SALMO 70: “IN TE DOMINE, SPERAVI, … et eripe me”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME DEUXIÈME.
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 70
Psalmus David, filiorum Jonadab, et priorum captivorum.
[1] In te, Domine, speravi;
non confundar in aeternum;
[2] in justitia tua libera me, et eripe me: inclina ad me aurem tuam, et salva me.
[3] Esto mihi in Deum protectorem, et in locum munitum, ut salvum me facias: quoniam firmamentum meum et refugium meum es tu.
[4] Deus meus, eripe me de manu peccatoris, et de manu contra legem agentis, et iniqui:
[5] quoniam tu es patientia mea, Domine; Domine, spes mea a juventute mea.
[6] In te confirmatus sum ex utero; de ventre matris meae tu es protector meus; in te cantatio mea semper.
[7] Tamquam prodigium factus sum multis; et tu adjutor fortis.
[8] Repleatur os meum laude, ut cantem gloriam tuam, tota die magnitudinem tuam.
[9] Ne projicias me in tempore senectutis; cum defecerit virtus mea, ne derelinquas me.
[10] Quia dixerunt inimici mei mihi: et qui custodiebant animam meam consilium fecerunt in unum;
[11] dicentes: Deus dereliquit eum: persequimini et comprehendite eum, quia non est qui eripiat.
[12] Deus, ne elongeris a me; Deus meus, in auxilium meum respice.
[13] Confundantur et deficiant detrahentes animae; operiantur confusione et pudore qui quaerunt mala mihi.
[14] Ego autem semper sperabo, et adjiciam super omnem laudem tuam.
[15] Os meum annuntiabit justitiam tuam, tota die salutare tuum. Quoniam non cognovi litteraturam,
[16] introibo in potentias Domini; Domine, memorabor justitiae tuae solius.
[17] Deus, docuisti me a juventute mea; et usque nunc pronuntiabo mirabilia tua.
[18] Et usque in senectam et senium, Deus, ne derelinquas me, donec annuntiem brachium tuum generationi omni quae ventura est, potentiam tuam,
[19] et justitiam tuam, Deus, usque in altissima; quae fecisti magnalia, Deus: quis similis tibi?
[20] Quantas ostendisti mihi tribulationes multas et malas! et conversus vivificasti me, et de abyssis terrae iterum reduxisti me.
[21] Multiplicasti magnificentiam tuam; et conversus consolatus es me.
[22] Nam et ego confitebor tibi in vasis psalmi veritatem tuam, Deus; psallam tibi in cithara, sanctus Israel.
[23] Exsultabunt labia mea cum cantavero tibi; et anima mea quam redemisti.
[24] Sed et lingua mea tota die meditabitur justitiam tuam, cum confusi et reveriti fuerint qui quaerunt mala mihi.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO LXX.
Questo Salmo fu composto da Davide quando fu cacciato da Assalonne. L’appropriazione poi ai figliuoli di Jonadab, non è certo se sia per allusione profetica di Davide, o per l’uso che ne abbian fatto i Sacerdoti. Allorché questi figliuoli, per obbedienza alla voce di Geremia, non si rifiutarono dalla cattività al tempo del re Joachim.
Salmo di David: de’ figliuoli di Jonadab, e de’ primi prigionieri.
1. In te, o Signore, ho posta la mia speranza; non sia io confuso in eterno; per la tua giustizia dammi liberazione e salute.
2. Piega le tue orecchie verso di me, e salvami.
3. Sii tu a me un Dio protettore, e un asilo sicuro per farmi salvo. Perocché mia fermezza e mio rifugio se’ tu.
4. Dio mio, liberami dalle mani del peccatore e dalle mani del violator della legge e dell’iniquo;
5. Imperocché tu se’, o Signore, la mia aspettazione; Signore, tu mia speranza fin dalla mia gioventù.
6. Sopra di te, io posai nell’uscire dall’utero; dal seno della madre mia, tu sei mio protettore.
7. Te io cantai in ogni tempo; fui tenuto da molti come un portento: ma un forte difensore se’ tu.
8. Sia piena la mia bocca di laude, affinché io canti la tua gloria e la tua grandezza per tutto il giorno.
9. Non rigettarmi nel tempo della vecchiezza; non abbandonarmi quando verrà meno la mia fortezza.
10. Imperocché contro di me han parlato i miei nemici; quelli che tendevano insidie all’anima mia han tenuto insieme consiglio, (1)
11. Dicendo. Iddio lo ha abbandonato, tenetegli dietro, ed afferratelo, dappoiché non v’ha chi lo scampi.
12. Non ti dilungare, o Dio, da me Dio mio, volgiti ad aiutarmi.
13. Sian confusi, e vengan meno coloro che appongono calunnie all’anima mia; sieno coperti di confusione e di vergogna quelli che amano il mio male.
14. Ma io sempre spererò, e laudi aggiungerò a tutte le laudi tue.
15. La mia bocca predicherà la tua giustizia, e tutto il giorno la salute che vien da te. (2)
16. Perché io non ho cognizione di lettere, m’internerò nella possanza del Signore; della sola giustizia tua, o Signore, io mi ricorderò.
17. Tu, o Dio, fosti mio maestro fin dalla mia giovinezza, e io annunzierò le meraviglie fatte da te fino a quest’ora; (3)
18. E tu fino alla vecchiezza, fino all’età avanzata, o Dio, non mi abbandonare, fino a tanto che io a tutta la generazione che verrà annunzi la tua fortezza,
19. E la potenza tua e la tua giustizia, che va fino agli altissimi cieli, e le magnifiche cose fatte da te: Chi, o Dio, è simile a te?
20. Quante facesti provare a me tribolazioni molte ed acerbe! e di nuovo mi ravvisasti, e dagli abissi della terra di bel nuovo mi ritornasti.
21. Tu desti in molti modi a conoscere la tua magnificenza, e di bel nuovo mi consolasti.
22. Imperocché io pure al suono de’ musicali strumenti darò laude a te per la tua verità; te io canterò sulla cetra, o Santo di Israele.
23. Esulteranno le mie labbra e l’anima mia redenta da te, quando io canterò le tue lodi.
24. Ed ancor la mia lingua tutto di parlerà della tua giustizia, allorché confusi e svergognati rimarranno quelli che amano il mio male.
(l) Molti, dice David vedendomi detronizzato, sono colpiti da stupore, e si chiedono se Dio mi abbia abbandonato; ma no, Dio sarà il mio sostegno.
(2) È necessario osservare qui che la parola ebraica tradotta in “litteraturam”, sarà più esattamente tradotta con “numerum”. La parola “letteratura” della Vulgata designa l’ufficio dello scriba come tenere i registri, fare i conti, così come si vede rappresentato nelle scene domestiche, sui monumenti egiziani; tale è il valore della parola “sephorot”. Il senso del salmista è dunque: io loderò il Signore, perché la moltitudine dei suoi benefici è sì grande che non posso ricordare tutto, come gli scribi li hanno consegnato nei nostri annali (Le Hir.).
(3) Si può tradurre altrimenti, cambiando la punteggiatura: Signore, Voi mi avete istruito fin dalla mia giovinezza e fino a questo giorno; io non cesserò di esaltare i vostri benefici.
Sommario analitico
Davide, esiliandosi volontariamente per sfuggire alla persecuzione di Assalonne, nella sua persona, espone tutta la sua vita alla persecuzione dei suoi nemici.
I – Domanda a Dio di non essere confuso in eterno.
1° A causa di Dio, – a) la cui bontà gli fa sperare il soccorso che egli implora; – b) la cui giustizia reprimerà gli sforzi dei suoi nemici (1); – c) la cui maestà e l’immensità sono come una fortezza; – d) la cui potenza può salvare tutti coloro che sono ricorsi a Lui;
2° A causa dei suoi nemici, calunniatori, perfidi ed ingiusti (3);
3° A causa di se stesso, – a) egli ha sperato fin dalla sua giovinezza (4); – b) Dio è stato il suo protettore fin dal seno di sua madre (5); – c) Dio è sempre stato l’oggetto dei suoi canti, nelle avversità e nella prosperità (6, 7).
II – Egli domanda specialmente a Dio che non lo abbandoni nella sua vecchiaia (8).
1° A causa dei suoi nemici che hanno cospirato per la sua perdita nella speranza che fosse abbandonato da Dio (9-12);
2° A causa di se stesso: – a) il suo cuore ha sperato costantemente in Dio e ha mostrato a tutti le sue lodi (13); – b) la sua bocca ha reso pubblica la sua giustizia e celebrato la sua assistenza salutare (14); – c) la sua intelligenza ha negletto tutte le vane sottigliezze per applicarsi alla meditazione della sua potenza (14); – d) la sua memoria ha conservato il ricordo della giustizia di Dio escludendo ogni altra cosa (15).
III- Egli promette a Dio una eterna riconoscenza:
1° per i benefici ricevuti in gioventù: – a) Dio stesso è stato il suo maestro (16); – b) non cessa di rendere pubbliche le sue lodi (17);
2° Per ciò che egli attende da Dio nella sua vecchiaia, – a) prega Dio che non lo abbandoni mai (17); – b) gli promette in cambio di lodare, di celebrare la sua potenza, la sua giustizia, tutte le sue opere meravigliose, la sua essenza e i suoi attributi divini (18).
3° Tutto ciò di cui Dio deve colmarlo durante la sua vita. – a) egli è stato dapprima provato, a causa dei suoi crimini, con numerose e penose afflizioni (19); – b) Dio lo ha in seguito liberato, rendendogli la vita, quando la sua sorte era disperata, e moltiplicando per lui i doni della sua magnificenza (20); – c) egli promette a Dio di far esplodere la sua riconoscenza con tutti i mezzi di cui dispone, gli strumenti musicali, i canti, la meditazione interiore delle sue bontà (21-23).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 1-7.
ff. 1. – « Io non sarò confuso in eterno ». Io sono già confuso, ma che non lo sia eternamente. Come in effetti non sarebbe confuso colui al quale si indirizzano queste parole: « Quale frutto avete ottenuto dalle cose di cui oggi arrossite? » (Rom. VI, 21). Che fare dunque affinché non siamo eternamente confusi? « … Avvicinatevi a Lui e sarete illuminati, ed i vostri volti non arrossiranno » (Ps. XXXIII, 6). Voi siete coperti di confusione in Adamo, ritiratevi da Adamo, avvicinatevi al Cristo e così non sarete confusi (S. Agost.). – Sperare in Dio ed essere confuso, sperare negli uomini e trovarvi un solido appoggio, è ciò che non è mai successo; è ciò che mai accadrà. – Voi mi direte, io ho sperato e sono stato coperto da vergogna. Se siete coperto di vergogna, è perché non avete sperato come si doveva, o avete cessato di sperare, o ancora non avete atteso la fine, perché il vostro spirito ed il vostro cuore si sono ristretti e richiusi, perché la vera speranza è quella che ci tiene protesi verso Dio in mezzo ai mali ed ai pericoli (S. Agost.). – Liberatemi, non nella mia giustizia, ma nella vostra: se infatti io confidassi nella mia giustizia, sarei uno di quelli di cui l’Apostolo ha detto: « Non conoscendo la giustizia di Dio e volendo stabilire la propria giustizia, essi non si sono sottomessi alla giustizia di Dio » (Rom. X, 3). – Che cos’è in effetti la mia giustizia? L’iniquità l’ha preceduta; e se io divento giusto, questo avverrà per la vostra giustizia, perché io sarò giusto della giustizia che Voi mi avete dato, e non sarà in me se non restando in Voi, perché essa sarà un vostro dono (S. Agost.).
ff. 2. – « Siate per me un Dio protettore ». Che i colpi del nemico non giungano fino a me, perché non posso proteggermi da me stesso. Ma non basta essere protettore, per cui il Profeta aggiunge: « … e un luogo fortificato ». Ecco dunque che Dio stesso è diventato il luogo del vostro rifugio. « … Siate per me come un luogo fortificato, al fine di salvarmi. Io non sarò salvo senza di Voi; se non diventate il mio riposo la mia malattia non sarà guarita. Sollevatemi da terra, che riposi su di Voi, affinché mi rialzi in un luogo fortificato ». Può essercene uno che sia più forte? Quando sarete rifugiato in questa fortezza, ditemi quale nemico temerete? Quanto a me, se scelgo un’altra fortezza, io non vi troverò certamente la mia salvezza. Se ne trovate una che sia meglio fortificata, sceglietela. Non si può sfuggire a Dio, che rifugiandosi nel suo seno (S. Agost.).
ff. 3. – È una disavventura cadere tra le mani di un nemico potente, ma è una sventura ancora più grande cadere tra le mani, cioè nella familiarità di un amico peccatore e che agisce contro la legge di Dio; perché malgrado l’affezione che ha per noi, siccome è nemico di Dio, ci indirizza spesso delle insidie senza che vi ci pensi e, con il suo esempio o con le sue parole, ci persuade circa cose in cui non possiamo compiacerlo senza perdere davanti a Dio (Dug.).
ff. 4, 5. – La nostra pazienza non solo viene da Dio, ma Egli stesso è la nostra pazienza, perché noi non possiamo avere nulla che non venga da Lui e non torni a Lui. – Se Voi siete la mia pazienza, ciò che segue è perfettamente giusto: « Signore Voi siete la mia speranza fin dalla mia giovinezza ». Voi siete la mia pazienza, perché Voi siete la mia speranza, o piuttosto non siete Voi la mia speranza perché siete la mia pazienza? Perché la tribolazione, dice l’Apostolo, produce la pazienza, la prova, la speranza; ora la speranza non confonde (Rom. III, 5). Pertanto, perché ho messo la mia speranza in Voi, io non sarò confuso in eterno (S. Agost.). – « Voi siete la mia speranza fin dalla giovinezza ». Dio è vostra speranza fin dalla giovinezza solamente? Non lo è dalla vostra adolescenza e dalla vostra infanzia? Senza alcun dubbio, perché vedete il seguito: « … dal seno di mia madre, Voi siete stato il mio protettore ». Perché dunque ho detto « dalla mia giovinezza » se non perché è da quel momento che ho cominciato a sperare in Voi? Prima io non speravo ancora in Voi, benché foste il mio protettore e mi abbiate portato Voi stesso in tutta sicurezza fino al giorno in cui io ho appreso a mettere in Voi la mia speranza, vale a dire fino al momento in cui mi avete armato contro il demonio, affinché nelle fila dei vostri soldati, armato della vostra fede, della vostra speranza, della vostra carità e degli altri vostri doni, io abbia potuto combattere i vostri invisibili nemici (Ephes. VI, 12) (Idem).
ff. 6. – « Io sono apparso a molti come un prodigio », quaggiù, in questo tempo di speranza, in questi tempi di gemiti, in questo tempo di umiltà, in questi tempi di dolore, in questo tempo in cui il prigioniero grida sotto il peso dei suoi ferri, perché queste parole: « Io sono apparso come un prodigio »? Perché io credo in ciò che non vedo ancora. Quanto a coloro, al contrario, che cercano la felicità nelle cose che vedono, essi non gioiranno nell’ebrezza, nella lussuria, nel libertinaggio, nell’avarizia, nelle ricchezze, nelle rapine, nelle dignità mondane, in questo strato di bianco che applicano su di una muraglia di fango: ecco ciò che fa le loro delizie. Quanto a me, io cammino in una via tutta diversa, disprezzo le cose presenti, temo anche le prosperità del secolo, e non ho sicurezza che nelle promesse di Dio (Cor. XV, 33). – Essi dicono: mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Che dite? Ripetetelo: « mangiamo e beviamo ». Molto bene: ma cosa avete detto dopo? « perché domani moriremo ». Ma un tale motivo mi spaventa, lontano dal sedurmi … ascoltate ciò che io dico, al contrario: preghiamo e digiuniamo, perché domani moriremo. È seguendo questa via stretta e penosa che io sono apparso come un prodigio ad un gran numero di uomini, « … ma Voi siete il mio potente protettore ». Venite, o Signore Gesù, venite e ditemi: non perdete coraggio nella via stretta, io vi sono passato per primo; sono Io che sono questa via, sono Io che conduco, è in me che Io conduco, è verso di me che Io conduco (S. Agost.).
ff. 7. – Che vuol dire « tutto il giorno »? … senza tregua. Nella prosperità, perché mi consolate; nelle avversità perché mi correggete; prima di essere, perché mi avete creato; dopo la mia esistenza, perché Voi mi avete salvato; quando io ho peccato, perché mi avete perdonato; nella mia conversione, perché mi avete aiutato; nella mia perseveranza, perché mi avete coronato (S. Agostino). – Tale è l’occupazione dei santi in questa vita: lodare Dio, celebrare la sua gloria, esaltare le sue grandezze. Essi portano dappertutto con esso il loro tempio ed il loro altare, secondo la bella espressione di San Crisostomo. In mezzo agli affari che intraprendono per il prossimo, essi sono uniti a Dio; il cuore prega mentre la bocca è in silenzio, e quando la cura delle anime lascia loro un momento di solitudine, essi ne profittano per sospirare davanti a Dio (Berthier).
II. — 8-5.
ff. 9, 13. – Quale è questo tempo della vecchiaia? « Quando la forza mi mancherà, non mi abbandonate ». Dio vi risponde qui: desiderate piuttosto che la vostra forza vi manchi, perché la mia sia in voi, e diciate con l’Apostolo: è quando sono debole che sono forte (II Cor. XII, 10). – non temete di essere rigettato nella vostra debolezza, nel tempo della vostra vecchiaia. Nostro Signore non era senza forze sulla croce? … cosa vi ha insegnato rifiutando di scendere dalla croce, se non che dovete essere paziente in mezzo agli oltraggi, se non che dovete essere forti in Dio? (S. Agost.). – Se si ha bisogno della protezione divina in tutti i tempi, è soprattutto in vecchiaia che questo soccorso è necessario; allora si provano maggiormente traversie, infermità, avversità; si è più abbandonati dagli uomini; non si ha il gusto dell’intraprendere, né la forza di eseguire. La debolezza di questa età inasprisce il carattere, e l’oblio ed il disprezzo nel quale si cade, rivolta l’amor proprio. Quando ci si è esercitati presto alla pietà, ci si trova molto consolati al tempo della vecchiaia, ed il divorzio che da tempo si è fatto con il mondo, fa che non ci si inquieti delle sue freddezze e dei suoi disprezzi. Ma se si è atteso questa ultima stagione di vita per rientrare in se stessi, si ha molto da combattere, e le passioni hanno ancora un grande ascendente su tutte le facoltà dell’anima (Berthier). – Occorre temere molto che il fervore dei primi anni non si intiepidisca in vecchiaia, e che il vigore dell’anima non si indebolisca con la forza del corpo. Occorre premunirsi contro questo danno e dire con l’Apostolo: « Benché l’uomo esteriore si distrugga, non di meno l’interiore si rinnova giorno per giorno » (II Cor. IV, 16). – Il demone, il mondo e la carne: sono i tre nemici irreconciliabili dell’uomo. Uno solo è esteriormente formidabile. Che farà dunque quando cospireranno tutti e tre insieme per perderlo? Bisogno far ricorso a Colui che ha vinto il demone ed il mondo, e che non ha mai ricevuto alcun attacco dalla carne di cui si era rivestito. – I malvagi fanno ordinariamente poca attenzione a Dio, quando intraprendono di perseguitare la gente per bene. Essi non pensano affatto nel fondo del loro cuore, che la Provvidenza abbia abbandonato coloro che essi vogliono perdere; ma, per dare un colore di giustizia ai loro processi, e per imporsi ai semplici, si reputano qualche volta di essere solo gli esecutori delle divine volontà; essi dicono che Dio si schiera con essi, e che non protegge la causa di coloro che essi attaccano, e se ottengono qualche successo, lo indicano come prova contro i malcapitati che essi vogliono sopraffare (Berth.). – Consolarsi e fortificarsi con la preghiera: quando si è abbandonati da Dio, tutto è perduto; ugualmente quando Egli non si allontana da noi, non c’è nulla da temere: un solo sguardo di Dio è sufficiente a rovesciare i nemici più formidabili. – Arriva un momento nella vita in cui noi osserviamo che tutto ci sfugge, e che la nostra esistenza non è stata che una successione di amicizie spezzate. La giovinezza passa con le sue illusioni, e coloro che abbiamo amato sono fuggiti lontano da noi; noi non siamo stati che infedeli gli uni agli altri, noi non abbiamo fatto che obbedire ad una legge della vita e sentire per esperienza ciò che non è che l’abbandono del mondo: il movimento della vita ci ha separato. Poi viene l’età matura, la stagione delle crudeli delusioni, come se la ragione, nella sua maturità, non sapesse che distruggere le nostre affezioni a forza di sospetti, inganni, interpretazioni maligne; tutte le nostre amicizie ed i nostri appoggi ci mancano; attraversiamo delle conoscenze che si succedono rapidamente, lasciamo delle amicizie senza numero, usiamo la benevolenza dei nostri alleati, fiacchiamo la confidenza del nostro prossimo; ma c’è un punto al di la del quale non possiamo più abusare della sua indulgenza, ed è così che arriviamo al porto solitario della vecchiaia, per stancare, con le nostre innumerevoli miserie, la fedeltà che si fa un dovere religioso di servirci nella nostra decadenza. Là noi conosciamo che Dio ha sopravvissuto e resistito a tutto: Egli è l’amico di cui la fede non è mai stata in dubbio, l’alleato che il sospetto non ha potuto mai coinvolgere, Colui che ci ha amato di più, a quanto pare, man mano che vediamo il peggio … Tutti gli uomini ci hanno ingannato; coloro che sembravano dei santi sono mancati quando le nostre imperfezioni hanno pesato su di loro; essi ci hanno ferito, e la ferita era avvelenata; ma Lui è stato sempre fedele e vero e non si è mai allontanato da noi (FABER. Le Créateur et la créature, p. 77. 78).
ff. 13-15. – Mai bisogna perdere la speranza in Dio, qualunque cosa possa arrivare, e in qualunque stato ci si trovi. – Colui che ama Dio non è mai contento di ciò che fa: egli vuole fare sempre di più ed aggiungere incessantemente nuove lodi a quelle che ha già fatto (Dug.).– Io aggiungerei questa lode a tutte le vostre lodi: che la mia giustizia, se sono giusto, non è affatto la mia giustizia, ma la vostra giustizia depositata in me. In effetti siete Voi che giustificate l’empio (Rom. IV, 5). « Tutto il giorno, cioè in tutti i tempi, io celebrerò la vostra salvezza ». Che nessuno pretenda, con una ingiusta usurpazione, che debba a se stesso la propria salvezza. La salvezza viene dal Signore (S. Agost.). – Qual è l’arte di scrivere che non ha conosciuto il Profeta, sulla bocca del quale la lode di Dio si trova tutto il giorno? I Giudei possiedono una certa letteratura; è ad essi, in effetti che noi riporteremo questa parola, ed è là che ne troveremo l’applicazione. L’orgoglio dei Giudei, che mettevano la loro fiducia nella loro forza e nella giustizia delle loro opere, si glorificava della Legge, e in questa Legge, i Giudei si glorificano, non della grazia, ma della lettera. In effetti la legge senza la grazia, non è altra cosa che una lettera; essa resta per condannare l’iniquità, ma non per dare la salvezza … È dunque con ragione che il Profeta dice in seguito: « … Io entrerò nelle potenze del Signore », non nella mia potenza, ma in quelle del Signore. Altri si sono glorificati della propria potenza, che attribuivano alla lettera della Legge. Ecco perché essi non hanno conosciuto la grazia aggiunta alla lettera (S. Agost.). – Uscire dalla propria debolezza per entrare nella forza del Signore; cosa, tutta la forza degli uomini riuniti, potrà contro colui che si è rifugiato in questo forte? È là, Signore che stando fuori dall’attendere a tutto ciò che il mondo e l’inferno stesso potrebbero intraprendere contro di me, io dimenticherò tutto il resto per non ricordarmi che della sola vostra giustizia (Dug.). Si, della sola vostra giustizia, perché così io non pensi alla mia. – La vostra giustizia sola mi libera, io non ho nulla di mio se non i miei peccati. Lungi da me quindi glorificarmi delle mie forze, e attenermi alla lettera. Che io respinga questa letteratura, vale a dire che gli uomini si glorifichino della lettera e che, nella loro follia, presumano criminalmente delle loro forze. Che io riprovi tali uomini ed entri nella potenza del Signore alfine di essere forte in ragione della mia debolezza (S. Agost.). – L’anima che possiede Dio non vuole che Lui. « … Io entrerò nella potenza del Signore: Signore io non mi sovverrò che della vostra giustizia ». Quando si vuole entrare nelle grandezze e nelle potenze del mondo, si cade necessariamente nella molteplicità dei desideri; ma quando si penetra nelle potenze del Signore, ben presto ci si dimentica di tutto il resto, e non ci si occupa che dei mezzi per la crescita nella giustizia, per assicurarsi il possesso di un sì grande bene. È ciò che il Vangelo conferma, esortandoci a cercare innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia. Il regno è « potentias Domini », perché si lavora per acquisire la giustizia onde giungervi (BOSSUET. Panég. de S. Franc. d’Assisi.). – A che vi servirà conoscere le cose del mondo, quando anche il mondo sarà passato? Nell’ultimo giorno non vi si domanderà ciò che avete saputo, ma ciò che avete fatto, « … e non c’è più scienza nell’inferno, verso il quale precipitate ». Cessate un vano lavoro, chiunque voi siate non abbiate a coltivare l’albero i cui frutti danno la morte. Lasciate la scienza che nutre l’orgoglio, la scienza che gonfia, per occuparvi unicamente di acquisire quella che rende umili e santi « … la carità che edifica ». Imparate ad umiliarvi, a conoscere il vostro niente e la vostra corruzione. Allora entrerete nelle potenze del Signore, Dio verrà verso di voi, vi illuminerà della sua luce, vi insegnerà, nel segreto del cuore, questa scienza meravigliosa di cui Gesù ha detto « … Io vi benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché avete nascosto queste cose ai saggi ed ai prudenti, e le avete rivelate ai piccoli » (Lam. Im.). – O Dio! « Io mi ricorderò della sola vostra giustizia »; ricevete tutti i pensieri che saranno il frutto di questo ricordo; che la vostra giustizia e la vostra verità brilli dappertutto; che io ami la vostra giustizia, e vi serva con un amore casto, cioè non con paura e pena, ma con amore della vostra giustizia (BOSSUET, Elev. XXIII, S. VI, E.).
III. 16-23.
ff. 16-18. – « Voi mi avete istruito fin dalla mia giovinezza »; ma dopo la giovinezza cosa è successo? All’inizio della vostra conversione, avete appreso che prima della vostra conversione non eravate un giusto; allora, rinnovato e cambiato nell’uomo nuovo, non ancora nella realtà, ma nella speranza, avete appreso che nulla di buono aveva preceduto la grazia in voi, e che siete stato convertito a Dio dalla grazia di Dio. Ma forse, direte voi ora come spesso si fa: lasciatemi ora, io avevo bisogno che mi lasciaste vedere la mia strada, ma questo mi è sufficiente; io non mi ingannerò. E Colui che vi ha mostrato la via vi dirà: non volete dunque che vi conduca? Ma se voi rispondete con orgoglio: no, mi è sufficiente, io camminerò da solo; Dio vi lascerà andare e, in seguito alla vostra debolezza, voi sarete nuovamente tratto in inganno. Ditegli dunque: « conducetemi, Signore, nella vostra via ed io camminerò nella vostra verità » (Ps. LXXXV, 11). Ora, la vostra entrata nella via, è la vostra giovinezza, il vostro rinnovamento è l’inizio della vostra fede … La via stessa è venuta a voi, e voi vi ci siete sicuramente stabilito, senza averlo in alcun modo meritato, poiché voi vi eravate ingannati fin là. Ma cosa! … dopo che siete entrati, voi vi dirigete da voi stessi? Colui che vi ha mostrato il cammino vi lascia a voi stessi? No, risponde il Profeta: voi mi avete istruito dalla mia giovinezza, « … ed io renderò pubbliche le vostre meraviglie fino al presente ». In effetti è una cosa meravigliosa che vi degniate ancora di condurmi, dopo avermi messo sulla strada, è una meraviglia (S. Agost.). – Dio, avendo preso cura di istruire il Profeta nella sua giovinezza, lo aveva continuamente illuminato con i suoi lumi. Era un impegno per lui celebrare continuamente le grandezze ed i benefici di questo Maestro interiore che gli aveva sempre parlato: ma coloro che si ingannano dalla giovinezza e che non aprono gli occhi alla luce divina che nell’età matura o in vecchiaia, sono meno obbligati di Davide nel consacrare il resto della loro vita alla gloria di Dio? « Ah! Diceva eloquentemente san Pietro Crisologo, ammiriamo la misericordia di Gesù-Cristo, che non ha destinato che un giorno per giudicarci, e che ci accorda tutto il tempo della nostra vita per fare penitenza. Se l’infanzia e la giovinezza ce ne sottraggono una parte, che la vecchiaia almeno corregga queste deviazioni; che ci si penta dei passati peccati, quando non si è più in grado di commetterne; che abbandoni le sue cattive abitudini quando le forze lo abbandonano; che faccia di necessità virtù, e che l’uomo infine muoia penitente, dopo aver vissuto per tanto tempo colpevole » (Berthier). – Non si deve desiderare di vivere, se non per meglio conoscere Dio, e per farlo conoscere alle generazioni che ci seguono ed annunciar loro la potenza del suo braccio divino. La potenza che non sia accompagnata dalla giustizia è perniciosa; la giustizia che non sia sostenuta dalla potenza, è estremamente debole, entrambe si incontrano miracolosamente in Dio. Bisogna far brillare la prima fin nei luoghi più elevati, vale a dire nei cieli, per le grandi cose fatte, creando gli spiriti celesti con una sì alta perfezione, e la seconda precipitando da questi luoghi più elevati un gran numero tra i suoi angeli, a causa del loro orgoglio! « … O Dio, chi è simile a Voi? » Parole di fuoco che nella bocca di S. Michele precipitarono lucifero e gli angeli suoi complici dal più alto dei cieli negli abissi più profondi.
ff. 19, 20. – È il sentimento di un’anima che si trova alla fine della sua carriera, e che entra nel riposo del Signore. Quali tribolazioni ha vissuto durante questa vita mortale! Quali tempeste hanno turbato il suo riposo! Quali pericoli ha corso su questo mare tempestoso! Infine la riceve nel suo seno, gli rende la vita, la trae fuori da questo abisso di male. È impossibile ad un’anima ancora legata agli organi del corpo, apprezzare i sentimenti che nascono da questo primo momento di libertà. « … Noi morremo per cominciare a vivere », dice S. Agostino è veramente la vita che succede a questi stati di morte in cui siamo sulla terra. « Voi vi siete voltato verso di me, dice il Profeta, mi avete reso la vita ». Occorre che Gesù-Cristo si volga anche verso di noi, per liberarci dalle tribolazioni che ci agitano in questo mondo (Berthier).
ff. 21-23. – Espressioni differenti che ci fanno comprendere la santa inquietudine di un’anima giusta per testimoniare a Dio la sua riconoscenza. Dio si diletta particolarmente nel nome di Santo. Egli si chiama spesso « il santo di Israele »; Egli vuole che la sua santità sia il motivo, il principio della nostra! « … Siate santi, perché Io sono santo », dice il Signore (BOSSUET. Elev. I, S. 2, El.). – Le lodi esteriori che si danno a Dio, affinché Gli siano gradite, esse devono avere per principio la fede e la carità che sono nel cuore. La lingua medita la giustizia di Dio, quando ciò che proferisce è il frutto della meditazione del cuore (Dug.).