Salmo 54: “EXAUDI, DEUS, orationem meam, et ne despexeris”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET
MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES
TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES
PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati,
interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni
seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori
cattolici più rinomati da …]
Par M.
l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE
L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence
sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons,
Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME PREMIER.
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 54
In
finem, in carminibus. Intellectus David.
[1] Exaudi, Deus, orationem meam, et ne despexeris
deprecationem meam;
[2] intende mihi, et exaudi me. Contristatus sum in exercitatione mea; et conturbatus sum
[3] a voce inimici, et a tribulatione peccatoris. Quoniam declinaverunt in me iniquitates, et in ira molesti erant mihi.
[4] Cor meum conturbatum est in me, et formido mortis cecidit super me.
[5] Timor et tremor venerunt super me, et contexerunt me tenebræ.
[6] Et dixi: Quis dabit mihi pennas sicut columbæ, et volabo, et requiescam?
[7] Ecce elongavi fugiens; et mansi in solitudine.
[8] Exspectabam eum qui salvum me fecit a pusillanimitate spiritus, et tempestate. [9] Præcipita, Domine, divide linguas eorum; quoniam vidi iniquitatem et contradictionem in civitate.
[10] Die ac nocte circumdabit eam super muros ejus iniquitas; et labor in medio ejus,
[11] et injustitia: et non defecit de plateis ejus usura et dolus.
[12] Quoniam si inimicus meus maledixisset mihi, sustinuissem utique. Et si is qui oderat me super me magna locutus fuisset, abscondissem me forsitan ab eo.
[13] Tu vero homo unanimis, dux meus, et notus meus;
[14] qui simul mecum dulces capiebas cibos, in domo Dei ambulavimus cum consensu.
[15] Veniat mors super illos, et descendant in infernum viventes: quoniam nequitiæ in habitaculis eorum, in medio eorum.
[16] Ego autem ad Deum clamavi, et Dominus salvabit me.
[17] Vespere, et mane, et meridie, narrabo, et annuntiabo; et exaudiet vocem meam.
[18] Redimet in pace animam meam ab his qui appropinquant mihi; quoniam inter multos erant mecum.
[19] Exaudiet Deus, et humiliabit illos, qui est ante saecula. Non enim est illis commutatio, et non timuerunt Deum.
[20] Extendit manum suam in retribuendo; contaminaverunt testamentum ejus;
[21] divisi sunt ab ira vultus ejus; et appropinquavit cor illius. Molliti sunt sermones ejus super oleum; et ipsi sunt jacula.
[22] Jacta super Dominum curam tuam, et ipse te enutriet; non dabit in æternum fluctuationem justo.
[23] Tu vero, Deus, deduces eos in puteum interitus. Viri sanguinum et dolosi non dimidiabunt dies suos; ego autem sperabo in te, Domine.
[ Vecchio Testamento Secondo la Volgata –Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO LIV
Salmo composto
da Davide in occasione di una persecuzione o di Saulle o di Assalonne. Si può
applicare ad ogni giusto che è perseguitato, ed anche a Dio sofferente nella
passione; mentre Davide era figura di Cristo.
Per la fine: sopra i cantici, salmo
d’intelligenza,
di David.
1. Esaudisci, o Dio, la mia orazione, e non disprezzare le mie suppliche; volgi a me il tuo sguardo, ed esaudiscimi.
2. Mi son rattristato nella mia
meditazione, e son rimasto conturbato alle voci dell’inimico, e per la
persecuzione del peccatore.
3. Imperocché mi hanno gettate addosso
delle iniquità, e mi contrariano con isdegno.
4. Il mio cuore mi trema nel petto, e un
terrore di morte è caduto sopra di me.
5. Il timore e il tremore mi han
sorpreso, e nelle tenebre sono involto;
6. E ho detto: Chi mi darà ali come di
colomba, e volerò, e avrò riposo?
7. Ecco, che io fuggirei lontano, e mi
terrei nella solitudine.
8. Aspetto lui, che mi salvò
dall’abbattimento di spirito e dalle procelle.
9. Disperdigli, o Signore, confondi le
loro lingue, perché io ho veduto l’ingiustizia e la contraddizione nella città .
10. Dì e notte va attorno, sopra le mura
di lei, l’iniquità, e nel mezzo di essa la vessazione e l’ingiustizia.
11 E non si parte dalle piazze di lei
l’usura e la frode.
12. Che se un mio nemico avesse parlato
male di me, certamente avrei pazientato.
E se uno’ di quei che mi odiavano avesse
detto improperii contro di me, avrei forse potuto guardarmi da lui.
13. Ma tu, o uomo di un solo spirito con
me, mio soprintendente e mio famigliare,
14. Tu che insieme meco prendevi il
dolce cibo, camminammo d’accordo nella casa di Dio.
15. Venga sopra costoro la morte, e vivi
scendano nell’inferno, Perocché ogni malvagità è nei loro ridotti e nei cuori loro.
16. Ma io alzai a Dio le mie grida, e il
Signore mi salverà.
17. Alla sera e al mattino e al mezzodì
parlerò, e gemerò; ed egli esaudirà la mia voce.
18. Renderà la pace all’anima mia, liberandola da coloro che mi assaliscono: perocché sono in compagnia di molti contro di me.
19. Dio mi esaudirà, e umilierà costoro quegli che è prima dei secoli; perocché eglino non si cangiano, e non hanno timore di Dio: egli ha stesa la mano per dare ad essi la retribuzione.
20. Han profanato il testamento di lui:
saran dispersi dall’ira della sua faccia, e il cuore di lui già prende la
pugna.
21. Le parole di lui sono più molli
dell’olio e pur sono saette.
22. Getta nel seno del Signore la tua ansietà,
ed egli ti sostenterà; ei non farà che il giusto ondeggi per sempre.
23. Ma tu, o Dio, condurrai coloro nella fossa di perdizione. I sanguinari e i fraudolenti non avran la metà dei loro giorni, ma io in te spererò o Signore.
Sommario analitico
Davide, è obbligato
a fuggire davanti a suo figlio Assalonne, ed è indegnamente tradito da
Achitophel, suo amico, suo confidente; Gesù-Cristo è perseguitato dai prîncipi
dei sacerdoti, tradito da uno dei suoi Apostoli, ed abbandonato da tutti; ogni
fedele è esposto ad ogni sorta di cattivo trattamento e di perfidie. Tale è il
triplo soggetto che tratta il Re-Profeta.
I. – Egli
invoca il soccorso di Dio e deplora il triste stato in cui si è ridotto:
– 1° dispera di
ogni soccorso umano e si rivolge interamente a Dio, al Quale chiede che presti ascolto
alla sua preghiera, che gli mostri un volto favorevole e lo esaudisca (1, 2);
– 2° la ragione
della sua condotta è la violenta afflizione in cui è piombato (3), e di cui
descrive gli effetti: – a) il turbamento della volontà, – b) il timore della
morte che lo assale (4); – c) le tenebre che coprono il suo spirito;
– 3° desidera
sottrarsi con la fuga ai pericoli che lo circondano, e sembra aver dato inizio
all’esecuzione di questo disegno (6. 7);
4° è nell’attesa
del potente soccorso di Dio che lo salverà dall’abbattimento dello spirito e
dalla tempesta (8).
II. –
Egli espone tutta la malvagità, la perversità dei suoi nemici.
1° della città di
Gerusalemme e dei suoi nemici: a) essa è piena di iniquità e contraddizione
(9); b) di iniquità in coloro che osservano i suoi bastioni (10); c) nelle sue
abitazioni, c’è tumulto ed ingiustizia; d) sulle sue piazze, l’usura e la frode
(11).
2° Di Achitophel
soprattutto, – a) che non è un nemico dichiarato, di cui si può sopportare più
facilmente la calunnia ed evitare gli attacchi; – b) ma un amico ingannevole,
considerato un amico sicuro e fedele e ammesso alla più grande intimità (13,
14).
III. – Egli
predice:
– 1° il loro
castigo: a) la morte in questa vita; b) la dannazione eterna nell’altra (15).
– 2° la sua
liberazione: – a) egli non cesserà dal chiederla, la sera, il mattino, nel
mezzo della giornata (16, 17); – b) Dio lo libererò dai suoi nemici, per quanto
numerosi siano; li umilierà, perché non c’è cambiamento in essi; perché essi
hanno profanato la sua alleanza; perché le loro parole, più dolci dell’olio
sono come frecce appuntite (18-21); – c) Dio accorderà al giusto che mette la
sua fiducia
in Lui, la conservazione e la stabilità, mentre gli
uomini sanguinari ed ingannatori saranno precipitati nel pozzo della morte e
non giungeranno a metà della loro carriera (22).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 1-11.
ff. 1, 3.
– Queste parole sono quelle di un uomo turbato,
inquieto, immerso nelle tribolazioni …. Perché la sua tristezza, perché il suo
turbamento? « Oppresso come sono – egli dice – dalla persecuzione dei miei
nemici ». Egli parla dei malvagi che deve sopportare, e dichiara che le loro
persecuzioni sono per lui una prova che lo esercita. Non crediate che i malvagi
siano inutili in questo mondo, e che Dio non tragga da loro alcunché di buono:
ogni malvagio vive per correggersi, per provare il buono ed esercitarlo. Piaccia
a Dio che coloro che ora ci provano si convertano e si esercitino a loro volta
con noi! Per questo, nel mentre che essi ci esercitano, noi non li odieremo,
perché ignoriamo se ciascuno di essi persevererà fino alla fine nel vizio.
Spesso, in effetti, vi sembrerà di odiare un nemico mentre odiate un fratello a
vostra insaputa (S. Agost.). – La tristezza secondo la fede, non
è una tristezza oziosa, languente, dormiente, ma una tristezza applicata a Dio,
e che non impedisce l’esercizio della meditazione; una tristezza che sa
interrogare Dio nella preghiera, per chiederGli la luce sul suo stato presente
e la grazia di ben usarne (Dug.). – I discepoli di Gesù-Cristo
non sono più che il loro Maestro; così essi non devono stupirsi dei turbamenti
che potrebbero sentire quando a loro si imputano i crimini di cui sono
innocenti, o che li si affligge con le persecuzioni (id.).
ff. 4, 5.
– Turbe salutari, timore della morte utile e
vantaggiosa. Non c’è che la fede che ce lo dà come utilità per la nostra
salvezza. L’uomo non dimentica nulla così facilmente come l’inevitabile
necessità di morire; anche i giusti spesso non vi pensano come dovrebbero; ed
invece non c’è nulla di più potente di questo timore per farci rinunciare a
tutte le occasioni di peccato (Dug.). – Non c’è alcun timore più
ragionevole né meglio fondato che quello di essere circondato dalle tenebre
senza saperlo. Nulla è più capace nell’umiliare un’anima giusta, che questa
incertezza nella quale essa si trova sempre in questa vita. Se dopo esser
passati dalle tenebre alla luce, essa non ricadrà più per sua colpa dalla luce
nelle tenebre; ma questo è un gran soggetto per diffidare sempre di se stessa, ed
è ciò che assicura maggiormente la nostra salvezza (Dug.).
ff. 6, 7.
– Il salmista si augura la morte o desidera la
solitudine … io vorrei, ma sono senza forze, vorrei fuggire, ho paura di
accumulare, restando qui, peccati su peccati, o almeno vorrei essere un po’
separato dal genere umano per evitare che nuovi e frequenti colpi non
allarghino le mie ferite, e per non presentarmi interamente guarito a nuove
persecuzioni. Queste voci non sono rare, e spesso questo desiderio della
solitudine si impossessa dello spirito di un servo di Dio, a motivo del gran
numero di tribolazioni e di scandali di cui soffre, e dice: « Chi mi darà le
ali? ». Se egli vuole delle ali, o piuttosto sente che le sue ali siano legate,
se esse gli mancano, che gli siano date; se esse sono legate, che gli siano
slegate. Ma colui che lega le ali di un uccello gli dà veramente o gli rende le
sue ali. In effetti esse erano come se non gli appartassero più, perché non
poteva volare. Delle ali incatenate non sono che un peso. « Chi mi darà – egli
dice – delle ali come alla colomba »? (S. Agost.). – Chi mi darà delle ali?
Come alla colomba e non come al corvo. La colomba volando cerca di fuggire a
ciò che la turba, ma non cessa di amare. In effetti la colomba è vista come il
simbolo dell’amore, ed essa ama fino a gemere. Nessuno, oltre alla colomba, ama
gemere; notte e giorno essa geme, come se non abitasse che in una terra di
gemiti. E che dice il Profeta fedele all’amore: io non posso sopportare le
ingiurie degli uomini … Io non posso essere loro utile in niente; piaccia a Dio
che io trovi allora riposo, che sia separato da essi con il corpo, ma non per
l’amore, per paura che l’amore stesso non sia in me turbato; io non posso
essere loro utile con la mia parola, né con la mia conversazione; forse
pregando posso servire loro a qualcosa (Id.). – Nella pratica dell’amore
sacro, c’è una sorta di ferita che Dio stesso fa all’anima che Egli vuole
grandemente perfezionare; perché Egli gli dà dei sentimenti ammirevoli e delle
attrattive senza pari per la sua sovrana bontà, come pressandola e
sollecitandola ad amarlo; ed allora essa si slancia con forza, come per volare
più in alto verso il suo oggetto divino; ma restando in basso, perché non può
amare come desidera, o Dio!.. essa sente
un dolore che non ha eguali. Nella stesso tempo che è attirata potentemente a volare
verso il suo caro diletto, essa è pure trattenuta potentemente, e non può
volare, come fosse attaccata alle basse miserie di questa vita mortale ed alla
propria impotenza; essa desidera delle ali di colomba per volare al suo riposo
e … non ne trova. Eccola dunque acerbamente tormentata tra la violenza dei suoi
slanci e quella della sua impotenza. « O miserabile che sono! » Diceva uno di
coloro che hanno sperimentato questo travaglio, … chi mi libererà dal corpo di
questa mortalità (Rom. VII, 24) (S.
Franc. De Sales, T. de l’am. de Dieu, L. VII, ch. XIII). – chi dunque, a meno che non sia completamente
depravato dal vizio o appesantito dall’età e dalla cupidigia, non ha provato almeno
una volta prima di morire, l’attrazione verso la solitudine? Chi non ha sentito
il desiderio ardente di un riposo durevole e regolare, ove la saggezza e la
virtù possano fornire un alimento continuo alla vita dello spirito e del cuore,
alla scienza e all’amore? Dov’è l’anima cristiana, benché incatenata dai legami
del peccato, benché lordata dal contatto con le bassezze terrestri, e che non
abbia talvolta sospirato da lungi il profumo che esala uno di questi soavi e
segreti asili abitati dalla virtù e dalla devozione e consacrati alla
meditazione dell’eternità? Chi non ha sognato un avvenire in cui potrebbe,
almeno per un giorno, dire come il profeta: « … io mi sono allontanato con la
fuga ed ho dimorato nella solitudine? » (Montalembert, Les Moines
d’Occid., introd. ). – Colui che vuole essere sollevato dalla mani di
Gesù-Cristo, deve avere delle ali; colui che vuol fuggire il secolo, deve avere
ugualmente delle ali, e se non ne ha di proprie, le riceva da colui che può
dargliele. Colui che fugge da questo mondo, deve necessariamente prendere il
suo volo … Se non può volare come l’aquila, voli almeno come il passero; se non
può elevarsi fino al cielo, voli sulle montagne, fugga le vallate, ove l’aria è
corrotta dai vapori malsani che vi esalano, e passi sulle montagne. (S.
Ambr., De fug. sec.). – È nella solitudine che l’anima, svincolata
dagli oggetti sensibili che la tiranneggiano, liberata dal tumulto degli affari
che la schiacciano, può cominciare a gustare, in un dolce riposo, le gioie
solide e i piaceri capaci di contentarla. Là, occupata a purificarsi dalle sozzure
che ha potuto contrarre dal commercio del mondo, più essa diviene pura e distaccata,
più è nello stato di attingere alla fonte di queste voluttà celesti che la
elevano, la trasportano, la mobilizzano portandola all’Autore di ogni bene.
Tutti gli altri divertimenti non sono altro che il fascino per il nostro
dolore, il divertimento di un cuore ubriaco. Voi vi sentite in questo tumulto,
in questo brusio, in questa dissipazione, in questa uscita da voi stessi? Con
quale gioia, dice Davide, « … il vostro servo ha trovato il suo cuore per
indirizzarvi la sua preghiera » (Bossuet, Panegyr. de S. Sulpice)
– Cosa cercate nel mondo? La felicità? Non c’è! Ascoltate questo grido di
afflizione, questo pianto di lamento che si leva da tutti i punti della terra,
e si protrae da secolo in secolo. È la voce del mondo. Cosa cercate ancora?
Delle luci, dei soccorsi, delle consolazioni per compiere in pace il vostro
pellegrinaggio? Il mondo è dedito allo spirito delle tenebre, a tutti i piaceri
che esso ispira, a tutti i crimini ed a tutti i mali di cui egli è principe; ecco
perché il Profeta gridava: « Io mi sono allontanato, io sono fuggito, ho
dimorato nella solitudine ». Là, nel silenzio delle creature, Dio parla al
cuore, e la sua parola è così meravigliosa, così dolce e amabile che l’anima
non vuole più intendere se non Lui fino al giorno in cui tutti i veli siano
lacerati e Lo potrà contemplare faccia a faccia. Il Cristianesimo ha popolato
il deserto di queste anime scelte che, sottraendosi al mondo e calpestando i
suoi piaceri, i suoi onori, i suoi tesori, la carne e il sangue, ci offrono,
nella purezza della loro vita, una immagine della vita dei Santi (Lam.,
Imit. L. I, ch. XX.). – Ma, per praticare questo ritiro, bisogna
necessariamente allontanarsi dall’ambiente in cui si vive, delle relazioni
stabilite, dai doveri che la provvidenza impone? No, tutte le guide delle anime
sono d’accordo nel rispondere che il Cristiano deve saper costruirsi una
solitudine ed un ritiro in se stesso. Sant’Ambrogio insegna che la mortificazione
ed il digiuno trasformano i cuori stessi dei Cristiani in una sorta di deserto.
[Serm. fer. II Apost. Dom. II. Quadr.]. È allora – egli aggiunge
– il Signore ama venire in noi, indirizzandoci queste parole del salmista: « … in
una terra deserta, arida e senz’acqua, sono apparso davanti a Voi in un luogo
santo ». E meglio ancora, Sant’Agostino ci avverte che la solitudine del Cristiano
è la sua coscienza, e che l’anima attenta si fa essa stessa solitudine: « [De
divers, quæst. ad Simpl. lib. II, quaest. IV]. – Bisogna sapersi dare
delle ore di effettiva solitudine se si vuole conservare la forza dell’anima. «
Ovunque Gignit enim sibi ipsa mentis intentio solitudinem ». Bisogna
sapersi concedere delle ore di effettiva solitudine, se si vuole conservare la
forza dell’anima. « Ovunque voi andrete – continua Sant’Agostino – gli uomini
vi raggiungeranno, invaderanno il vostro deserto; perfino i malvagi si
mischieranno a voi. Finché sarete sulla terra voi tenterete invano di isolarvi dal
genere umano. Il vostro deserto, è la vostra coscienza, ove nessun estraneo
penetra, ove siete solo con voi stessi e con Dio ». – È in questo ritiro, in
questa solitudine interiore che si trova questo riposo dove si impara a
conoscere Dio, ove si studiano le vie di Dio e ci si riempie del timore dei
giudizi di Dio, è là che in presenza della maestà di Dio, si esamina il
passato, si regola il presente, si prevede l’avvenire, si approfondiscono i
propri obblighi, si scoprono i propri errori, si deplora la propria miseria, ci
si confonde circa la propria lassità, ci si rimprovera delle proprie infedeltà
(Bourd.: Eloig. et fuite du monde.)
II — 8 – 14.
ff. 8. – Dio difende bene allo stesso modo, sia l’abbattimento che l’elevazione
dello spirito, sia la pusillanimità che la presunzione. La pusillanimità è essa
stessa una presunzione poiché con essa l’uomo non vuole obbedire a Dio, che si
abbassa quando Egli lo vuole elevare, e sceglie il riposo quando vuole
impegnarlo nel lavoro: disposizione tanto più pericolosa perché persuade l’uomo
che è umile, quando invece egli è superbo (Dug.). – « Io attendo
colui che deve salvarmi dalla mia pusillanimità e dalla tempesta ». Voi siete
sul mare, voi siete in mezzo alla tempesta, e non vi resta che esclamare: « Signore,
io muoio! » (Matt. XIV, 30). – Colui che vi tende la mano, che cammina senza
paura sul mare; che vi solleva tutto tremante, che appoggia sulla propria forza
la vostra sicurezza, che parla in voi, vi dice: Pensate a ciò che ho sofferto …
il vostro cuore è turbato, perché Colui nel quale dovete riporre la vostra
fiducia è uscito dai vostri pensieri; voi soffrite senza pazienza, perché le
sofferenze del Cristo per voi non vi vengono allo spirito. Se il Cristo non si
presenta al vostro spirito, è perché Egli dorme; svegliate il Cristo ricordate
la vostra fede. (S. Agost.).
ff. 9. – Perché egli dice: « sommergeteli »? Perché essi si sono orgogliosamente
levati. Perché dice: « dividete le loro lingue »? perché essi hanno cospirato
per fare il male. Ricordatevi di quella volta che un popolo orgoglioso si era elevato
dopo il diluvio: cosa si erano detti questi uomini nel loro orgoglio? Per non
perire in un nuovo diluvio, costruiamoci una torre alta (Gen. XI, 4).
Nel loro orgoglio, essi credevano di essersi fortificati contro i pericoli con
la torre che essi elevavano, ma il Signore divise le loro lingue. Essi allora
iniziarono a non comprendersi più e tale fu l’origine della molteplicità delle
lingue. In precedenza, in effetti, gli uomini parlavano una stessa lingua, ma
una sola lingua era buona per uomini dai sentimenti simili, una stessa lingua
era buona per uomini senza orgoglio. Al contrario, dato che la loro unione non
serviva che a precipitarli in un’orgogliosa cospirazione, Dio, con un pensiero
di misericordia divise le loro lingue, così che non comprendendosi, essi non
stabilissero tra tutti una perniciosa unità. Uomini orgogliosi causarono la
divisione delle lingue; umili Apostoli riunirono tutte le lingue. Lo spirito
d’orgoglio disperse le lingue, lo Spirito Santo le ricondusse all’unità (S.
Agost.).
ff. 10,
11. – Condotta veramente formidabile della giustizia di Dio,
è il punire i crimini con altri crimini. – Iniquità, ingiustizia, violenza,
usure, inganni pubblici, è quanto riempie ordinariamente l’esterno e l’interno
delle grandi città. – Oppressione, afflizione, lavoro, persecuzione,
spoliazione dei loro beni, ciò che soffrono ordinariamente le persone deboli (Dug.).
ff.
12-14. – Gli uomini fanno una grande differenza tra la perfidia
di un amico e le violenze di un nemico manifesto e dichiarato; essi sono molto
più colpiti dall’ingratitudine del primo, che dai colpi del secondo. Allo
stesso modo, Dio è più irritato dalle cadute di coloro che Egli aveva favorito
con grazie particolari, che dagli altri peccatori che Egli aveva, in qualche
modo, abbandonati al loro senso riprovato. Grande istruzione è questa per tutte
le persone chiamate ad uno stato di santità, alla professione religiosa o alle
funzioni del santuario (Berthier). – Come un prete infedele,
colmato da Dio di tutti questi benefici che gli Angeli gli invidiano, osa
parlare di riconoscenza, ed elevare il vizio dell’ingratitudine all’infamia ed
all’obbrobrio degli uomini? Essere tradito da un amico che si è riempito di
beni di cui si è servito per attentare alla fortuna ed alla vita del suo
benefattore: è questo, per il cuore dell’uomo, una ferita profonda, insanabile;
egli non cessa di parlarne nelle effusioni dell’amicizia, ed il Re-Profeta
mette nella bocca di Gesù tradito dal perfido discepolo, questi rimpianti che
non sono ignorati da nessuno. « … ah, se un empio, nemico del mio cuore, un
infedele, un estraneo alla mia Chiesa mi avesse fatto una tale ingiuria, ma
questo prete che io chiamavo col nome di amico, a cui amavo confidare tutti i
miei segreti, che Io ammettevo alla mia tavola, che Io nutrivo, come tutti i
miei eletti, col pane della verità, della giustizia; un prete … tradirmi, abbandonarmi,
Io non posso soffrilo; Io devo con la mia giustizia infliggere una vendetta esemplare
» (Boyer, Retr., eccl. sur le péché ).
III. — 15 – 22.
ff. 15. – È questa unapredizione funesta, la cui esperienza non fa che compiersi ogni giorno.
Senza parlare delle morti subitanee, che sono così frequenti, e delle quali si
tiene conto sì poco, e per cui quasi nessuno si prende cura nel fare, per la
salvezza della propria anima, quanto bisogna nel morire. – È utile scendere
spesso ancora viventi nell’inferno, per la viva considerazione degli orribili
supplizi che vi si trovano. (Dug.) – Una degli auguri di San
Bernardo, e che egli chiedeva con più ardore spiegando queste parole, è che i
peccatoti discendessero in spirito e pensiero nell’inferno, non dubitando che
la vista di questo spaventoso soggiorno e dei tormenti che vi si patiscono,
dovesse fare la più viva impressione sui loro cuori, e convinto che essi non
avessero mezzo più sicuro per non cadere, dopo la morte, in questo luogo di
miseria, se non con il discendervi con la riflessione durante la vita. Ma per
il completo compiersi del proposito di San Bernardo, occorrerebbe che noi
potessimo discendere con le stesse conoscenze, e se possibile, con la stessa
esperienza dei dannati, alfine di poter giudicare come loro e poterne così
trarne, nello stesso tempo, le conseguenze che per loro oramai sono inutili, ma
che ci possono essere ancora più salutari. (Bourdiol, Sur l’enfer).
ff. 16,
18. – Dopo la pena dei suoi nemici viene la salvezza del
Profeta. La salvezza è l’effetto della preghiera e del grido verso Dio, sebbene
queste stessa preghiera e questo grido siano già un effetto dell’assistenza di
Dio. Nessuno prega o grida come si debba per essere esaudito, se non sia
ispirato da Colui che è nel cuore dell’uomo, il principe di tutti i santi
gemiti che Dio ascolta ed esaudisce (Dug.). – Dopo il grido della
preghiera, che ne segna l’ardore, segue la perseveranza nella stessa preghiera,
espressa da questi tre tempi che comprendono tutti gli spazi della giornata. –
Eccellente soggetto della preghiera, è esporre le proprie miserie a Dio ed
annunziare le sue misericordie. (Idem). – Noi dobbiamo pregare la
sera, al mattino e a mezzogiorno, in onore della SS. Trinità; – per onorare la
passione di Gesù-Cristo, che ha sofferto in questi tre tempi: la sera nell’orto
degli ulivi; al mattino davanti a Pilato che Lo condanna; a mezzogiorno sulla
croce, sulla quale fu inchiodato; – in memoria della Passione, della
resurrezione e dell’ascensione di Gesù-Cristo; – all’inizio, nel mezzo ed al
termine della vita. – La pace dell’anima è il frutto della redenzione di Gesù-Cristo;
è la riconciliazione avvenuta tra Dio e gli uomini con la sua resurrezione.
ff. 19,
20. – Colui che sussiste prima di tutti i secoli, riscatterà
la sua Chiesa e il Corpo di Gesù-Cristo, liberandolo dalla corruzione di tanti
cattivi Cristiani, e li umilierà con eterna umiliazione, esaudendo la preghiera
onnipotente di Colui che intercede per le sue membra. – Quando non c’è
cambiamento nel peccatore, non c’è a suo riguardo il cambiamento di Dio. – La
mano di Dio tesa per punire, è fonte di tutte le maledizioni da cui una
creatura possa essere colpita (Duguet). – Profanare il testamento
di Dio è non vivere secondo la sua santa legge. Questa profanazione è talvolta
punita in questa vita con la perdita del dono della fede: è la disgrazia più
grande che possa colpire un uomo, perché perdendo la fede, egli viene privato
di tutte le risorse della salvezza. Coloro che ancora conservano la fede senza
praticare le opere, sono pure quasi maledetti, perché la loro fede non
impedisce che essi non si induriscano nel peccato, e perché i mezzi di salvezza
divengono per loro inutili. Coloro che sono chiamati ad un santo stato, e che
vivono senza fervore, profanano anche, in un certo senso, il testamento di Dio;
essi abusano delle sue grazie e pervengono al termine della vita non soltanto
senza merito, ma anche con peccati senza numero, e quasi mai si convertono
interamente alla morte. Infine, le anime che Dio tocca molto nell’orazione e a
cui chiede grandi sacrifici, devono vegliare estremamente su se stessi, per
riempire tutto ciò che porta il testamento di Dio, senza che si espongano ad
essere dissipati come i peccatori (Berthier).
ff. 21. – È questo il carattere degli calunniatori abili, ma pieni di malignità, che
tessono dapprima le lodi di colui che « vogliono distruggere, nascondono più
sottilmente il colpo che vogliono portare e fanno bere dolcemente il veleno in
una bevanda ben preparata. Niente di più dolce c’è di un discorso lusinghiero
di un falso amico, e nello stesso tempo niente di più mortale e di più penetrante
». È una dolcezza artificiosa che sotto una falsa sembianza di dolcezza,
lusinga per sorprendere, e carezza per colpire con più sicurezza.
ff. 22. –
Quanto amabili e facili sono le relazioni tra Dio ed i
suoi fedeli servitori! Dolce e comodo è il commercio con questo gran Dio! Il Cristiano
porta spesso con pena i fardelli che impone la vita; la sua anima ha sostenuto
una lotta lunga e difficile, un peso enorme di dolore e di angosce sta quasi
per sopraffarlo. Che ascolti il santo Re che, pure Egli, ha conosciuto delle
prove rudi; che ascolti il divin Salvatore che, anche Lui, ha conosciuto che
cosa sia il soffrire: con supremo sforzo, come si esprime Bossuet, e come parla
il salmista, rigetti su Jehowah questo pesante fardello: egli sarà sostenuto,
sarà fortificato. Questo pensiero, Dio lo voglia, rianimerà il suo coraggio,
raddoppierà le sue forze. (Rendu). – Egli ritrova durante la
vita dei giorni di piombo, in cui il cuore soffoca: aprite le finestre dal lato
del cielo, là soltanto troverete un po’ di frescura. Prendete allora il vostro
cuore con le sue pene e le sue angosce, sollevatelo con fiducia e gettate
questo povero infermo, con tutti i suoi dolori, nel seno di Dio, e Dio sarà
come obbligato a soccorrerlo ed a rendergli una vita che non si estingue (Mgr. Landriot, Prière II, p.
41) . – « Dio non lascerà il giusto in eterna agitazione ». Questo si
verifica in tre modi: – 1° succede spesso che dopo varie traversie temporali, i
giusti respirino infine e gioiscano di uno stato più tranquillo; – 2° succede
sempre che l’uomo giusto, ben rassegnato alla volontà di Dio, gusti nella sua
anima la pace che, secondo l’Apostolo, sorpassa ogni sentimento, quantunque sia
esposto alle persecuzioni esterne, o alle prove interiori; – 3° non succede mai
che il giusto sia eternamente esposto ai turbamenti: questa è la sorte dei
riprovati (Berthier). – Vi sembrerà fluttuare a caso su questo
mare, e già il porto vi riceve; ma prima di entrare nel porto, badate di non
lasciar distruggere l’ancora, la nave con l’ancora fluttua certamente, ma non
si allontana molto dalla terra: così il giusto è lasciato ai flutti per un
tempo, ma non per l’eternità (S. Agost.).
ff. 23. –
Il pozzo della corruzione non è altro che tenebre;
dalla immersione, Dio li conduce nel pozzo della corruzione, non perché sia
l’autore della loro colpa, ma perché li giudica della loro iniquità (S.
Agost.). – « Gli uomini sanguinari ed ingannatori non giungeranno a
metà della loro carriera ». Queste sentenze che si riproducevano frequentemente
nell’antica Legge, non ricevono spesso la loro applicazione nella nuova:
Gesù-Cristo leva più in alto i pensieri dei Cristiani. Succede spesso che Dio,
nei suoi impenetrabili disegni, lasci prolungare delle esistenze che ci
sembrano inutili o anche perniciose, e che abbrevi al contrario, delle vite che
ci sembrano infinitamente preziose, come consacrate al suo servizio, ornamento
del mondo, ed edificanti la Chiesa. In generale le benedizioni temporali e le
minacce dello stesso ordine sono state fatte per i tempi che hanno preceduto la
morte dell’Uomo-Dio sulla croce, piuttosto che per i secoli che hanno seguito
quella morte. (Rendu). – « Gli uomini di sangue e di menzogna non
arriveranno alla metà dei loro giorni; ma io, Signore, porrò in Voi la mia
speranza ». Quanto ad essi, sarà giusto che non arrivino a metà dei loro
giorni, perché hanno riposto le loro speranze negli uomini. Ma io, passerò dai
miei giorni temporali al giorno dell’eternità … e perché? Perché io ho messo in
Voi la mia speranza, o Dio mio (S. Agost.).