J. J. OLIER
CATECHISMO CRISTIANO PER LA VITA INTERIORE (5)
PARTE SECONDA
LA PREGHIERA, MEZZO PRINCIPALE PER ACQUISTARE E CONSERVARE LO SPIRITO CRISTIANO
LEZIONE I.
La preghiera è il mezzo principale di progredire nella vita cristiana. Dobbiamo pregare con umiltà e confidenza.
D. – Dopo avermi spiegato in che consista lo spirito cristiano, vorrei che mi suggeriste qualche mezzo per acquistarlo e conservarlo.
R. – Uno dei mezzi principali e più efficaci per acquistare e conservare lo spirito cristiano è la preghiera; Nostro Signore, infatti, ci assicura che Dio nostro Padre darà lo spirito buono, vale a dire lo spirito cristiano, a coloro i quali glielo chiederanno. [Joann., XVII].
D. – Ma allora insegnatemi come debbo regolarmi nella preghiera.
R. – Perché la preghiera sia fatta bene, bisogna apportarvi disposizioni simili a quelle con le quali Nostro Signore pregava Egli medesimo e che insegnò ai suoi discepoli: dobbiamo rivolgerci all’Eterno Padre con tutta umiltà e confidenza, a imitazione di Gesù medesimo nelle sue belle preghiere che leggiamo nel Vangelo [Pater vester de cœlo dabit spiritum bonum petentibus. – Luc., XI, 13], e come ci insegna ancora nel Pater: umiltà e confidenza.
D. – Che intendete per l’umiltà?
R. – L’umiltà è dapprima un sentimento di confusione a motivo della nostra indegnità per i nostri peccati che indispongono il Signore: Non siete punto un Dio che ami l’iniquità, dice il Salmista, [Ps. V, 5] rivolgendosi a Dio: ricordiamo pure queste altre parole: Dio non esaudisce i peccatori. [Joan. IX, 31].L’umiltà, inoltre è quel sentimento di vergogna e di confusione che deve nascere dalla nostra incapacità di pregare. La preghiera è un atto soprannaturale di cui non siamo capaci senza la grazia.
D. – E allora come potremo pregare con fiducia?
R. – Dio vi ha provveduto; e voglio rivelarvi qui il segreto della nostra fiducia, il quale è oltremodo glorioso per Dio e utile alla Chiesa. – Dopo esserci fermati per un po’ di tempo nel sentimento di umiltà che abbiamo spiegato dobbiamo raccoglierci nello spirito di Gesù Cristo, il quale dimora nel cuore di tutti i figli della Chiesa per elevarli alla preghiera. San Paolo, infatti, dice: Avete ricevuto lo spirito di adozione in figliuoli, per il quale gridiamo: Abba, Padre, [Accepistis spiritimi adoptionis in filiorum, in quo clamamus: Abba (Pater). – Rom., VIII, 15], vale a dire che in questo Spirito noi preghiamo con fiducia; e ciò viene indicato, sia dal nome di Padre che è ripetuto due volte; Abba, Pater, sia dal grido col quale ci prendiamo la libertà di innalzare sino a Lui le nostre preghiere: Clamamus; tutte espressioni che indicano la fermezza della fiducia e la forza dello zelo con cui chiediamo a Dio, per la sua gloria, tutto quanto ci è necessario. Aggiungeremo pure ciò che il medesimo Apostolo dice in un altro luogo: Lo Spirito medesimo domanda per noi con gemiti inenarrabili. [Ipse Spiritus postulat prò nobis gemitibus inenarrabilibus. – Rom., VII, 26].
D. – Ma come mai si può dire che lo Spirito Santo pianga ed emetta gemiti inenarrabili?
R. – Queste parole contengono un mistero, come per altro sono misteriose tutte le parole della Scrittura. San Paolo vuol dire che quando si prega in unione con lo Spirito, si ottiene molto di più che con tutti i gemiti e tutte le lacrime immaginabili. Nostro Signore inoltre, il quale abita in noi e compie l’ufficio dello Spirito Santo: Fatto spirito vivificante, [Factus in spiritum vivificantem. – I Cor., XV, 45], viene chiamato da Davide, in ispirito profetico: Hostiam vociferationis, [Immolavi in tabernaculo ejus hostiam vociferationis – Ps., XXVI, 6; vale a dire una vittima accompagnata da grida di gioia. – Fillion], Ostia risonante, vociferante.
D. – Che significano queste parole Ostia vociferante?
R. – Il Profeta Davide con questa espressione fa allusione al gran rumore che facevano con le loro grida gli animali che venivano immolati nel Tempio; questi animali erano la figura di Gesù Cristo agonizzante su la croce e abitante nei nostri cuori. Orbene, è scritto che Nostro Signore pregò per noi con forti grida e con lacrime; [Preces supplicationesque cum clamore valido et lacrymis offerens. – Hebr., IV, 7). e questo indicava la tenerezza del suo amore per noi, e la forza e la virtù del suo zelo nelle sue preghiere.
D. – Gesù Cristo fa dunque così anche nei nostri cuori?
R.- Certamente; Gesù Cristo dovunque si trovi continua a pregare in questo modo, nei nostri cuori e nel santo Sacramento, come nel seno di Dio Padre; ed eccone la ragione: ciò che lo Spirito Santo incominciò una volta nel Cuore di Gesù, in quello lo continuò durante tutta la vita mortale del Redentore, e lo continuerà tutta l’eternità. Le operazioni di santità nel Cuore di Gesù sono eterne, come pure quelle che lo Spirito Santo compie nei Santi in Paradiso, – Il grande segreto del Cristianesimo e tutto il motivo della confidenza dei figli di Dio consiste in questo, che Gesù Cristo – come dice San Paolo – per noi è ogni cosa [Omnia et in omnibus Christus. – Colos., III, 2— Omnia in ipso Constant. – Ibid., I , 17]; la nostra preghiera, la nostra umiltà, la nostra pazienza, la nostra carità, ecc. – Ecco adunque le disposizioni con le quali dobbiamo pregare, e l’ordine che dobbiamo tenere nelle nostre domande. Dobbiamo presentarci umilmente a Dio nostro Padre, il quale è sempre pieno di carità e ci dice per bocca del Profeta Geremia: Ti ho amato di un amore eterno.[In caritate perpetua dilexi te. – Jer., XXXI, 3]. Sebbene i nostri peccati ci rendano indegni di comparire davanti a Lui, se tuttavia ci uniremo a Gesù Cristo, la nostra indegnità sarà coperta (velata, nascosta) davanti al Padre, il quale sentirà il profumo delle vesti del Figlio suo primogenito, Gesù Cristo Nostro Signore. Gesù ci coprirà come le sembianze di Esaù coprivano Giacobbe davanti ad Isacco [Allusione alla storia di Giacobbe. – Gen. XXVII]. Pertanto, dopo esserci trattenuti per un po’ di tempo in sentimenti di umiltà, ci daremo a una unione intimissima con Gesù, identificandoci, per così dire, con Lui come con Colui che è la nostra preghiera e ci uniremo a Lui, come al nostro avvocato. [Semper vivens ad interpellandum pro nobis. – Hebr,. VII, 25; — Advocatum habemus apud Patrem, Jesum Christum justum. – I Joann., II, 1). – Animati in tal modo dallo Spirito di Gesù, presenteremo a Dio tutti i nostri omaggi e gli domanderemo tutto ciò checi abbisogna. Insomma, per dir tutto in poche parole, ciò che ritengo come condizione principale per la preghiera, dopo l’umiltà e la contrizione dei nostri peccati, è di metterci a pregare animati da una confidenza e da una fede perfetta, appoggiati a queste parole di Nostro Signore: Ciò che chiederete al Padre mio in mio nome, Egli ve lo concederà. [Joan. XVI, 23]. Nostro Signore in cielo, come vediamo nell’Apocalisse, sta davanti al Padre suo come un Agnello in piedi che si presenta come morto; [Et ecce in medio throni … Agnum stantem tamquam occisum – Apoc. V, 6]; ciò significa che Egli sta sempre davanti al trono del Padre suo, rivestito delle armi della sua Passione, domandando per noi, in virtù dei suoi divini misteri, tutto quanto ci abbisogna dicendogli come Davide: Memento, Domine, David, et omnis mansuetudinis ejus: [Ps. CXXXI, 1) « Padre mio, ricordatevi di tutta la dolcezza e pazienza che ebbi nella mia morte: vi supplico, in nome di tutta la mia vita penitente, di aver compassione dei miei figli ».
LEZIONE II.
Altro motivo di confidenza per le nostre preghiere, desunto dalla intercessione dei Santi, i quali pregano per noi in Gesù Cristo e per mezzo di Gesù Cristo.
D. – Ditemi qualche cosa ancora per accrescere la mia fiducia in Gesù Cristo.
R. – Un altro motivo di confidenza per noi è l’intercessione dei Santi, i quali pregano per noi in Gesù Cristo. Tutto quanto Gesù Cristo domanda al Padre suo, tutti i Santi lo domandano con Lui; perciò nell’Apocalisse è scritto: Udii una voce dal Cielo, come rumor di molte acque; e la voce che udii era come di citaristi che suonino le loro cetre. [Audivi vocem de caelo tamquam vocem aquarum multarum…, et vocem quam audivi sicut citharædorum citharizantium in citharis suis. – Apoc, XIV, 2]. Per intendere queste parole è da sapere che le acque nella Scrittura significano i popoli, [Aquæ quas vidisti… populi sunt. – Apoc., XVII, 15], e che i Santi, nelle loro celesti armonie, sono paragonati a suonatori di arpa. Orbene, i Santi e i giusti sono come l’eco che ripete a Dio la voce di Gesù Cristo, del quale sono pieni; talmente che tutto quanto Gesù Cristo domanda nella sua preghiera, quando voi pregate con Lui e in Lui, tutta la Chiesa del Cielo e della terra lo domanda pure insieme con Lui. Pensate se non è questo un gran motivo di confidenza e con qual fede dovete pregare.
D. – Ma, se le preghiere dei Santi non sono che l’eco della preghiera di Nostro Signore, pare che basti ricorrere a Gesù Cristo senza raccomandarci ai Santi?
R. – No; la Chiesa vuole che cerchiamo Gesù Cristo nei suoi Santi, perché cercandolo nei Santi, come, per esempio, nella SS. Vergine, in san Giuseppe, in san Giovanni, in san Pietro, ecc., siamo ben più sicuri di trovarlo che non cercandolo immediatamente di per noi medesimi. – Quando invochiamo Nostro Signore per mezzo della sua Madre Santissima, che la Chiesa chiama nostra avvocata presso di Lui, siamo sicuri secondo san Bernardo, [Ad Patrem verebaris accedere… Jesum tibi dedit mediatorem… Sed forsitan et in ipso majestatem vereare divinam… Advocatum habere vis et ad ipsum? Ad Mariam recurre… Nec dubius dixerim, exaudietur ex ipso prò reverentia sua. Exaudiet utique Matrem Filius, et exaudiet Filium Pater… Filioli, hæc peccatorum scala, hæc mea maxima fiducia est, hæc tota ratio spei meæ.- Serm, in Nativ. D. Mariæ, de aquæductu, n. 7], che subito Ella si mette in preghiera per noi presso il Figlio suo. Gesù poi si ricorda del potere che le ha dato sopra di Se medesimo in qualità di Madre, potere che non le sarà mai tolto, perché la grazia e la gloria perfezionano la natura, né mai le tolgono i suoi diritti. La Vergine santissima, pertanto subito ottiene che Gesù Cristo si metta in preghiera per noi, eserciti la sua funzione di Avvocato a nostro favore, così ci ottiene ciò che non saremmo capaci di ottenere da noi medesimi. Siamo indegnissimi di avvicinarci a Gesù, ed Egli, nella sua giustizia ha diritto di respingerci, perché essendo entrato, dopo la sua santa Risurrezione in tutti i sentimenti del Padre suo, [Nunc per omnia Deus. – S. Ambr. De Fide resurrectionis, n. 91], ha le medesime disposizioni del Padre contro i peccatori. La difficoltà è di far sì che Gesù cambi la sua qualità di Giudice in quella di Avvocato intercessore a nostro favore, e da giudicante farlo supplicante; e questo lo ottengono tutti i Santi e particolarmente la santissima Vergine. Non avete voi sentito spesso queste parole di san Paolo: Chiunque mangia e beve indegnamente il corpo e il sangue di Nostro Signore, mangia e beve la propria condanna? [1 Cor. XI, 29]. Gesù Cristo infatti, nel Santo Sacramento è nello stato glorioso in cui trovasi dopo la Risurrezione; perciò sebbene sia quello un Sacramento di bontà e di misericordia, tuttavia Gesù Cristo vi esercita i suoi giudizi con le condanne, le quali non vi sono rare. [Mors est malis, vita bonis]. – Bisogna dunque ricorrere a un Sacramento che sia puramente di misericordia, dove Gesù Cristo non sia per nulla giudice, e questo sacramento è la santissima Vergine: [La parola Sacramento qui va presa in senso lato e generico, come mezzo di comunicazione della grazia. Il venerando Autore vede una bellissima analogia tra la Madre di Dio e il SS. Sacramento dell’Altare. Nell’Eucaristia è presente Gesù Cristo, il quale vi dimostra il suo amore, ma vi esercita anche la sua giustizia con la condanna di coloro che si accostano a riceverlo senza le dovute disposizioni: nella Santissima Vergine abita pure Gesù Cristo e per mezzo di Lei, come da un trono a Lui caro e prezioso, diffonde le sue grazie, ma tutte di misericordia; Maria infatti è madre di misericordia, ma non esercita l’ufficio di Giudice. L’Autore perciò la chiama Sacramento di pura misericordia, vale a dire che per mezzo di Lei Gesù Cristo esercita soltanto la sua misericordia. Cfr. S. Bernardo, Sermo in Signum magnum] per mezzo di Maria pertanto possiamo avvicinarci a Gesù con tutta confidenza. Se gli eretici avessero inteso in questo modo la preghiera dei Santi, non avrebbero mai avuto l’ardimento di condannarla. Andiamo dunque a Gesù Cristo dovunque Egli si trova, cioè nella santa Vergine e nei Santi; andiamo alla Vergine e ai Santi con viva fede, perché sappiamo che sono perfettamente accetti a Gesù; supplichiamoli che lo preghino di intercedere per noi presso il Padre suo. Così ogni Santo, farà che tutta la Chiesa e tutti i Santi preghino per mezzo di Gesù Cristo, il quale, commosso dalle loro suppliche, riempirà tutta la Chiesa del suo Spirito e della sua preghiera.
LEZIONE III.
Il santo Sacrificio della Messa è quel medesimo della Croce. Nostro Signore ha le medesime disposizioni su l’altare come nella sua morte in Croce.
D. – Vorrei pregarvi di spiegarmi meglio ciò che avete detto sopra, che lo Spirito Santo continua sempre a operare nell’anima di Gesù Cristo i sentimenti che incominciò una volta a produrvi e che Nostro Signore sempre e dappertutto è animato da questi sentimenti, sia nel cuore dei fedeli, sia nel santissimo Sacramento, sia nel seno di Dio suo Padre. [Dominus in eis in Sina in sancto. – Ps., LXVII, 18; il Signore è negli spiriti celesti che formano la sua corte come era sul Sinai].
R. – Domanda importantissima questa, perché gli schiarimenti su questo punto serviranno meravigliosamente a sciogliere tre grandi difficoltà: la prima rispetto al santo Sacrificio dell’Altare, l’altra relativamente alla santa Comunione dei fedeli e la terza relativamente all’orazione mentale, o vocale. – Dapprima bisogna ricordare questa verità fondamentale, che Nostro Signore è il capolavoro di Dio suo Padre, perciò la Scrittura lo chiama: Opus Dei, l’opera di Dio per eccellenza. [Domine, opus tuum, in medio annorum vivifica illud. – Habac., III, 2). Così lo chiamavano i Patriarchi e i Profeti, i quali sospiravano continuamente la sua venuta; il grande Profeta Davide poi diceva che è l’opera di Dio tutta ripiena di gloria e di magnificenza.[Confessio et magnificentia opus ejus. – Ps., CX, 3]. L’opera per eccellenza di Dio è Gesù Cristo, il cui interiore [possiamo dire anche l’anima o meglio il cuore] è tutto omaggio e riconoscenza per la grandezza del Padre suo. Da solo Egli lo loda in una maniera più perfetta che tutta la Chiesa del Cielo e della terra, più che gli Angeli e i Santi tutti riuniti insieme. Confessio et magnificentia opus ejus. Nostro Signore, l’Opera eccellenza di Dio, nel suo Cuore non solo proclama le lodi del Padre suo, ma inoltre è il tesoro di tutta la bontà e magnificenza di Dio su la Chiesa; secondo le espressioni di S. Paolo, in Lui e per mezzo di Lui, il Padre ha diffuso sopra di noi le sue sante benedizioni: Benedixit nos in omni benedictione spirituali, in cælestibus, in Christo; [Ephes. I, 3] Ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale del Cielo, in Cristo. Così incominciamo a comprendere qualche cosa di Gesù Cristo e a riconoscere ch’Egli è il capolavoro di Dio, il perfetto Santuario dello Spirito Santo, pieno di tutta la religione immaginabile verso Dio suo Padre, e di tutta la possibile carità per la sua Chiesa. Orbene, questo fuoco che lo Spirito Santo ha una volta acceso (nel Cuore di Gesù) non si estingue più; e quel medesimo fervore interiore di cui era animato Nostro Signore su la Croce per sacrificarsi alla gloria di Dio suo Padre e per operare la nostra salvezza, rimane in Lui ancora nel santo Sacrificio dell’altare; e continuerà sino alla fine del mondo. In tal modo si dà una esauriente risposta alla difficoltà degli eretici, i quali pretendono che il Sacrificio dell’altare non sia che una memoria del Sacrificio della Croce, perché nella loro malizia intendono falsamente queste parole: Fate questo in mia memoria. È da sapere che nel santo Sacrificio dell’Altare, come su la Croce, viene offerta la medesima ostia, poiché è presente il medesimo Gesù Cristo con le medesime disposizioni del suo Cuore; pertanto il santo Sacrificio dell’altare non è altro che il medesimo sacrificio della Croce che si continua sino alla fine dei secoli, benché sotto apparenze differenti. Su la Croce, infatti, si vedeva Gesù che versava il suo Sangue, effondeva lacrime, gridava ad alta voce, mentre su l’altare Egli rimane in silenzio, e la sua natura umana non compare in modo sensibile. Perciò, quando disse agli Apostoli: Fate questo in mia memoria, volle soltanto avvertirli che, nell’offrire in questo vero sacrificio dell’altare la sua Persona nascosta sotto i veli del pane, si ricordassero di quella carità ch’Egli visibilmente manifestò sul Calvario e su la Croce, e della sua religione verso il Padre suo, la quale venne da Lui resa manifesta agli occhi del mondo intero col suo Sacrificio. Orbene, dobbiamo sapere che in Nostro Signore non altrimenti che in tutti i Cristiani, che sono i suoi membri, il principale non è l’esterno delle opere che si vedono. Ciò che va maggiormente considerato è l’operazione secreta e interiore dello Spirito Santo, il quale è l’Autore e il principio di tutte le opere buone. Questa azione interiore dello Spirito Santo è quella in cui Dio maggiormente si compiace. E siccome l’augusto interiore di Gesù Cristo [Ossia il complesso dei sentimenti del Cuore di Gesù Cristo] è il medesimo su la Croce e sul santo altare, sotto i veli del pane (sull’altare), come sotto il velo della carne (su la Croce), è quello ancora che dobbiamo più di tutto considerare e onorare nel sacrificio di Nostro Signore che ebbe principio su la Croce e si continua sul santo Altare. – Perciò, quando ascoltiamo la santa Messa, dobbiamo richiamarci la memoria della Passione e Morte di Nostro Signore e ricordare le prove visibili del suo amore, che Egli ci diede sul Calvario e su la Croce, mentre il medesimo Signore si trova presente su l’altare, sempre pieno di carità per noi; e questo ci deve potentemente eccitare a servire un tal Signore e a tutto soffrire per suo amore.
LEZIONE IV.
Efficacia della santa Comunione anche per il bene e l’utilità altrui.
D. – Datemi qualche schiarimento su la seconda difficoltà, di cui mi avete detto,cioè rispetto alla santa Comunione.
R. – È questa una difficoltà che purtroppo si diffonde (dai giansenisti) e turba anime nella loro divozione alla frequente Comunione. Molte anime buone che Nostro Signore si compiace di ammettere alla Comunione del suo Corpo e del suo Sangue, spesso sono attirate a questo Sacramento dal desiderio di sollevare le anime del Purgatorio, ovvero di procurare sollievo alle infermità dei loro fratelli, o anche per implorare più efficacemente da Dio qualche grazia importante per se medesime o per il bene del prossimo e la santificazione della Chiesa. Tuttavia si trovano persone, le quali condannano tali intenzioni, dicendo: « Qual gran bene può mai esservi nella adorazione e nella fede dell’anima che si comunica? La Comunione come potrebbe dar sollievo alle anime del Purgatorio? Come potrebbe attirar benedizioni sopra tutta la Chiesa » ? – Una tale difficoltà proviene unicamente dall’ignoranza rispetto al valore e al merito immenso della santa Comunione dei fedeli. Orbene ricordate queste grandi parole di Gesù, le quali contengono un grande insegnamento: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e Io in lui. [Joan VI, 57]. Queste sono parole di gran conforto per tutta la Chiesa e per ogni fedele che si accosta alla Comunione. Spiegano benissimo le intenzioni principali di Nostro Signore nel suo convito nuziale, dove fa festa all’anima e la tratta come sua sposa, attestando che, nella santa Comunione, Egli fa sue tutte le intenzioni della sua sposa. Così pure l’anima da parte sua, fa sue tutte le intenzioni di Gesù Cristo suo Sposo. È questa la perfezione del mistico sposalizio di Nostro Signore con l’anima, per il quale Gesù Cristo si fa una cosa sola con l’anima, e fa che l’anima sia una cosa sola con Lui medesimo, come Egli è una cosa sola con il Padre suo, e come il Padre è una cosa sola con Lui. Pertanto quando l’anima si comunica al Corpo e al Sangue di Gesù Cristo, da quel momento è partecipe di tutti i disegni e di tutte le intenzioni di Nostro Signore, inoltre dispone di Gesù Cristo come di cosa sua propria; talmente che, ricevendo la santa Comunione con l’intenzione di dar sollievo a qualche anima del Purgatorio, ovvero di attirare benedizioni su tutta la Chiesa, ha diritto, in virtù di quel santo e mistico sposalizio che si compie nella Comunione, di usare di tutte le preghiere, dello zelo, del fervore, dei meriti e dei patimenti di Gesù Cristo, per il compimento delle proprie intenzioni; ha il diritto e il potere di dare alle preghiere di Gesù Cristo quello scopo che le piace, e di fare che Gesù Cristo domandi tutto quanto essa vuole per il bene della Chiesa. In tal modo ciò ch’essa non avrebbe il coraggio di domandare di per sé medesima, non essendo degna di ottenere la minima cosa, tutto domanda e ottiene per mezzo di Gesù Cristo. – Osserviamo bene che Colui che prega nell’anima che si comunica, è Colui medesimo che, nei giorni della sua carne, fu esaudito dal Padre per la sua riverenza [Hebr. V, 7] e che ciò ch’Egli domanda su la terra, tanto come nel seno del Padre suo, Egli l’ottiene in considerazione delle grandezze della sua Persona e della sua natura divina, e per i meriti infiniti delle sue preghiere, dei suoi patimenti e delle sue lacrime ch’Egli sempre tiene presenti a Dio Padre. L’Apostolo, infatti, dice: apparet vultui Dei prò nobis. [Hebr. IX, 24] Egli si tiene presente agli occhi di Dio Padre per le nostre intenzioni; e in altro luogo: Semper vivens ad interpellandum prò nobis. [Hebr. VII, 25]. Egli èsempre vivente onde intercedere per noi. – Gesù Cristo volle sopravvivere a se stesso come Isacco e vivere dopo la sua morte, e dopo il suo Sacrificio della Croce, onde intercedere sempre per noi e per tutte le nostre necessità. [Nell’istesso modo che Isacco, il quale era una bella figura di Gesù Cristo, sopravvisse al sacrificio, perché gli venne sostituita un’altra vittima, così in senso più vero, Gesù Cristo sopravvisse al suo Sacrificio perché il Padre lo risuscitò]. – Il cuore dell’anima che si comunica, è un tempio, è un altare, è un’immagine del seno di Dio Padre; e in questo cuore, Gesù Cristo Nostro Signore si offre a Dio come sul Calvario, e continua gli atti e le preghiere che faceva mentre moriva e con i medesimi sentimenti.
LEZIONE V.
Nostro Signore dimora in noi, perciò possiamo ad ogni tempo comunicarci spiritualmente a Lui.
D. – E’ dunque una gran cosa la santa Comunione! Portare in se Nostro Signor Gesù Cristo pieno della divinità del Padre suo e di tutti i tesori della sapienza e della scienza divina, quale ricchezza immensa!
R. – Verissimo, e per questo san Paolo dice che in vasi di creta portiamo grandi tesori. [Habemus thesaumm in vasis fictilibus. – II Cor., IV, 7). È questo, come dice ancora l’Apostolo, quell’eccesso di carità col quale Dio volle manifestare l’abbondanza della ricchezza della sua grazia col darci il Figlio suo, che è il carattere della sua sostanza e lo splendore della sua gloria e della sua bellezza [Propter nimiam charitatem, qua dilexit nos… Ut ostenderet in sæculis supervenientibus abundantes divitias gratiæ suæ, in bonitate super nos, in Christo Jesu. – Eph., II, 4-7- . — Splendor gloriæ, et figura substantiæ ejus. – Hebr., I, 3), l’ammirabile Ostia di lode (che abbiamo nel santo Sacramento), la sorgente della vita divina e di tutto il merito della Chiesa. – Ma v’è un altro mistero che deve accrescere ancora il nostro amore verso Dio, ed è l’amore con cui Egli ci ha dato il Figlio suo perché dimori in noi, non solamente nel tempo in cui riceviamo, con la santa Comunione, il suo Corpo e il suo Sangue, ma pure in tutti i momenti della nostra vita. Quanti Cristiani ignorano queste meraviglie!
D. – Ma che dite mai? Gesù Cristo abita in noi, in altro modo che nella santa Comunione?
R. – Sì; la spiegazione di questa verità servirà di fondamento per sciogliere la terza difficoltà, di cui ho detto sopra, e che riguarda l’orazione. Che nostro Signore dimori in noi in altra maniera che per la santa Comunione, non è una mia opinione, lo insegna chiaramente san Paolo con queste parole: Christum habitare per fidem in cordibus vestris [Eph., III, 17], Cristo per la fede abita in noi. Gesù Cristo abita nelle anime nostre, operandovi la vita divina, la quale è tutta compresa sotto il nome di fede. Egli abita in noi non solamente per la sua immensità come Verbo, per darci la vita umana e compiere le opere naturali; ma inoltre come Cristo per la sua grazia, onde renderci partecipi della sua unzione e della sua vita divina.
D. – Allora, possiamo partecipare spesso alla grazia di Nostro Signore Gesù Cristo? Ma, se noi portiamo sempre Gesù Cristo in noi, e possiamo a nostro piacimento partecipare alla sua grazia, allora non vi dovrebbe più essere bisogno di riceverlo sacramentalmente?
R. – Questa sarebbe una conclusione sbagliata. Quantunque Nostro Signore abiti nei nostri cuori per diffondervi ad ogni momento le grazie della sua vita divina, questo non ci dispensa dall’accostarci al santo Sacramento, perché la santa Comunione ci dà grazie speciali e abbondanti assai più di quelle che riceviamo fuori di questo Sacramento per la comunione soltanto spirituale. Nel Sacramento le grazie ci vengono date secondo la misura della somma carità di Dio, i cui tesori sono infiniti; quelle invece che riceviamo quotidianamente per l’orazione e per i sospiri del nostro cuore, ci vengono date secondo che rinunciamo a noi stessi e a tutti gli intimi desideri della natura; e inoltre l’effetto dipende ancora dai sentimenti di fede, di carità, di umiltà e di altre particolari disposizioni; orbene siccome queste disposizioni troppo spesso sono guaste dalle infedeltà della creatura, le comunicazioni di Gesù Cristo e le comunioni alla sua vita interiore sono molto rare e molto deboli. La creatura guasta tutto e impedisce l’effettuazione dei grandi disegni di Dio sopra di noi. Oh, quanto desidererei che i Cristiani conoscessero la loro felicità, sapendo che possiedono in se stessi quel prezioso tesoro che è Gesù, nel quale e col quale possono compiere tante cose a gloria di Dio! – Riflettiamo dunque con una continua attenzione a questa grande verità, che Gesù Cristo è presente in noi per santificarci, sia in noi medesimi, sia in tutte le opere nostre, e per riempire di Lui stesso tutte le nostre facoltà. Gesù Cristo vuole essere la luce della nostra mente, l’amore e il fervore del nostro cuore, la forza e la virtù di ogni nostra facoltà, affinché in Lui possiamo conoscere, amare Dio suo Padre, adempiere la volontà di Lui, sia per far tutto in onore di Lui, sia per soffrire e sopportare ogni cosa per la sua gloria.
https://www.exsurgatdeus.org/2019/11/21/catechismo-cristiano-per-la-vita-interiore-di-j-j-olier-6/