SALMO 68: “SALVUM ME FAC, DEUS, quoniam intraverunt”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME DEUXIÈME.
PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 68
In finem, pro iis qui commutabuntur. David.
[1] Salvum me fac, Deus, quoniam intraverunt
aquæ usque ad animam meam.
[2] Infixus sum in limo profundi et non est substantia. Veni in altitudinem maris; et tempestas demersit me.
[3] Laboravi clamans, raucæ factæ sunt fauces meæ; defecerunt oculi mei, dum spero in Deum meum.
[4] Multiplicati sunt super capillos capitis mei qui oderunt me gratis. Confortati sunt qui persecuti sunt me inimici mei injuste; quæ non rapui, tunc exsolvebam.
[5] Deus, tu scis insipientiam meam; et delicta mea a te non sunt abscondita.
[6] Non erubescant in me qui exspectant te, Domine, Domine virtutum; non confundantur super me qui quærunt te, Deus Israel.
[7] Quoniam propter te sustinui opprobrium; operuit confusio faciem meam.
[8] Extraneus factus sum fratribus meis, et peregrinus filiis matris meæ.
[9] Quoniam zelus domus tuæ comedit me, et opprobria exprobrantium tibi ceciderunt super me.
[10] Et operui in jejunio animam meam, et factum est in opprobrium mihi.
[11] Et posui vestimentum meum cilicium; et factus sum illis in parabolam.
[12] Adversum me loquebantur qui sedebant in porta, et in me psallebant qui bibebant vinum.
[13] Ego vero orationem meam ad te, Domine: tempus beneplaciti, Deus, in multitudine misericordiæ tuæ; exaudi me in veritate salutis tuæ.
[14] Eripe me de luto, ut non infigar; libera me ab iis qui oderunt me, et de profundis aquarum.
[15] Non me demergat tempestas aquæ, neque absorbeat me profundum, neque urgeat super me puteus os suum.
[16] Exaudi me, Domine, quoniam benigna est misericordia tua; secundum multitudinem miserationum tuarum respice in me.
[17] Et ne avertas faciem tuam a puero tuo; quoniam tribulor, velociter exaudi me.
[18] Intende animæ meæ, et libera eam; propter inimicos meos eripe me.
[19] Tu scis improperium meum, et confusionem meam, et reverentiam meam;
[20] in conspectu tuo sunt omnes qui tribulant me. Improperium exspectavit cor meum et miseriam; et sustinui qui simul contristaretur, et non fuit; et qui consolaretur, et non inveni.
[21] Et dederunt in escam meam fel, et in siti mea potaverunt me aceto.
[22] Fiat mensa eorum coram ipsis in laqueum, et in retributiones, et in scandalum.
[23] Obscurentur oculi eorum, ne videant; et dorsum eorum semper incurva.
[24] Effunde super eos iram tuam; et furor iræ tuæ comprehendat eos.
[25] Fiat habitatio eorum deserta; et in tabernaculis eorum non sit qui inhabitet.
[26] Quoniam quem tu percussisti persecuti sunt, et super dolorem vulnerum meorum addiderunt.
[27] Appone iniquitatem super iniquitatem eorum et non intrent in justitiam tuam.
[28] Deleantur de libro viventium, et cum justis non scribantur.
[29] Ego sum pauper et dolens; salus tua, Deus, suscepit me.
[30] Laudabo nomen Dei cum cantico; et magnificabo eum in laude;
[31] et placebit Deo super vitulum novellum, cornua producentem et ungulas.
[32] Videant pauperes, et lætentur; quærite Deum, et vivet anima vestra,
[33] quoniam exaudivit pauperes Dominus, et vinctos suos non despexit.
[34] Laudent illum cæli et terra; mare, et omnia reptilia in eis.
[35] Quoniam Deus salvam faciet Sion, et aedificabuntur civitates Juda, et inhabitabunt ibi, et hæreditate acquirent eam.
[36] Et semen servorum ejus possidebit eam; et qui diligunt nomen ejus habitabunt in ea.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO LXVIII
Del titolo di questo Salmo fu detto al Salmo XLIV
Tratta della passione di Cristo, della distruzione della Sinagoga, e dell’edificazione della Chiesa.
Per la fine: per quelli che saranno cangiati,di David.
1. Salvami, o Dio; imperocché son penetrate le acque sino all’anima mia.
2. Son fitto in profondissimo fango, che non ha consistenza. Son venuto in alto mare, e la tempesta mi ha sommerso.
3. Mi sono stancato a gridare; le mie fauci sono inaridite: si sono ottenebrati gli occhi miei, mentre aspettando li tengo rivolti al mio Dio.
4. Son cresciuti di numero sopra i capelli della mia testa coloro che mi odiano senza ragione. Son divenuti più forti i nemici miei, che mi perseguitano ingiustamente; io allora pagai quello che io non aveva rapito.
5. Tu conosci, o Dio, la mia stoltezza; e i miei peccati non sono nascosi a te. (1)
6. Non abbian per causa mia da arrossire coloro i quali aspettano te, o Dio degli eserciti.
7. Perocché, per amor tuo, ho sofferto ignominia, e di confusione è stato coperto il mio volto.
8. Son divenuto straniero a’ miei fratelli, e ignoto a’ figliuoli della mia madre.
9. Perché lo zelo della tua casa mi divorò, e gl’insulti di coloro che t’insultavano son ricaduti sopra di me.
10. E umiliai col digiuno l’anima mia, e tutto questo sie per me convertito in obbrobrio.
11. E presi per mia veste il cilicio, e fui il loro ludibrio.
12. Contro di me parlavano quei che stavano assisi alla porta; e sopra di me i bevoni cantavano delle canzoni.
13. Ma io a te, o Signore, rivolgo la mia orazione; tempo di favore, o Dio, egli è questo. Esaudisci secondo la moltitudine della tua misericordia, secondo la verità della salute ch’io aspetto da te.
14. Traimi dal fango, affinché io non vi resti sommerso; liberami da coloro che mi odiano, e dalle acque profonde.
15. Non mi sommerga la tempesta, e non mi assorbisca il mar profondo; e il pozzo non serri la sua bocca sopra di me. (2)
16. Esaudiscimi, o Signore, perché benefica ella è la tua misericordia; secondo la molta tua pietà, a me rivolgi lo sguardo.
17. E non perder di vista il tuo servo; esaudiscimi prontamente, perché io son tribolato
18. Fatti dappresso all’anima mia, ed alla salute; a riguardo de’ miei nemici, conducimi a salvamento.
19. A te son noti gli obbrobrii ch’io soffro, e la confusione mia e la mia ignominia.
20. Sotto gli occhi tuoi sono tutti quelli che mi tormentano; il mio cuore si aspettò obbrobri e miserie. E aspettai chi entrasse a parte di mia tristezza, e non vi fu; e chi mi porgesse consolazione, e noi trovai.
21. E il fiele dettero a me per cibo; e nella sete mia mi abbeverarono col l’aceto. (3)
22. La loro mensa diventi per essi lacciuolo e scandalo per loro retribuzione.
23. Si offuschino i loro occhi, sicché non veggano; e aggrava mai sempre il loro dorso.
24. Scarica sopra di loro l’ira tua, e gli serri il furore dell’ira tua.
25. La loro abitazione diventi un deserto, e non siavi chi abiti sotto i loro padiglioni.
26. Perocché hanno perseguitato colui, cui tu avevi percosso; e al dolore delle mie piaghe aggiunser dolore.
27. Aggiungi iniquità alle loro iniquità, e alla giustizia tua non pervengano.
28. Sieno cancellati dal libro de’ viventi, e non sien descritti tra’ giusti.
29. Io son povero e addolorato; la tua salute, o Dio, mi ha sostenuto.
30. Loderò il nome di Dio co’miei cantici e lo glorificherò coi rendimenti di grazie;
31. E questi piaceranno a Dio, più che un giovane vitello, che butti fuora le corna e le unghie.
32. Veggan ciò i poveri e si consolino; cercate Dio, e l’anima vostra avrà vita;
33. Imperocché il Signore ha esauditi i poveri, e non ha posti in non cale quei che sono per lui in catene.
34. Dien lodi a lui i cieli e la terra; il mare gli animali tutti, che sono in lor contenuti.
35. Imperocché Dio salverà Sionne, e saranno edificate le città di Giuda. Ed ivi avran ferma stanza, e la possederanno come proprio retaggio.
36. E i figliuoli dei servi di lui avran di essa il possesso e in essa dimoreranno quelli che amano il di lui nome.
(1) voi conoscete la mia follia; vale a dire, voi sapete se posso essere accusato di follia e di peccato.
(2) Questo pozzo designa la cisterna che serviva spesso come prigione, e per estensione, in senso simbolico, il limbo ove le anime discendevano dopo la morte.
(3) la loro tavola, significa in generale i loro piaceri. – Che a loro volta siano abbeverati con fiele amaro, pernicioso e ributtante; vale a dire, che la loro sorte sia una sorte amara (S. Girol.).
Sommario analitico
In questo Salmo, nel quale bisogna necessariamente vedere la predizione dettagliata: 1) della Passione del Salvatore, alla quale il Nuovo Testamento applica sei versetti, 2) della istituzione della Chiesa, ed anche 3) del giusto perseguitato, condannato per crimini non commessi (Questo salmo è stato applicato a Gesù-Cristo sofferente da tutti i Padri e da tutti gli interpreti. In effetti, benché una parte possa riportarsi alle persecuzioni che David ebbe a sopportare, è impossibile non vedere che esso conviene molto meglio, nel senso letterale, a Gesù-Cristo; perché oltre all’applicazione precisa che fanno gli autori del Nuovo Testamento di più versetti, tutte le caratteristiche di colui che parla si applicano perfettamente al Salvatore, e certi tratti non possono che applicarsi a Lui o ai suoi persecutori. Queste dolci proposizioni si provano con una analisi logica del Salmo).
I. – Nostro Signore Gesù-Cristo espone tutte le sofferenze della sua Passione, sotto la figura di una tempesta e di un naufragio:
1° la grandezza e la profondità del suo dolore (1-3);
2° la moltitudine dei suoi nemici, e dei peccati del genere umano che hanno presa su di Lui (4-6);
3° gli obbrobri dei quali è ricoperto e che allontanano da Lui perfino i suoi amici (7, 8);
4° Le sue azioni più sante rivoltate in derisione e che diventano per Lui soggetto di obbrobrio e di scherno (9-12).
II. – Egli implora la divina misericordia.
1° Chiedendo di essere liberato dalle afflizioni che affannano la sua anima (14, 15).
2° Esponendo a Dio le ragioni che motivano ed appoggiano la sua preghiera: a) dal canto di Dio, la dolcezza e la profondità della sua misericordia (16); b) dal suo canto Egli è il servo di Dio ed in preda a vive sofferenze (17), c) dal clato dei suoi nemici, questi si sforzano di togliergli la vita e la reputazione (18, 19); d) dal lato dei suoi amici, nessuno prende parte alle sue sofferenze, nessuno Lo consola (29); e) l’amarezza delle sue sofferenze, per cui gli danno del fiele come nutrimento, etc. (21).
III. – Egli predice il castigo riservato ai suoi nemici.
1° nei beni del corpo (22-24);
2° nei beni di fortuna, mediante il rovesciamento del loro reame e la distruzione del loro capitale, per il fatto che hanno perseguitato Colui che era colpito, ed aggiunto dolore alle sue piaghe (25, 26).
3° Nei beni dell’anima, a) Dio permetterà che essi cadano nei crimini più enormi, b) sottrarrà loro la sua grazia; c) li cancellerà dal libro della vita (27, 28).
IV. – Egli rende grazie a Dio per la sua liberazione.
1° Attribuendola a Dio soltanto (29);
2° annunciando che i canti di lode e le azioni di grazie Gli saranno graditi (30, 31);
3° invitando i poveri e gli umili a cercare Dio ed a servirlo (32, 33);
4° esortando tutte le creature a lodarlo per la riconoscenza della fondazione, l’accrescimento e la conservazione della Chiesa (34-36).
Spiegazioni e Considerazioni
I. – 1 – 13.
ff. 1-2. – Queste acque che sono penetrate fin nell’anima, vale a dire fin nella sua vita; questo abisso di fango, questa profondità del mare, questa tempesta, sono delle immagini forti che dipingono con vivezza l’angoscia alla quale fu ridotto Gesù-Cristo nella sua passione, così come ogni giusto che, sul suo esempio, è oppresso da pene, o un’anima che sembra soccombere sotto il peso dei propri peccati (Duguet). – Quali flutti si sono levati contro Gesù-Cristo? Ma essi si sono infranti contro di Lui; e voi, fedeli di questo grande modello, attendete pure voi in questo mondo, su questo mare tempestoso, una infinità di tempeste; ma tenete duro contro questi uragani, essi vi tormenteranno ma non vi faranno perire.
ff. 3. – È questa un’espressione metaforica che esprime il grido interiore che un’anima rivolge a Dio. – È uno sguardo continuo verso il cielo, che sembra affaticare l’occhio del cuore, ma che non fa che renderlo più vivo e più attento. – La solida speranza non confonde affatto; essa ha, presto o tardi, il suo compimento (Dug.). – Non sono gli occhi della nostra testa che per lo sfinimento hanno cessato di sperare in Dio, ma i suoi occhi si sono sfiniti nel corpo, cioè nelle sue membra. Questa voce è la voce delle sue membra, la voce del corpo, non della testa … dopo la sua passione, dopo la sua morte, tutti i suoi discepoli temettero che Egli non fosse il Cristo. Gli Apostoli furono vinti dal ladrone, il quale credette nel Signore quando essi invece si persero di coraggio (Luc. XXIII, 42). Vedete le sue membra che cessano di sperare, considerate i due discepoli, di cui uno si chiamava Cleofa, quello con il quale conversava poi lungo il cammino dopo la sua resurrezione, ed i cui occhi erano velati in maniera da non riconoscerlo. – Come, in effetti, avrebbero riconosciuto i loro occhi Colui dal quale essi si separarono con l’esitazione del loro animo instabile? I loro occhi subivano la stessa delusione del loro spirito … essi avevano sperato e … non speravano più; i loro occhi avevano cessato di guardare, per la fatica di sperare nel loro Dio. Egli rese loro questa speranza quando presentò loro, perché le esaminassero, le cicatrici delle sue piaghe, e solo dopo che le ebbe toccate, Tommaso riprese la speranza che aveva perduto esclamando: « Mio Signore e mio Dio » (Giov. XX, 28) (S. Agost.).
ff. 4, 5. – Che i membri del Cristo raccolgano questa parola, che apprendano ad essere odiati senza motivo. Se è inevitabile che il mondo vi odi, fate in modo che vi odi immotivatamente, affinché riconosciate la vostra voce nel corpo del vostro Signore e in questo salmo nel quale è predetta la passione! Come avverrà che il mondo vi odi senza motivo? Se non fate danno a nulla e a nessuno, e nonostante ciò siete oggetto dell’odio; perché “gratuitamente” vuol dire senza motivo. Non vi è sufficiente che l’odio del mondo sia tutto gratuito; ma ben più, che nel suo odio vi renda il male per il bene. « Le forze dei miei nemici, di coloro che mi perseguitano ingiustamente, si sono accresciute ». Questa voce è quella di coloro che sono martiri, non solo per la sofferenza, ma per le cause delle loro sofferenze. Né la persecuzione, né la prigionia, né le verghe, né il fuoco, né la proscrizione, né la morte meritano lode a chi le subisce; ma l’avere una buona causa e soffrire queste pene … ecco chi merita la lode. Il merito è proporzionato alla causa e non all’atrocità del supplizio; perché, quantunque grandi possano essere i supplizi dei martiri, eguagliano i supplizi di tutti i ladri, i sacrileghi, di tutti gli scellerati? Ma il mondo odia pure questi miserabili? Evidentemente li odia. In effetti essi eccedono con la loro scelleratezza la comune malvagità del mondo, ed in qualche modo essi sono estranei alla società del mondo, di cui mettono in pericolo la pace temporale; essi soffrono di crudeli supplizi, ma non senza un motivo (S. Agost.). – « Io ho pagato ciò che non dovevo ». È ancora qui la voce del corpo. In effetti che imprudenza trovare nel Cristo? Non è la forza e la saggezza di Dio? Ma non parla affatto di imprudenza nel senso dell’Apostolo: « La follia di Dio è più saggia della saggezza degli uomini? » (I Cor. I, 25). « La mia imprudenza », cioè la condotta che mi ha reso l’oggetto dello scherno di coloro che si reputavano saggi. O Dio! Voi sapete perché si fanno queste cose. Voi avete conosciuto la mia imprudenza ». Cosa c’è di più imprudente, secondo le apparenze, che essere in grado di ribaltare con una parola i propri persecutori, che lasciarsi arrestare, flagellare, farsi sputare addosso, oltraggiare, coronare di spine, farsi mettere in croce? Non è questa imprudenza? Non è questa appunto follia? Ma questa follia sorpassa la prudenza di tutti i saggi. È una follia in effetti, ma quando il grano è gettato in terra, per chi non conosce le leggi delle colture, sembrerebbe esser questa una follia. Questa grano è raccolto con grande lavoro, lo si porta sull’aia, lo si batte, lo si vaglia, e dopo tutti i danni di cui le intemperie del cielo e i temporali lo hanno minacciato, dopo tutti i lavori degli operai dei campi, e tutte le cure del padrone, quando è ben purificato, lo si ripone dei granai, poi viene l’inverno, e questo grano, se ben purificato, è portato fuori e gettato sulla terra. È un’apparenza imprudente, ma la speranza fa che non ci sia imprudenza. Il grano, ha detto il Signore, se non cade sulla terra per morire, non darà frutto (Giov. XII, 21, 25). Ecco la sua imprudenza, ma o mio Dio, voi la conoscete (S. Agost.).
ff. 6, 7. – Si arrossisce ogni giorno di Gesù-Cristo, sia perché non si vuole spiacere al mondo che è suo nemico, sia perché non si ha il coraggio di rinunciare alle abitudini viziose che Gesù-Cristo condanna. Ma chi sono questi schiavi del mondo e questi confusi? Il Profeta li caratterizza per un contrasto con i veri fedeli, con coloro che attendono il Signore e Lo cercano. Così il Signore è al loro sguardo il Dio degli eserciti, cioè rivestito di forza e di potenza; Egli è il Dio di Israele, cioè il protettore, come lo fu del popolo disceso dai patriarchi. Cercare il Signore ed attenderlo, è tutto ciò che l’uomo di fede ha di più importante in questo mondo, ed è anche il suo unico compito (Berthier). – Mai uomo che ha cercato Dio come si deve è restato confuso. – C’è una confusione che fa cadere nel peccato, e ce ne è un’altra che attira la grazia e la gloria (Eccli IV, 25). È una confusione che getta nel peccato, arrossire di Dio e di ciò che ci comanda, e temere più gli uomini che Dio; ma è una confusione di gloria e di grazia il voler ben essere disonorato per confessare Dio ed aver il viso coperto di confusione per la sua gloria. – Non c’è nulla di grande nel dire: « io ho sofferto », bensì « io ho sofferto a causa vostra ». In effetti, voi soffrite perché avete peccato; è a causa vostra e non di Dio che voi soffrite. « Quale soggetto di gloria per voi, dice San Pietro, se siete punito e soffrite per le vostre colpe »? (I Petr. II, 20). Se al contrario soffrite per aver osservato i comandamenti di Dio, voi soffrite realmente a causa di Dio ed una ricompensa eterna vi attende, perché è a causa di Dio che avete sopportato gli obbrobri; perché Egli stesso ha sofferto per primo per insegnarci a sopportarli. E se ha sofferto Lui a cui non c’era nulla da rimproverare, che dire di noi, che forse non abbiamo commesso il peccato che il nemico ci imputa, ma che certamente ne abbiamo commesso qualcun altro che merita un castigo? Un uomo vi accusa do furto e voi non avete rubato, questa accusa è un obbrobrio, tuttavia la vostra innocenza su questo punto non vi impedisce di dispiacere a Dio in qualche altra cosa (S. Agost.).
ff. 8. – È spesso più vantaggioso essere trattato dai propri fratelli come straniero, che intrattenere grandi legami con coloro i cui discorsi o la maniera di vivere possono portarci al peccato. – Tutti i giorni noi vediamo il compiersi di questa parola di nostro Signore: « l’uomo avrà per nemico quelli della propria casa ». – La perfezione evangelica consiste nell’abbandonare fratelli e sorelle per seguire ciò che si deve a Dio, a Gesù-Cristo. La perfezione che ci avvicina, se non anzi la sorpassa, è acconsentire ad essere trattato da essi come un estraneo ed un nemico, piuttosto che violare in alcun punto la fedeltà che si deve a Dio.- « Lo zelo della vostra casa mi ha divorato ». Gesù Cristo esercitava con pieno diritto l’autorità di suo Padre. « Egli non sopportava, dice San Marco, che si passasse con un vaso per il tempio », né che un luogo così santo servisse da pubblico passeggio. Il Vangelo non dice che Egli lo difendesse, ma che non lo soffriva, cioè, per giudicarne dalle restanti sue azioni, che le respingesse e le cacciasse, ed anche che le riprendesse con minacce. Se Egli non avesse fatto che ordinare, sarebbe stato questo un atto di autorità; ma Egli agisce, capovolge, colpisce. Questo è ancora un atto di zelo, cosa che fa che anche San Giovanni e tutti i suoi discepoli applicassero a queste azioni questa parola di Davide: « lo zelo della vostra casa mi ha divorato ». – Lo zelo è un fervore di amore di Dio troppo vivo per attendere il soccorso altrui, né per attenersi alle forme ordinarie; ma agendo Egli stesso ed oltre le proprie forze, con una specie di eccesso, con assoluta fiducia nella potenza di Dio (Bossuet Méd. s. l’Ev., dern. Sem.VI° J.).
ff. 9. – Zelo ardente per l’onore della casa di Dio, che è la Chiesa, da cui ogni Prete, ogni pastore soprattutto, sull’esempio di Gesù-Cristo, deve essere divorato. – Beato colui sul quale ricadono gli oltraggi di coloro che vogliono insultare Dio, e che presenta la sua testa come uno scudo per ricevere i colpi che vi si portano (Dug.). – Questo zelo della vostra casa che mi divora, fa che tutti gli oltraggi che voi riceviate dal mondo mi colpiscano personalmente. Quanti oltraggi, o mio Dio! Per l’empietà e l’insolenza degli uomini, essi salgono fino a Voi; ma per una virtù tutta contraria alla carità che mi anima, ricadono nello stesso tempo su di me; vale a dire, le bestemmie che si proferiscono contro il vostro nome, le profanazioni del vostro santuario, le trasgressioni della vostra legge, gli insulti, gli scandali, gli sconvolgimenti del vostro popolo, tutto questo fa sul mio cuore un’impressione alla quale non posso resistere. Checché ne dica il mondo, bisogna che io mi spieghi e parli, e se la mia ragione vi si oppone, io la respingo come una ragione sedotta e corrotta (Bourd. Zél. pour la déf. des intérêts de Dieu.).
ff. 10-12. – Il digiuno, il sacco, il cilicio, e gli altri esercizi di penitenza, sono soggetti dello scherno del mondo, che si burla di chi ha il coraggio di praticarli. Non tralasciate di predicare la penitenza, che è il fondamento della pietà cristiana. Bisogna consultare il proprio bisogno ed un poco il proprio gusto; ma occorre praticarla da se stessi, prima di predicarla agli altri (Dug.). – « Coloro che bevevano del vino mi prendevano come soggetto delle loro canzonature ». Pensate che questo non sia successo al Cristo? Tutti i giorni si produce lo stesso fatto nei confronti dei suoi membri. Se per caso un servo di Dio è nell’obbligo di reprimere l’intossicazione e la dissolutezza, sia nella campagna, sia in qualche città ove la parola di Dio non sia stata ancora intesa, è poco che si continui a canzonare, ma in più si comincia col burlare, cantando, colui che ha proibito i canti disordinati. Comprendete ora il digiuno di Cristo e la tossicità di queste dissolutezze: « E coloro che bevevano vino cantavano contro di me ». Quale vino? Il vino dell’errore, il vino dell’empietà, il vino dell’orgoglio (S. Agost.).
II. — 13 – 21
ff. 13. – « Quanto a me, eleverò la mia preghiera verso di voi, o Dio mio! » – Io dunque mi elevo verso di Voi, ma come? Indirizzandovi la mia preghiera. In effetti quando siete esposto alle maledizione e non avete più nulla da fare; quando l’obbrobrio è gettato su di voi, e non trovate alcun mezzo di correggere colui che vi vuole sopraffare, non vi resta altra risorsa che pregare. Ma ricordatevi di pregare per colui che vi insulta. « Ecco il tempo del vostro piacere, o mio Dio ». È l’ora dell’abbondanza della vostra misericordia; perché senza l’abbondanza della vostra misericordia, cosa faremo dell’abbondanza della nostra iniquità? « Esauditemi secondo la verità della salvezza che mi avete promesso ». Dopo aver detto, « della vostra misericordia, » il Profeta nomina subito la verità, perché tutte le vie del Signore sono misericordia e verità (Ps. XXIV, 10). Perché esse sono misericordia? Perché Dio rimette i peccati; perché sono verità? Perché Dio è fedele alle sue promesse (S. Agost.).
ff. 13-15. – « Salvatemi da questo fango, affinché non ne resti lordato »; di questo fango, di cui è detto più in alto « io sono sprofondato nel fango dell’abisso, e non trovo alcun fondo … » – Qual è questo fango? Il Profeta spiega egli stesso il suo pensiero. « Che io sia strappato dalle mani di coloro che mi odiano ». Sono dunque essi stessi questo fango nel quale era sprofondato. – Gesù parla qui in ragione della debolezza delle sue membra. Se accade che siate catturati dalle mani di colui che vuole costringervi a commettere l’iniquità, in effetti è preso il vostro corpo; in ciò che concerne il vostro corpo, voi siete piombati nel fango dell’anima; ma se non avete acconsentito alle suggestioni dell’iniquità, voi non siete intrappolati in questo fango; che se al contrario voi vi acconsentiate, sarete sommersi dal fango. Domandate dunque che se il vostro corpo è già prigioniero, la vostra anima non sia catturata con esso, e che restiate libero in mezzo ai ferri; domandate che non acconsentiate mai ai desideri dei peccatori, e che non siate sommersi dalla tempesta e calati nella profondità dell’abisso (S. Agost.). – Cosa domanda il Salmista nella sua preghiera? L’abisso dell’iniquità degli uomini è come un pozzo profondo; chiunque vi cade fa una profonda caduta. Tuttavia, anche quando vi sia caduto, se confessa i suoi peccati a Dio, l’apertura del pozzo non si chiuderà su di lui, come è scritto in un altro salmo « Dalle profondità dell’abisso, io grido a Voi, Signore, Signore, ascoltate la mia voce » (Ps. CXXIX, 1). Se al contrario, il peccatore realizza in sé questa sentenza delle Scritture. « Quando il peccatore ha raggiunto l’ultima profondità del vizio, lo disprezza » (Prov. XXIII, 3), allora il pozzo ha chiuso la sua apertura su di lui. Perché il pozzo ha chiuso la sua apertura? Perché ha chiuso la bocca del peccatore. In effetti, questi ha rigettato fin la confessione dei suoi peccati, è realmente morto e questa parola si è compiuto in lui. « … La confessione perisce nella bocca dei morti, perché essi sono come se non fossero più » (Eccli. XVII, 26). – O stato miserevole, un uomo che ha commesso l’iniquità è piombato nel pozzo, ma quando gli avete fatto conoscere le sue iniquità, se egli dice: è vero che ho peccato, lo confesso, il pozzo non ha chiuso su di lui la sua apertura; se al contrario vi risponde: che male ho dunque fatto? Ed egli cerca di scusare il suo peccato, il pozzo ha chiuso su di lui la sua apertura e non ha più un’uscita per fuggire. Chi perde la confessione per sua colpa, non ha più dove trovare misericordia. Voi vi siete fatti difensori del vostro peccato, come Dio sarà il vostro liberatore? Perché Dio sia il vostro liberatore, voi siate vostro accusatore (S. Agost.).
ff. 15, 18. – Non c’è altra speranza di essere esaudito, se non la misericordia di Dio, tutta piena di dolcezza. – Gli sguardi di Dio sugli uomini non sono sguardi vani ed inutili, ma hanno la loro causa nei suoi disegni pieni di tenerezza nei nostri confronti. – Che vuol dire: « liberatemi a causa dei miei nemici? » affinché essi siano ricoperti di confusione, affinché siano tormentati dalla mia liberazione? Ma come, se la mia liberazione non deve essere un tormento per essi, il Signore non deve dunque soccorrermi? … Si può dire forse in un senso misterioso, che per i Santi c’è una liberazione segreta che si fa in vista di se stessi, ed un’altra liberazione pubblica e manifesta, che si fa in vista dei loro nemici, per punirli o per liberarli (S. Agost.).
ff. 19, 21. – Grande felicità dei giusti perseguitati, è l’essere esposti agli occhi di Dio, fissati su di essi per consolarli e fortificarli. – Questa è un’ccellente disposizione per non essere abbattuti dalle afflizioni, ma prepararne il cuore. – Ecco che i suoi discepoli non sono stati forse contristati quando Egli è stato condotto al supplizio, quando è stato sospeso sulla croce, quando è morto? Essi sono stati assaliti da una così grande tristezza che erano nel pianto quando Maria-Maddalena, che Lo vide per prima, annunciò loro nella gioia, che ella Lo aveva visto (Giov. XX, 18). Alle donne straniere anche hanno pianto mentre Lo conducevano al supplizio, girandosi verso di esse, Egli ha detto: « Piangete, ma su di voi e non su di me » (Luc. XXIII, 28). Come dunque succedeva che qualcuno si affliggesse con Lui, senza che qualcuno abbia avuto parte della sua tristezza? … Questi discepoli e queste donne si rattristavano solo in senso caritatevole, per la sua vita mortale, che la morte doveva cambiare e che la resurrezione doveva rendergli: tale era il soggetto della loro tristezza (S. Agost.). – Quante poche risorse nelle consolazioni umane! – « Ed essi mi hanno dato del fiele come nutrimento », parole che convengono unicamente a Gesù-Cristo nella sua passione, che sarebbe un profanarle l’applicarle ad un altro.
III. — 22 – 27.
ff. 22. – « Essi ma hanno dato del fiele per cibo ». Ciò che mi hanno dato non era un cibo; era in effetti una bevanda; ma essi Glielo hanno dato sotto forma di cibo, vale a dire che nostro Signore aveva già preso il suo cibo, quando aveva mangiato la pasqua con i suoi discepoli, e aveva loro rivelato il sacramento del suo corpo. In questo cibo così gradevole, così dolce, dell’unità del Cristo che l’Apostolo loda con questi termini. « benché in gran numero, noi siamo un solo pane, un solo corpo » (1 Cor. X, 17); in questo soave cibo, chi sono quelli che vengono dunque a mischiare il fiele, se non i contraddittori del Vangelo, come questi persecutori di Cristo? Perché è minore il peccato dei Giudei che hanno crocifisso Gesù quando camminava sulla terra, del peccato di coloro che lo disprezzano ora che è seduto in cielo. È ciò che hanno fatto i Giudei quando hanno mischiato al cibo che aveva già preso la loro bevanda amara, questi lo fanno ora qui che nel disordine della loro vita, causano scandalo nella Chiesa (S. Agost.).
ff. 23, 25. – Questi versetti riguardano la doppia punizione dei guide. Essi sono stati privati dei loro domini, della loro patria, dei loro beni e ridotti allo stato di gente per le quali tutte le mete si cambieranno in veleno; essi sono stati caricati sotto il peso di una dominazione straniera, hanno errato da un luogo ad un altro, come ciechi che non sanno quale cammino intraprendere. Questo per chi osserva la punizione temporale. Ma essi sono disgraziati ancor più dal lato dei mezzi della salvezza. I libri santi che erano il loro nutrimento ordinario sono divenuti una sorta di trappola per essi , ed una pietra di scandalo, perché essi ne hanno alterato il vero senso. Un velo spesso si è esteso sui loro occhi; essi si sono curvati verso terra; essi non hanno avuto altro desiderio se non quello di arricchirsi con il commercio e con l’usura. Ecco quindi tre profezie contro di essi: quella di Davide, che parla nel nome del Messia; quella del Messia che l’ha ripetuta equivalentemente durante il corso della sua vita e nel momento stessa della Passione; quella dell’Apostolo che rinnovato e spiegato le predizioni del salmista (Berthier). – Le minacce contenute in questi versetti non riguardano esclusivamente i giudei, ma i cristiani che avranno abusato del grande beneficio della Redenzione. – La tavola della Santa Comunione diventa una rete nella quale diversi cattivi cristiani sono presi. – La sorgente di ogni grazia e di ogni benedizione diviene per essi una pietra di scandalo ed una occasione di caduta. – Dio permette che essi cadano nell’accecamento, non sapendo essi né quel che dicono, né quel che fanno, essi sono senza principi e senza lumi, sempre curvati verso terra, ove mettono tutta la loro affezione (Duguet). – « Che i loro occhi si oscurino di modo che essi non vedano e che il loro dorso sia costantemente curvato », oppure queste due cose si conseguono; perché dal momento che i loro occhi si oscurano fino a non più vedere, il loro dorso in seguito deve essere curvato. Perché questo? Perché dato che essi hanno cessato dal conoscere le cose del cielo, inevitabilmente essi hanno dovuto pensare a delle cose infime (S. Agost.).
ff. 26, 27. – Come viene perseguitato colui che Dio ha colpito? Il Signore parla qui nella persona del genere umano, di Adamo stesso, che, a causa del suo peccato è stato il primo ad essere colpito dalla morte. Gli uomini nascono fin da qui soggetti alla morte, portando con essi in questo mondo questo castigo. In effetti quest’uomo aveva bisogno di essere colpito nuovamente da Dio per subire la morte? Perché dunque, o uomo aggravi la pena stabilita da Dio? È dunque una sofferenza troppo leggera per l’uomo dover subire un giorno la morte? ciascuno di noi porta in sé la propria pena; quelli che ci perseguitano vogliono aggiungervi qualcosa. Questa pena è il colpo lanciato da Dio. In effetti, Dio ha colpito l’uomo con questa sentenza. « Dal giorno in cui avrete toccato questo frutto, voi morrete di morte » (Gen. II, 7). – Il Cristo aveva preso la sua carne da questa razza votata alla morte. È con la voce di questo uomo mortale che Egli ha detto: « … essi hanno perseguitato colui che Voi avete colpito, ed essi hanno aggiunto al dolore delle mie piaghe ». Ai dolori di quali ferite? Al dolore dei miei peccati; perché Egli chiama ferite i miei peccati. Ma qui non considerate la testa, considerate il corpo, nel nome del quale il Cristo ha parlato in un altri salmo, quando ha detto: « La voce dei miei peccati mi allontana dalla mia salvezza » (Ps. XXI, 2). (S. Agost.).
ff. 28. – Il peccato è la causa e la pena del peccato, il primo è la causa del secondo, e il secondo è il castigo del primo. Essere votato alla propria iniquità per colmarne la misura, quale disgrazia, e chi può comprenderlo! – l’ultimo il sovrano castigo di Dio ed il solo ad essere senza risorse, è l’essere “cancellato dal libro dei viventi”. In precedenza vi erano scritti? Noi non dobbiamo considerare questo testo nel senso che Dio scrive un nome nel libro della vita e poi lo cancella. Dio scrive un nome e poi lo cancella? Egli possiede tutta la sua prescienza; Egli ha predestinato, prima della creazione del mondo, tutti coloro che dovevano regnare con suo Figlio nella vita eterna (Rom. VIII, 29). – Egli li ha iscritti ed il libro della vita conserva i loro nomi … che vuol dire allora: « che siano cancellati dal libro della vita »? che essi hanno la certezza che il loro nome non vi è scritto (S. Agost.).
IV. — 29 – 30.
ff. 29. – Non c’è uomo sulla terra che non possa dire: « io sono povero e nell’afflizione », perché questa vita è una regione di lacrime; è la terra dei morenti, dice S. Agostino, … ma colui che ha fede può aggiungere con fiducia: la mano salvifica di Dio mi ha elevato, mi ha esaltato, mi ha consolato dei miei peccati.
ff. 30, 31. – I cantici veramente graditi a Dio sono quelli per i quali noi riconosciamo che non è se non al suo Nome e alla virtù della sua grazia che noi dobbiamo la nostra salvezza. « Il sacrificio di lode mi glorificherà, ed è la via nella quale mostrerò il Salvatore di Dio » (Ps. XLIX, 23). – Io loderò dunque il Signore, e la mia lode gli sarà gradita più di una vittima condotta davanti al suo altare. La giovinezza della vittima è qui figura della nostra vita nuova (S. Agost.).
ff. 32, 33. – L’antico testamento, come il nuovo, dà ai veri servi il nome di poveri. – Certo è veramente povero colui che attende tutto solo da Dio, che vuol dipendere da Lui in tutte le cose, e che dopo aver ricevuto tanto da Dio, ben lungi dal credersi ricco, è ancora più povero ai suoi occhi, persuaso di usar male i doni di Dio per una grazia sempre nuova. – Ecco i poveri che hanno da rallegrarsi e che, cercando Dio, faranno vivere la loro anima; ecco i poveri che Dio esaudisce, coloro che confessano umilmente che sono nei legacci del peccato (Duguet). – Questi indigenti dunque lo siano sempre di più, per meritare di essere recuperati, di modo che sazi di orgoglio ed esaltando all’esterno la loro pienezza, non siano privati del solo pane che possa farli vivere per la loro salvezza. « Cercate il Signore », indigenti, abbiate fame e sete di Lui perché « Egli è il pane vivente disceso dal cielo » (Giov. VI, 59). « Cercate il Signore e la vostra anima vivrà ». Voi cercate del pane affinché la vostra carne viva, cercate il Signore affinché la vostra anima viva. « Perché il Signore ha esaudito i poveri e non ha disprezzato coloro che erano nei ceppi ». Quali sono questi ceppi? La mortalità, la corruttibilità della carne, sono i ceppi dai quali siamo incatenati. E volete conoscerne i frutti? La Scrittura vi risponde: « … il corpo corrotto appesantisce l’anima » (Sap. IX, 15). – Quando gli uomini vogliono essere ricchi in questo mondo, cercano degli orpelli per ornare questi ceppi. Vi è sufficiente coprire i vostri ceppi con degli stracci; non cercate se non ciò che è sufficiente per soddisfare la necessità; perché cercare il superfluo non sarebbe che caricare le vostre catene di un peso nuovo. Nella vostra prigione credetemi non aggiungete niente ai vostri ceppi (S. Agost.).
ff. 34, 36. – « Che le sue lodi siano celebrate dai cieli, dalla terra, dal mare e da tutto ciò che brulica sulla loro superfice o nel loro seno ». È una vera ricchezza per questo povero considerare le creature e lodarne il Creatore. Allora queste creature non lodano affatto Dio quando l’uomo, nel considerarle prende da esse spunto per lodare Dio? … « Perché Dio salverà Sion ». Egli restaura la sua Chiesa, fa entrare delle nazioni fedeli nel corpo del suo unico Figlio, e non priva nessuno di coloro che credono in Lui delle ricompense che ha loro promesso. « Perché Dio salverà Sion, e le città di Giuda saranno costruite ». Che nessun dica: Quando dunque saranno costruite queste città di Giuda? Oh! Se voi voleste riconoscerne l’ammirevole costruzione, divenirne una pietra vivente e prenderne parte! È ora così che le città di Giuda sono costruite! (S. Agost.).