SANTO NATALE
Doppio di I Cl. con ottava privileg. di III ord. – Paramenti bianchi.
PRIMA MESSA • DURANTE L A NOTTE.
Stazione a S. Maria Maggiore all’altare del Presepe.
(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)
Il Verbo, generato nell’eternità del Padre, (Com. Grad.) ha elevato fino all’unione personale con sé il frutto benedetto del seno verginale di Maria, ciò che significa che la natura umana e la natura divina sono legate in Gesù nell’unità di una sola Persona, che è la seconda Persona della SS. Trinità. E, come quando si parla di figliolanza, è la persona che si designa, si deve dire che Gesù è il Figlio di Dio perché la sua persona è divina; è il Verbo incarnato. Perciò Maria è la Madre di Dio; non perché essa abbia generato il Verbo, ma perché ha generato l’umanità che il Verbo si è unito nel mistero dell’Incarnazione; mistero di cui la nascita di Gesù a Betlemme fu la prima manifestazione al mondo. Si comprende allora perché la Chiesa canti ogni anno a Natale: « Puer natus est nobis et Filius datus est nobis»; un fanciullo è nato per noi, un figlio ci viene dato, (Intr., Allei.). Questo Figlio è il Verbo incarnato, generato come Dio dal Padre nel giorno dell’eternità: Ego hodie genui te, e che Dio genera come uomo nel giorno dell’Incarnazione: Ego hodie genui te; perché con l’assunzione della sua umanità in Dio « assumptione humanitatis in Deum » (Simbolo di S. Atanasio), il Figlio di Maria è nato alla vita divina, ed ha Dio stesso per Padre, perché Egli è unito ipostaticamente a Dio Figlio. – «Con grande amore, dice S. Leone, il Verbo incarnato ha ingaggiato la lotta contro satana per salvarci, perché l’onnipotente Signore ha combattuto con il crudelissimo nemico non nella maestà di Dio, ma nella debolezza della nostra carne » (5a Lez.). E la vittoria che ha riportato, malgrado la sua debolezza, mostra che Egli è Dio. – Fu nel mezzo della notte, che Maria mise al mondo il Figlio primogenito e lo depose in una mangiatoia. Cosi la Messa si celebra a mezzanotte nella Basilica di S. Maria Maggiore, dove si conservano le reliquie della mangiatoia. – Questa nascita in piena notte è simbolica. È il « Dio da Dio, luce da luce » (Credo) che disperde le tenebre del peccato. « Gesù è la vera luce che viene a illuminare il mondo immerso nelle tenebre » (Or.). «Col Mistero dell’Incarnazione del Verbo, dice il Prefazio, un nuovo raggio di splendore del Padre ha brillato agli occhi della nostra anima, perché, mentre conosciamo Iddio sotto una forma visibile, possiamo esser tratti da Lui all’amore delle cose invisibili ». « La bontà del nostro Dio Salvatore si è dunque manifestata a tutti gli uomini per insegnarci a rinunciate alle cupidigie umane, per redimerci da ogni bassezza e per fare di noi un popolo gradito, e fervente di buone opere» (Ep.). «Si è fatto simile a noi perché noi diventiamo simili a Lui (Secr.) e perché dietro il suo esempio possiamo condurre una vita santa » (Postcom.). « È cosi che vivremo in questo mondo con temperanza, giustizia e pietà, attendendo la lieta speranza e l’avvento della gloria del nostro grande Iddio Salvatore e nostro Gesù Cristo » (Ep.). Come durante l’Avvento, la prima venuta di Gesù ci prepara dunque alla seconda.
Incipit
In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Ps II:7.
Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. (Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato).
Ps II: 1
Quare fremuérunt gentes: et pópuli meditáti sunt inánia? [Perché si agitano le genti: e i popoli ordiscono vani disegni?]
Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. [Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato].
Oratio
Orémus.
Deus, qui hanc sacratíssimam noctem veri lúminis fecísti illustratióne claréscere: da, quǽsumus; ut, cujus lucis mystéria in terra cognóvimus, ejus quoque gáudiis in coælo perfruámur:
[O Dio, che questa notta sacratissima hai rischiarato coi fulgori della vera Luce, concedici, Te ne preghiamo, che di Colui del quale abbiamo conosciuto in terra i misteriosi splendori, partecipiamo pure i gaudii in cielo:]
Lectio
Léctio Epístolæ beati Pauli Apóstoli ad Titum
Tit II: 11-15
Caríssime: Appáruit grátia Dei Salvatóris nostri ómnibus homínibus, erúdiens nos, ut, abnegántes impietátem et sæculária desidéria, sóbrie et juste et pie vivámus in hoc sǽculo, exspectántes beátam spem et advéntum glóriæ magni Dei et Salvatóris nostri Jesu Christi: qui dedit semetípsum pro nobis: ut nos redímeret ab omni iniquitáte, et mundáret sibi pópulum acceptábilem, sectatórem bonórum óperum. Hæc lóquere et exhortáre: in Christo Jesu, Dómino nostro.
[Carissimo: La grazia salvatrice di Dio si è manifestata per tutti gli uomini e ci ha insegnato a rinnegare l’empietà e le mondane cupidigie, e a vivere in questo mondo con temperanza, giustizia e pietà, aspettando la lieta speranza e la manifestazione gloriosa del nostro grande Iddio e Salvatore nostro Gesù Cristo. Egli ha dato sé stesso per noi, a fine di riscattarci da ogni iniquità, e purificare per sé un popolo suo proprio, zelante per buone opere. Insegna queste cose e raccomandale: in nome del Cristo Gesù, Signore nostro.]
Aspirazione. Siate benedetto, o mio divin Salvatore, che vi siete degnato di scendere dal cielo e rivestirvi di nostra carne mortale, per venire ad insegnarmi il cammino giustizia! Riconoscente a sì grande amore e per profittare di un sì gran benefizio, rinunzio ad ogni empietà e ad ogni inimicizia, ai piaceri della carne ed a tutte le azioni, parole, pensieri che potessero dispiacervi, e prometto fermamente di vivere con temperanza, giustizia e pietà. Deh! la vostra grazia, o mio Dio, mi renda fedele ai disegni che essa m’ispira! (L. Goffinè: Manuale per la santif. della Domenica, etc …)
Graduale
Ps CIX: 3; 1
Tecum princípium in die virtútis tuæ: in splendóribus Sanctórum, ex útero ante lucíferum génui te.
[Con te è il principato dal giorno della tua nascita: nello splendore dei santi, dal mio seno ti ho generato, prima della stella del mattino.]
V. Dixit Dóminus Dómino meo: Sede a dextris meis: donec ponam inimícos tuos, scabéllum pedum tuórum. Allelúja, allelúja.
[V. Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra: finché ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. Allelúia, allelúia.]
Ps II: 7
V. Dóminus dixit ad me: Fílius meus es tu, ego hódie génui te. Allelúja.
[V. Il Signore disse a me: tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Allelúia.]
Evangelium
Sequéntia +︎ sancti Evangélii secundum S. Lucam
S. Luc II: 1-14
In illo témpore: Exiit edíctum a Cæsare Augústo, ut describerétur univérsus orbis. Hæc descríptio prima facta est a præside Sýriæ Cyríno: et ibant omnes ut profiteréntur sínguli in suam civitátem. Ascéndit autem et Joseph a Galilæa de civitáte Názareth, in Judæam in civitátem David, quæ vocatur Béthlehem: eo quod esset de domo et fámilia David, ut profiterétur cum María desponsáta sibi uxóre prægnánte. Factum est autem, cum essent ibi, impléti sunt dies, ut páreret. Et péperit fílium suum primogénitum, et pannis eum invólvit, et reclinávit eum in præsépio: quia non erat eis locus in diversório. Et pastóres erant in regióne eádem vigilántes, et custodiéntes vigílias noctis super gregem suum. Et ecce, Angelus Dómini stetit juxta illos, et cláritas Dei circumfúlsit illos, et timuérunt timóre magno. Et dixit illis Angelus: Nolíte timére: ecce enim, evangelízo vobis gáudium magnum, quod erit omni pópulo: quia natus est vobis hódie Salvátor, qui est Christus Dóminus, in civitáte David. Et hoc vobis signum: Inveniétis infántem pannis involútum, et pósitum in præsépio. Et súbito facta est cum Angelo multitúdo milítiæ coeléstis, laudántium Deum et dicéntium: Glória in altíssimis Deo, et in terra pax hóminibus bonæ voluntátis.
[In quel tempo: Uscì un editto di Cesare Augusto che ordinava di fare il censimento di tutto l’impero. Questo primo censimento fu fatto mentre Quirino era preside della Siria. Recandosi ognuno a dare il nome nella propria città, anche Giuseppe, appartenente al casato ed alla famiglia di Davide, andò da Nazareth di Galilea alla città di Davide chiamata Betlemme, in Giudea, per farsi iscrivere con Maria sua sposa, ch’era incinta. E avvenne che mentre si trovavano lì, si compì per lei il tempo del parto; e partorì il suo figlio primogenito, lo fasciò e lo pose in una mangiatoia, perché non avevano trovato posto nell’albergo. Nello stesso paese c’erano dei pastori che pernottavano all’aperto e facevano la guardia al loro gregge. Ed ecco apparire innanzi ad essi un Angelo del Signore e la gloria del Signore circondarli di luce, sicché sbigottirono per il gran timore. L’Angelo disse loro: Non temete, perché annuncio per voi e per tutto il popolo un grande gaudio: infatti oggi nella città di Davide è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo sia per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, giacente in una mangiatoia. E d’un tratto si raccolse presso l’Angelo una schiera della Milizia celeste che lodava Iddio, dicendo: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.]
Omelia
(A. Carmignola – Sac. sales. -: MEDITAZIONI; VOL. I, S. E. I. Torino, 1942)
Cominceremo dal riflettere sui motivi che ebbe la Divina Provvidenza nell’editto di Cesare Augusto. C’immagineremo di vedere Iddio che dall’alto de’ cieli tiene rivolto il suo sguardo di compiacenza sopra il suo Divin Figlio e che, giunta la pienezza dei tempi da Lui stabiliti per la sua nascita, dispone ogni cosa per essa. Adoreremo questa divine disposizioni e imploreremo da Gesù l’aiuto di saperci sottomettere anche noi a tutto ciò che il Signore dispone per il nostro bene.
Primo motivo dell’editto di Cesare Augusto.
L’imperatore romano Cesare Augusto, divenuto padrone di quasi tutto il mondo, volendo fare il censimento dell’impero emana un decreto, per il quale tutti i suoi sudditi devono recarsi nella loro città natale a dare il proprio nome. Ma sebbene sia egli l’autore materiale del decreto ed abbia per movente la sua saggezza amministrativa, pure in realtà è Iddio che ordina così, affinché il suo divin Figlio abbia a nascere nella città indicata dai profeti, e la sua regale discendenza sia confermata dagli atti pubblici. Così adunque gli uomini si agitano, ma Dio li conduce e ne fa convergere tutte le azioni all’adempimento perfetto dei disegni della sua Provvidenza. Oh! se noi fossimo ben persuasi diquesta verità, che solo Iddio regola tutti gli avvenimenti del Mondo con sapienza infinita, con forza irresistibile e con bontà paterna, noi vedremmo sempre la mano di Lui che tutto dirige ed ordina per nostro bene e per la sua gloria! Tante volte, è vero, le ragioni che Iddio ha nel suo governo ci sono ignote, i suoi disegni sfuggono alla corta vista del nostro intelletto; ma sicuri che in cielo comprenderemo ogni cosa, adoriamo intanto la Provvidenza Divina. E ciò non solo per riguardo alla storia del mondo, ma ancora per ciò che spetta a ciascuno di noi. Gesù ci ha insegnato che un capello solo non cade dalla nostra testa senza permissione divina ( S. Luc., XXI, 18). Nelle contrarietà dunque abbandoniamoci a Dio; questo abbandono sarà per noi fonte di pace e di consolazione.
Secondo motivo dell’editto di Cesare Augusto.
Giunto anche in Nazaret l’editto imperiale, a cui dovevano ottemperare anche i Giudei, divenuti quasi sudditi romani, Maria e Giuseppe si accingono senz’altro a recarsi a Betlemme, loro terra natale, ancorché si tratti di un viaggio lungo, a piedi, per strade montane, in stagione cruda. Ma ciò essi fanno perché lo stesso Bambino Gesù con le sue ispirazioni li anima a compiere la volontà di Dio, espressa per la volontà di un re. – Oh esempio di obbedienza, che ci dà Gesù non ancor nato, volando sottomettere sé, la sua madre e il suo futuro padre nutrizio al decreto di Cesare! Vicino a manifestarsi agli uomini vuol subito offrir loro l’esempio di questa virtù, con la quale viene a ripararne l’orgoglio. Per la disobbedienza di Adamo, – dice S. Paolo (Rom., V, 19) – gli uomini furono costituiti peccatori, e per l’obbedienza di Gesù gli uomini devono diventare giusti. Purtroppo dal giorno in cui Adamo superbamente disobbedì a Dio, penetrò negli uomini il disdegno degli altrui comandi, benché legittimi, affine di far prevalere la propria volontà. E Iddio volendo sradicare dal cuore degli uomini un sì grave disordine stabilisce che venga fuori un editto, cui il suo Divin Figlio incarnato si sottometta, offrendosi tosto a noi come modello della più perfetta obbedienza. Dinanzi a tanto esempio come non ti animerai tu a obbedire in tutto e sempre?
Terzo motivo dell’editto di Cesare Augusto.
Il Signore dispose che l’editto di Cesare Augusto desse occasione al suo Divin Figlio di compiere un viaggio prima ancora di nascere, perché con esso si appalesasse ben tosto la missione che Egli veniva a compiere e quanto gli sarebbe premuto di muovere in cerca di noi per salvarci. Giuseppe, figliuolo di Giacobbe, mandato dal padre in cerca dei suoi fratelli, interrogato da chi lo incontrava, rispondeva: Fratres meos quæro, cerco i miei fratelli (Gen., XXXVII, 16). Or ecco la parola che Gesù benedetto va ripetendo in quel viaggio penoso. Infatti il Vangelo ci attesta che Gesù è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto: Venit quærere et salvum facere quod perierat (S. Luc., XIX, 10). Egli altro non vuole che cercare i suoi fratelli per salvarli Fratres meos quæro, fratres meos quæro. Ed oh! come si reputerà felice, se dopo tanto soffrire potrà ritrovare coloro che Egli cerca, e stringerseli al cuore! E noi non l’abbiamo già troppo a lungo costretto a correrci dietro, chiamandoci con insistenza? È tempo che ci fermiamo nella nostra fuga, che ci stacchiamo dal nostro orgoglio, dalle nostre vanità, dalle nostre insensatezze, e moviamo incontro a Lui con uno slancio di amore e di fede, massime in questo tempo. – Mediteremo ora sopra l’indifferenza dei cittadini di Betlemme per Maria e Giuseppe, indifferenza per la quale Gesù nacque in una povera capanna fuori di quella città. C’immagineremo l’affanno dei due santi sposi e la calma del Verbo incarnato, il quale prima ancora di nascere c’insegna a sopportare per amor di Dio i maltrattamenti altrui. Adoreremo il Divin Verbo in queste sue interiori disposizioni e lo pregheremo con ardore di volercene rendere partecipi.
I Betlemmiti rifiutano Gesù.
Maria e Giuseppe, compiuto il penoso viaggio da Nazaret a Betlemme, si recarono tosto dal pubblico ufficiale per dare il proprio nome e quello di Gesù, indi mossero in cerca di una casa ove riparare la notte. Si aggirano di porta in porta, benché stanchi dal cammino; ma non trovano persona amica o cortese, che li accolga presso di sé. Oh se i Betlemmiti avessero conosciuto chi erano quei due pellegrini e chi doveva nascere in quella notte! Ah! tutti avrebbero voluto dar loro la propria Abitazione o li avrebbero forzati a entrare nella casa più bella che vi fosse in quella città. Al contrario non conoscendoli e son sapendo il gran mistero di quella notte, mentre provvedono di buon alloggio tutti i forestieri di agiata condizione, con tutta indifferenza lasciano in abbandono Maria e Giuseppe e con essi il Salvatore del mondo. Tant’è, Gesù è venuto nella sua città natale e i suoi concittadini non gli han dato ricetto: In propria venit et sui Eum non receperunt (S. Jo., I , 11). A Betlemme si può raffigurare quell’anima, in cui Gesù sarebbe pronto a nascere con la sua grazia, ma che per attacco alle misere vanità del mondo lo respinge da sé. E tale anima non sarebbe per avventura la nostra? Ma che cosa ci possiamo aspettare di bene dalle meschinità della terra? Deh! alla vista di Gesù, pronto a visitare lanostra anima per arricchirla dei suoi celesti favori, liberiamoci tosto dagli attacchi terreni e cediamo in essa il posto al nostro buon Redentore.
Nel pubblico albergo non c’è posto per Gesù.
Maria e Giuseppe, respinti da ogni casa, furono costretti a presentarsi al pubblico albergo. Non si trattava, è vero, che di un recinto quadrato contornato da un portico lunghesso le mura, sotto al quale conveniva distendere delle stuoie per adagiarvisi sopra. Ma almeno avrebbero avuto un riparo in città, frammezzo a gente, che poteva porgere un po’ di aiuto. Eppure nemmeno lì si trova un posto: non erat eis locns in diversorio (S. Luc., II, 7). Il Creatore e Signore del cielo e della terra non troverà dunque in Betlemme un luogo qualsiasi, ove fare la sua entrata nel mondo? Gesù – dice S. Agostino – permette che fra le mura di Betlemme gli manchi una stanza, per vedere se tu, o Cristiano, pensi ad aprirgliela dentro il cuor tuo: non erat eis locus in diversorio, ut tu locum illi præberes in eorde tuo.Se in questo momento Maria si presentasse a me in cerca diun cuore, ove posare il suo Divin Figlio, le potrei offrire il cuormio! Dio lo voglia: ma voi intanto, o Vergine Santa, aiutatemia rendere il mio cuore meno indegno di dare ricetto al vostroDivin Figlio.
Gesù nasce in una grotta.
Maria e Giuseppe respinti non solo dalle case private di Betlemme, ma persino dal pubblico albergo, escono alla campagna e cercano tra l’oscurità e la solitudine un misero tugurio ove ricoverarsi. Trovano finalmente una grotta scavata nella collina, una di quelle grotte, che servivano di rifugio ai pastori sorpresi dalle intemperie nella custodia del gregge. E lì in quella grotta solitaria, mentre tutto all’intorno era profondissimo silenzio e le stelle sul firmamento segnavano la mezzanotte, da Maria Vergine nacque Gesù Cristo, eterno Dio e Figlio dell’Eterno Padre! Oh grotta benedetta! Per quanto umile e meschina, tu sei diventata il luogo santo, la casa di Dio, la porta del Cielo. Così Gesù ci ha fatto conoscere quanto ami l’oscurità e la solitudine, e come a nascere nell’anima nostra con l’abbondanza delle sue grazie voglia che essa per amore di oscurità e di solitudine si renda simile alla grotta di Betlemme. Oh se noi fossimo persuasi di queste grandi verità: che quanto più noi amiamo di essere oscuri, di tenerci nascosti, di vivere lontani dall’ammirazione del mondo e dalle sue frivole conversazioni, tanto più Iddio si avvicinerà a noi, ci parlerà al cuore, ci farà godere della sua amabile presenza e delle sue consolazioni! Come ameremmo di più la vita di ritiro! Come cercheremmo meno di metterci in evidenza! Quanta minor cura avremmo di attirare su di noi gli altrui sguardi! E quanta maggior pace godremmo! – Mediteremo infine sopra la povertà e abbiezione della capanna di Betlemme, in cui volle nascere il Divin Salvatore. C’immagineremo di vedere il Bambino Gesù che accetta con gioia di nascere nella povertà, nello spogliamento e nella miseria, avendo stabilito da tutta l’eternità di dare fin dalla sua nascita la preferenza a tutto ciò che lo separa dal mondo e lo abbassa e lo umilia, per insegnare anche a noi il distacco dalla terra, l’amore agli abbassamenti e alle umiliazioni. Prostrandoci dinanzi a Lui col nostro spirito lo adoreremo umilmente e lo pregheremo di mettere nel nostro cuore quei sentimenti, che ha manifestato di avere nel suo all’atto della sua nascita.
Povertà della capanna di Betlemme.
Che povera stanza era quella in cui nacque il Re del Cielo! Una misera stalla destinata a rifugio degli animali, mal difesa dalle intemperie dell’aria, sprovvista di ogni mobile, con soltanto una meschina mangiatoia e un po’ di paglia. Perché si abbassò cotanto Colui che non poteva essere degnamente albergato nel più sontuoso palagio, e a cui nemmeno gli Angeli avrebbero potuto preparare una degna abitazione? Egli ci volle in tal modo insegnare che conto si debba fare delle cose del mondo. Difatti, che cosa sono mai davanti a Dio l’oro, l’argento, le pietre preziose, i più ricchi abbigliamenti, i più sontuosi palagi, e tutte le grandezze mondane? Tutto ciò davanti a Dio non conta più del fango e della spazzatura. Ma quanti purtroppo mettono la loro felicità nel possesso del danaro, nel godersi le comodità e gli agi della vita, nelle belle comparse, nelle ricche vesti, nelle pompe del secolo, nelle più sciocche vanità! Noi che in effetto abbiamo rinunziato ai beni caduchi della terra possiamo dire d’avervi rinunziato altresì con l’affetto? Ah! sefinora il nostro cuore ha ceduto al fascino delle misere cose di questo mondo, non sia più così dinanzi al grande insegnamento di Gesù Bambino.
Confronto della capanna di Betlemme con l’anima nostra.
Ben a ragione ci sorprende la degnazione che ebbe il Re del cielo col nascere in una capanna sì misera; ma ancora più dobbiamo meravigliarci della degnazione, che Egli ha, di venire a prendere dimora nell’anima nostra per mezzo della Santa Comunione. Difatti, paragonando l’anima nostra a quella capanna, non dobbiamo riconoscere che la miseria della nostra anima è di gran lunga superiore a quella della capanna betlemmitica? Tutta la povertà di questa era solo materiale, mentre l’anima nostra è misera spiritualmente, disadorna delle cristiane virtù, e sordida per tanti peccati. Eppure Egli si degna di visitarla e di abitarvi, oh quanto frequentemente! Ma dovrà sempre trovare questa sua casa così poco degna di Lui? Se fossimo stati là a Betlemme, e avessimo saputo che in quella capanna doveva nascere il Re del Cielo, che premura ci saremmo presa di mondarla e purificarla da ogni sozzura, di ripararla dal rigore della stagione, di provvederla del necessario! Avremmo fatto tutto il possibile perché quell’abitazione di animali diventasse una stanza meno indecente per il Divin Salvatore. Ora questo dobbiamo fare nell’anima nostra, perché quando Gesù viene in essa con la Santa Comunione vi si trovi meno a disagio. Sebbene sia vero che anche col peccato veniale possiamo accostarci quotidianamente alla Comunione, tuttavia il nostro studio ha da essere quello di evitarlo, di staccarne affatto il cuore e di adornare l’anima nostra delle virtù cristiane e religiose.
I due animali della capanna di Betlemme.
Secondo l’antichissima tradizione, ritenuta dalla Chiesa nella sua liturgia, c’erano nella capanna di Betlemme un bue e un giumento, che stando dappresso alla mangiatoia, in cui fu deposto il Bambino Gesù, col loro fiato mitigavano il rigore della fredda aria notturna. Grande argomento di umiltà! Canta la Chiesa: Colui che risplende nei cieli di gloria eterna, giaceva nel presepio tra due animali! Come poteva maggiormente abbassarsi il R e del cielo per insegnare anche a noi l’abbassamento? Eppure quanto facilmente rigettiamo tale insegnamento! Noi cerchiamo tutto ciò che serve a conciliarci la stima degli uomini, non vogliamo cedere nei nostri puntigli, ci irritiamo se siamo ripresi di qualche mancamento, andiamo dietro alle vanità mondane. Dinanzi all’infinita maestà del Signore così umiliata, ceda ogni pretesto che ci tragga a far atti di superbia e c’induca ben anche a commettere gravi errori con danno incalcolabile dell’anima nostra e con scandalo delle anime altrui. Ecco la più bella disposizione del nostro cuore per diventare abitacolo gradito a Gesù.
I Sermoni del curato d’Ars:https://www.exsurgatdeus.org/2019/12/24/i-sermoni-del-curato-dars-per-il-giorno-di-natale/
Credo …
https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/12/il-credo/
Offertorium
Orémus
Ps XCV:11:13
Læténtur cæli et exsúltet terra ante fáciem Dómini: quóniam venit.
[Si allietino i cieli, ed esulti la terra al cospetto del Signore: poiché Egli è venuto.]
Secreta
Acépta tibi sit, Dómine, quǽsumus, hodiérnæ festivitátis oblátio: ut, tua gratia largiénte, per hæc sacrosáncta commércia, in illíus inveniámur forma, in quo tecum est nostra substántia:
[Ti sia gradita, o Signore, Te ne preghiamo, l’offerta dell’odierna solennità: affinché, aiutati dalla tua grazia, mediante questi sacrosanti scambi, siamo ritrovati conformi a Colui nel quale la nostra sostanza è unita alla Tua:]
Prefatio de Nativitate Domini
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostræ óculis lux tuæ claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amorem rapiámur. Et ideo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes: Sanctus …
COMUNIONE SPIRITUALE https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/comunione-spirituale/
Communio
Ps CIX: 3
In splendóribus Sanctórum, ex útero ante lucíferum génui te.
[Nello splendore dei santi, dal mio seno ti ho generato, prima della stella del mattino.]
Postcommunio
Orémus.
Da nobis, quǽsumus, Dómine, Deus noster: ut, qui Nativitátem Dómini nostri Jesu Christi mystériis nos frequentáre gaudémus; dignis conversatiónibus ad ejus mereámur perveníre consórtium:
[Concedici, Te ne preghiamo, o Signore Dio nostro, che celebrando con giubilo, mediante questi sacri misteri, la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, meritiamo con una vita santa di pervenire al suo consorzio:]
PREGHIERE LEONINE https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/preghiere-leonine-dopo-la-messa/
Ordinario della Messa.
https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/