SALMO 44: ERUCTAVIT COR MEUM verbum bonum”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET
MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES
TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES
PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati,
interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni
seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori
cattolici più rinomati da …]
Par M.
l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS,
Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
TOME PREMIER.
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 44
In
finem, pro iis qui commutabuntur. Filiis Core, ad
intellectum. Canticum pro dilecto.
[1] Eructavit cor meum verbum bonum;
dico ego opera mea regi. Lingua mea calamus scribæ velociter scribentis.
[2] Speciosus forma prae filiis hominum, diffusa est gratia in labiis tuis; propterea benedixit te Deus in æternum.
[3] Accingere gladio tuo super femur tuum, potentissime.
[4] Specie tua et pulchritudine tua intende, prospere procede, et regna, propter veritatem, et mansuetudinem, et justitiam; et deducet te mirabiliter dextera tua.
[5] Sagittæ tuæ acutæ, populi sub te cadent, in corda inimicorum regis.
[6] Sedes tua, Deus, in sæculum sæculi; virga directionis virga regni tui.
[7] Dilexisti justitiam, et odisti iniquitatem; propterea unxit te Deus, Deus tuus, oleo laetitiæ, præ consortibus tuis.
[8] Myrrha, et gutta, et casia a vestimentis tuis, a domibus eburneis; (1) ex quibus delectaverunt te
[9] filiæ regum in honore tuo. Astitit regina a dextris tuis in vestitu deaurato, circumdata varietate.
[10] Audi, filia, et vide, et inclina aurem tuam; et obliviscere populum tuum, et domum patris tui.
[11] Et concupiscet rex decorem tuum, quoniam ipse est Dominus Deus tuus, et adorabunt eum.
[12] Et filiæTyri in muneribus vultum tuum deprecabuntur; omnes divites plebis.
[13] Omnis gloria ejus filiæ regis ab intus, in fimbriis aureis,
[14] circumamicta varietatibus. Adducentur regi virgines post eam, proximæ ejus afferentur tibi.
[15] Afferentur in lætitia et exsultatione; adducentur in templum regis.
[16] Pro patribus tuis nati sunt tibi filii; constitues eos principes super omnem terram.
[17] Memores erunt nominis tui in omni generatione et generationem: propterea populi confitebuntur tibi in æternum, et in sæculum sæculi.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO XLIV
Cantico dato ai figli di Core da cantare con intelligenza fino alla fine. L’argomento è le lodi di Cristo e della sua sposa la Chiesa; quindi si dice per diletto, per Cristo, figlio diletto del Padre; e per quelli che si cambieranno, di peccatori ingiusti, entrando nella Chiesa.
Per
la fine; per quelli, che saranno cangiati. Ai figliuoli di Core, salmo
d’intelligenza; cantico per lo diletto.
1. Il mio cuore ha gettato una buona parola; al re io recito le opere mie. La mia lingua è la penna di uno scrittore che scrive velocemente.
2. Specioso in bellezza sopra i figliuoli degli uomini, la grazia è diffusa sulle tue labbra: per questo ti benedisse Dio in eterno.
3. Cingi a’ tuoi fianchi la tua spada, o
potentissimo.
4. Colla tua speciosità e bellezza tendi l’arco, avanzati felicemente, e regna, Mediante la verità e la mansuetudine e la giustizia; e a cose mirabili ti condurrà la tua destra.
5. Le tue penetranti saette passeranno i
cuori dei nemici del re, i popoli cadranno a’ tuoi piedi.
6. Il tuo trono, o Dio, per tutti i
secoli; lo scettro del tuo regno, scettro di equità.
7. Hai amato la giustizia, ed hai odiato
l’iniquità: per questo ti unse, o Dio, il tuo Dio di un unguento di letizia
sopra li tuoi consorti.
8. Spirano mirra e lagrima e cassia le
tue vestimenta tratte dalle case d’avorio; (1)
9. Onde te rallegrarono le figlie de’ regi, rendendoti onore. Alla tua destra si sta la regina in manto d’oro con ogni varietà di ornamenti.
10. Ascolta, o figlia, e considera, e
porgi le tue orecchie, e scordati del tuo popolo e della casa di tuo padre.
1. E il re amerà la tua bellezza; perché egli è il Signore Dio tuo, e a lui renderanno adorazioni.
12. E le figlie di Tiro porteranno de’
doni; porgeran suppliche a te tutti i ricchi del popolo.
13. Tutta la gloria della figlia del re
è interiore; ella è vestita di un abito a vari colori, con frange d’oro.
14. Saranno presentate al re, dopo di
lei, altre vergini; le compagne di lei saranno condotte a te.
15. Saranno condotte con allegrezza e
con festa; saran menate al tempio del re.
16. In luogo de’ padri tuoi son nati a te de’ figliuoli; tu li costituirai principi sopra la terra.
17. Eglino si ricorderan del tuo nome per tutte le generazioni. Per questo daranno a te laude i popoli in eterno, e pe’ secoli de’ secoli.
(1) Questi palazzi o
case d’avorio, erano degli scrigni a forma di casa o mobili decorati con
avorio. Vi si mettevano abiti con degli aromi per profumarli.
Sommario
analitico
In questo salmo
che si applica in senso primario ed imperfetto al matrimonio di Salomone con la
figlia del re d’Egitto (1), il
Re-Profeta manifesta la profezia che intende fare, profezia che è l’epitalamo
di Gesù-Cristo e della sua Chiesa (1), di cui celebra le nozze spirituali,
dimostrandone la sublimità e l’importanza:
1° Per la
pienezza della saggezza di cui deborda il suo cuore;
2° per la
santità delle cose che rende pubbliche;
3° per la
conformità che esiste tra le sue parole e le sue opere;
4° per l’ispirazione
dello Spirito Santo.
(1) Questo salmo
non riguarda che il Messia, e non crediamo che si possano ammettere con D.
Calmet, Laurence (Traduct. des Ps.), dei sensi letterari, né con l’editore delle
note di M. Le Hir, che questo salmo si applichi in un senso primario ed
imperfetto al matrimonio di Salomone con la figlia del re d’Egitto, e nel senso
principale al Messia. Noi pensiamo semplicemente, come un gran numero di
autori, che questo matrimonio sia stato l’occasione di questo salmo, come per
Salomone, vivente Davide, il salmo LXXI: « di partire da una circostanza
attuale per elevarsi nel campo sacro dell’avvenire,» dice al proposito L.
Schidt (Rédemption du genre humain
annoncée par les traditions religieuses), tale è il marchio dei
Profeti: la poesia diventa più bella, l’avvenire meglio precisato. Ecco come io
interpreto anche il Cantico dei Cantici. Ma credere che i sublimi accenti di
Salomone non fossero altro che dei canti d’amore indirizzati alla sua sposa, o che
il salmo non abbia per oggetto che il matrimonio di suo figlio Salomone,
significa calpestare la venerazione per le sante Scritture, altrimenti l’autore
della Lettera agli Ebrei non ci avrebbe annunciato in modo positivo che questo
salmo concernesse il Figlio di Dio. » Questo salmo dunque, non può avere come
oggetto Salomone:
1° perché il
matrimonio di questo principe con una principessa idolatra, non può essere
definita una buona cosa;
2° Perché non si
può dire che Salomone sia stato benedetto in eterno, egli le cui cadute sono
tali che la sua salvezza pone ancora problemi;
3° Perché non si
può riconoscere Salomone nei tratti che caratterizzano un conquistatore,
essendo stato il suo, un regno di pace;
4° Perché
Salomone non poteva essere chiamato semplicemente Dio;
5° Perché il
regno di Salomone non è stato sempre un regno di clemenza e di giustizia;
6° Perché
l’unzione che Salomone ha ricevuto, non è stata diversa da quella dei suoi
predecessori, e non gli ha impedito di cadere nei peggiori disordini;
7° Perché questo
gran numero di straniere che sposò Salomone, non erano figlie di re;
8° Perché oltre
al fatto che i suoi successori non vennero dalla figlia del re d’Egitto, era
ben lungi dall’aver governato tutta la terra, non avendo posseduto se non solo
la Palestina.
I. – Egli celebra in
Gesù-Cristo, come sposo:
1° Le qualità del corpo: – a) la
bellezza del volto e la grazia dei discorsi (2); – b) la magnificenza delle
armi e la forza di cui è rivestito (3); – c) il suo incedere reale e
trionfante; 2° Le qualità dell’anima: – a) la
verità, la dolcezza, la giustizia e la forza (4); – b) l’abilità nel combattere
e le conseguenze della vittoria (5). 3°
Le prerogative della regalità:
– a) l’eternità del suo trono; – b) la superiorità del suo scettro che
afferma la giustizia e distrugge l’iniquità (6); – c) l’eccellenza dell’unzione
che ha ricevuto (7); – d) la ricchezza dei suoi vestiti e la soavità dei profumi,
la magnificenza dei palazzi e la nobiltà di coloro che lo circondano (8).
II. Egli ci mostra la Chiesa:
1° Come una Regina
il cui trono è elevato vicino a quello di Gesù-Cristo, i cui abiti hanno una
magnificenza veramente regale (9).
2° Come una
sposa: – a) condotta al suo sposo su un carro di virtù dell’obbedienza, di
prudenza, di umiltà, di mortificazione (10); – b) accolta con amore dal suo
sposo che è sia suo Re che suo Signore (11); – c) onorata da coloro che sono a
lei soggetti, i grandi o i popoli (12); – d) ornata dal Padre eterno dei doni
interiori della grazia e degli ornamenti esterni di tutte le virtù (13); – e)
circondata da una corona di vergini che le saranno condotte con il trasporto
della gioia più viva, e che saranno ammesse alla sua intimità (14, 15).
3° Come una
madre di numerosi figli, resa illustre dalla loro origine, dalla loro maestà,
l’estensione del loro impero, la grandezza della loro pietà e la costanza della
loro virtù (16, 17).
Spiegazioni
e Considerazioni
I. — 1-8.
ff. 1, 2. – Sull’esempio di ciò che produce nello stomaco un
pasto abbondante, colui che è nutrito da questo pane vivente disceso dal cielo
e dà la vita al mondo, è saziato da ogni parola che esce dalla bocca di Dio;
l’anima – io dico – che secondo il linguaggio delle divine Scritture, è nutrita
da sante e celesti dottrine, non può enunciare che una cosa in rapporto ad una
nutrizione così perfetta: « L’uomo buono trae delle cose buone da un tesoro
buono » (Matth. XII, 35) (S. Basilio). – il Re-Profeta ci
dichiara qui ciò che dice non è il frutto né dei suoi pensieri, né delle sue
meditazioni, né del suo lavoro personale, bensì l’opera esclusiva della grazia
divina, e che egli non fa che prestare la sua lingua alla parola ispirata: « La
mia lingua – egli dice – è come la penna di uno scrivano rapido ». Cosa
significa questa espressione: « … rapido »? È l’azione della grazia dello
Spirito Santo! Colui che parla secondo le proprie ispirazioni è obbligato a
procedere con lentezza, medita, compone; l’inesperienza, la mancanza di
scienza, e mille altre cose ostacolano la rapidità del discorso. Ma quando lo
Spirito Santo si impadronisce di un’anima, non ci sono più difficoltà: simile
ad un’acqua che si precipita con veemenza ed impetuosità, la grazia dello
Spirito Santo avanza con una rapidità inaudita, appianando tutto al suo
passaggio ed eliminando ogni ostacolo (S.
Criys.). – Questa è la proprietà tutta particolare di una lingua che
non parla se non mediante lo Spirito di Dio, comparato alla penna di uno
scrivano. La lingua ordinariamente parla, ma non scrive; la penna scrive, ma
non parla; ma una lingua animata dallo Spirito divino ha queste due qualità
coniugate insieme: essa parla, come strumento di questo divino Spirito, un
linguaggio all’orecchio per illuminare lo spirito; ma essa penetra più a fondo,
scrive nel cuore! (Dug.). –
La mia lingua, quando esprime i pensieri di Dio – dice il Profeta – è simile
alla penna di uno scriba. Cosa voleva dire? È questa una similitudine
ammirevole – risponde San Gerolamo – perché se è vero che uno scriba forma dei
caratteri che restano, che si conservano per secoli e che rappresentano sempre
all’occhio ciò che inizialmente fanno vedere, la lingua non forma che parole passeggere
che cessano di esistere nel momento in cui vengono pronunziate; così pure la
luce di Dio ha un essere permanente, di modo tale che, una volta impressa nei
nostri spiriti, ove Dio ve la imprimerà, noi non potremo perdere più l’idea dei
soggetti che Dio vi inciderà e la vedremo eternamente scritta in Dio stesso (Bourd. Sur le jug. dernier). – È
di importanza sovrana l’avere un cuore buono poiché, secondo la dottrina del
Profeta, confermata dal Salvatore, è dalla sua pienezza che escono le buone o le
cattive cose, le buone o le cattive azioni. – Importanza non meno grande è
quella di consacrare al Re sovrano tutti i propri pensieri, i propri disegni, e
le proprie azioni: è il fine al quale essi devono essere unicamente ricondotti
(Duguet).
– Se voi strappate una canna dalla terra che la sostiene, la spogliate delle
foglie superflue, così come noi dobbiamo essere spogliati dell’uomo vecchio e
delle sue azioni, se la ponete tra le dita dello scrivano che la dirige, la
canna così trasformata diventa la penna della quale il Re-Profeta diceva: « La
mia lingua è come la penna dello scriba che corre veloce ». Qual è questa penna
che corre veloce nel pensiero del salmista? Non è forse Gesù-Cristo stesso, che
imita la canna nell’infermità della sua carne, ma che con la sua carne inferma,
ha magnificamente espresso tutta la serie delle volontà di suo Padre? … O uomo
– continua Sant’Ambrogio – sappiate nella vostra carne imitare questa canna che
diviene la penna dello scrivano e prendete cura di non intingere la penna
nell’inchiostro, ma nello Spirito di Dio, affinché i vostri scritti durino
eternamente, secondo le belle parole dell’Apostolo ai Corinti: « … voi stessi
siete la nostra lettera, scritta non con l’inchiostro, ma con lo Spirito di Dio
» (S. Ambr. Ps. XLIV).
ff. 2. – Il Re-Profeta evita di farci qui qualunque paragone, e
non ci dice: « Voi siete più bello, ma sorpassate in bellezza tutti i figli
degli uomini ». È una bellezza di un genere totalmente diverso: Davide, proclamando
il Cristo come il più bello dei figli degli uomini ha, in vista della grazia,
la saggezza, la dottrina, i miracoli del Salvatore. Egli fa in seguito la descrizione
di questa bellezza. « La grazia è stata distribuita sulle vostre labbra ». Voi
vedete che Egli parla della natura umana della quale è rivestito. Ora, qual è
questa grazia? La grazia della sua dottrina e dei suoi miracoli, grazia che è
discesa sulla natura umana del Salvatore (S.
Chys.). – Tutti Gli rendono testimonianza, ed ammirano le parole piene
di grazia che escono dalla sua bocca (Luc.
IV, 22). – Due sono le sorgenti di questa bontà, secondo San Tommaso
d’Aquino: la vista e l’udito. Gesù-Cristo è nello stesso tempo bello da
contemplare e delizioso da ascoltare nella sua Persona; Egli è il più bello dei
figli degli uomini da intendere, è il più soave e la grazia si spande sulle sue
labbra. Gesù-Cristo nel suo corpo, nel suo aspetto esteriore, fu dotato di una
meravigliosa bellezza, ma la bellezza della sua anima è molto più mirabile ed
incantevole. – A questa doppia bellezza, Gesù-Cristo aggiunge ancora la
bellezza della sua parola: « La grazia si espande sulle sue labbra ». Tre cose
– dice ancora San Tommaso – rendono la parola dolce e gradevole da ascoltare;
la bellezza delle cose dette, la maniera con la quale vengono dette, la
grandezza e la potenza degli effetti che ottengono nella nostra anima. Si
applichino queste tre regole alle parole di Gesù-Cristo (S. Thom. In Ps. XLIV). Quanto questo caro diletto è bello
tra tutti i figli degli uomini! Oh come è dolce la sua voce, come procedono dalle
labbra dalle quali è dispensata la pienezza della grazia! Tutti gli altri sono
profumati, ma Egli è il profumo stesso; gli altri sono pieni di balsamo, ma
Egli è il balsamo stesso; il Padre eterno riceve le lodi dagli altri, come
profumo di fiori particolari; ma al sentire le benedizioni che il Salvatore Gli
dà, Egli esclama indubbiamente: « Ecco l’odore delle lodi di mio Figlio, come
l’odore di un campo pieno di fiori che ho benedetto » (Gen. XXVII, 27), (S.
Fr. De Sal., Tr. De l’am. De Dieu, 1, V, c. XI). Tutto il popolo era
sorpreso e rapito da ammirazione ascoltandolo; ora non si può dubitare che Egli
fosse Colui che il Salmista aveva cantato: « O il più bello dei figli degli
uomini! La grazia è diffusa sulle vostre labbra ». Si lasciava tutto per
ascoltarlo, tanto potente era il fascino della sua parola, e non solo si veniva
toccati, ma rapiti dalla soavità dei suoi discorsi e dalle parole di grazia che
uscivano dalla sua bocca. Tutti Gli rendevano questa testimonianza, e non erano
solo i suoi discepoli che Gli dicevano: « … Maestro da chi andremo? Solo Voi
avete parole di vita eterna »; ma ancora « … coloro che venivano con l’ordine
ed il proposito di prenderlo, erano presi essi stessi dai discorsi, e non
osavano mettergli le mani addosso » (Bossuet,
Med. s. l’Ev. dern. s. II j.). – La vera bellezza dell’anima è
la santità. Questa bellezza, comunicata all’anima che è in grazia, la rende
infinitamente più bella di tutte le beltà che il mondo ammira e che comparate
ad essa, non sono altro che brutture e deformità. Questa santità diffonde una
certa grazia dalle labbra che si comunica a coloro ai quali parla, e che
riempie di questa unzione celeste della quale essa stessa è penetrata. È per
questa che Dio l’ha benedetta per l’eternità; o piuttosto è perché Dio l’ha
benedetta fin dall’eternità, che essa è stata riempita di bellezza e di grazie
(Dug.).
ff. 3, 4. – Il
Profeta ci presenta il Figlio di Dio come un dottore, e Lo dipinge come un re
coperto da armi, per affrontare il terribile combattimento che deve sostenere
contro nemici i più acerrimi, perché essi sono spirituali (S. Chrys.). – È contemplando innanzitutto il Verbo che si
unisce alla infermità della carne, che il Profeta Gli dice: « … Voi che siete
l’Onnipotente », perché è con uno sforzo di grande potenza che un Dio ha potuto
unirsi alla natura umana. In effetti, né la creazione del cielo e della terra,
né la produzione del mare, dell’aria e degli altri elementi, né tutti gli esseri
creati sopra nel mondo o sopra la terra, proclamano con tanto splendore la
potenza di Dio, come la divina economia, l’incarnazione, e questo abbassamento
incomprensibile della natura divina fino alla debolezza dell’infermità della
natura umana (S. Basil.). – Qualunque lode facciamo ai vittoriosi, non può
nascondere la verità che le guerre e le conquiste producono sempre lacrime che
non dànno luogo a compiacenze. Considerate i Cesari e gli Alessandri, e tutti
gli altri devastatori di provincie che noi chiamiamo conquistatori: Dio li
manda sulla terra nel suo furore. Questi eroi, questi trionfatori, con tutti i
loro magnifici elogi, sono qui in basso per turbare la pace del mondo con la
loro smisurata ambizione. Hanno essi mai fatto una guerra così giusta in cui
non abbiano oppresso una infinità di innocenti? Le loro vittorie sono i dolori
e le disperazioni delle vedove e degli orfani. Essi trionfano della rovine
delle nazioni e della desolazione pubblica. Non è così per il mio principe! Egli
è un capitano Salvatore, che salva i popoli perché li doma, e li doma morendo
per essi. Egli non utilizza né il ferro né il fuoco per soggiogarli; Egli
combatte per amore; combatte con benefici, con potenti attrazioni, con un
fascino invincibile. Che i vostri spiriti non siano occupati da una idea vana
di bellezza corporea che, certo non meritava di ottenere per tanto tempo la
meditazione del Profeta. Seguite piuttosto questo tenero ed affettuoso
movimento dell’ammirevole S. Agostino: « Per me – dice questo gran personaggio
– ovunque io veda il mio Salvatore, la sua bellezza mi sembra affascinante.
Egli è bello in cielo, bello sulla terra, nel seno del Padre, bello nelle
braccia di sua Madre. Egli è bello nei miracoli, ma pure nei flagelli. Egli
possiede una grazia senza pari, sia che ci inviti alla vita, sia che Lui stesso
disprezzi la morte. Egli è bello fin sulla croce, Egli è bello anche nel
sepolcro ». « Che gli altri – egli dice – pensino quel che vogliono; ma per noi
altri credenti, dappertutto si presenti ai nostri occhi, Egli è sempre bello in
perfezione ». Soprattutto, bisogna confessarlo, qualunque cosa creda il mondo
della sua passione, benché i suoi arti fossero crudelmente straziati e questa
povera carne lacerata facciano quasi sollevare il cuore di coloro che si
avvicinano a Lui, benché il profeta Isaia abbia predetto che in questo stato, «
… Egli non sarebbe riconoscibile, … non avrebbe avuto più grazia e neanche
apparenza umana »; tuttavia è in questi lineamenti cancellati, in questi occhi
contusi, in questo viso che fa orrore, che scopro dei tratti di una incontestabile
bellezza. Il suo dolore non solo ha dignità, ma grazia e attrattiva … l’amore
che il mio Re-Salvatore ha per me e che ha aperto tutte queste piaghe, vi ha
soffuso una certa grazia che nessun altro oggetto può eguagliare, un certo
splendore di bellezza che trasporta le anime fedeli. Non vedete con quanta
compiacenza esse vi restano legate? Per loro è un supplizio staccarsi da questo
oggetto amabile. Di là escono queste frecce acute che Davide canta in questo
nostro salmo; di là questi getti di fiamma invisibile che squarciano i cuori
nel vivo, « talmente che non respirano nient’altro che Gesù crocifisso », ad
imitazione dell’Apostolo (Bossuet). – « Regnate con la vostra
verità, la vostra dolcezza, la vostra giustizia ». Il Re-Profeta ci ha parlato
di guerra, ce ne ha descritto i preparativi, ci ha fatto vedere il capitano
tutto armato; egli racconta ora le gesta del suo regno, il genere e la natura
delle sue vittorie. Gli altri re della terra fanno la guerra per conquistare
delle città, delle ricchezze, o per vendicare inimicizie personali, o per
motivo di vanagloria. Ma non è affatto per questi motivi che il Figlio di Dio
fa la guerra: è per la sua verità e per stabilirla sulla terra; è per la dolcezza,
per ispirarla a coloro che sorpassano in crudeltà le stesse bestie feroci, vale
a dire per rendere giusti, prima con la grazia, poi con la pratica delle buone
opere, coloro che gemono sotto il giogo tirannico dell’iniquità (S. Chrys.). – Il Figlio di Dio
può regnare in due modi sugli uomini: per quelli sui quali Egli regna con il
suo fascino, con le attrattive della grazia, con l’equità della sua legge, con
la dolcezza delle sue promesse, con la forza delle sue verità, e questi sono i
giusti, i suoi diletti, ed è questo regno che David profetizza in spirito in
questo Salmo: « Andate, uomo più bello del mondo, con questa grazia e questa
beltà che vi è così naturale; andate – egli dice – a combattere e a regnare ».
Quanto è dolce questo impero! E di quale supplizio, di quale servitù non sono
degni coloro che rifiutano un dominio così giusto e gradevole? Anche il Figlio
di Dio regnerà su di essi in un modo tutto strano e che non sarà da loro
sopportato: vi regnerà con il rigore dei suoi ordini, con l’esecuzione della
sua giustizia, con l’esercizio della sua vendetta. È di questo regno che
bisogna intendere nel salmo secondo nel quale Dio dice a suo Figlio: « voi li
dominerete con scettro di ferro, etc. » (Bossuet,
Bonté et riguer de Dieu a l’ég. des péch.)
ff. 5. – È la potenza della predicazione che il salmista descrive sotto l’immagine
di queste frecce. In effetti la parola di Dio, vivente ed efficace, che trancia
più di una spada a doppio taglio, che entra e penetra fin nelle pieghe
dell’anima (Hebr. IV, 12), ha
percorso la terra intera, più rapida della freccia che fende l’aria; essa ha
colpito il cuore dei suoi nemici, non per dar loro la morte, ma per attirarli a
Dio (S. Chrys.). queste
frecce acute sono in questo discorso abilmente composto, quelle che penetrano i
cuori degli uditori, colpiscono e feriscono le anime dotate di intelligenza
viva e pronta. « Le parole del saggio – dice l’Ecclesiaste (XII, II) – sono come dei pungoli,
come dei chiodi penetrati profondamente” (S.
Basilio). Chi sono coloro che sono caduti? Coloro che sono stati
colpiti e sono caduti. Noi vediamo dei popoli sottomessi a Cristo, ma non
vediamo dei caduti. Il profeta mostra dove essi cadono: « Nel cuore ». È là che
essi si levano orgogliosamente contro il Cristo, è là che essi cadono davanti
al Cristo. Saulo bestemmiava contro il Cristo, e si erge contro con orgoglio;
supplica il Cristo, è caduto, è abbattuto: il nemico di Cristo è stato ucciso,
affinché il discepolo di Cristo vinca. Una freccia è stata lanciata dal cielo.
Saulo è stato colpito al cuore. In questo momento egli è ancor Saulo, non è
ancora Paolo; egli ancora si erge nel suo orgoglio, non è ancora abbattuto, ma
ha ricevuto la freccia, « … egli è caduto nel suo cuore » (Act. IX, 16). Oh! Come era acuta e potente questa freccia,
sotto il colpo della quale Saulo è caduto per diventare Paolo! Così è per i
popoli, come per lui: guardate le nazioni! Voi le vedete sottomesse al Cristo:
« i popoli cadranno dunque sotto la vostra potenza; nel cuore, ove essi erano
dei nemici, sono stati colpiti dalle vostre frecce, e sono caduti davanti a
voi. Da nemici quali erano, sono divenuti vostri amici; in essi i nemici sono
morti e gli amici vivono »! (S. Agost.).
ff. 6-8. – Gesù-Cristo è Re, non per un tempo, come i re della terra, ma per
l’eternità. Il trono di Davide suo padre, non è che la figura di quella di Dio,
che Lo ha generato prima dell’aurora, e che a Lui prepara: « Egli avrà dunque
il trono di Davide suo padre, e regnerà eternamente nella casa di Giacobbe. » (Luc.
I, 33). – Chi altri potrà regnare eternamente se non un Dio al Quale è
stato detto: « il vostro trono, o Dio, sarà eterno? », ed ecco perché non si
vedrà la fine del suo regno. Oh Gesù, di cui il regno è eterno, se ne vedrà la
fine nel mio cuore? Cesserò di obbedirvi? Dopo aver cominciato secondo lo
spirito, finirò secondo la carne? Mi pentirò di aver fatto bene? Mi libererò
dal tentatore, dopo tanti santi sforzi per sfuggire alle sue mani? L’orgoglio
invaderà la messe ancor prima di essere raccolta? No, bisogna essere di coloro
dei quali è scritto (Gal. VI, 9): « non cessate di
lavorare, perché la messe che dovete raccogliere non abbia a soffrire di
mancanza. » (Bossuet, Elév. XII, S
III, El.). – La verga della dirittura è quella che dirige gli uomini.
Essi erano curvati, erano torturati; essi non volevano altri re se non sé
stessi; essi si amavano, amavano le loro cattive azioni; essi non
sottomettevano la loro volontà a quella di Dio, ma volevano far piegare alle
loro cupidigie la volontà di Dio. In effetti, si vede l’uomo ingiusto e
peccatore irritarsi contro Dio, se Dio non fa colare sulle sue terre l’acqua
della pioggia, e non vuole che Dio si irriti contro di lui, se egli stesso
scorra come acqua fuggitiva. Ed è per così dire di tal sorta, che gli uomini
sono occupati, tutti i giorni, a disputare contro Dio: … Egli deve fare così, …
Egli non fa bene questo. Eh che! Voi vedete dunque ciò che dovete fare, mentre
Lui non lo vede? Voi siete torti, come Egli è retto? Come volete unire ciò che
è storto con ciò che è dritto? È impossibile allineare insieme queste due cose.
Ponete ad esempio su un pavimento ben unito, una tavola di legno torto: essa
non si congiunge, non si adatta al pavimento; il pavimento è pertanto piano
dappertutto, ma questa tavola è storta e non si applica su una superficie tutta
uniforme. La volontà di Dio è retta, e la vostra tortuosa1 Ecco perché non
potete adattarvi a quella che a voi sembra tortuosa. Raddrizzatevi voi su di
essa, lungi dal volerla curvare su di voi; poiché non saprete riuscirvi, tutti
i vostri sforzi sono vani … essa resta sempre retta. Volete adattarvi ad essa?
Correggetevi. Ella sarà la verga che vi dirige, la verga della rettitudine (S. Agost.). – Dopo aver
descritto le azioni eclatanti del Figlio di Dio, le sue vittorie, i suoi
trionfi, la salvezza del mondo intero che Egli ha riempito di verità, di
dolcezza, di giustizia, e fa uscire la saggezza dei suoi disegni, il Re-Profeta
ci parla ora della dignità di Colui che ha operato tutte queste meraviglie; è
un Dio, un Re immortale, un Giudice incorruttibile, un amico dei giusti, un
nemico dei malvagi. In questi differenti titoli si trova tutta la ragione dei
suoi successi (S. Chrys.). –
Amare la giustizia ed odiare l’iniquità, è il vero carattere di un discepolo di
Gesù-Cristo. Ciò che rende un uomo giusto e pio, non è il fare delle azioni di
giustizia e di pietà, ma l’avere l’amore nel cuore (Dug.). – Questo olio di gioia e di benedizione produce nelle
nostre anime gli stessi effetti che l’olio della terra produce nei nostri
corpi: rischiara le nostre tenebre, nutre il nostro cuore (Idem). – Queste
espressioni figurate sottolineano le virtù tutte divine delle quali Gesù-Cristo
è stato profumato nella sua santa umanità. Gesù-Cristo è il profumo di Dio.
Interpretando questa parola di San Paolo: « Ringraziamo Dio che si degna
manifestarsi per noi in tutti i luoghi il profumo della sua conoscenza » (II
Cor, II, 14, 15), Sant’Ambrogio osserva che questo profumo è primariamente
in Gesù-Cristo, perché così – egli dice – come l’oggetto che non si vede, si
manifesta col suo profumo, parallelamente Dio ha voluto farsi conoscere
mediante il suo Cristo, la cui parola ci ha insegnato che era Egli stesso il
Dio Creatore e che aveva un Figlio unico. Gesù-Cristo è il profumo di Dio! (S. Ambr.). – Oh, come ha Egli
stesso preso cura di imbalsamare l’universo intero con la sua adorabile
presenza! Felice l’anima che respira questo profumo! … senza contemplare ancora
il Dio invisibile, sente la sua felice presenza l’anima che corre all’odore del
divino profumo! Ma nel momento stesso che Gesù-Cristo fa conoscere il suo divin
Padre, così – aggiunge Sant’Ambrogio – gli Apostoli del Salvatore lo hanno essi
stessi rivelato al mondo con i loro miracoli, le loro parole e le loro virtù.
Non soltanto gli Apostoli, ma i Santi, e tutte le anime fedeli della Chiesa,
sono pure il profumo di Gesù-Cristo, ed ecco – riprende Sant’Agostino – ciò che
esprime il Re-Profeta quando ci rappresenta l’abbigliamento del divino Re che
esala le essenze della mirra, dell’aloe, dell’ambra. Che cos’è in effetti, il
vestito del Re, se non la Chiesa? La Chiesa è tutta profumata dal buon odore di
Gesù-Cristo, ed è per simbolizzare la diffusione di questo divino profumo per
mezzo delle anime, che Essa mischia all’olio santo e spande il santo crisma
sulle membra dei fedeli (Mgr. De La
Buoillerie, Symbol.). – « Il vostro Dio vi ha unto ». Non con l’olio
materiale Egli vi ha unto, come Eliseo e i Profeti, come Davide ed i Re, come
Aronne e i pontefici. Qualsiasi re, profeta o pontefice, non è stato unto con
questa unzione, che non è che una figura della sua. Anche Davide ha detto che
Egli era stato unto con olio eccellente, al di sopra di tutti coloro che sono
denominati unti, figura della sua unzione, perché Egli è unto di divinità e di
Spirito Santo (Bossuet, Elév. XIII S.
12)
II – 9-17.
ff. 9. – Fin qui la profezia di Davide non si riferisce che allo sposo; ora è alla
sposa che essa si deve applicare, sposa che tutti i Padri intendono
essenzialmente come la Chiesa, secondo la dottrina dell’Apostolo che insegna
apertamente che la Chiesa è la sposa di Gesù-Cristo; è per questo che Essa ci
sembra Regina, seduta alla destra del suo Sposo e rivestita da una veste d’oro.
Pertanto, tutto quanto si dice qui della sposa, può essere applicato ad ogni
anima perfetta, alle vergini cristiane, che sono le spose di Gesù-Cristo
secondo la carne, non di meno sposa secondo lo spirito, che occupa il primo
posto nel suo cuore; queste camminano con Lui, rivestite di bianco, « … perché
esse ne sono degne », degne per la loro innocenza, di portare nell’eternità la
livrea dell’agnello senza macchia, e di camminare sempre con Lui, poiché mai
esse Lo hanno lasciato da quando si sono messe in sua compagnia (Bossuet, Or. Fun. De M. T. d’Aut).
– Questa varietà di ornamento è la figura della diversità delle virtù
cristiane, tutte riunite come nel loro Principe, così come i doni diversi e
ripartiti tra i suoi Apostoli, i suoi martiri, le sue vergini, i suoi dottori,
i suoi confessori, ed i suoi altri membri.
ff. 10 – Questa Regina, è la sposa di Gesù-Cristo, è la Chiesa, di cui l’Apostolo,
nella lettera agli Efesini, dice: « Gesù-Cristo, il Capo della Chiesa, il
Salvatore del suo corpo » (Efes.
V, 23). – Gesù-Cristo ha amato la Chiesa e per Essa si è votato
alla morte, al fine di conquistarsi una Chiesa piena di gloria, senza macchie,
senza rughe, senza alcun genere di difetti; ma santa ed immacolata (Efes. V, 26, 27). – Riconosciamo
questa Regina con questi caratteri gloriosi descritti dal Re-Profeta, cioè con
gli onori dei quali la colma il suo Sposo, i ricchi ornamenti di cui è
rivestita, la folla che la attornia, la fecondità che l’arricchisce (S. Thom. Exp. In Ps. XLIV). – La
Chiesa intera è stata messa, nel giorno della sua fondazione, in possesso di
tutti i tesori della sua verità e della sua grazia, ma entrava nondimeno nel
piano della Saggezza suprema, riservare alla sua opera degli sviluppi graduali
e successivi. Sotto l’influenza delle diverse cause, nascono delle circostanze
in cui il doppio deposito della dottrina e della pietà cristiana sembra
produrre degli elementi nuovi, che non sono che la messa in luce o la messa in
opera delle ricchezze fin là mai percepite. Sul fondo, sempre lo stesso, della
funzione evangelica, brillano delle sfumature e dei riflessi, dei giochi di
luce ed effetti di coloro che fanno che la Religione, sempre antica e sempre
giovane, riunisca in un felice miscuglio, l’autorità di una cosa antica, con il
fascino del movimento e della novità. È così che la Sposa di Cristo ci appare «
nel suo real vestito d’oro, trapuntato di varietà » (Mgr. Pie, Discours VII, 113). – Questa Regina è ancora
l’anima unita al Verbo come al suo sposo, affrancata dall’impero e dal giogo
del peccato, ammessa a condividere il regno di Cristo, assisa alla destra del
Salvatore, ornata da un abito splendente d’oro, e coperta di abiti di diversi
colori, cioè arricchiti da dottrine spirituali, diverse e variate, che
comprendono le verità dogmatiche, le morali ed allegoriche (S. Basil.). – Dio qui dà due
cose alla sposa: la sua dottrina, con l’interposizione della parola e della
vista, per mezzo dei miracoli e della fede; e di queste due cose, Egli dà una e
promette l’altra. Ascoltate dunque le mie parole, vedete i miei miracoli, le
mie opere, e siate docili alle mie lezioni. Ma quale comandamento gli dà innanzitutto:
« Dimenticate il vostro popolo e la casa di vostro padre …. ». Poiché è nel mezzo
delle nazioni pagane che l’ha scelta come sposa, le fa un dovere di spogliarsi
di tutte le sue antiche abitudini, di cancellarne finanche il ricordo, di
bandirne il pensiero dalla sua anima, non solo di non farne più la regola della
sua condotta, ma di evitare anche di sovvenirne il ricordo (S.
Chrys.). – « Ascoltate la figlia mia e vedrete ». Ascoltate prima, e
poi vedete. In effetti ciò che noi non vediamo ancora ci è venuto con il
Vangelo che ci è stato predicato: ascoltandolo noi abbiamo creduto, e se vi
crediamo, lo vedremo … « Ascoltate la
figlia mia e vedrete ». Se non ascoltate, non vedrete. Ascoltate al fine anche
di purificare il vostro cuore con la fede, come dice l’Apostolo nel libro degli
Atti (Act. XV. 9). – Noi ascoltiamo dunque ciò che dobbiamo credere
prima di vedere, affinché purificando il nostro cuore con la fede, possiamo poi
vedere. Ascoltate dunque per credere, purificate il vostro cuore con la fede. E
quando avrò purificato il mio cuore, cosa vedrò? « … Beati i puri di cuore,
perché essi vedranno Dio » (S. Matteo
V, 8). « Ascoltate la mia figlia e vedete, tendete le vostre orecchie »;
è poco che voi ascoltiate, ma ascoltate umilmente. « Inclinate le vostre
orecchie, e dimenticate il vostro popolo e la casa di vostro padre » (S. Agost.).
ff. 11, 13. – Una
prova che qui non si tratti di bellezza corporea, è che essa è il risultato
dell’obbedienza e che l’obbedienza non produce la bellezza del corpo, ma quella
dell’anima (S. Chrys.). –
Bellezza spirituale di un’anima giusta, ornata di grazia spirituale, di virtù
infuse, dei Doni dello Spirito Santo, della presenza speciale di Dio e di mille
altre qualità ammirevoli: bellezza che attira non solo l’ammirazione degli
Angeli, ma l’amore di Dio stesso. – Non occorre presentarsi mai davanti a Dio
con dei regali. Quando non se ne possono offrire, quello del cuore supplisce a
tutto, mentre tutti gli altri senza quello, quantunque magnifici possano
essere, non sono a Dio graditi. – Più si è ricchi di tesori di grazia, più si è
obbligati di offrire a Dio umili preghiere. (Dug.)
ff. 13, 14. – Poiché
spesso gli uomini fanno le loro opere e le loro elemosine con ostentazione, il
Signore dice. « … guardatevi dal fare le vostre opere di giustizia davanti agli
uomini, per essere visti da essi. » (Matth.
VI, 1). – Ma siccome, d’altra parte, queste opere devono essere
pubbliche, a causa del volto della Sposa, Egli dice pure: « Che le vostre opere
brillino davanti agli uomini, affinché essi vedano queste buone opere e
glorifichino il Padre vostro che è nei cieli » (Matth. V, 16); vale a dire, cercate nelle buone opere che
voi fate pubblicamente la gloria di Dio e non la vostra. E chi potrà
comprendere – si dirà – se io cerco la gloria di Dio o la mia? Che io doni ad
un povero, lo si vede; ma con quale spirito io do: chi lo vede? È sufficiente
che Colui che lo vede, ve lo renderà, Questi ama interiormente perché vede
interiormente; Egli ama interiormente che sia amato anche Colui che dà la
bellezza interiore (S. Agost.).
– Entrate nel vostro intimo, dice il Re-Profeta, ed comrendete quale sia la
vera bellezza dell’anima; è della bellezza dell’anima che io vi parlo, e sotto
questa espressione figurata degli abiti, della bellezza fisica, dei ricchi
ornamenti, è l’anima l’oggetto delle mie parole e dei miei insegnamenti, è la
virtù e la gloria interiore (S. Chrys.).
– Il salmista pone la vera gloria dove essa veramente si trova, all’interno
della coscienza, nei rapporti continui con Dio, in questo contatto quotidiano e
familiare della creatura con l’Essere infinito. Egli insegna all’anima
cristiana, con questo invito, quello che deve essere, così come la Chiesa,
esercitata alla contemplazione.Considerate – egli dice – le cose
create, e, in vista dell’ordine che regna tra esse, servitevene come di tanti
scalini per elevarvi fino alla contemplazione del Creatore (S. Basil.).
ff. 15. – La Chiesa è vergine e madre feconda di vergini, spose di Gesù-Cristo, che
tengono il primo posto nel suo cuore. Queste sono quelle anime caste che,
avendo consacrato la loro verginità a Gesù-Cristo, non pensano più che a
piacergli; queste anime pie, sante nel corpo e nello spirito, « … che sono le
sue più prossime »; queste vergini di corpo e di cuore che sole « … seguono
l’Agnello ovunque Egli vada », e sono ammesse ai suoi misteri più segreti, che
sono l’onore e l’ornamento della Chiesa, il fiore delle sue produzioni, la
porzione più pura e la più preziosa del gregge di Gesù-Cristo (S. Cypr. De Virg.). – Ogni male,
ogni passione, ha la sua radice nell’atmosfera della nostra vita, nel secolo,
nel popolo, la famiglia, nelle affezioni e nelle cose che abitiamo e che
abitano in noi. Nessun uomo nasce solo con il suo corpo ed il suo spirito, egli
è un concittadino necessario di una fase del mondo, trasportato in un turbine
che lo domina, e se vuole riportare su di lui l’impero della propria personalità,
bisogna che si elevi mediante uno sforzo di separazione, al di sopra e al di là
del suo posto quaggiù; occorre che egli ascolti questo primo appello della
saggezza: « … sorgi dal tuo paese e dalla casa di tuo padre » (Gen.
XII, 1); vale a dire: lascia tutto ciò che ti abbassa, ti incatena e ti
corrompe, perché l’inizio della sovranità su di sé è il rompere i legami
esteriori e trovarsi solo con la propria infermità (Lacord., Conf. De Toul.., pag.
78). – considerate qui la precisione del linguaggio del Re-Profeta. Non
è dalla nascita, nei primi giorni della Chiesa, che la virtù della verginità ha
sbocciato i suoi fiori, ma alcuni anni dopo. Così Davide ne parla dopo che la
Sposa ha dimenticato il suo popolo e la casa di suo padre, che essa si è
rivestita dei suoi ricchi ornamenti e si è dimostrata in tutto il fulgore della
sua bellezza (S. Chrys.). – C’è gioia della Chiesa, quando le si presentano
delle vergini. Con quale allegrezza e quale trasporto divino Essa le riceve! –
Quelli che hanno consacrato la loro verginità al Signore intendano queste
parole: « Vergini saranno condotte al Re, delle vergini unite alla Chiesa, che
vengono al suo seguito e che non scartano nulla della sua santa disciplina.
Esse Gli saranno presentate nel trasporto della gioia ». Queste non saranno
affatto di quelle vergini che hanno seguito loro malgrado e forzatamente il
giogo della verginità, né di quelle che hanno abbracciato una vita casta per
tristezza o per necessità, ma quelle che sono piene di gioia per aver compiuto
questo atto eroico: ecco le vergini che saranno condotte al Re, ed introdotte
non in luogo profano, ma nel suo tempio santo. Questi sacri vasi che non sono
utilizzati per un uso volgare, saranno introdotti nel Santo dei santi, e sarà
permesso loro di entrare nel santuario inaccessibile ai piedi dei profani (S. Basil.).
ff. 16, 17. – Il
Re-Profeta ha qui in vista gli Apostoli, divenuti i dottori della Chiesa, e
descrive la loro potenza, la loro forza, la loro gloria, aggiungendo: « voi li
farete regnare su tutta la terra ». Queste parole hanno bisogno di spiegazioni?
Il sole in tutto il suo splendore non ha bisogno di dimostrazione; ora, queste
parole sono più luminose del sole. Gli Apostoli hanno percorso il mondo intero,
hanno regnato sull’universo in un senso più vero e con una potenza più grande
di come lo abbiano fatto i principi ed i re della terra. (S. Chrys.). – Dio non
manca mai di dare più di quello che si è abbandonato per Lui. In luogo della
case, dei parenti e dei vicini che si lasciano per Lui, Egli dà una posterità
numerosa. Le vergini non vogliono essere madri sulla terra, esse sono feconde
per il cielo; esse non hanno figli secondo la carne, ne hanno una moltitudine
per il buon odore dell’esempio delle loro virtù che si spandono lontano. – Questi
figli sostituiti ai padri, diventeranno essi stessi padri di altri figli. Si
formerà così una successione perpetua di santi, che renderanno pubbliche
eternamente le lodi di Dio in tutti i secoli dei secoli. Beata e santa
posterità della quale si può dire con lo Spirito-Santo: « O come è bella la
razza casta quando è congiunta con lo splendore della virtù! La sua memoria è
immortale, ed è un onore davanti a Dio e davanti agli uomini! » (Sap. IV, 1).