Ma sebbene questo sia il vero significato di quelle parole, è certo che il Vangelo ci vuol far qui intendere la gran legge del nostro perfezionamento morale, espressa poi così chiaramente dal Signore, nel libro dell’Apocalisse: Chi è giusto si faccia più giusto: chi è santo divenga santo ogni giorno più: Qui institi est, iustificetur adhuc, et sanctus sanctificetur adhuc (Apoc. XX, 11). Sì, o mici cari, Gesù Cristo ha voluto crescere nella manifestazione esteriore della virtù, per far intendere a noi come dobbiamo sempre crescere nella bontà della vita e tendere del continuo a renderci perfetti. E guai a noi, se non seguiamo questa sua gran legge. Tutti i maestri di spirito e l’esperienza di tutti i giorni insegnano, che chi non attende a rendersi più virtuoso, non resta nello stesso grado di virtù, ma indietreggia spaventosamente nella via del vizio. Lo diceva già Salomone: Iustorum semita quasi lux crescit usque ad perfectum diem; via impiorum tenebrosa, nesciunt ubi corruant. Il cammino dei buoni, si avanza sempre, come si avanza la luce dell’aurora sino al giorno perfetto; all’incontro, la via dei tristi sempre più diventa ingombrata da tenebre, sino a che i miseri si riducono a camminare senza sapere dove vanno a precipitarsi (Prov. IV, 18). – Anche S. Agostino disse chiaro, che il non andare avanti nel fare il bene è la stessa cosa che tornare indietro. E S. Gregorio spiegò questa verità assai bene col paragone di chi sta in mezzo al fiume: Chiunque, dice il Santo, stesse nel fiume dentro d’una barchetta, e non si curasse di spingerla contro la corrente, ma volesse fermarsi, senza andare né indietro, né innanzi, egli necessariamente andrebbe indietro, poiché la stessa corrente lo porterebbe seco. Così l’uomo dopo il peccato di Adamo, rimasto naturalmente fin dal suo nascere inclinato al male, se egli non si spinge avanti, e non si fa forza per rendersi migliore di quello che è, la stessa corrente dello sue concupiscenze lo porterà sempre indietro. Ed ecco perché si veggono alle volte certi giovani e certi Cristiani, che rallentandosi nella via del bene, a poco a poco, dopo d’essere stati forse anche il modello delle più belle virtù agli altri, diventano pessimi sino ad essere lo scandalo altrui. Miei cari, siamo adunque ben convinti del quanto importi seriamente attendere a renderci sempre migliori, ed attendiamovi. Studiamoci di crescere ogni giorno nella vera sapienza, nella pietà, nella dolcezza, nell’obbedienza, nell’umiltà e in tutte le altre cristiane virtù. Quanto si trovan contenti i Santi di quello, che han fatto e patito « per crescere ogni giorno nella santità. Se nel Paradiso potesse entrare alcuna afflizione, di questo solo si affliggerebbero i beati: di aver lasciato di fare per Iddio quel più, che potevano fare e che non sono più in tempo di fare. Animo, su adunque, e presto, perché non vi è tempo da perdere; quello, che si può far oggi, non si potrà più far domani. Diceva S. Bernardino da Siena che tanto vale un momento di tempo, quanto vale Dio: poiché in ogni momento possiamo acquistare Dio e la sua divina grazia o maggiori gradi di grazia.
Credo …
https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/12/il-credo/
Offertorium
Orémus
Ps XCII: 1-2
Deus firmávit orbem terræ, qui non commovébitur: paráta sedes tua, Deus, ex tunc, a sæculo tu es. [Iddio ha consolidato la terra, che non vacillerà: il tuo trono, o Dio, è stabile fin da principio, tu sei da tutta l’eternità.]
Secreta
Concéde, quǽsumus, omnípotens Deus: ut óculis tuæ majestátis munus oblátum, et grátiam nobis piæ devotiónis obtineat, et efféctum beátæ perennitátis acquírat. [Concedi, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che questa offerta, presentata alla tua maestà, ci ottenga la grazia di una fervida pietà e ci assicuri il possesso della eternità beata.]
Comunione spirituale: https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/comunione-spirituale/
Communio
Matt II:20
Tolle Púerum et Matrem ejus, et vade in terram Israël: defúncti sunt enim, qui quærébant ánimam Púeri. [Prendi il bambino e sua madre, e va nella terra di Israele: quelli che volevano farlo morire sono morti.]
Postcommunio
Orémus.
Per hujus, Dómine, operatiónem mystérii, et vitia nostra purgéntur, et justa desidéria compleántur. [Per l’efficacia di questo mistero, o Signore, siano distrutti i nostri vizii e compiuti i nostri giusti desiderii.]
Preghiere leonine: https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/preghiere-leonine-dopo-la-messa/
Ordinario della Messa https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/