SALMO 57: Si vere utique justitiam loquimini
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME PREMIER.
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 57
In finem, ne disperdas. David in tituli inscriptionem.
[1] Si vere utique justitiam loquimini,
recta judicate, filii hominum.
[2] Etenim in corde iniquitates operamini; in terra injustitias manus vestræ concinnant.
[3] Alienati sunt peccatores a vulva; erraverunt ab utero, locuti sunt falsa.
[4] Furor illis secundum similitudinem serpentis, sicut aspidis surdae et obturantis aures suas,
[5] quae non exaudiet vocem incantantium, et venefici incantantis sapiente. (1)
[6] Deus conteret dentes eorum in ore ipsorum; molas leonum confringet Dominus.
[7] Ad nihilum devenient tamquam aqua decurrens; intendit arcum suum donec infirmentur.
[8] Sicut cera quae fluit auferentur; supercecidit ignis, et non viderunt solem.
[9] Priusquam intelligerent spinæ vestræ rhamnum, sicut viventes sic in ira absorbet eos.(2)
[10] Laetabitur justus cum viderit vindictam; manus suas lavabit in sanguine peccatoris.
[11] Et dicet homo: Si utique est fructus justo, utique est Deus judicans eos in terra.
[Vecchio Testamento Secondo la VolgataTradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO LVII
Quello che accadrà a Saulle, accadrà a tutti gli empii; periranno, e la giustizia di Dio trionferà, terror de’ malvagi e consolazione de’ giusti.
Per la fine: non mandare in perdizione; a
David, iscrizione da mettersi sopra una colonna.
1. Se veramente voi parlate per la giustizia, siano retti i vostri giudizi, o figliuoli degli uomini.
2. Ma voi nel cuore operate l’iniquità; le vostre mani lavorano ingiustizie sopra la terra
3. Si sono alienati da Dio i peccatori fino dal loro nascere, fin dal seno della madre han deviato: han parlato con falsità.
4. Il loro furore è simile a quello di un serpente, simile a quello di un’aspide sorda, che si chiude le orecchie;
5. La quale non udirà la voce dell’incantatore, e del mago perito degli incantesimi. (1)
6. Dio stritolerà i loro denti nella lor bocca; il Signore spezzerà le mascelle de’ lioni.
7. Si ridurran nel niente come acqua che scorre; egli tien teso il suo arco, per fino a tanto che siano abbattuti.
8. Saranno strutti come cera che si fonde; cadde il fuoco sopra di essi, e non vider più il sole.
9. Prima che queste vostre spine si sentano fatte un roveto, così ei li divorerà nel suo sdegno, quasi ancor vivi. (2)
10. Si allegrerà il giusto nel veder la vendetta; laverà le mani sue nel sangue del peccatore.
11. E l’uomo dirà: Certamente, se v’ha frutto pel giusto, v’ha certamente un Dio, che giudica costoro sopra la terra.
(1). Due sentimenti su questi maghi: l’opinione comune, seguita da S. Agostino, è che si tratti di coloro che esercitano la magia nera, che fanno cioè delle cose sorprendenti per opera del demonio. La seconda è che il Profeta parli di coloro che esercitano la magia bianca, vale a dire che fanno delle cose straordinarie col soccorso della fisica e delle scienze naturali, senza alcuna relazione con il demonio. È certo che la musica opera effetti singolari su diverse specie di serpenti, ma ce n’è qualcuna che non si lasci vincere dal fascino dell’armonia, ed è a questo che il Salmista fa allusione. I serpenti sono sensibili alla musica, ma una volta messi in furore, non ascoltano più il suono degli strumenti, ed è in questo senso che si può dire che essi chiudono le orecchie, o che sono sordi.
(2). Tutti questi paragoni indicano la rapidità della punizione che piomberà sui malvagi; quella del versetto 9 è presa dagli usi del deserto, ove si tagliano dei rovi per preparare degli alimenti. Nel breve tempo che ci vuole perché le spine giungano alla forza di un arbusto, Egli farà sparire tutti questi uomini ingiusti. Il rhamnum o nerprun, è un arboscello spinoso che cresce nel deserto; le spine verdi, come quelle infiammabili, saranno portate via dalle tempeste, paragone riferito a ciò che spesso accade ai viaggiatori nel deserto (Rosen-Muller).
Sommario analitico
Davide, condannato dai consiglieri di Saul come colpevole di lesa maestà, predice loro i castighi riservati ai giudici iniqui ed ai calunniatori.
I – Egli rimprovera loro:
1° L’ingiustizia dei loro giudizi e dei loro atti (1,2); 2° la perversità congenita del loro spirito e del loro cuore accentuato dalla ipocrisia (3); 3° l’indurimento del loro cuore nel fare il male e nell’allontanarsi dal bene. (4, 5).
II – Ne predice il castigo che meritano con diversi paragoni:
– 1° il castigo distruggerà ed annienterà i più forti, come se Dio frantumasse la mascella dei leoni (6); – 2° la loro potenza sarà di breve durata, e non lascerà alcuna traccia (7); – 3° Dio annienterà la loro potenza con la stessa facilità con cui il fuoco fonde la cera (8); – 4° la loro rovina arriverà prima che essi possano compiere il male che meditano (9).
III – Oppone al castigo dei suoi nemici la gioia dei giusti:
1° Gioia interiore alla vista della giustizia vindice di Dio e della loro vittoria sui nemici (10); 2° gioia esteriore nel ricevere la ricompensa delle loro buone opere e nel vedere la gloria del giusto e sovrano Giudice (11).
Spiegazioni e Considerazioni
I — 1-5.
ff. 1. – Non abbiate solo una giustizia fatta di parole, ma abbiate una giustizia di azioni. Si, in effetti, voi agite diversamente da come parlate: parlate bene e giudicate male. Agite come giudicate? (S. Agost.). – Colui che non ha la vera giustizia fortemente radicata nel cuore, che si lascia corrompere dal denaro, che si lascia influenzare dall’amicizia, che cerca di vendicare una ingiuria o di piacere al potere, non potrà mai rendere un giusto giudizio. È a lui che qui viene detto: se voi parlate con verità e secondo giustizia, giudicate secondo equità; perché un indice certo che le idee di diritto ed equità regnano in un cuore, è l’equità e la giustizia nei giudizi (S. Basilio). – O uomini, voi avete sempre in bocca l’equità e la giustizia; nei vostri affari, nelle vostre assemblee, nei vostri ritrovi, si intende dappertutto risuonare questo nome sacro, e quando appena si toccano i vostri interessi, non cessate di chiamare la giustizia a vostro soccorso. Ma se è sinceramente e con buona fede che voi parlate della sorte, se guardate alla giustizia come l’unico asilo della vita umana, che voi credete di aver ragione nel ricorrere, quando vi si fa torto, a questo rifugio comune di buon diritto e di innocenza, giudicate dunque voi stessi equamente, contenetevi nei limiti che vi sono dati, e non fate agli altri ciò che non volete sia fatto a voi. Perché in effetti cosa c’è di più violento ed iniquo che il gridare all’ingiustizia e ricorrere a tutte le leggi in nostro aiuto appena veniamo toccati, mentre non temiamo di attentare altamente ai diritti degli altri; come se queste leggi che noi imploriamo non servissero che a proteggerci, e non ad istruirci sui nostro obblighi verso gli altri, e che la giustizia non ci sia stata data che come un bastione per coprirci, e non come una barriera posta per fermarci nei nostri rapporti reciproci? – Fuggiamo un eccesso così grande, guardiamoci dall’introdurre in questo commercio di cose umane questo abuso così riprovato dalle sante lettere: due misure, due bilance, due pesi ineguali; una grande misura per esigere ciò che ci è dovuto, una piccola misura per rendere ciò che noi dobbiamo (BOSSUET, Sur la Justice, 1° P.)
ff. 2. – « Nel vostro cuore, voi commettete delle iniquità sulla terra ». Queste iniquità saranno solo nel cuore? Ascoltate quanto segue: le mani seguono il cuore, le mani obbediscono al cuore; è un pensiero ed una azione, non è che non vogliamo, ma noi non lo possiamo. Tutto ciò che volete ma non potete fare, Dio lo considera come effettuato. « Nel vostro cuore, voi commettete iniquità sulla terra ». Cosa dice dopo il Profeta: « … le vostre mani formano una catena di iniquità ». Che vuol dire: « formano una catena » ? Dal peccato viene il peccato, ed il peccato si aggiunge al peccato a causa del peccato. Egli ha visto, e si cerca di uccidere colui che ha visto; al peccato si è incatenato un altro peccato. Dio, con un giudizio nascosto, ha permesso che si commettesse questo omicidio, ma questi comprende che questo secondo crimine sia stato notato: vuole allora uccidere un nuovo testimone; ai suoi due crimini ne viene incatenato un terzo. (S. Agost.).
ff. 3. – È dolore degno di lacrime, l’essere soggetto al peccato dalla propria nascita, ed ancor prima della nascita. – Dire cose false, mentire, è ordinariamente il primo peccato che commettono i bambini; essi cominciano col mentire, peccato quasi sempre senza eccezione. Questo peccato sembra all’inizio leggero, ma diviene ben più grave e criminoso in seguito. Il pastore o il predicatore ne è colpevole quando agisce diversamente dal non parlarne; quando non appare esternamente ciò che ha dentro; quando cade nelle stesse sregolatezze che riprende, e non cammina per la via che mostra agli altri. Egli dice allora delle cose false, delle menzogne, se non con le parole, almeno con le sue azioni che smentiscono quel che egli dice (Duguet).
ff. 4, 5 – Al quadro della depravazione naturale, il Profeta aggiunge la malvagità libera e volontaria. I peccatori di cui parla, sono divenuti artificiosi, furiosi, supponenti, incapaci di correzione; questi sono dei serpenti malfattori, delle aspidi insidiose, che si rendono volontariamente sordi alla verità che loro si annunzia (Berthier). C’è qualcosa di spaventoso in questo peccato di accecamento spirituale e di resistenza volontaria alla verità, e sovente si è ben lontani dall’aver questa volontà sincera di essere illuminati da Dio, anzi ne abbiamo una tutta contraria, ed in luogo di dire a Dio: Signore, come io voglio, noi diciamo segretamente a noi stessi con un attaccamento pertinace ai nostri disordini: io non voglio mai ciò che mi imbarazza e che non servirebbe che a turbarmi. Peccato che oso definire un furore pari a quello dell’aspide che, secondo il paragone dello Spirito Santo, chiude le orecchie per non sentire la voce dell’incantatore, con questa differenza – dice San Bernardo – che quando l’aspide tura le sue orecchie, è per conservare la sua vita; al contrario, quando noi chiudiamo gli occhi alla verità, ciò avviene per nostra rovina e nostra morte. (BOURD. Aveugl. spirit.).
II — 6 – 11.
ff. 6. – « Il Signore ha rotto le mascelle dei leoni! ». Egli non solo ha rotto i denti delle aspidi. Che fanno la aspidi? Le aspidi cercano di mordere con astuzia, per lanciare il loro veleno e diffonderlo nella ferita, in mezzo ai loro sibili. Ma le nazioni hanno apertamente scatenato il loro furore, ed hanno ruggito come dei leoni. « Perché le nazioni hanno fremuto, ed i popoli hanno formato vani complotti »? Coloro che tendevano insidie al Signore domandando: « è permesso o no pagare il tributo a Cesare »? (Matt. XXII, 17), erano delle aspidi e dei serpenti; i loro denti sono stati frantumati nella loro bocca. Più tardi essi grideranno: “Crocifiggilo, crocifiggilo!” (Matt. XXVII, 23, e Giov. XIX, 6). Questa non è più la lingua delle aspidi, è il ruggito dei leoni « Ma il Signore ha spezzato le mascelle dei leoni » (S. Agost.). – I castighi che il profeta descrive qui arrivano talvolta in questa vita. Dio spezza le cattive lingue, abbatte gli orgogliosi, dissipa i progetti degli ambiziosi, lancia i suoi strali sugli empi. Ma quando Egli non dà questi esempi di terrore in questo mondo, la sua giustizia vendicatrice non perde i suoi diritti: « … l’inferno si aprirà – dice S. Agostino – l’empio vi discenderà, senza più ritorno per lui. Questo abisso si richiuderà sulla sua testa, si estenderà sotto i suoi piedi. Sarà sprofondato, dopo aver perduto tutti i beni della terra; … sarà morto per la vita, e vivrà eternamente per la morte ». (Berthier).
ff. 7. – Questa è un’altra immagine di un peccatore che, come l’acqua del torrente che le piogge hanno gonfiato tutto d’un colpo, scorre e sparisce ben resto. Il torrente scende con impeto dall’alto dei monti, ed il suo corso inonda le valli; ma, come già abbiamo detto, ingrossato dalle piogge dell’inverno, si dissecca con gli ardori dell’estate; è immagine dell’empio che, scendendo dalle altezze divine, abbandona la speranza della patria celeste per le cose di quaggiù. Nel corso di questa vita presente, comparabile al freddo dell’inverno, la sua fortuna si accresce e si dilata, ma quando, nel giorno del giudizio supremo, il sole della divina giustizia farà sentire i suoi raggi, tutte le sue gioie si muteranno in tristezza, e tutta la sua gloria si disseccherà. Anche Davide scrive dei peccatori che: saranno ridotti a niente, come l’acqua che corre (S. GRÉG. Mor. VII, 25.).
ff. 8. – « Il fuoco è caduto su di essi, non hanno più visto il sole ». Il fuoco è caduto su di essi; il fuoco dell’orgoglio, fuoco pieno di fumo, il fuoco della concupiscenza, il fuoco della collera. Qual è la forza di questo fuoco? Colui sul quale esso cadrà, non vedrà il sole. Ecco perché è detto: « … che il sole non tramonti sulla vostra collera » (Efes. IV, 26). Temete dunque il fuoco dei cattivi desideri, se non volete colare come la cera fusa e sparire davanti alla faccia di Dio; perché questo fuoco cadrà su di voi e non vedrete più il sole. Quale sole? Non si tratta di questo sole che vedono come voi le mandrie o le mosche, i buoni ed i malvagi, facendo Dio sorgere il sole sui buoni e sui cattivi (Matt. V, 45); ma vi è un altro sole del quale i malvagi saranno obbligati a dire: « e il sole non si è levato per noi, e la luce della giustizia non è per noi ». (Sap. V, 6). Perché? Se non perché « … il fuoco è caduto su coloro che non hanno visto il sole ». Il piacere della carne li ha vinti (S. Agost.). – Ancora un terzo paragone della debolezza dei grandi e dei potenti della terra, che Dio annienta con la stessa facilità con cui il sole fonde la cera: il fuoco delle loro passioni li acceca invece di rischiararli; essi non vedono più questo sole divino, che solo spande la vera luce nelle anime; perché vedere il sole senza amarlo, è vederlo solo per accecarsi di più, e questo non è un vedere (Dug.).
ff. 9. – Quarto paragone, nuova minaccia dei castighi che Dio riserva ai malvagi, è che Dio lascia raramente in questa vita il tempo di eseguire tutti i loro progetti di malvagità. – Perché il profeta non ha detto: tutti i viventi, ma « come tutti i viventi », se non perché la vita degli empi è una falsa vita? In effetti, essi non vivono, ma credono di vivere. E perché non ha detto: nella collera, « ma come nella collera », se non perché Dio fa tutte questa cose con tranquillità? Perché egli scrive: « Ma Voi, Signore degli eserciti, Voi giudicherete con calma » (Sap. XII, 18). Quando dunque Egli minaccia, non è in collera, perché non prova alcun turbamento; ma è “come” in collera, perché punisce e vendica la giustizia; allo stesso modo coloro che rifiutano di correggersi sono “come” viventi, ma in realtà essi non vivono (S. Agost.).
ff. 10. – La gioia del giusto non è per principio la sua soddisfazione, ma lo è la giustizia e la gloria di Dio. Egli si rallegrerà non in se stesso, ma in Colui che prende la difesa contro gli empi. Egli non augura a lui rovine, ma gioisce della salvezza del giusto; egli si rallegra ancora quando Dio colpisce i peccatori con flagello salutare che li farà rientrare in se stessi. È allora la carità ad essere il principio della sua gioia.
ff. 11. – Due grandi verità sono contenute in questo versetto: la prima, che i giusti hanno speranza nella ricompensa del loro lavoro e delle loro virtù; la seconda, che Dio governa le cose umane, e giudica tutte le azioni degli uomini. – E si dirà: « Sì, è una ricompensa per il giusto ». Prima che le promesse di Dio si compiano, prima che non dia al giusto la vita eterna, prima che gli empi siano precipitati nel fuoco eterno, Egli è anche quaggiù, anche in questa vita, una ricompensa per il giusto. Quale ricompensa? « Noi gioiamo nella nostra speranza e siamo pazienti nell’afflizione » (Rom. XII, 12). Quale ricompensa? « … Noi ci glorifichiamo nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza la virtù provata, la virtù provata la speranza, e che la speranza non conduce alla confusione, perché la carità di Dio è stata effusa nei nostri cuori dallo Spirito-Santo che ci è stato dato » (ROM. V, 3 e segg.). Colui che è ubriaco gioisce, e non gioisce il giusto? È nella carità la ricompensa del giusto. L’intemperante è infelice anche nella sua ebbrezza; il giusto è felice anche quando ha fame o sete. L’uno è ingozzato dall’ubriachezza, l’altro è saziato dalla speranza. Che il giusto consideri dunque il castigo del peccatore e la gioia propria e si chieda che sarà il possesso di Dio. Se Dio, già al presente dà al giusto una tal gioia con le dolcezze della fede, della speranza, della carità, della verità delle sue Scritture, quale gioia gli prepara alla fine? Se lo nutre così per strada, quale festino gli servirà in patria? (S. Agost.).