DOMENICA I DI AVVENTO (2019)

DOMENICA I DI AVVENTO (2019)

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B.; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Stazione a S. Maria Maggiore.

Semid. Dom. privil. di I cl. – Paramenti violacei.

A Natale Gesù nascerà nelle nostre anime, perché allora si celebrerà l’anniversario della sua nascita e alla domanda della Chiesa sua Sposa, alla quale non rifiuta nulla, accorderà alle nostre anime le stesse grazie che ai pastori e ai re magi. Cristo tornerà cosi alla fine del mondo per « condannare i colpevoli alle fiamme e per invitare con voce amica i buoni in cielo » (Inno Matt..). Tutta la Messa di questo giorno ci prepara a questo doppio Avvento (Adventus) di misericordia e di giustizia.

Alcune parti si riferiscono indifferentemente all’uno e all’altro (Intr. Oraz. Grad. All.), altre fanno allusione alla umile nascita del nostro Divin Redentore, (Comm. Postcomm.). Altre, infine, parlano della sua venuta come Re in tutto lo splendore della sua potenza e della sua maestà (Ep., Vang.). L’accoglienza che noi facciamo a Gesù quando viene a redimerci, sarà quella ch’Egli ci farà quando verrà a giudicarci. Prepariamoci dunque, con sante aspirazioni e col mutamento della nostra vita alle feste di Natale, per essere pronti all’ultimo tribunale, dal quale dipenderà la sorte della nostra anima per l’eternità. Abbiamo fiducia, perché « quelli che aspettano Gesù non saranno confusi » (Intr. Grad. Off.). – Nella basilica di S. Maria Maggiore tutto il popolo di Roma un tempo si intratteneva in questa I Domenica di Avvento, per assistere alla Messa solenne che celebrava il Papa, assistito dal suo clero. Si sceglieva questa chiesa, perché è Maria che ci ha dato Gesù e poiché in questa chiesa si conservano le reliquia della mangiatoia nella quale la Madre benedetta adagiò il suo Figlio divino.

Incipit

In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XXIV: 1-3.
Ad te levávi ánimam meam: Deus meus, in te confíde, non erubéscam: neque irrídeant me inimíci mei: étenim univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur.
[A Te ho innalzato l’ànima mia: Dio mio, in Te confido, che io non abbia ad arrossire, né abbiano a deridermi i miei nemici: poiché quelli che confidano in Te non saranno confusi.]
Ps XXIV: 4
Vias tuas, Dómine, demónstra mihi: et sémitas tuas édoce me.
Mostrami le tue vie, o Signore, e insegnami i tuoi sentieri.

Ad te levávi ánimam meam: Deus meus, in te confíde, non erubéscam: neque irrídeant me inimíci mei: étenim univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur. [A Te ho innalzato l’ànima mia: Dio mio, in Te confido, che io non abbia ad arrossire, né abbiano a deridermi i miei nemici: poiché quelli che confidano in Te non saranno confusi.]

Oratio

Orémus.
Excita, quǽsumus, Dómine, poténtiam tuam, et veni: ut ab imminéntibus peccatórum nostrórum perículis, te mereámur protegénte éripi, te liberánte salvári:
[Súscita, o Signore, Te ne preghiamo, la tua potenza, e vieni: affinché dai pericoli che ci incombono per i nostri peccati, possiamo essere sottratti dalla tua protezione e salvati dalla tua mano liberatrice.]

Lectio

Lectio Epístolæ beati Pauli Apostoli ad Romános Rom XIII: 11-14.

“Fratres: Scientes, quia hora est jam nos de somno súrgere. Nunc enim própior est nostra salus, quam cum credídimus. Nox præcéssit, dies autem appropinquávit. Abjiciámus ergo ópera tenebrárum, et induámur arma lucis. Sicut in die honéste ambulémus: non in comessatiónibus et ebrietátibus, non in cubílibus et impudicítiis, non in contentióne et æmulatióne: sed induímini Dóminum Jesum Christum” .

 “È già ora che ci svegliamo dal sonno, perché al presente la salute è più vicina che quando credemmo. La notte è avanzata e il giorno è vicino: gettiam via le opere delle tenebre e vestiamo le armi della luce. Camminiamo con decoro, come chi cammina alla luce del giorno; non in crapule e in ubriachezze, non sotto coltri ed in lascivie, non nelle contese e nell’invidia; ma rivestite il Signore Gesù Cristo e non accarezzate la carne per concupiscenza „ (Ai Rom. XIII, 11-14).

(L. Goffiné, Manuale per la santificazione delle Domeniche e delle Feste; trad. A. Ettori P. S. P.  e rev. confr. M. Ricci, P. S. P., Firenze, 1869).

Epistola:

Lezione tratta dalla Lettera dell’Apostolo S. Paolo ai Romani Cap. XIII, v. 11. 14.

S. Paolo, dopo avere spiegato in questa ammirabile lettera i principali doveri del Cristianesimo, eccita i Romani a praticar la virtù, rammentando loro la breve durata di una vita che tanti uomini passano in un tristo assopimento. Gli esorta ad uscirne, perché il tempo stringe, ed il momento definitivo della nostra salute non è molto lontano. – Che cosa si intende qui per l’assopimento, per la notte ed il giorno, e per le opere delle tenebre?

Per assopimento s’intende quella funesta tiepidezza che fa trascurare a tanti Cristiani ogni mezzo di salute. Ah! di quanti noi possiamo dire che la morte sarà il loro risvegliarsi! Per la notte s’intende il peccato, che immerge l’anima nelle tenebre allontanando lei da Dio, che è il vero lume; per il giorno, s’intende la fede, la grazia, la riconciliazione con Dio, la scienza della salute. Le opere delle tenebre sono i peccati in generale, ed in particolare quelli che si commettono nell’oscurità della notte da chi l’aspetta per abbandonarsi al male. – Quali sono le  armi della luce, delle quali dobbiamo rivestirci? Sono la fede, la speranza e la carità, e in generale tutte le buone opere. Noi combatteremo per esse il demonio, il mondo e la carne.{

Che significa camminare nella decenza come durante il giorno?

Significa il non fare e non dire alla presenza di Dio. che vede e sente tutto, nulla di ciò che non si osa fare o dire in presenza delle persone che più si rispettano.

Che vuol dire rivestirsi di Gesù Cristo? Vuol dire pensare, parlare ed operar come Gesù Cristo.

Aspirazione: O mio divino Gesù! fate che la penitenza mi tolga dal sonno del peccato; la pratica delle buone opere mi faccia camminare alla luce delle vostre grazie, e l’imitazione delle vostre virtù mi rivesta di Voi stesso, che dovete essere l’ornamento dell’anima mia.

Graduale

Ps XXIV: 3; 4
Univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur, Dómine.
[Tutti quelli che Ti aspettano, o Signore, non saranno confusi.]
V. Vias tuas, Dómine, notas fac mihi: et sémitas tuas édoce me.
[Mostrami le tue vie, o Signore, e insegnami i tuoi sentieri.]

Alleluja

Allelúja, allelúja.

Ps LXXXIV: 8. V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam: et salutáre tuum da nobis. Allelúja. [Mostraci, o Signore, la tua misericordia: e dacci la tua salvezza. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia ✠ sancti Evangélii secundum S. Lucam.

Luc XXI:25-33.

In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Erunt signa in sole et luna et stellis, et in terris pressúra géntium præ confusióne sónitus maris et flúctuum: arescéntibus homínibus præ timóre et exspectatióne, quæ supervénient univérso orbi: nam virtútes coelórum movebúntur. Et tunc vidébunt Fílium hóminis veniéntem in nube cum potestáte magna et majestáte. His autem fíeri incipiéntibus, respícite et leváte cápita vestra: quóniam appropínquat redémptio vestra. Et dixit illis similitúdinem: Vidéte ficúlneam et omnes árbores: cum prodúcunt jam ex se fructum, scitis, quóniam prope est æstas. Ita et vos, cum vidéritis hæc fíeri, scitóte, quóniam prope est regnum Dei. Amen, dico vobis, quia non præteríbit generátio hæc, donec ómnia fiant. Coelum et terra transíbunt: verba autem mea non transíbunt.[In quel tempo: Gesú disse ai suoi discepoli: Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e nella terra costernazioni di genti sbigottite dal rimbombo delle onde e dall’agitazione del mare, mentre gli uomini tramortiranno dalla paura e dall’attesa di quello che starà per accadere alla terra: perché anche le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora si vedrà il Figlio dell’uomo venire sulle nubi in gran potenza e maestà. Quando ciò incomincerà ad accadere, sorgete ed alzate il capo, perché s’avvicina la vostra redenzione. E disse loro una similitudine: Osservate il fico e tutti gli alberi: quando germogliano, sapete che l’estate è vicina. Cosí quando vedrete accadere tali cose, sappiate che il regno di Dio è prossimo. In verità vi dico non passerà questa generazione prima che tutto ciò sia avvenuto. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.]

Omelia I

[A. Carmignola, Spiegazione dei Vangeli domenicali, S. E. I. Ed. Torino,  1921]

SPIEGAZIONE I

Comincia oggi, o miei cari, il Sacro Avvento, che consta delle quattro settimane, che precedono la solennità del Santo Natale. La Chiesa chiama questo tempo con un tal nome, che non significa altro che venuta, perché in questo tempo essa intende di disporci a celebrare degnamente la memoria della prima venuta di Gesù Cristo in questo mondo con la sua nascita temporale. E per riuscire in questo santo scopo comincia oggi nel santo Evangelo a richiamare alla nostra considerazione l’ultima venuta di Gesù Cristo nella sua gloria per giudicare i vivi ed i morti. Perciocché se noi pensiamo sul serio a quell’ultima terribile sua venuta, ci animeremo senza dubbio a valerci della grazia, che ci apportò la sua prima e misericordiosa venuta su questa terra, e ad operare la nostra eterna salute. Assecondiamo adunque le intenzioni della Chiesa e consideriamo almeno brevemente il Vangelo d’oggi, il quale dalla prima all’ultima frase consta tutto di parole uscite dalla bocca del Divin Redentore.

1. Stava Gesù Cristo seduto sul dosso del monte Oliveto per riposare alquanto dal cammino, che faceva da Gerusalemme verso Betania. Gli apostoli, che lo circondavano, gli facevano varie interrogazioni intorno alla rovina di Gerusalemme ed alla fine del mondo. E Gesù, dopo di essersi intrattenuto a lungo nel parlare della prima cosa, si mise di proposito a parlare della seconda dicendo: Vi saranno prodigi nel sole, nella luna e nelle stelle, e pel mondo le nazioni in costernazione per lo sbigottimento (causato) dal fiotto del mare e delle onde: consumandosi gli uomini per la paura e per l’aspettazione di quanto sarà per accadere a tutto l’universo; imperciocché le virtù dei cieli saranno commosse. Con queste parole pertanto nostro Signor Gesù Cristo indicò i segni precursori dell’universale giudizio. Come allorché un uomo sta per morire o soprappreso da qualche grave malore, che consuma tutte le forze della sua vitalità, così, secondo l’insegnamento di Gesù Cristo avverrà per tutto il creato, allorché sarà per cessare di esistere. La sua costituzione, la sua armonia, la sua magnificenza incominceranno a deperire: esso sembrerà un infermo stanco e disgustato della vita; proverà delle agitazioni, dei turbamenti, delle angosci terribili e misteriose, tanto che ad ogni istante parrà che debba finire. Il sole, che da tanti secoli comparve ogni mattina sull’orizzonte colla massima regolarità, come a dar vita al nostro pianeta, quasi stanco di illuminare i peccati degli uomini si oscurerà: erunt signa in sole; la luna, che ha mai sempre seguito nello spazio il cammino segnato dalla mano del Creatore e di notte tempo ha rischiarata la via al povero viandante, negherà ancor essa la sua luce; erunt signa in luna; le stelle, che a guisa di un esercito sterminato risposero ogni sera all’appello misterioso di Dio, comparendo a brillare sul firmamento, impallidite cadranno da ogni parte attraverso allo spazio: erunt signa in stellis. Tutto il cielo, così magnifico nelle notti serene, si metterà in disordine ed in iscompiglio, perché tutti gli astri, rotte quelle leggi stupende, che li tenevano ciascuno al proprio posto e li guidavano con giusto equilibrio sul cammino della loro orbita, divenuti somiglianti agli uomini in preda all’ebbrezza, andranno a cozzare gli uni contro degli altri, e come schiere di un esercito battuto, fuggitivo e sbandato si disperderanno senz’ordine ed a precipizio per lo spazio: nam virtutes cælorum commovébuntur. Anche il mare, che sino allora rispettò gli stessi ciottoli della riva, posti d’intorno ad esso dalla volontà di Dio, come una diga insuperabile, sembrerà stanco di rattenersi nei suoi confini, e muggendo in modo spaventoso, sollevando con indicibile tumulto le sue onde, divenute montagne gigantesche, con una forza arcana le spingerà e rovescerà sopra della terra; ed il fracasso e la confusione, che produrrà sarà tale da gettare gli uomini, che ancor rimarranno, nella più angosciosa costernazione: et in terris pressura gentium præ confusione sonitus morìa et fluctum. Che anzi questi miseri resti di tutta l’umanità, allora ormai distrutta, dalla considerazione del passato e dalla vista del presente argomentando dell’avvenire, nell’aspettazione dello scoppio fatale della divina giustizia, saranno invasi da tale terrore, che li andrà consumando e toglierà loro la vita: arescentibus hominibus præ timore et expectatione, quæ supervenient universo orbi. Ecco, o miei cari,quanto accadrà alla fine del mondo, immediatamente prima dell’universale giudizio. E tutto ciò, anche solo nell’ascoltarlo, non è atto ad ispirarci un salutare spavento? So bene che noi possiamo lusingarci di non essere le vittime di tale catastrofe, ma forseché perciò siamo lontani del termine decisivo della nostra eternità? Domani forse, improvvisamente colpiti dalla morte, avremo già la nostra sorte determinata per sempre. E l’estremo giudizio, che si farà dopo la fine del mondo, non sarà che una conferma del giudizio particolare, che subire mosubito dopo il fine della nostra vita. E questo giudizio particolare è da noi lontano? Ah! si ha un bell’essere giovani, si ha un bell’essere robusti, ma la vita nostra passa come un fumo, e da un momento all’altro nello stesso nostro essere possono comparire i segni precursori di questo prossimo giudizio. Ecco che improvvisamente si oscura la luce della nostra intelligenza, si perde la forza della nostra memoria,vien meno l’energia della nostra volontà, e tutta la bellezza, tutta l’armonia del nostro organismo si va dissipando. Ma ecco soprattutto per chi si trovasse in peccato il rimorso, l’agitazione, lo spavento. E tutto ciò che cosa vuol dire? Vuol dire che è vicina più che non crediamo la fine di nostra vita e che è prossimo il nostro giudizio. Pensiamoci seriamente, e prendiamo con prontezza i necessari provvedimenti.

2. Ma il Divin Redentore dopo avere indicati i segni precursori della fine del mondo e della sua ultima venuta a giudicarlo, parla di questa venuta stessa, dicendo: Ed allora (tutti gli uomini, giusti e peccatori) vedranno il Figliuol dell’uomo venire sopra una nube con potestà grande e maestà. Ed allora, vale a dire quando l’universo sarà ridotto in cenere, quando non esisterà più il firmamento, quando il mondo sarà distrutto; quando il suono delle trombe angeliche dai quattro venti della terra avrà chiamato alla risurrezione tutti i morti; quando tutti gli uomini si saranno rivestiti dello stesso corpo che ebbero in vita, e le anime dal cielo, dal purgatorio e dall’inferno saranno venute ad informarli; quando tutte le generazioni saranno miracolosamente raccolte nella valle di Giosafat, sì, allora tutti gli uomini vedranno venire il Figliuol dell’uomo. E perché mai il Figliuol dell’uomo? Questo Figliuol dell’uomo, come sapete, è lo stesso Gesù Cristo, il quale nel santo Vangelo si dà quasi sempre questo nome per umiltà e per ricordarci continuamente l’abbassamento, al quale discese per nostro amore, facendosi uomo. Qui però bisogna notare, che Gesù Cristo dice, che allora gli uomini vedranno Lui a venire e lo vedranno venire come Figliuol dell’uomo per questa particolar ragione, che allora sarà Egli propriamente, che giudicherà gli uomini e li giudicherà non solo in quanto è Dio, ma altresì in quanto si è fatto uomo. È Egli stesso che ci fa ponderare tal cosa. Il Padre, dice Egli, non giudica alcuno, ma ogni giudizio ha rimesso al Figlio: Pater non iudicat quemquam, sed omne iudicium dedit Filio: (Io. V, 22). E questa potestà giudiziaria Iddio ha interamente rimessa al Figliuol suo, non solo perché è Figlio divino, ma ancora perché è Figlio dell’uomo, vale a dire non solo per ragione della sua Divinità, ma ancora per ragione della sua Sacrosanta Umanità. Sì, dice Gesù Cristo: Potestatem dedit ei iudicium facere, quia Filius hominis est(Io. V, 27). E ben a ragione: Anzitutto perché  essendo nella sua Umanità, che Gesù Cristo si è sommamente umiliato, obbedendo in tutto all’Eterno Padre sino alla morte e morte di croce, è giusto che in questa stessa Umanità, come in premio delle sue umiliazioni sia dall’Eterno Padre elevato alla dignità ed alla gloria di giudicare tutti gli uomini del mondo. Ma poi soprattutto perché è nella sua stessa Umanità, che Gesù Cristo è il capo supremo di tutti gli uomini, il supremo loro benefattore ed il loro supremo modello. Egli è nella sua stessa Umanità il capo supremo ditutti gli uomini, giacché patendo e morendo come uomo sopra la croce li ha comperati tutti e li ha fatti suoi, avverandosi del tutto la parola profetica del suo Divin Padre: Domanda, ed Io ti darò in retaggio tutte le genti: Postula a me et dato Ubi gentes in haereditatem tuam (Salm. II. 8). Ora è senza dubbio colui che è capo supremo di una società, che ha naturalmente in sé il potere di giudicarne tutti i membri; epperò è Gesù Cristo sovrano di tutti gli uomini, che deve essere il loro giudice. Egli è nella sua stessa Umanità il loro supremo benefattore. Tutte le grazie di salute per ciascuno degli uomini hanno la loro sorgente in Gesù Cristo Verbo Incarnato e fatto uomo, che come tale le ha loro meritate. Ed è pur senza dubbio il benefattore che è in diritto di chiedere conto ai beneficati dell’uso fatto dei suoi benefizi, epperò è Gesù Cristo sommo benefattore di tutti gli uomini, che deve giudicarli. Egli è nella sua stessa Umanità, che Gesù Cristo è l’esemplare, il tipo, il modello di tutti, giacché a tutti e di ogni virtù Egli può dire: Io vi ho dato l’esempio, affinché facciate anche voi quello, che ho fatto Io. E poiché è innanzi al modello, che si possono meglio riscontrare le rassomiglianze e le dissomiglianze delle copie con lo stesso, così ancor è Gesù Cristo modello primo di tutti gli uomini, che deve giudicarli. Ecco, o miei cari, le principali ragioni, per cui Gesù Cristo propriamente e non solo in quanto Dio, ma pure in quanto uomo, deve essere il nostro giudice. Ma Gesù Cristo ha aggiunto ancora che allora, vale a dire nel dì del giudizio, gli uomini lo vedranno venire sopra una nuvola con potestà grande e maestà. E questo Egli disse per raffermare la nostra fede nella sua Divinità. Giacché se noi riguardiamo Gesù Cristo soltanto come uomo e lo vediamo prima nascere povero, in una grotta di campagna e neppur sua, e poi menare una vita piena di stenti e di fatiche, e andare incontro a disagi d’ogni maniera, e in fine lasciarsi prendere e condurre a morire su di un patibolo come un volgare malfattore, potremmo vacillar nella nostra fede e dubitare della divinità sua. Ora appunto perché ciò non avvenga, Gesù Cristo dice, che allora gli uomini lo vedranno venire sopra una nuvola con potestà grande e maestà, come per dirci: «Non dubitate di me, se come uomo sono stato tanto misero e mi sono talvolta diportato come impotente; allora comparendo dinnanzi a voi bensì rivestito della mia Umanità, rifulgerò tuttavia di tutta la maestà e di tutta la potenza della Divinità».E ciò, o miei cari, sarà necessario perché sia convenevolmente riparata la gloria di Gesù Cristo. Oltre alle miserie ed alle umiliazioni, alle quali Gesù Cristo volle sottomettersi spontaneamente, chi sa enumerare i disprezzi che Gesù benedetto ha ricevuti nel corso della sua vita mortale e durante il corso di tutti i secoli! Un Erode lo ha cercato a morte pochi dì dopo la sua nascita, un altro Erode lo ha trattato da pazzo, i Farisei lo hanno calunniato come un intrigante e sovvertitore del popolo, Caifa lo chiamò bestemmiatore, Pilato lo condannò a morte, i Giudei imprecarono sopra di loro il suo sangue, gli eretici negarono la sua divinità, Voltaire arrivò al punto di gridare satanicamente contro di lui: Schiacciamo l’infame; tanti miserabili bestemmiano orribilmente il suo nome, disprezzano la sua dottrina e la sua legge, profanano i suoi Sacramenti e commettono contro l’adorabile sua Persona ogni altra sorta di delitti. È vero, Gesù Cristo nel giudizio particolare si sarà già vendicato con ognuno di costoro degli insulti da loro ricevuti; ma siccome nel particolare giudizio per la mancanza degli altri uomini non poté essere convenientemente riparato del suo onore oltraggiato, perciò a ricevere una completa riparazione si farà vedere nel giudizio universale con potestà grande e maestà, affinché al cospetto di tutti gli uomini, coloro che lo hanno empiamente bestemmiato, vilipeso, maltrattato, siano costretti a confessarlo Dio, sovrano dell’universo. Ed oh! che pensiero terribile è pur questo per noi, i quali forse sino ad ora siamo stati nel numero di coloro, che, se non a parole, coi fatti tuttavia, hanno sconosciuto Gesù Cristo! Perciocché se non abbiamo praticato la sua legge, se non abbiamo imitato le sue virtù, se non ci siamo serviti in bene dei suoi Sacramenti, se, peggio ancora, abbiamo pur noi profanato il suo Nome, le sue Chiese, le sue grazie, se pur noi abbiamo sparlato della sua Religione, della sua dottrina, de’ suoi ministri, come avremmo noi riconosciuto che Gesù Cristo, benché fattosi uomo per nostro amore, è veramente Dio, degno di essere da noi adorato, amato e servito fedelmente? E se è così, non dobbiamo tremare, pensando che nel giorno dell’universale giudizio, ce lo vedremo innanzi questo Gesù Cristo, con potestà grande e maestà? e che da Lui, propriamente da Lui, saremo giudicati? Ah! mio Dio! dover essere giudicati da quel Gesù Cristo, che in caso può dirci: Mira, sciagurato, chi Io mi sono. Ben diverso da quello, che tu con la tua vita malvagia mi credevi, Io sono il tuo padrone, il tuo re, il tuo Dio, il tuo benefattore, che ti ho comprato a prezzo del mio sangue e ti ho ricolmato di benefizi: Ah! miei cari, mentre siamo in tempo, correggiamo la nostra vita poco cristiana, mettiamoci con impegno a vivere santamente, ed allora, benché Gesù Cristo ci appaia con potestà grande e maestà non avremo da temere.

3. Difatti Gesù Cristo col pensiero dell’universale giudizio non intende solo di incuterci un salutare spavento, ma vuole altresì trasfondere nel nostro animo sentimenti di conforto e di consolazione, se noi intanto facciamo di tutto per osservare la sua santa legge e vivere giustamente. Giacché nello stesso Vangelo di questa mattina dopo di aver fatto conoscere che egli verrà in quel giorno estremo con potestà grande e maestà, aggiunge ancora: Quando poi queste cose, principieranno ad effettuarsi, mirate in su, e alzate le vostre teste; perché la redenzione è vicina. Osservate il fico e tutte le piante. Quando queste hanno già lattato, sapete che la state è vicina. Così pure voi quando vedrete tali cose succedere, sappiate che il regno di Dio(vale a dire la perfezione e la glorificazione di tutti i buoni) è vicino. In verità vi dico, che non passerà questa generazione (vale a dire non passerà il mondo) fino a tanto che tutto si adempia. Il Cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Il pensiero adunque del giudizio universale secondo lo stesso insegnamento di Gesù Cristo, deve pur servire a confortare e consolare i giusti. Difatti se ora essi per vivere secondo i dettami della legge di Dio, per osservare esattamente la morale di Gesù Cristo devono farsi violenza e combattere le cattive inclinazioni, che sentono ancor essi a cagione della corrotta natura, se devono affrontare coraggiosamente i rispetti umani e subire ben anco il disprezzo, l’insulto, la persecuzione dei tristi, se devono patire con animo generoso le avversità, le contraddizioni, le privazioni, la miseria, i dolori fisici e morali; in mezzo alle pene d’ogni maniera, di cui è cosparsa questa lor vita, tra le lagrime, che copiosamente devono pur versare, guardino e levino pure le loro teste, rivolgendo il loro pensiero all’universale giudizio. Nel giorno, in cui si farà, avverrà per loro la completa redenzione, vale a dire cominceranno in corpo ed in anima ad essere largamente ripagati della loro santità. Allora separati dai malvagi, risplendenti di luce vivissima, mentre i tristi si arrovelleranno di rabbia per averli un dì stoltamente derisi, al cospetto di tutti gli uomini saranno pienamente giustificati e premiati della loro santa condotta, perché al cospetto di tutti gli uomini si intenderanno da Gesù Cristo lodare del bene da essi operato, e da Lui saranno invitati con una sentenza di benedizione a riceverne in cielo la mercede per tutta l’eternità. E di ciò siano ben certi, perché il cielo e la terra passeranno, ma le parole di Gesù Cristo non passeranno giammai, vale a dire resteranno quali Egli le ha profferite e fedelmente si adempiranno. Coraggio adunque, o miei cari. Certamente l’universale giudizio ci deve far tremare se persistiamo a vivere in peccato, lontani da Dio; ma se noi torniamo a Lui sinceramente pentiti delle nostre colpe e ci daremo alla pratica esatta della sua santa legge, combattendo le nostre passioni e vincendo tutti gli umani rispetti, lo stesso giudizio ci infonderà nel cuore sentimenti di conforto e di consolazione, in quanto che ci ricorderà la gran lode e il gran premio, che allora Gesù Cristo ci darà per la nostra santa vita.

OMELIA II

 [Mons. J. Billot; Discorsi Parrocchiali – Cioffi ed. Napoli, 1840]

Sopra la seconda venuta del Figliuolo di Dio, ossia sopra il giudizio universale.

Tunc videbunt Filium hominis venientemin nube cum potestate magna et maiestate.”

Luc. XXI.

Eccovi, fratelli miei, una venuta del figliuolo di Dio assai diversa da quella in cui apparve la prima volta sopra la terra. Egli è per verità lo stesso Gesù Cristo Figliuol di Dio e figliuolo dell’uomo che si fa vedere nell’una e nell’altra. Ma in questa seconda venuta non è più quel Dio vestito d’infermità, nascosto nell’oscurità di una stalla, carico di obbrobri, oppresso sotto il grave peso di una croce, come si mostrò nella prima: Egli è un Dio rivestito dallo splendore della sua potenza e della sua maestà, che fa annunciar la sua venuta coi prodigi più stupendi, con l’eclissarsi del sole e della luna, con la caduta delle stelle, con un intero rovesciamento di tutta la natura. Non è più un Salvatore che viene con la mansuetudine di un agnello per esser giudicato dagli uomini e riscattarli; ma è un giudice irritato che viene a giudicar gli uomini e condannarli. Non è più un pastore misericordioso che viene a cercare la sua pecorella smarrita per perdonarla; ma è un Dio vendicatore che viene a separare i capretti dagli agnelli, i malvagi dai buoni, per far loro sentire tutto il peso delle sue terribili vendette. – Ora, fratelli miei, quando vedremo noi in tal modo comparire questo Figliuolo dell’uomo attorniato di gloria e di maestà? Ciò sarà al fine del mondo, nel gran giorno del giudizio, in cui gli uomini tutti risuscitati compariranno per ricevere la ricompensa delle loro opere buone ovvero il castigo delle loro colpe. Ma quando verrà questo giorno terribile e formidabile, questo giorno ripieno di amarezza e di spavento, che ci è descritto dal Vangelo? Non posso io dirvelo, perché Gesù Cristo, che ce ne dipinge le circostanze, ci assicura che la sua ora non si sa da alcuno, fuorché dall’eterno Padre e da coloro cui ad esso piaciuto è di rivelarlo. Ma in qualunque tempo sia per accadere, egli è sempre certo che noi dobbiamo tutti comparirvi e che vi siam più vicini di quel che pensiamo, poiché potendo a ciascun momento morire, noi subiremo dopo la nostra morte la sentenza decisiva di nostra eternità, che sarà la stessa che nel giudizio universale. – Ma qual sarà questa sentenza? Sarà quella, fratelli miei, che ci avremo meritata durante la vita. La nostra sorte è dunque nelle nostre mani: non dipende che da noi di renderci sin d’ora propizio e favorevole il nostro giudice. Ora il mezzo di riuscirvi si è di essere penetrati da un salutevole timore dei giudizi di Dio. Questo timore, che ha popolato i deserti ed ha fatto un sì gran numero di Santi, farà su di noi le medesime impressioni, se, come essi, ci rappresentiamo alla mente giorno spaventevole, se attenti ci rendiamo a quella terribile voce che deve citare i morti al giudizio di Dio: Surgite, mortui, venite ad iudicium. – O voi che sepolti siete nella tomba del peccato, uscite da questa tomba e venite al giudizio; venite ad istruirvi del modo con cui vi sarà trattato il peccatore per procurarvi una sorte più favorevole. Il peccatore al giudizio di Dio sarà oppresso dalla più amara confusione: prima parte. Il peccatore al giudizio di Dio sarà condannato con estremo rigore: parte seconda. Confusione del peccatore, condanna del peccatore; due motivi capacissimi d’indurlo a far di tutto per evitare con una sincera penitenza il rigore dei giudizi di Dio. Noi non tratteremo che il primo punto il quale ci fornisce una materia assai ampia d’istruzione.

I.° Punto. Appena gli uomini risuscitati alla voce dell’Angelo radunati si saranno nel luogo dal supremo Giudice destinato, gli Angeli, ministri delle vendette del Signore, separeranno i capretti dagli agnelli, i malvagi dai buoni: i buoni collocati saranno alla destra di Gesù Cristo, i malvagi alla sinistra. Separazione crudele, separazione umiliante, separazione eterna, che sarà pei malvagi la sorgente della più terribile disperazione! Dissi separazione crudele, che dividerà il figliuolo dal padre, la madre dalla figliuola, il fratello dalla sorella, il marito dalla moglie, gli amici più intimi. Separazione la più umiliante, dove non si conosceranno più quelle distinzioni vane e chimeriche di cui si fa tanta stima dal mondo; dove non si avrà più riguardo né al grado, né alla qualità né alle ricchezze né al credito né alla grandezza né alla possanza; dove il povero umile sarà innalzato sopra il ricco superbo, il servo fedele sopra il duro e crudele padrone. Separazione umiliante: i santi e i reprobi compariranno in quel gran giorno, ma ohimè! qual differenza! i santi vi compariranno con corpi gloriosi, impassibili, risplendenti come stelle; i reprobi con corpi difformi, spaventevoli, la cui sola vista sarebbe capace di dare loro la morte, se potessero ancora una volta morire. Strana metamorfosi per quelle bellezze di cui adesso si pregiano le qualità e di cui si disprezzeranno allora le attrattive! Separazione eterna, che non sarà più per un dato tempo, come quella di una lunga assenza o quella che si fa presentemente con la morte, che separandoci dai nostri parenti, dai nostri amici, ci lascia la speranza di rivederli un giorno e di riunirci con loro. Ma la separazione che si farà al giudizio di Dio sarà irrevocabile, sarà eterna: giammai i cattivi, malgrado qualunque sforzo che possasi fare, non potranno riunirsi coi buoni: il peccato ha formato tra gli uni e gli altri un muro di separazione che non potranno mai superare. Eccoci dunque, diranno i malvagi nell’amarezza del loro cuore; eccoci divisi da quei felici predestinati di cui trattavamo di follia la condotta! Ma quanto eravamo noi insensati di non vivere come essi! Sono eglino nel numero dei santi, e noi saremo per sempre nel numero dei riprovati: O nos insensati! vitam illorum æstimabamus insaniam, et inter sanctos sors illorum est (Sap. V). Ecco, fratelli miei, ciò che opprimerà i malvagi della più amara confusione al giudizio di Dio: ma quanto più si aumenterà questa confusione dalla manifestazione che si farà dei loro misfatti! Manifestazione la più esatta, in cui nulla verrà dimenticato; manifestazione la più desolante, perché si farà al cospetto dell’universo. – A forza di trasgressioni il peccatore si acceca, s’indura quaggiù, beve l’iniquità come l’acqua; la coscienza sua or non parla, muta la rendono le sue resistenze: ma nel gran giorno delle vendette essa ripiglierà i suoi diritti, importuni saranno i suoi gridi, e niente potrà soffocarli: si, al giudizio di Dio, il libro delle coscienze sarà aperto, tutte le azioni vi saranno ad una ad una notate, e ciascheduno potrà leggervi con agevolezza: già il supremo Giudice, riassumendo i capi d’accusa che hanno servito al giudizio particolare, fa vedere i delitti tutti che il peccatore ha commessi e di cui è stato cagione, tutte quelle negligenze a far il bene che far doveva, oppure che non ha fatto come doveva: l’abuso di tutte le grazie ricevute. Si leggeranno in questo libro tutte le opere d’iniquità di cui il peccatore si è renduto colpevole durante la sua vita: quelle parole disoneste, ingiuriose a Dio o al prossimo; non vi sarà dimenticata neppure una parola oziosa. Vi si scopriranno tutti i movimenti sregolati del suo cuore, tutti i pensieri peccaminosi della sua mente, In una parola, tutti i peccati di pensieri, di parole, di opere di ciascun anno, di ciascun mese, di ciascun giorno vi saranno smascherati e descritti senza eccezione nel loro numero, nelle loro circostanze; il peccatore li vedrà, li vedrà tutti, li vedrà malgrado suo in un colpo d’occhio e ne fremerà di dolore: Peccator videbit, fremet, et tabescet. (Psal. III). In qual confusione, in qual costernazione nol getterà la vista di questi oggetti sì spaventevoli, che si presenteranno a lui come opera sua? Imperciocché non sarà, fratelli miei, la conoscenza che avrà allora il peccatore delle sue iniquità come quella che ne ha al presente. L’ignoranza che offusca i lumi della sua mente, l’amor proprio, sempre industrioso a mascherare le sue azioni, sempre facile a perdonarsi, gli nascondono quaggiù i suoi difetti; egli confonde sovente il vero col falso, il bene col male, per via di false interpretazioni che una coscienza mal regolata dà alla legge del suo Dio. Ma nel gran giorno delle comparse ogni nebbia sarà dissipata, tutto comparirà alla scoperta; il peccato, spogliato di tutti i vani pretesti che gli servivano di scusa, si farà vedere coi più neri colori; Iddio, i cui occhi penetrarono sino i più occulti nascondigli delle coscienze, scoprirà, manifesterà tutto quanto vi sarà di più segreto: Nihil est opertum quod non reveletur (Luc. XII). Farà uscire dal fondo di queste coscienze, che non saranno più accecate dalla passione, un’infinità di peccati o dimenticati o non mai ben conosciuti. Qual sarà dunque, ripeto, la confusione del peccatore alla vista di tutti questi mostri che si presenteranno a lui in tutta la loro difformità? Allora sì che comparirà in piena luce o uomini vani e superbi, quell’orgoglio che vi predomina e che adesso chiamate grandezza d’animo; quella brama che avete di comparire e d’innalzarvi al di sopra degli altri; quegli artifizi di cui vi servite, quei raggiri perversi che la vostra ambizione v’inspira per giungere al fine che vi proponete; quei mezzi d’iniquità che soliti siete metter in opera per ingannare gli uni e soppiantare gli altri, per introdurvi in impieghi di cui siete indegni: allora la luce di Dio vi circonderà, essa dissiperà le vostre tenebre, e voi conoscerete i vostri errori: Nihil est opertum quod non reveletur. Allora si conoscerà, o uomini sensuali e voluttuosi quell’amor profano che tiene schiavo il vostro cuore, quei pensieri disonesti, quei desideri malvagi, quegli sguardi lascivi, quei segreti maneggi di cui vi servite per mantenere un commercio illecito, quelle infedeltà tra i maritati, quei vergognosi piaceri che vorreste potere a voi medesimi occultare: Nihil est opertum, etc. Allora si scoprirà, o uomini avari, quella cieca passione che vi attacca ai beni della terra, quella pretesa economia che serve di velo alla vostra passione: quelle precauzioni in avvenire non passeranno più che per sordida avarizia, per cieco attaccamento ai beni del mondo, mostruosa insensibilità alle miserie dei bisognosi: Nihil est opertum, etc. Allora si manifesterà, o uomini vendicativi, tutta la malignità di quelle inimicizie che conservate, quelle affettazioni di rispetto che usate, quei pretesi sentimenti di onore di cui vi prevalete nel cercare la vendetta di un’ingiuria. – E voi, o ingiusti usurpatori, che vi credete in sicuro perché nascondete agli occhi degli uomini le vostre ingiustizie, o che per commetterle vi appoggiate sopra i principii di una falsa coscienza che vi acceca; usurai, che palliate le vostre usure sotto il nome di contratto legittimo, di compensazione o d’interesse permesso; voi che nei vostri negozi vi servite delle frodi e delle menzogne per ingannar coloro che trattano con voi, tutte le vostre trufferie, i vostri inganni saranno in pieno giorno manifestati, verranno da tutto l’universo conosciuti, in una parola, peccatori di qualunque sorta voi siate, qualsivoglia peccato abbiate commesso dal primo istante di vostra ragione sino all’ultimo respiro di vostra vita, benché siano stati nascosti, se voi non li avete cancellati con una sincera penitenza, compariranno sveltamente agli occhi di tutti gli uomini; questo è ciò che accrescerà la vostra confusione: Nihil est absconditum, quod non sciatur (ibid.). – E per verità, in quale stato umiliante comparirete voi! Di qual obbrobrio non sarete voi oppressi, voi che prendete tante precauzioni per occultare i vostri misfatti agli occhi degli uomini, allora quando il Signore li farà conoscere a tutte le nazioni della terra? Cercate pur adesso quanto vi piace i luoghi più oscuri, i tempi più favorevoli ad appagare le vostre passioni: il Signore metterà alla luce tutte le vostre opere di tenebre: Illuminabit abscondita tenebrarum (1 Cor. IV) . Valetevi pure di tutti gli artifizi che ingannar possano gli uomini per comparire agli occhi loro quel che non siete; voi potete ingannarli, ma non ingannerete Iddio che conosce tutto e scoprirà tutto quello che siete. Coprite pure i vostri vizi col manto della virtù per conservarvi la stima degli uomini; Dio saprà squarciar il velo che l’ingannava, aprirà Egli quei sepolcri imbiancati per manifestarne la corruzione. – In quale stato comparirete voi, e quale sarà la vostra confusione, voi che la vergogna trattiene di scoprire al ministro del Signore l’ulcera che infetta l’anima vostra? Giudicatene da quella che risentite nel tribunale di penitenza quando dichiarate le vostre laidezze ad un sol uomo di cui sicuri siete del segreto. Giudicatene da quella che ricevereste, se le vostre azioni venissero vedute da qualche persona che aveste in considerazione, e ai cui occhi vorreste involarvi; peggio sarebbe ancora se i vostri peccati fossero conosciuti da tutta questa assemblea, se in questo momento Iddio rivelasse tutti i pensieri della vostra mente, tutte le inclinazioni disordinate del vostro cuore a tutti coloro che sono qui presenti? Che sarà dunque il comparire carichi dei misfatti più vergognosi non agli occhi di un piccol borgo, di una città, di una provincia, ma in faccia dell’universo? Voi avrete, o peccatori, tanti testimoni dei vostri mancamenti, quanti uomini vi saranno stati dal principio del mondo sino al fine. Oh chi sostener potrà una confusione così generale e così vergognosa! Che sarà dunque del peccatore, il quale, oltre i suoi mancamenti personali si vedrà ancora carico dei peccati altrui, o per esserne stato la cagione o per non averli impediti? Gl’imputerà Iddio questi peccati e gliene farà subir la vergogna alla presenza dell’universo insieme raccolto. Tremate, scandalosi, che comunicate a coloro che vi frequentano la contagione di cui siete infetti, che coi vostri cattivi consigli, coi vostri esempi perniciosi loro insegnate il male che ignoravano, li inducete nelle vostre dissolutezze, nei vostri intrighi scellerati; voi che con le vostre parole oscene, coi vostri discorsi seducenti, coi vostri modi lusinghieri servite di pietra d’inciampo ad anime innocenti, o che vi valete della vostra autorità per farle vittime della vostra passione. Quali rimproveri amari dal canto loro! qual conto terribile vi farà rendere Dio della perdita loro! Sanguinem eius de manu tua requiram (Ezech. III). – Tremate, padri e madri e voi tutti cui Dio ha data l’autorità per correggere e reprimere i disordini; se, invece di riprendere i vostri figliuoli e quelli che vi sono soggetti, trattenuti li avete nel vizio con la vostra indolenza dell’istruirli e nel correggerli; più ancora, se li avete autorizzati coi vostri cattivi esempi o portati al male con le malvage impressioni che loro avete dato, voi sarete nel giorno del giudizio carichi delle loro iniquità, voi ne porterete l’onta e la confusione: sanguinem eius de manu requiram. Quei figliuoli, quegl’inferiori chiederanno a Dio vendetta contro di voi che foste la causa della loro dannazione. Almeno se il peccatore avesse fatto opere buone che avessero riparato i suoi mancamenti, se avesse fatto penitenza dei suoi peccati, se riscattati li avesse con limosine, espiati con mortificazioni, si sarebbe messo al coperto dalla confusione che dovrà subire, dal rigore con cui sarà trattato al giudizio di Dio: ma quanti peccatori avranno a soffrire dalla parte del supremo Giudice i rimproveri più giusti della loro negligenza a far il bene che erano obbligati di fare! Quanti peccatori la cui vita comparirà nel giorno del Giudizio miseramente vuota affatto di penitenza, di preghiere, di limosine, di opere buone! Ed eccovi ancora uno dei capi che servirà particolarmente a confondere e a far condannare il peccatore nel finale giudizio: dico a confonderlo per lo cambiamento d’idee e di sentimenti che si avranno a suo riguardo, ben differenti da quelli che altre volte si avevano. – Quel peccatore era tenuto nella opinione del mondo per uomo giusto perché non faceva torto ad alcuno; perché non si abbandonava ad eccessi: ma Dio farà vedere che, per esser giusto ai suoi occhi, non bastava evitar il male, bisognava anche far il bene; ed ecco il perché dissi che l’omissione delle opere buone servirà a far condannare il peccatore, e lo dico appoggiato all’autorità del Vangelo. Partitevi da me, dirà Gesù Cristo ai reprobi, perché ho avuto fame, e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete, e non mi avete dato da bere, ignudo non m’avete vestito, pellegrino non m’avete ricevuto, infermo non mi avete visitato. Ma quando fu mai, o Signore – diranno i reprobi – che noi vi abbiamo ricusati questi soccorsi? Ogni qualvolta ricusati voi li avete ai poveri, che avevate in mia vece, a me stesso li avete ricusati: Quandiu non fecistis uni de minoribus his, nec mihi fecistis (Matt. XXV). – Ma a che dunque serviranno, o gran Dio, quei digiuni, quelle preghiere, quelle limosine, quelle confessioni, quelle Comunioni? E non è questo il contrappeso di tanti peccati, di tante negligenze? Voi l’avete creduto, peccatori addormentati; ma quel che giudica le giustizie medesime, come parla il Profeta, ha trovato tanta condiscendenza ed amor proprio in questi digiuni, tante volontarie distrazioni in queste preghiere, tanta ostentazione in queste limosine, tante ricadute dopo queste confessioni, tanta irriverenza in queste Comunioni fatte per usanza, che al giorno d’oggi la sua giustizia trova tutte le vostre opere degne del suo sdegno, senza trovarne una che meriti le sue ricompense: Ego iustitia iudicabo (Psal. LXXIV). In questa maniera, fratelli miei, il divino scrutatore dei cuori farà, come dice l’Apostolo, l’esatta ricerca dei nostri pensieri e delle nostre intenzioni; separerà i motivi e i fini che ci hanno fatto operare; e farà vedere ad un gran numero di coloro che si credevano ricolmi di meriti pel cielo che nulla han fatto per meritarlo. Qual sorpresa per tanti Cristiani ingannati che, oppressi dai travagli durante la loro vita, non avranno avuto che la pena della virtù, senza averne la ricompensa? Perciocché la loro virtù non aveva che una corteccia di santità, che loro aveva meritata la stima degli uomini, ma non già quella di Dio: mentre il Signore giudica assai diversamente degli uomini intorno alle nostre azioni. Gli uomini si attengono all’esteriore, ma Iddio esamina il fondo dei cuori, penetra sino le intenzioni più segrete, che rendono difettose le nostre azioni: Apprenda corda Dominus. Nuovo motivo di confusione per li pretesi sapienti del secolo, che, vedendo la loro virtù spogliata delle belle apparenze, perderanno al giudizio di Dio tutta la riputazione e tutta la stima che questa falsa virtù loro aveva attirata sopra la terra. Voi credevate, dirà il Signore, le vostre virtù perfette, perché gli uomini le canonizzavano; ma adesso che pesate sono nella bilancia del mio santuario, non hanno esse il peso ed il valore che aver debbono per meritar le mie ricompense: Juventus es minus habens (Dan. V). Voi vi credevate ricchi in virtù ed in meriti sopra la terra; ma siete veramente poveri e miserabili, spogliati di ogni merito pel cielo. Terribile discussione, fratelli miei, che ha sempre fatto tremare i più gran Santi per le loro medesime opere buone; che faceva dire al Re-Profeta, e che con più di ragione deve far dire a noi: Ah! Signore, Signore, non entrate in giudizio col vostro servo, perché nessun uomo sarà innanzi a voi giustificato: Non intres in iudicium (Psal.CXLI). Guai, dice s. Agostino, alla vita più lodevole, se Dio la giudica con rigore! Ciò essendo, qual precauzione non dobbiamo noi prendere, non solo per non fare cosa alcuna che offender possa gli occhi di un Giudice sì illuminato, ma ancora per adempierne tutti i nostri doveri con tutta la perfezione che da noi richiede, per mettere a profitto tutte lo grazie che ci ha fatte, ed il cui abuso finirà di confondere il peccatore al giudizio di Dio! – Ed invero, senza parlare di tutti i beni della natura e della fortuna che servir potevano al peccatore, quali mezzi di salute pel santo uso che far ne doveva, quante grazie e quanti aiuti non ha egli ricevuto nell’ordine soprannaturale, dei quali non dipendeva che da lui il profittare per guadagnarsi il cielo! Grazia di vocazione al Cristianesimo, dove il Signore l’ha fatto nascere a preferenza di tanti altri che non hanno avuto questo vantaggio; grazie ricevute nel seno del Cristianesimo per i Sacramenti a lui amministrati, per le istruzioni e gli avvisi ricevuti. Quante vive illustrazioni che hanno rischiarata la sua mente! quanti buoni movimenti che hanno toccato il suo cuore, che l’hanno allontanato dal male, e portato al bene! Quanti aiuti dalla parte di quelli con cui egli ha conversato, dei buoni libri che ha letto e di mille occasioni cui Dio attaccato aveva la sua salute. Ma perché egli se n’è abusato, saranno per lui queste grazie per funesto cambiamento altrettanti motivi di riprovazione. Guai a te, diceva altre volte Gesù Cristo a Corozain, guai a te, o Bethsaida, perché se Tiro e Sidone avessero veduti gli stessi prodigi, avrebbero fatta penitenza; ma perché voi l’avete omessa, quantunque abbiate ricevute maggiori grazie che quei popoli, voi sarete trattati con maggior severità di loro: Tyro et Sidoni remissius erit in iudicio quam vobis (Luc. X). Terribile, ma pure assai naturale figura del vostro destino al giudizio di Dio, peccatori che mi ascoltate: farà vedervi allora per vostra confusione una folla di nazioni più barbare che popolato avrebbero il cielo, se avessero avuto una parte solamente delle grazie che ha dato a voi. Non avran dunque motivo quelle nazioni di sollevarsi contro di voi e di rimproverarvi la vostra infedeltà alla grazia di vostra vocazione? L’augusto carattere di cui siete ornati, che doveva fare la vostra gloria, non servirà allora che a coprirvi d’ignominia, né vi distinguerà dagli altri che per far vedere quanto più colpevoli siete stati di non esser vissuti in quella maniera che richiedeva la santità di vostra vocazione. E che? Esclameranno allora quei popoli idolatri ed infedeli; se noi avessimo avuti i medesimi aiuti per guadagnar il cielo, le istruzioni di cui non han fatto profitto, i Sacramenti che hanno profanato, non saremmo presentemente le vittime destinate all’inferno. Vendicatevi, o Dio giusto, dell’ingiuria che quei Cristiani vi han fatta; meritano, meritano essi più di noi di provare i vostri castighi. A rimproveri sì amari, e sì desolanti che avranno a rispondere i Cristiani, se non se confessare con altrettanto dolore che confusione il torto ch’essi hanno avuto di non aver profittato delle grazie di salute? Guai a noi, diranno nell’amarezza del loro cuore, guai a noi, perché abbiamo peccato! Ma confessione inutile, penitenza infruttuosa, che non sarà più a tempo! Nel trasporto di un’orribile disperazione pregheranno le montagne di cader sopra di essi per involarli alla confusione, che li desolerà: montes cadite super nos. Ma le montagne saranno sorde alle loro grida. Converrà portare tutto il peso della confusione che ne verrà dalla manifestazione dei loro peccati. Converrà ancora subir la sentenza di condannazione che sarà contro di essi fulminata. Ma prima d’intendere questa sentenza, facciamo, fratelli miei, alcune riflessioni sopra noi medesimi per frutto di questo primo punto.

Pratiche. Giacché la separazione che si farà al giudizio di Dio dei buoni e dei cattivi deve cagionar al peccatore sì pungenti rammarichi, bisogna dunque, o peccatori, profittare adesso dei vantaggi che cavar potete dalla compagnia dei buoni, seguendo i loro avvisi ed imitando le loro virtù. Giacché il peccatore deve essere oppresso da amarissima confusione al giudizio di Dio per la manifestazione che si farà de’ suoi misfatti, bisogna dunque, o peccatori, farne adesso una sincera penitenza che li cancelli e li faccia per sempre dimenticare. Il mezzo di risparmiarvi la confusione che dovreste soffrire nel gran giorno delle rivelazioni si è di subir quella che si prova a dichiarar i vostri peccati al ministro del Signore. Manifestarli al tribunale della penitenza si è nasconderli per sempre: una volta perdonati, non vi saranno rimproverati più mai. Ora non è meglio soffrire una confusione leggiera e di passaggio, dichiarando i vostri peccati ad un sol uomo, che vederli un giorno manifestati non ad un uomo solo, ma a tutto quanto l’universo? – Animatevi con questa riflessione a superare la difficoltà che trarne potete nel dichiararli. Formate la sincera risoluzione di nulla fare al presente di che possiate pentirvi al giudizio di Dio; fate al contrario tutto ciò che vorreste allora aver fatto. Ora, se aveste a comparire oggi avanti al vostro giudice, che cosa vorreste aver fatto? In qual modo vorreste aver vissuto? Vorreste voi comparire al giudizio con la roba altrui, col rancore contro del vostro prossimo, infangato in qualche pratica peccaminosa o in qualche cattivo abito? No, senza dubbio: non differite più adunque a restituire la roba altrui, a riconciliarvi col prossimo, a romper quella pratica, a correggere quell’abito. Quale stima farete voi al giudizio di Dio dei beni, degli onori, dei piaceri della terra? Giudicatene adesso come ne giudichereste allora, e subito ne concepirete un assoluto disprezzo. Quale stima all’opposto non farete voi della povertà, delle croci, delle umiliazioni? Vorreste allora esser vissuti come i più ferventi anacoreti ed esservi arricchiti di tutti i tesori delle buone opere. Fate dunque al presente tutte quelle provvisioni che non sarete più in tempo di fare allora. Oh quanto più grandi piaceri, dice l’autore dell’Imitazione, cagioneranno allora le lagrime dei penitenti che le allegrezze tutte della terra! Quanto saremo più contenti di aver castigata la nostra carne colla mortificazione che di averla nutrita nelle delizie e di aver frequentate le chiese, visitati gl’infermi, che di aver assistito alle profane combriccole! Quanto ci troveremo più soddisfatti di esser stati assidui all’orazione, a frequentar i Sacramenti, che d’esserci dati ai divertimenti del mondo! L’amor del silenzio, la pazienza nelle afflizioni saranno molto più stimati che la più splendida fortuna, la riputazione più gloriosa: l’umiltà sarà preferibile agli onori, la povertà alle ricchezze, la mortificazione ai piaceri. Pensiamo, operiamo come vorremmo aver fatto allora. Adempiamo con fedeltà gli obblighi tutti del nostro stato. Temiamo per tutte le nostre opere, diffidiamo delle intenzioni che ci fanno operare, per far tutto il bene che dipende da noi con la perfezione che Dio domanda; assicuriamo la nostra predestinazione con le buone opere, le quali saranno tutta la nostra consolazione e ci faranno comparire con fiducia al giudizio in compagnia dei santi, per ricevervi una egual ricompensa, che sarà la vita eterna. Così sia.

Credo

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/12/il-credo/

Offertorium

Orémus
Ps XXIV: 1-3. Ad te levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam: neque irrídeant me inimíci mei: étenim univérsi, qui te exspéctant, non confundéntur.
[A Te ho innalzato l’ànima mia: Dio mio, in Te confido, che io non abbia ad arrossire, né abbiano a deridermi i miei nemici: poiché quelli che confidano in Te non saranno confusi.]

Secreta

Hæc sacra nos, Dómine, poténti virtúte mundátos ad suum fáciant purióres veníre princípium.[Questi misteri, o Signore, purificandoci con la loro potente virtú, ci facciano pervenire piú mondi a Te che ne sei l’autore.]

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/comunione-spirituale/

Communio

Ps LXXXIV: 13.
Dóminus dabit benignitátem: et terra nostra dabit fructum suum. [Il Signore ci sarà benigno e la nostra terra darà il suo frutto.]

Postcommunio

Orémus.
Suscipiámus, Dómine, misericórdiam tuam in médio templi tui: ut reparatiónis nostræ ventúra sollémnia cóngruis honóribus præcedámus.
[Fa, o Signore, che (per mezzo di questo divino mistero, in mezzo al tuo tempio sperimentiamo la tua misericordia, al fine di prepararci convenientemente alle prossime solennità della nostra redenzione.]

https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/preghiere-leonine-dopo-la-messa/

https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/

TEMPO DI AVVENTO (2019)

 TEMPO DI AVVENTO (2019)

[Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani – Comm. D. G. Lefebvre O.S. B.; L.I.C.E. Berruti & C. Torino, 1950]

Dalla Domenica di Avvento al 24 Dicembre.

I. Commento Dogmatico.

La lettura dei testi liturgici dei quali si serve la Chiesa durante le quattro settimane del tempo dell’Avvento, ci mostra chiaramente la sua intenzione di farci partecipi dello spirito dei Patriarchi e dei veggenti di Israele, che attendevano la venuta del Messia, nel suo duplice avvento di grazia e di gloria. – La Chiesa Greca celebra nell’Avvento gli Antenati del Signore, e specialmente Abramo, Isacco e Giacobbe. Nella quarta domenica, essa venera tutti i Patriarchi dell’Antico Testamento da Adamo fino a S. Giuseppe e i Profeti dei quali S. Matteo parla nella genealogia di Gesù. La Chiesa Latina, senza onorarli di un culto particolare, ce ne parla tuttavia nell’Ufficio, citando le promesse che sono state loro fatte circa il Messia. È il magnifico corteo che precede Gesù nel corso dei secoli, che la Chiesa fa cosi sfilare ogni anno avanti ai nostri occhi.

Ecco Giacobbe [I domenica, 3° respons.], Giuda, [IV dom., 2° resp.], Mosè 3) [Intr. Vig. di Nat.] David [Epif. ed Ev. di Nat.], Michea [II dom., I resp.], Geremia [Merc, I Sett., 3° resp.], Ezechiele [I Sett., 2° resp.], Daniele [I dom. 2° resp.], Gioele [Lun. I Sett., 3° resp.], Zaccaria [I Dom., II Ant. lod.], Habacuc [mart. I Sett. 3° resp.], Osea1 [Ven. I Sett., Ant. Magnif.], Aggeo [VI Ant. Magg.], Malachia [Merc. II Sett., Benedictus]; ma soprattutto Isaia [Tutte le lezioni del I Notturno di Mattutino nell’Avvento sono di Isaia, come pure l’Introito della II dom., il Communio della III Dom., l’Introito, la Lezione, l’Offertorio e il Communio del Mercoledì delle Quattro Tempora, l’Epistola del Venerdì, le quattro lezioni del Sabato e il Communio della Vigilia di Natale], S. Giovanni Battista [Dei quattro Vangeli dell’Avvento, tre sono dedicati a lui], S. Giuseppe [Vang. Della Vig. di Nat., e la gloriosa Vergine Maria [I Dom., 3° resp. Ecc.], che riassume in sé tutte le speranze messianiche, perché dal suo fiat dipende la loro realizzazione. E tutte queste anime sante anelano al Salvatore, e, accese di desiderio, lo supplicano d’affrettare la sua venuta. Non si può fare a meno, seguendo le diverse parti delle Messe e dell’Ufficio dell’Avvento, d’essere colpiti da queste invocazioni al Messia, insistenti e continue: « Vieni, o Signore, non tardare più [IV. Dom. All.]— Venite adoriamo il Re che viene [Invit. Dom.]; « Il Signore è vicino, venite adoriamolo [Invit. III Dom.]. — « Vieni, Signore, per salvarci [Tratto Sab. Q. T.] — «Mostra la tua potenza, Signore, e vieni » [Oraz. IV Dom.]. — « O Saggezza, vieni ad insegnarci la via della prudenza» [Antif. Magg.. — « O Dio, guida della casa di Israele, vieni a redimerci con la potenza del tuo braccio » [Antif. Magg.]! — « O discendente di Jesse, vieni a liberarci e non tardare » [Antif. Mag. — « O chiave di David e scettro della casa d’Israele, vieni e libera il prigioniero immerso nelle tenebre e nell’ombra della morte » [Ant. Mag.]. — « O Oriente, splendore della luce eterna, vieni ed illumina quelli che giacciono nelle tenebre e nell’ombra della morte » [Anti. Mag.]. — « O Re delle Nazioni e loro desiderio, vieni a salvare l’uomo che hai creato dal fango » [Antif. Mag.]. — « O Emmanuele (Dio con noi) nostro Re e Legislatore, vieni a salvarci, Signore nostro Dio » [Ant. Mag.]. II Messia atteso è dunque lo stesso figlio di Dio, il Gran Re liberatore [III Dom. 4° e 8° resp.], che vincerà satana [Ep. Sab. Q. T.], che regnerà eternamente sul suo popolo [IV Dom. 4° resp.], e che tutte le nazioni serviranno [Sab. Q. T. 3° lez.] . — Ed è principalmente perché la misericordia divina si estende non solo a Israele, ma a tutti i Gentili, che noi dobbiamo far nostro questo « vieni » e dire a Gesù: « O pietra angolare, che riunisci in Te i due popoli, vieni ». — E quando sarà venuto, tutti saremo insieme guidati da questo divino Pastore. « Egli pascolerà il suo gregge, dice Isaia, prenderà gli agnelli nelle sue braccia e li porterà in seno, Egli il Signore nostro Dio » [II Dom. intr.]. Questa venuta del Cristo, annunciata dai Profeti ed alla quale anela il popolo di Dio, è duplice; è insieme V Avvento di misericordia, nel quale il Divino Redentore è apparso in terra nell’umile condizione della Sua esistenza umana, e l’avvento di giustizia, nel quale apparirà pieno di gloria e di maestà, alla fine del mondo, come Giudice e supremo Rimuneratore degli uomini. I Profeti dell’Antico Testamento non hanno separato queste due venute, così la liturgia dell’Avvento, che ci riferisce le loro parole, parla ora dell’uno e ora dell’altro. Nostro Signore stesso (Cfr. il Vangelo della I Domenica di Avvento), passa senz’altro dalla sua prima venuta alla seconda, e nella sua omelia sul Vangelo della III Domenica dell’Avvento, S. Gregorio spiega che S. Giovanni Battista, il precursore del Redentore, è, nello spirito e nella virtù, Elia, il precursore del Giudice. Queste due venute non hanno del resto lo stesso fine? Che, se il Figlio di Dio si è abbassato fino a noi facendosi uomo (1a venuta) è per farci risalire fino al Padre suo (Orazione della Domenica delle Palme) con l’introdurci nel suo regno celeste (2a venuta). E la sentenza che il Figlio dell’uomo, cui sarà rimesso ogni giudizio, pronuncerà quando tornerà in questo mondo, dipenderà dall’accoglienza che gli sarà stata fatta quando venne per la prima volta. « Questo fanciullo — dice Simeone — è posto per rovina e per risurrezione di molti, e come segno di contraddizione  ».(Vang. Dom. ottava di Natale]. Il Padre e lo Spirito attesteranno che il Cristo è il Figlio di Dio, e Gesù stesso lo proverà con le sue parole e con i suoi miracoli. E gli uomini dovranno far propria questa triplice testimonianza di Dio in tre Persone, e decideranno cosi essi stessi la loro sorte futura. « Beato — dice il Maestro — chi non si scandalizzerà di me » [Ev. II Dom. Avv.] perché « chi confiderà nel Cristo non sarà confuso » [1 S. Pietro II, 6). Sventura, al contrario, a chi si getterà contro questa pietra di salvezza, perché vi si spezzerà. « Se qualcuno arrossisce di me o delle mie parole — dichiara ancora Gesù, — il Figlio dell’uomo arrossirà di lui quando verrà nella sua gloria e in quella del Padre e dei Santi Angeli » [S. Luc. IX, 26). — « Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua Maestà e con Lui tutti gli Angeli, si porrà sul trono della sua gloria. E, adunate tutte le genti avanti a sé, separerà gli uni dagli altri, come il pastore le pecore dai capri. Porrà le pecore alla Sua destra e i capri alla sua sinistra. Allora il Re dirà a quelli che sono alla sua destra: « Venite, benedetti dal Padre mio, e possedete il regno dei Cieli, che vi è stato preparato dall’origine del mondo. Dirà poi a quelli che sono alla sua sinistra: « Fuggite da me, maledetti, andate al fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli » [Matth. XXV, 34, 41]. — Il Giudizio divino sarà dunque una separazione che Dio farà tra i buoni e i cattivi. « Giudicami, o Dio — dice il Salmista — e separa la causa mia da quella di un popolo che mi è nemico; liberami dall’uomo malvagio e ingannatore » [Ps. XLII, ai piedi dell’altare]. — Tutti quelli che avranno rinnegato il Cristo sulla terra, saranno da Lui allontanati e separati per sempre da quelli che gli sono fedeli, mentre adunerà intorno a se quelli che l’avranno seguito, per farne i figli di Dio. Accoglierà nel suo seguito tutti quelli che lo avranno accolto con fede e con amore, e li farà entrare nel regno del Padre Suo. Intimamente uniti al Figlio di Dio fatto uomo, essi saranno per tutta l’eternità ciò che S. Paolo chiama il Cristo e il suo Corpo mistico » e S. Agostino « il Cristo totale ». E su questo principio Gesù giustificherà la sua sentenza, che separerà i buoni dai cattivi, dicendo: « Tutto ciò che avrete fatto al minimo dei miei, l’avrete fatto a me, e tutto ciò che non avrete fatto a questi, non l’avrete fatto a me ». È dunque proprio dall’accettazione del « mistero del Cristo » come lo chiama l’Apostolo, cioè del mistero dell’Incarnazione con tutte le sue conseguenze (accettazione di Gesù nel suo avvento d’umiltà, e accettazione della sua Chiesa, che dividerà le umiliazioni del suo Sposo divino), che dipenderà il giudizio finale; ed è per questo che, dopo aver parlato della nascita del fanciullo Gesù a Natale, la Chiesa parla, nel tempo dopo l’Epifania, dell’accoglienza ch’ebbe tanto dagli umili pastori giudei come dai potenti re-Magi, primizie delle nazioni pagane ch’entreranno nella Chiesa per la loro fede in Gesù, mentre gli orgogliosi giudei ne rimarranno fuori. « I Gentili dovevano essere tutti raccolti, scrive S. Gregorio, mentre i giudei stavano per essere dispersi a causa della loro perfidia »  [Sab. Q. T., T. I lez.]. — « Non ho trovato fede si grande in Israele — dirà il Cristo al Centurione pagano, — e cosi molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente, e parteciperanno al festino con Abramo, Isacco e Giacobbe, nel regno dei cieli; mentre i figli del regno (i Giudei) saranno gettati nelle tenebre esteriori » [V. III Don. Epif.]. E ancora: « Lasciate crescere insieme il loglio e il frumento, fino al tempo della mietitura, e al tempo della mietitura, io dirò ai mietitori: « Raccogliete prima il loglio, e legatelo in fasci per bruciarlo e radunate poi il grano nel mio granaio » [Ev. V Dom. Epif.] . — E in tutte le Epistole di questo stesso tempo dopo l’Epifania che chiude il ciclo di Natale, San Paolo insisterà sul grande precetto dell’amore verso il prossimo. « Soprattutto, abbiate la carità, che è il vincolo della perfezione: e la pace di Cristo regni nei vostri cuori, nella quale siete uniti per formare un solo corpo. E tutto quello che farete in parole ed in opere, fatelo tutto nel nome del Signore Gesù Cristo, rendendo grazie a Dio per Gesù Cristo nostro Signore » [Ep. V Dom. Epif.]. Si comprende allora il compito dell’Avvento. Questo tempo ci prepara a ricevere, con le disposizioni necessarie, Gesù nel suo primo avvento, perché le feste di Natale sono per la Chiesa l’anniversario ufficiale della venuta del Salvatore; ed Egli ci prepara perciò ad essere nel numero dei benedetti dal Padre Suo quando verrà la seconda volta. La liturgia di questo tempo ci mostra dunque insieme le due venute affinché, noi guardiamo con la stessa confidenza alla nascita del Fanciullo del Presepio che nascerà sempre di più in noi per la grazia a Natale, e alla venuta del nostro Sovrano Giudice che ci introdurrà nel suo regno, e ci separerà dai malvagi, « mettendo tra loro e noi un abisso » [S. Luc. XVI, 26]. Al contrario dunque dei Giudei, i quali non vollero ammettere che la venuta di gloria del Messia, occupiamoci ora soltanto della sua venuta di misericordia. Lasciamo alle formule liturgiche tutta la loro ampiezza per non togliere nulla della loro efficacia, e diciamo come la Chiesa: Veni, Domine, vieni, o Signore, mio Salvatore e mio Giudice. Liberami quaggiù dai miei peccati e accoglimi un giorno nel tuo Cielo. Adveniat regnum tuum. Con tutti i Patriarchi ed i Profeti, io metto in Te, o Signore, ogni mia speranza: Per adventum tuum libera nos, Domine. Quanto è provvida la liturgia di questo tempo che ci prepara a celebrare il primo avvento di Gesù in preparazione del secondo, in modo che, godendo delle grazie del Redentore, non abbiamo a temere i castighi del Giudice. « Fa’, o Signore — domanda la Chiesa — che accogliendo con allegrezza il Figlio di Dio ora che viene a redimerci, possiamo rimirarlo con fiducia quando verrà per giudicarci » [Oraz. V. di Nat.]. L’Avvento ci mostra dunque che Gesù è il centro di tutta la storia del mondo. Cominciata da Adamo con l’attesa del suo avvento di grazia, finirà con l’attuazione della sua venuta di gloria. E la liturgia affida a tutti i Cristiani un ufficio in questo disegno divino; perché, se Gesù è venuto sulla terra rispondendo alla chiamata dei giusti dell’Antico Testamento, è rispondendo all’appello che di generazione in generazione fanno risonare le anime fedeli, ch’Egli viene sempre più in esse con la sua grazia nelle feste di Natale; ed è infine in risposta all’invito degli ultimi Cristiani, che saranno perseguitati dall’Anticristo, alla fine dei tempi, che egli affretterà la sua Venuta per liberarli. « Per gli eletti questi giorni saranno abbreviati » dice Gesù. Il compito della preghiera nell’attuale economia della Provvidenza, è cosi essenziale, che non può non cooperare a questo doppio avvento del grande Liberatore: « Veni, Domine, noli tardare». E come nella sua eternità Dio ha inteso, in qualche modo simultaneamente, tutte queste preghiere, la Chiesa preferisce nella, sua liturgia sopprimere quasi del tutto le nozioni del tempo e di distanza, e rendere in un certo senso contemporanee tutte le generazioni. Ed è cosi che le nostre aspirazioni al Cristo sono identiche a quelle dei Patriarchi e dei Profeti, perché il Breviario e il Messale mettono sulle nostre labbra le stesse parole da loro un tempo pronunciate. Così, nel corso dei secoli, non è che un solo grido di fede, di speranza e d’amore che si eleva verso Dio e il Suo Figlio divino. Partecipiamo dunque alle aspirazioni entusiastiche e alle ardenti suppliche di Isaia, di Giovanni Battista e della benedetta Vergine Maria, queste tre figure che riassumono così perfettamente tutto lo Spirito del Tempo dell’Avvento, ed attendiamo sinceramente, amorosamente, impazientemente Gesù nel suo doppio Avvento: « Venite, adoriamo il Re che viene ». – Le iniziali delle Antifone Maggiori dell’Avvento lette in senso inverso, offrono questa frase: Ero Cras, cioè: io sarò domani. Ciò significa che la preparazione alla doppia venuta di Gesù è tanto più necessaria in quanto l’una e l’altra sono vicine. La prima è Natale che ci ricorda la sua venuta passata; la seconda è il momento della nostra morte che ci annunzia la sua venuta futura.

E — O Emmanuel veni!

R — O Rex veni!

O — O Oriens veni!

C — O Clavis veni!

R — O Radix veni!

A — O Adonai veni!

S — O Sapientia veni!

II. – Commento Storico.

Le predizioni dei Profeti si erano verificate: il retaggio Dio era passato nelle mani dei Romani, lo scettro era stato tolto alla casa di Giuda (2° resp. IV Dom.). Il Messia doveva venire, e il mondo, e soprattutto i Giudei, lo attendevano. Giovanni Battista, docile alla voce di Dio, lascia il deserto dove ha trascorso l’infanzia: viene nella regione del Giordano a Betania e dà un battesimo di penitenza per preparare e anime alla venuta del Cristo (Vangelo della IV Domenica dell’Avvento). Le sue virtù sono tali che si potrebbe credere Egli sia il Messia. Anche i Farisei gli mandano, da Gerusalemme, una deputazione di Sacerdoti e di leviti per interrogarlo. Egli risponde di essere colui, del quale Isaia ha predetto: « Io sono la voce che grida nel deserto: preparate la via del Signore » (Vangelo della III Dom. dell’Avvento). E vedendo Gesù che viene allora al Giordano per essere battezzato, dichiara che quegli è l’Agnello di Dio, il cui sangue cancellerà i peccati degli uomini. – Più tardi Giovanni Battista è gettato in prigione nella fortezza di Macheronte, a Oriente del Mar Morto, in Perea. Li conosce il numerosi miracoli di Gesù, e probabilmente la risurrezione del figlio della vedova di Naim che Egli ha operato in Galilea nel secondo anno del suo ministero pubblico; Giovanni gli manda allora dalla sua prigione due discepoli, perché il Cristo possa manifestare a tutti la sua missione: «Sei tu quello che deve venire?» (Vang. della II Dom. dell’Avvento). E Gesù risponde con la profezia di Isaia che diceva del Messia: « Dio verrà Egli stesso e vi salverà. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno le orecchie dei sordi; lo zoppo salterà come un cervo, e sarà sciolta la lingua dei muti » [Isai. XXXV, 4-6]. Questi miracoli il Figlio di Maria li fa, Egli è dunque il Messia. In quanto a Giovanni, continua il Maestro, è di Lui che Isaia ha cosi scritto: « Ecco che Io mando avanti a te il mio Angelo per precederti e prepararti la via ». Egli è il precursore di Gesù, « egli viene per rendere testimonianza alla luce ». Questa testimonianza egli la rese ai Giudei; ed egli ce la rende ogni anno per mezzo dei Vangeli, che si leggono durante l’Avvento, e ogni giorno nell’ultimo Vangelo e nell’« Ecce Agnus Dei » della Messa. Un tempo le domeniche dell’Avvento si succedevano nell’ordine inverso a quello attuale. La Domenica più vicina a Natale era la prima, la domenica precedente la seconda, ecc.. È da notare che i Vangeli che parlano di S. Giovanni si succedevano in tal caso nell’ordine storico. – Il Vangelo della IX Domenica dopo la Pentecoste, ci riferisce un’altra profezia che fece Gesù. Il giorno della sua entrata trionfale in Gerusalemme, trovandosi coi suoi discepoli sul monte degli Ulivi, e, vedendo la città che si stendeva davanti ai suoi occhi, annunciò che Gerusalemme sarebbe stata distrutta, perché non l’aveva accolto. E due giorni dopo parlò della sua seconda venuta alla fine del mondo. Allora gli elementi saranno sconvolti ed il Figlio dell’Uomo verrà con grande potenza e grande maestà. « Alzate allora il capo perché la vostra redenzione è vicina… quando vedrete tutto questo, sappiate che il regno di Dio è vicino ». Il cielo e la terra passeranno, ma le parole del Maestro non passeranno; avranno dunque la loro realizzazione.

III. – Commento Liturgico.

La data iniziale dell’anno liturgico era nel V secolo la festa dell’Annunciazione [Lettera di Papa Gelasio I (492-496)]. Celebrata prima in Dicembre, questa Solennità fu trasferita in Marzo. Nel X secolo si comincia l’anno alla I Domenica di Avvento, cioè qualche settimana prima di Natale. Dal 380, un Concilio di Saragozza ordina una preparazione di otto giorni alla festa di Natale. Al Concilio di Tours nel 563 si fa menzione dell’Avvento come di un periodo liturgico con suoi riti e formule proprie. Nella liturgia nestoriana (v°. secolo) l’Avvento aveva una durata di quattro domeniche, chiamate Domeniche dell’Annunciazione, e nelle liturgie ambrosiane e mozarabica, se ne contavano sei. Nella liturgia Romana l’Avvento durò prima cinque settimane, attualmente quattro. La prima domenica dell’Avvento è quella che è più vicina alla festa di S. Andrea, celebrata il 30 novembre. – La gioia di veder presto venire il Cristo è una delle note dominanti nell’Avvento. Contenuta prima, vi erompe poi liberamente fino a divenire esultanza a Natale. L’idea della purificazione delle anime, intimamente legata a quella del ritorno di Cristo, si trova così in questo tempo in ogni pagina del Breviario e del Messale. Gli Inni, la scelta dei Salmi, la predicazione dei Profeti, quella del Precursore, le Collette delle quattro domeniche, il versetto così spesso ripetuto: Rectas facile semitas eius, rendete diritti i suoi sentieri, parlano delle necessità della preparazione delle nostre anime alla venuta del Salvatore nel suo duplice avvento. « Fate penitenza, dice Gesù, perché il regno dei cieli è vicino» (Ant. Bened. Lunedi IV Settimana). Nel Medio evo si prescrisse il digiuno durante l’Avvento, che si chiamava « La quaresima di Natale ». Si velarono anche le statue come al tempo della Passione. Ora si impiegano ancora, come in quaresima, gli ornamenti violetti e si sostituisce il Benedicamus Dominoall’Ite missa est. Durante l’Avvento si canta l’Antifona Alma Redemptoriscol suo versetto Angelus Domini, e la seconda orazione della Messa è De beata, per la parte che Maria ebbe nell’Incarnazione, che è il mistero che occupa in questo momento la Santa Chiesa. Non si canta più il Gloria in Excelsis, perchè è il canto degli angeli al presepe e bisogna, in questo nuovo anno ecclesiastico, ora incominciato, che solo a Natale si faccia sentire per la prima volta.

CALENDARIO LITURGICO DELLA CHIESA CATTOLICA: DICEMBRE 2019

CALENDARIO LITURGICO DELLA CHIESA CATTOLICA – DICEMBRE 2019

DICEMBRE È IL MESE CHE LA CHIESA DEDICA ALL’IMMACOLATA CONCEZIONE ED ALLA NATIVITÀ DI N. S. GESÙ CRISTO

Spettacolo commovente fonte di tanti dolci e teneri sentimenti è quello che si presenta questa sera alla nostra considerazione. L’umile capanna di Betlemme che, prima, accolse nel suo squallore l’Unigenito di Dio e di Maria, Gesù Cristo. La capanna di Betlemme illuminata da celeste splendore sopra la quale risuona l’angelico canto: Gloria in altissimis Deo; et in terra pax hominibus bonæ voluntatis.

La capanna di Betlemme scelta da Gesù nella nascita come sua Reggia: la mangiatoia scelta da Gesù come trono regale su questa terra…

[G. Perrone: La Vergine Madre di Dio e la vita cristiana. – Libr. del Sacro Cuore, Torino, 1908]

125

Novendiales preces ante festum Nativitatis Domini

Fidelibus, qui novendiali pio exercitio, in honorem divini Infantia Iesu publice peracto ante festum Nativitatis Domini, devote interfuerint, conceditur:

Indulgentia decem annorum quolibet die;

Indulgentia plenaria, accedente sacramentali confessione, sacra Communione et oratione ad mentem Summi Pontificis, si per dies saltem quinque novendiali supplicationi adstiterint. Iis vero, qui praefato tempore preces vel alia pietatis obsequia divino Infanti privatimpræstiterint, cum proposito idem per novem dies continuos explendi, conceditur:

Indulgentia septem annorum semel quolibet die;

Indulgentia plenaria suetis conditionibus, novendiali exercitio absoluto; at ubi hoc publice peragitur, huiusmodi indulgentia ab iis tantum acquiri potest, qui legitimo detineantur impedimento quominus exercitio publico intersint

(Secr. Mem., 12 aug. 1815; S. C. Indulg., 9 ini. 1830; S. Pæn. Ap., 21 febr. 1933).

[Nella novena pubblicamente recitata, o se impediti: 10 anni ogni giorno e plenaria alla fine della novena. In quella recitata privatamente: 7 anni per ogni giorno].

125

Novendiales preces a die 16 ad diem 24 cuiusvis mensis

I . Eterno Padre, io offro a vostro onore e gloria, per la mia salute eterna e per quella di tutto il mondo il mistero della Nascita del nostro divin Redentore.

Gloria Patri.

II. Eterno Padre, io offro a vostro onore e gloria, per la mia eterna salute e per quella di tutto il mondo, i patimenti della Santa Vergine e di san Giuseppe in quel lungo e faticoso viaggio da Nazareth a Betlemme, e l’angoscia del loro cuore per non trovare luogo da mettersi al coperto, allorché era per nascere il Salvatore del mondo.

Gloria Patri.

III. Eterno Padre, io offro a vostro onore e gloria, per la mia eterna salute e per quella di tutto il mondo, i patimenti di Gesù nel presepio ove nacque, il freddo che soffrì, le lagrime che sparse, ed i suoi teneri vagiti.

Gloria Patri.

IV. Eterno Padre, io offro a vostro onore e gloria, per la mia eterna salute e per quella di tutto il mondo, il dolore che sentì il divino Infante Gesù nel suo tenero corpicciuolo, allorché si soggettò alla circoncisione; vi offro quel Sangue prezioso, che allora Egli sparse la prima volta, per la salvezza di tutto il genere umano.

Gloria Patri.

V. Eterno Padre, io offro a vostro onore e gloria, per la mia eterna salute e per quella di tutto il mondo, l’umiltà, la mortificazione, la pazienza, la carità, le virtù tutte di Gesù Bambino, e vi ringrazio, amo e benedico infinitamente per questo ineffabile mistero dell’Incarnazione del divin Verbo.

Gloria Patri.

V. Verbum caro factum est;

R. Et habitavit in nobis.

Oremus.

Deus, cuius Unigenitus in substantia nostræ carnis apparuit; praesta, quæsumus, ut per eum, quem similem nobis foris agnovimus, intus reformari mereamur: Qui tecum vivit et regnat in sæcula sæculorum. Amen.

Indulgentia septem annorum semel quovis die.

Indulgentia plenaria suetis conditionibus, novendiali exercitio in finem adducto (S. C. Indulg., 23 sept. 1846;S. Pæn. Ap., 14 oct. 1934).

II

PRECES

126

V., Deus, in adiutorium meum intende;

R., ad adiuvandum me festina,

V., Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto,

R.,. Sicut erat in principio et nunc et semper, et in sæcula sæculorum. Amen.

Pater noster…

I. Iesu Infans dulcissime, e sinu Patris propter nostram salutem descendens, de Spiritu Sancto conceptus, Virginis uterum non horrens, et Verbum caro factum, formam servi accipiens, miserere nostri.

Miserere nostri, Iesu Infans, miserere nostri.

Ave Maria.

II. Iesu Infans dulcissime, per Virginem Matrem tuam visitans Elisabeth, Ioannem Baptistam Præcursorem tuum Spiritu Sancto replens et adhuc in utero matris suae sanctificans, miserere nostri.

Miserere, etc. Ave Maria.

III. Iesu Infans dulcissime, novem mensibus in utero clausus, summis votis a Maria Virgine et a sancto Ioseph expectatus, et Deo Patri prò salute mundi oblatus, miserere nostri.

Miserere, etc. Ave Maria.

IV. Iesu Infans dulcissime, in Bethlehem ex Virgine Maria natus, pannis involutus, in præsepio reclinatus, ab Angelis annuntiatus et a mpastoribus visitatus, miserere nostri.

Miserere, etc. Ave Maria.

Iesu, tibi sit gloria,

Qui natus es de Virgine,

Cum Patre et almo Spiritu,

In sempiterna saecula. Amen.

V., Christus prope est nobis.

R., Venite, adoremus.

Pater noster.

V. Iesu Infans dulcissime, in Circumcisione post dies octo vulneratus, glorioso Iesu nomine vocatus, et in nomine simul et sanguine Salvatoris officio præsignatus, miserere nostri.

R., Miserere, etc. Ave Maria.

VI. Iesu Infans dulcissime, stella duce tribus Magis demonstratus, in sinu Matris adoratus, et mysticis muneribus, auro, thure et myrrha donatus, miserere nostri.

R., Miserere etc. Ave Maria.

VII. Iesu Infans dulcissime, in tempio a Matre Virgine præsentatus, inter brachia a Simeone amplexatus, et ab Anna prophetissa Israèli revelatus, miserere nostri.

R., Miserere etc. Ave Maria.

VIII. Iesu Infans dulcissime, ab iniquo Herode ad mortem quæsitus, a sancto Ioseph in Ægyptum cum Matre deportatus, a crudeli cæde sublatus, et præconiis Martyrum Innocentium glorificatus, miserere nostri.

R., Miserere, etc. Ave Maria.

Iesu, tibi sit gloria,

Qui natus es de Virgine

Cum Patre et almo Spiritu

In sempiterna sæcula. Amen.

V., Christus prope est nobis.

R., adoremus.

Pater noster.

IX. Iesu Infans dulcissime, in Ægyptum cum Maria sanctissima et Patriarcha sancto Ioseph usque ad obitum Herodis commoratus, miserere nostri.

R., Miserere, etc. Ave Maria.

X. Iesu Infans dulcissime, ex Ægypto cum Parentibus in terram Israel reversus, multos labores in itinere perpessus, et in civitatem Nazareth ingressus, miserere nostri.

R., Miserere etc. Ave Maria.

XI. Iesu Infans dulcissime, in sancta Nazarena domo, subditus Parentibus, sanctissime commoratus, paupertate et laboribus faticatus, in sapientiae, aetatis et gratiae profectu confortata, miserere nostri.

R., Miserere etc. Ave Maria.

XII. Iesu Infans dulcissime, in Ierusalem duodennis ductus, a Parentibus cum dolore quæsitus, et post triduum cum gaudio inter Doctores inventus, miserere nostri.

R., Miserere etc. Ave Maria.

Iesu, tibi sit gloria,

Qui natus es de Virgine

Cum Patre et almo Spiritu

In sempiterna sæcula. Amen.

Die Nativitatis Domini et per Octavam:

V. Verbum caro factum est, alleluia.

R. Et habitavit in nobis, alleluia.

In Epiphania Domini et per Octavam:

V., Christus manifestavit se nobis, alleluia.

R., adoremus, alleluia.

Per annum.

V., Verbum caro factum est,

R., et habitavit in nobis.

Oremus.

Omnipotens sempiterne Deus, Domine cæli et terræ, qui te revelas parvulis; concede, quæsumus, ut nos sacrosancta Filii tui Infantis Iesu mysteria digno honore recolentes, dignaque imitatione sectantes, ad regnum caelorum promissum parvulis pervenire valeamus. Per eumdem Christum Dominum nostrum. Amen.

Indulgentia quinque annorum semel in die.

Indulgentia plenaria, suetis conditionibus,

iis qui die 25 cuiusvis mensis supra relatas preces pia mente recitaverint

(S. C. Indulg., 23 nov. 1819; S. Pæn. Ap., 8 iun. 1935).

III

ORATIONES

127

Amabilissimo nostro Signore Gesù Cristo, che fatto per noi Bambino, voleste nascere in una grotta per liberarci dalle tenebre del peccato, per attirarci a Voi, ed accenderci del vostro santo amore, vi adoriamo per nostro Creatore e Redentore, vi riconosciamo e vogliamo per nostro Re e Signore, e per tributo vi offriamo tutti gli affetti del nostro povero cuore. Caro Gesù, Signore e Dio nostro, degnatevi di accettare questa offerta, e affinché sia degna del vostro gradimento, perdonateci le nostre colpe, illuminateci, infiammateci di quel fuoco santo, che siete venuto a portare nel mondo, per accenderlo nei nostri cuori. Divenga per tal modo l’anima nostra un altare, per offrirvi sopra di esso il sacrificio delle nostre mortificazioni; fate che essa cerchi sempre la vostra maggior gloria qui in terra, affinché venga un giorno a godere delle vostre infinite bellezze in cielo. Così sia.

Indulgentia trium annorum.

Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo quotidie per integrum mensem oratio devote repetita fuerit (S. C. Indulg., 18 ian. 1894; S. Pæn. Ap., 21 febr. 1933).

Queste sono le feste di DICEMBRE:

1 Dominica I Adventus    Semiduplex I. classis *I*

2 S. Bibianæ Virginis et Martyris    Semiduplex

3 S. Francisci Xaverii Confessoris    Duplex majus

4 S. Petri Chrysologi Episcopi Confessoris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

5 S. Sabbæ Abbatis    Feria

6 S. Nicolai Episcopi et Confessoris    Duplex

              PRIMO VENERDI’

7 S. Ambrosii Episcopi Confessoris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

Vigilia dell’Immacolata: digiuno ed astinenza.

        PRIMO SABATO

8      In Conceptione Immaculata Beatæ Mariæ Virginis    Duplex I. classis

        Dominica II Adventus    Semiduplex II. Classis

10 S. Melchiadis Papæ et Martyris    Feria

11 S. Damasi Papæ et Confessoris    Duplex

13 S. Luciæ Virginis et Martyris    Duplex

15 Dominica III Adventus    Semiduplex II. classis

16 S. Eusebii Episcopi et Martyris    Semiduplex

18 Feria IV Quattuor Temporum Adventus    Semiduplex

20 Feria VI Quattuor Temporum Adventus    Semiduplex

21 S. Thomæ Apostoli    Duplex II. Classis

      Sabbato Quattuor Temporum Adventus    Semiduplex

22 Dominica IV Adventus    Semiduplex II. classis

24 In Vigilia Nativitatis Domini    Duplex I. classis

25 In Nativitate Domini    Duplex I. classis *L1*

26 S. Stephani Protomartyris    Duplex II. classis *L1*

27 S. Joannis Apostoli et Evangelistæ    Duplex II. classis *L1*

28 Ss. Innocentium    Duplex II. classis *L1*

29 Dominica Infra Octavam Nativitatis    Semiduplex Dominica minor

     Die quinta post Nativitatem    Feria privilegiata *L1*

30 Die sexta post Nativitatem    Semiduplex *L1*

31 Die septima post Nativitatem    Semiduplex *L1*

LO SCUDO DELLA FEDE (88)

LO SCUDO DELLA FEDE (88)

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

PARTE TERZA.

CAPITOLO XI

TERZA CAUTELA, BANDIRE IL MAL COSTUME

L’ignoranza e la superbia preparano pur troppo le vie a perdere la Fede, ma più ancora ne dà la spinta il vivere scostumato. Osservate, diceva S. Girolamo fin dai suoi tempi, osservate tutti quelli che nella S. Chiesa sorsero a spacciare eresie, osservate e non ne troverete uno che sia casto. Si fa poi ad enumerarli, incominciando da Simone il Mago e venendo giù a mano a mano fino ai suoi tempi e dimostra che tutti furono invischiati in passioni vituperose. Il Protestantismo però è così famoso in questa parte che ha superate tutte le antiche eresie. Il corifeo dei Protestanti levò la bandiera dell’incontinenza, sposando sacrilegamente una Religiosa; quelli che ne seguitarono la dottrina, tolsero subito ad imitarne l’esempio. Tutti i primi capi furono veduti assalire i conventi, e rubare e sedurre quante donne potevano. Le prime e più solenni adunanze di quei teologi si tennero in varie osterie fra il fumo della birra ed il nidore della cucina mescolato a discorsi così infami che se ne vergognerebbe un soldato onesto. In fatto poi di turpitudini e lussurie, la Riforma passò così sfrenatamente tutti i segni che a molti di quei che si erano sulle prime lasciati sedurre, bastò questo spettacolo per ritrarsi di nuovo in seno alla Cattolica Chiesa. – E da questa sfrenatezza appunto che permise anzi che inventò sulla terra, ripete il Protestantismo l’esito che ebbe di un gran numero di seguaci. Imperocché che cosa desidera chi è disonesto? Vuole gettarsi in braccio a tutti i godimenti sensuali e saziarsene senza la noia del rimorso. Ora il Protestantismo era tutto il caso. Lutero avendo negata la necessità delle buone opere, avendo proclamata l’impossibilità della continenza, avendo insegnato che per qualunque colpa non si poteva perdere la salute, purché altri credesse in Cristo, aveva con ciò solo dato ad ognuno piena libertà di sfogarsi a talento. Abrogata poi la Confessione, era anche tolta la noia del doversi confondere davanti ad un Sacerdote: abrogate leopere satisfattorie, era tolto l’obbligo di far penitenza. In questa dottrina comoda ogni sensuale trovava il suo conto. epperò tanti vi si gettavano dietro perdutamente. Ora quel che avvenne in passato può  avvenire anche al presente. A chi potranno queste dottrine perverse far gola, a chi svegliare la brama di abbracciarle? A tutti quelli che sono vaghi di libertà vergognose. – Epperò se voi mi domandaste chi sono quelli che corrono maggior pericolo di prevaricare, ecco quello che vi risponderei. Nelle città sono in maggior pericolo quei giovani, i quali scosso ogni freno ed abbandonato ogni timor divino passano i giorni loro in preda alle dissolutezze; le cui menti ed immaginazioni si dilettano di continuo di  fantasmi sozzi, le cui labbra si contaminano incessantemente di parlari immondi; i cui cuori si pascono sempre di compiacenze e di affetti indegni. Questi scostumati che anelano ad ogni sfogo brutale, amano di levarsi di dosso la Religione Cattolica. Ed anche perciò lo desiderano, perché dove è in onore il Cattolicismo, ivi trovano molti ostacoli ai loro infami desideri. Li avete talvolta sentiti predicare nelle vostre campagne, che il Cattolicismo non è buono? Sapete il perché? Perché fa loro incomodo. Sanno che fintantoché le vostre spose, le vostre fanciulle mantengono l’amore alla S. loro Fede, guardano anche caro il santo pudore. Ciò non fa i loro conti. Vorrebbero che fossero un poco più alla mano, un po’ meno selvatiche … mi avete capito? – Ecco donde nascono certe grandi convinzioni in favore del Protestantismo. Oh vergogna dell’umana natura! Nelle città ancora sono in pericolo quegli artieri, i quali non hanno voglia di lavorare ed hanno da alimentare mille vizi infami, che hanno da mantenere tresche, che hanno da contentare i capricci di questa e di quella, che rubano alla famiglia quel che gettano Iddio sa dove: anche questi sono in gran pericolo della Fede, perché riuscirebbe loro più comodo di non presentarsi alla Chiesa, alla Confessione, agli esercizi di pietà. Presso di voi nelle campagne chi sono quelli che vivono in pericolo di essere sedotti? Quei buoni contadini padri di famiglia, che vivono assennatamente, che vegliano sopra i figliuoli e le figliuole; o anche quei giovani onesti che fuggono il vizio e che aspettano con timor di Dio il tempo di collocarsi in un onesto matrimonio? Oh no davvero. – Questi amano la loro Religione, la rispettano, la praticano, e non entrano nelle cricche e nelle combriccole dei Protestanti. Quelli che corrono pericolo nella Fede sono certi che sono lo scandalo e la peste della parrocchia, o che sono invischiati in amorazzi indegni ed in pratiche vergognose, che hanno quelle boccacce sozze sempre piene di discorsi animaleschi: quelli che per conseguenza non hanno alcun sapore delle cose di Dio e della pietà, che bisogna cacciarli a fare la Pasqua con gli urti e con gli spintoni: quelli che stanno tutto il tempo della Messa sdraiati sopra una panca, e poi in Chiesa e fuori insultano tutte le donne che entrano ed escono. Sì, questi sono i bocconi buoni per la nuova religione. Io ho sentito uno di essi una volta dirlo assai chiaramente. Io vo’ farmi Protestante, perché così si fa una vita più comoda. La maggior libertà di vivere è quella che fa gola a tutti i viziosi. – Credereste? Perfino alcuni Ecclesiastici, alcuni Religiosi, sono giunti per questa via a perdere la Fede. Oh questo è uno scandalo, direte voi. Niente affatto: questa è una prova di più in favore della Fede Cattolica, la quale è tanto pura, tanto immacolata, che non può mantenere a lungo andare nel suo seno neppure gli Ecclesiastici quando si dimenticano al tutto della purezza del loro stato. Nei primi tempi del Protestantismo tutti i Religiosi e Sacerdoti che apostatarono, tutti il fecero per prender moglie sacrilegamente: tantoché quando si vedeva qualcuno d’essi vago di libertà e sfrenato di costumi, si diceva che doveva esser vicino ad andare in Ginevra a cambiare la fede: ed un bell’umore di quei tempi scrisse che l’affare della Riforma Protestante finiva sempre come la commedia, col matrimonio. – Ai tempi nostri è lo stesso. In Inghilterra ed in America vi sono alcuni Ecclesiastici fuggiti da noi, i quali hanno abiurata la Fede. Ebbene qual fu il loro grande motivo? Dopo di avere scandalizzato i nostri paesi con le loro sozzure si sono gettati tra i Protestanti per menare moglie. Ne sono testimonio il De Sanctis, l’Achilli, il Bonamici ed altri; ed alcuni di quelli che tocchi più tardi da miglior coscienza si sono ravveduti e tornarono alla male abbandonata Chiesa Cattolica, ebbero a confessare che non per convinzione che ne avessero, sebbene per soddisfare le loro passioni, si erano gettati in quel precipizio. Ora se il vizio della disonestà può giungere fino a fare prevaricare un Sacerdote, un Religioso, in che pericolo può mettere un rozzo, un ignorante, che non sa poi sopra qual fondamento saldissimo si appoggi la S. Fede? in quale un giovine che ha passata tutta la sua vita in divertimenti, e che ha il cuore snervato dai vizi? in quale una donna, una giovane le quali vivono d’immaginazione e di senso più che di ragione quando sono perdute nel vizio? Oh non vi ha sicurezza nessuna per chi si abbandona all’incontinenza e disonestà! Fu osservato da storici gravi, che la ragione verissima per cui nel secolo decimosesto fu accolta in tanti paesi la Riforma, altra non fu che quella di cui parliamo. Erano rilasciati i costumi, affranti i cuori, e riusciva sommamente gradevole una religione che toglieva il freno a chi lo portava tanto di mala voglia, e Dio a punire la scostumatezza di quelle misere genti permise che fosse loro tolta la S. Fede. Quel che è avvenuto altre volte può accadere di nuovo. Ci preservi Iddio da un flagello che sarebbe il più tremendo che potesse uscire dalle mani della sua giustizia [come oggi il Novus Ordo degli apostati modernisti della “contro-chiesa” vaticana, il più grande flagello di tutta la storia con cui Nostro Signore sta punendo l’umanità corrotta – ndr. -]: ma perché Iddio ci preservi da quel castigo, manteniamo noi la bella, la santa onestà.