SALMI BIBLICI: “DEUS REPULISTI NOS ET destruxisti nos” (LIX)

SALMO 59: DEUS REPULISTI NOS et destruxisti nos.

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME PREMIER.

PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 59

In finem. Pro his qui immutabuntur, in tituli inscriptionem ipsi David, in doctrinam, cum succendit Mesopotamiam Syriæ, et Sobal, et convertit Joab, et percussitIdumaeam in valle Salinarum duodecim millia.

[1] Deus, repulisti nos, et destruxisti nos;

iratus es, et misertus es nobis.

[2] Commovisti terram, et conturbasti eam; sana contritiones ejus, quia commota est.

[3] Ostendisti populo tuo dura; potasti nos vino compunctionis.

[4] Dedisti metuentibus te significationem, ut fugiant a facie arcus; ut liberentur dilecti tui,

[5] salvum fac dextera tua, et exaudi me.

[6] Deus locutus est in sancto suo: lætabor, et partibor Sichimam; et convallem tabernaculorum metibor.

[7] Meus est Galaad, et meus est Manasses; et Ephraim fortitudo capitis mei. Juda rex meus;

[8] Moab olla spei meae. In Idumæam extendam calceamentum meum: mihi alienigenæ subditi sunt.

[9] Quis deducet me in civitatem munitam? quis deducet me usque in Idumaeam?

[10] Nonne tu, Deus, qui repulisti nos? et non egredieris, Deus, in virtutibus nostris?

[11] Da nobis auxilium de tribulatione, quia vana salus hominis.

[12] In Deo faciemus virtutem; et ipse ad nihilum deducet tribulantes nos.

[Vecchio Testamento Secondo la VolgataTradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LIX

L’occasione di questo Salmo è accennata nel titolo che segue. Facilmente si applica alla Chiesa, nella quale il sangue dei martiri fu semenza di Cristiani e cagione di aumento e di gloria.

Per la fine: per quelli che saranno cangiati. Iscrizione da mettersi sopra una colonna; allo stesso David per istruzione, quando egli messe a fuoco e fiamma la Mesopotamia della Siria e Sobal, e tornato Gioab vinse l’Idumea con istrage di dodici mila uomini nella valle delle Saline.

1. Tu ci rigettasti, o Dio, e ci distruggesti; ti sdegnasti e avesti misericordia di noi.

2. Scuotesti la terra, e la spaccasti; sana le piaghe di lei, perocché ella è scommossa.

3. Dure cose facesti provare al tuo popolo; ci abbeverasti con vino d’amarezza.

4. Tu che desti a coloro che ti temevano un segno, perché dalla faccia dell’arco fuggissero,

5. Affinché fosser liberati i tuoi diletti; salvami con la tua destra, ed esaudiscimi.

6. Ha parlato Dio pel suo santo; mi consolerò, e spartirò la Samaria, e misurerò la valle dei tabernacoli.

7. Mio è Galaad, e mio è Manasse, ed Ephraim fortezza della mia testa.

8. Giuda mio re; Moab vaso di mia speranza. Col mio piede calcherò l’Idumea; gli stranieri a me saran soggetti.

9. Chi mi condurrà nella città munita? Chi mi condurrà fino nell’Idumea?

10. Chi, se non tu, o Dio, il quale ci rigettasti? e non verrai tu, o Dio, co’ nostri eserciti?

11. Aiutaci tu nella tribolazione; perocché invano si aspetta salute dall’uomo.

12. Con Dio farem cose grandi; ed egli annichilerà coloro che ci affliggono.

Sommario analitico

Davide, dopo una prima vittoria sugli Idumei, che avevano fatto irruzione in Palestina, mentre egli combatteva al nord i re di Aram, apprende che i soldati che aveva lasciato nelle diverse città dell’Idumea per contenere i loro abitanti ed esigerne il tributo, erano stati messi a morte.

I – Egli deplora la grandezza di questa calamità, nella quale:

– 1° Dio pareva aver rigettato e distrutto il suo popolo, nella sua collera e nella sua misericordia (1); – 2° che ha sconvolto, ha sbigottito ed afflitto tutta la Giudea (2, 3); – 3° Egli ha dato un segnale a coloro che lo temono per fuggire l’invasione dei loro nemici (4,5).

II – Egli enumera le sue vittorie

1° sugli abitanti della Giudea, che tiene sotto la sua dominazione (6, 7); 2° sulle nazioni straniere limitrofe (8).

III – Chiede a Dio di sottomettergli ugualmente l’Idumea.

– 1° la capitale fortificata di questa contrada e l’Idumea intera (9), – 2° ciò che Dio solo può fare e farà, malgrado l’afflizione che il suo popolo ha provato (10), – 3° è nella tribolazione, e dal seno stesso della tribolazione Egli ha l’usanza di trarre il soccorso che dà ai suoi servitori (11); – 4° è dunque solo in Dio, che lo rende forte e riduce a nulla i suoi nemici, che egli ripone la sua speranza (12).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-5.

ff. 1. – È la caratteristica della grande misericordia di Dio verso i peccatori, il non lasciarli vivere per lungo tempo secondo i loro desideri, ma il punirli subito (II Macc. VI, 13). È un tenero abbandono, un richiamo paterno, che rigetta l’uomo per richiamarlo, che lo consegna alla morte per rendergli la vita, che lo umilia per esaltarlo, che lo distrugge per riedificarlo … o collera piena di misericordia, o indignazione salutare, che rendono vita feconda e fruttuosa la vita più sterile; o collera misericordiosa che si irrita contro di noi per venire in nostro aiuto, che ci minaccia per risparmiarci, che ci consegna ai nostri nemici per liberarcene (Berengos). « Mio Dio, voi ci avete respinti e ci avete distrutto; vi siete irritato, ed avete avuto pietà di noi ». Voi ci avete distrutto per riedificarci, Voi ci avete distrutto perché eravamo fondati sopra cattive fondamenta; voi avete distrutto in noi ciò che non era che vanità e vetustà per elevare in noi l’uomo nuovo, affinché questa costruzione sussistesse per l’eternità. È con ragione che « Voi siate irritato, e che abbiate avuto pietà di noi ». – « Voi non avreste avuto modo di esercitare la vostra misericordia, se non vi foste irritato ». Voi ci avete distrutto nella vostra collera; ma la vostra collera cade sull’uomo vecchio, per distruggere in lui la vetustà. Ma Voi avete avuto pietà di noi, in vista della nostra vita nuova, perché se l’uomo esteriore si corrompe in noi, almeno l’uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. (II Cor. IV, 6) (S. Agost.).

ff. 2. – Come è stata turbata la terra? Nella coscienza dei peccatori. Ove andremo? Ove fuggiremo, essi dicono, se un braccio vendicatore brandisce questa spada?: « Fate penitenza, perché il regno dei cieli è vicino ». (Matt. III, 2). Voi avete scosso la terra e Voi l’avete turbata. Guaritene le ferite, perché essa è tutta tremante. Essa non è degna di essere guarita se non è tremante; voi parlate, voi pregate, minacciate in nome di Dio, voi non cessate di perseguire il peccatore, ricordate il giudizio che arriva, fate intendere i comandamenti di Dio: se il colpevole che vi sfugge non è preso dal timore di Dio, egli non è tremante, non è degno di essere guarito. Un altro vi sfugge: egli è scosso è pungolato interiormente, si batte il petto, si scioglie in lacrime … « … guarite le ferite di questa terra, perché essa è tutta lacerata.» (S. Agost.).

ff. 3. – Dopo tutte queste grandi cose, dopo tutto ciò che era di terrestre è stato colpito, la vetustà ridotta in cenere, l’uomo rinnovato nel bene, e la luce prodotta in coloro che non erano che tenebre, viene ciò che è stato scritto in un altro punto: « figlio mio, entrando al servizio di Dio, resta fermo nella giustizia e nel timore, e prepara la tua anima alla tentazione » (Eccli. II, 1). Il vostro primo lavoro, deve essere quello di essere contriti, di denunciare i vostri peccati e di cambiare migliorandovi; il secondo lavoro, in vista del quale voi siete stato cambiato, è sopportare le afflizioni e le tentazioni di questo mondo, perseverare attraversandolo fino alla fine. Ma parlando di questo secondo lavoro e predicendolo, come si esprime il profeta? « … voi avete fatto vedere al vostro popolo delle dure prove », questo popolo che già è vostro e che David, con le sue vittorie, si è reso tributario. « Voi avete fatto vedere al vostro popolo delle dure prove ». In cosa? Nelle persecuzione che la Chiesa di Cristo ha sofferto, quando il sangue dei martiri è stato così abbondantemente sparso (S. Agost.). – Uomini colpiti da tante frecce, affannati da tante miserie, esposti a tante persecuzioni, che Dio sembra aver rigettati e distrutti, e la sua collera sembra non aver limiti a loro riguardo. Tutti i loro appoggi sono stati distrutti, essi hanno perso in qualche modo i princîpi della vita, il loro stato, la loro patria, la loro fortuna, la loro considerazione, la loro tranquillità, la loro salute, si direbbe che sono destinati a bere il calice dell’afflizione fino alla feccia. Questi uomini sono maledetti? Sì, se essi dimenticano che tutte queste disgrazie vengono loro dalla mano di Dio, perché essi devono allora abbandonarsi ai mormorii, alle lamentazioni, alla disperazione. Il profeta non mette senza ragione tutte le calamità di cui parla, sul conto della Provvidenza; egli indica il rimedio parlando dei mali: è sufficiente per essere risollevati ed anche guariti da tutto ciò che si soffre, pensare che Dio sia l’Autore di queste sofferenze (Berthier).

ff. 4. – « Voi avete suggerito a coloro che vi temono di fuggire davanti all’arco che minaccia ». Per le afflizioni temporali, dice il Profeta, voi avete detto ai vostri di fuggire il furore del fuoco eterno. In effetti l’Apostolo San Pietro, ha detto. « Ecco venire il tempo in cui Dio comincerà il suo giudizio dalla casa sua propria »; perché, per esortare i martiri a sopportare le sofferenze, mentre il mondo si scatenava contro di essi, e i loro persecutori li votavano allo sterminio, in tutti i luoghi e in tutti i paesi il loro sangue veniva versato, e nelle catene, in prigioni, con torture, i fedeli soffrivano i più duri supplizi, lo stesso Apostolo dice loro: « … ecco venire il tempo in cui Dio comincerà il proprio giudizio dalla sua casa; e se comincia da noi, quale sarà la fine per quelli che non credono nel Vangelo di Dio? È se il giusto appena si salva, cosa diventeranno il peccatore e l’empio? » (I Piet. IV, 18). Che avverrà in questo giudizio? L’arco è teso, esso è teso per minacciare, ma non ancora per colpire. E vedete cosa succede quando si tira l’arco; non si tratta di lanciare la freccia in avanti? Anche se la corda è tesa all’indietro, nel senso contrario a quello in cui la freccia sarà lanciata, e più la corda sarà tesa lontano all’indietro, più violenta sarà la velocità con la quale la freccia sarà lanciata in avanti. Cosa significa ciò che sto dicendo? Che più il giudizio sarà differito, più terribile sarà l’impetuosità con la quale arriverà. Noi dobbiamo quindi rendere a Dio delle azioni di grazie per le nostre tribolazioni temporali, perché Dio se ne serva per significare al suo popolo di fuggire davanti all’arco minacciante; Egli vuole che i fedeli, esercitati dalle tribolazioni temporali, siano degni di sfuggire al supplizio del fuoco eterno che attenderà tutti coloro che non credono in queste verità. (S. Agost.). – « O Signore, Voi avete dato un segno a coloro che vi temono, affinché essi possano evitare l’arco teso contro di loro ». O Signore, voi avete aguzzato le vostre frecce, esse spirano sangue, il vostro arco è pronto al tiro ed i nostri cuori saranno trapassati dai colpi; ma prima di lasciare la mano, minacciate, avvertite, affinché si fugga la vostra collera minacciante: è il segno della salvezza che Voi ci date. Ma Voi non lo date se non a coloro che vi temono, gli altri, addormentati nei loro peccati, vogliono solo non intendere, non ascoltare altra voce se non quella che porti al piacere; ma coloro ai quali resta ancora qualche timore dei vostri giudizi, o Dio, tremino alle vostre minacce, affinché evitino i vostri colpi. (BOSSUET. Méd. sur l’Ev. der. Sem. LXXI, j.) – Il segnale che Dio dà ai giusti per premunirsi contro i tentativi dei nemici della salvezza, è la vigilanza su se stessi, e l’esercizio della sua santa Presenza. Essi sanno che il loro fine ultimo può giungere in qualunque momento, e che Dio chiederà loro conto di tutto ciò che essi pensano, di tutto ciò che dicono, di tutto ciò che fanno. Questo occhio eterno sempre aperto e questo ultimo giorno sempre minacciante, li tengono incessantemente attenti, e cosa potrebbe allora il nemico della salvezza con tutti i suoi artifici? (Berthier).

ff. 5. – Che la vostra destra mi salvi, salvatemi in modo che io sia posto alla vostra destra. Che la vostra destra mi salvi: io non domando la salute temporale; su questo punto, che sia fatta la vostra volontà, io la riporto alla vostra volontà. Per il tempo presente, noi ignoriamo interamente quel che c’è utile; perché noi non sappiamo chiedere come si conviene, (ROM. VIII. 33.). « Ma che la vostra destra mi salvi », affinché se debba soffrire in questo tempo una qualche tribolazione, almeno, finché non sia passata la notte di queste afflizioni, io mi trovi alla vostra destra, tra le pecore, e non alla sinistra, tra i capri (Matth. XXV, 33) (S. Agost.).

II. 6-8.

ff. 6-8. – Dio ha parlato nei tempi passati ai nostri  padri per mezzo dei profeti, ma negli ultimi tempi ci ha parlato, ed ancora ci parla, per mezzo del suo Santo, cioè per mezzo di Gesù-Cristo suo Figlio. – Questa enumerazione dei popoli fedeli a Davide, o sottomessi con la forza alle sue leggi, è una immagine dello stato di un’anima maestra delle sue facoltà e delle sue passioni. La carità vi regna sovrana, come Giuda aveva la preminenza su tutte le altre tribù; il corpo faceva le funzioni di Moab, destinato ai ministeri inferiori e propri degli schiavi; gli oggetti esterni, simili ai Filistei, sono tenuti nella dipendenza, e non turbano affatto l’impero dell’amore divino. Ogni giorno quest’anima fa delle conquiste sui nemici della salvezza, figurati dagli Idumei. Infine le virtù che contribuiscono a mantenere la vita soprannaturale, come la fede, la speranza, la pazienza, l’umiltà, la pietà, la mortificazione, dimorano nel pieno esercizio delle loro funzioni, come gli abitanti di Galaad e Manasse, rappresentate come inviolabilmente legate a Davide (Bethier).

ff. 12. – Nelle grandi imprese, o nei pericoli pressanti, i figli del secolo non pensano che ai mezzi umani. Quali saranno le mie forze? … essi dicono, chi sarà il mio protettore? Dove troverò risorse? Da dove verrò fuori? Come sfuggirò a questo pericolo? Non viene loro in mente di ricorrere al Signore, di implorare il suo soccorso e contare sulla sua protezione. Se riusciranno, è al loro industriarsi ed alla loro prudenza che attribuiranno il successo; se decadono dalle loro speranze, essi lo imputano alla malvagità degli uomini, o anche mormorano contro la Provvidenza. Si rendono colpevoli in ogni maniera: dapprima per i loro progetti, che sono spesso ingiusti; in seguito, per i mezzi che impiegano e che sono ancora il più delle volte criminali; infine con i loro rivolgimenti di vanità o di impazienza, di falso entusiasmo di se stessi, o di frivole recriminazioni sulla fatalità degli avvenimenti. Siccome nel mondo vi sono più mali che beni, il linguaggio ordinario è che i tempi sono cattivi. Si diceva questo fin dai tempi di S. Agostino, come lo si dice oggi, e come lo si dirà ancora fra mille anni. Eh! Riprendeva su questo il santo Dottore, viviamo bene, ed I tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi; come siamo noi, così sono i tempi! Due cose rendono cattivi i tempi, la miseria dell’uomo e la malvagità dell’uomo; la miseria è comune, è il male di tutti; perché rendiamo comune anche la malvagità? Come potranno essere buoni i tempi, se noi siamo tutti cattivi? (Berthier).