SALMI BIBLICI: “DIXIT INSIPIENS IN CORDE SUO, DEUS …” (LII)

Salmo 52: “DIXIT INSIPIENS in corde suo, DEUS… ”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME PREMIER.

PARIS-LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 52

[1] In finem, pro Maeleth intelligentiæ. David.

   Dixit insipiens in corde suo: Non est Deus.

[2] Corrupti sunt, et abominabiles facti sunt in iniquitatibus; non est qui faciat bonum.

[3] Deus de cælo prospexit super filios hominum, ut videat si est intelligens, aut requirens Deum. (1)

[4] Omnes declinaverunt, simul inutiles facti sunt; non est qui faciat bonum, non est usque ad unum.

[5] Nonne scient omnes qui operantur iniquitatem, qui devorant plebem meam ut cibum panis?

[6] Deum non invocaverunt; illic trepidaverunt timore, ubi non erat timor. Quoniam Deus dissipavit ossa eorum qui hominibus placent: confusi sunt, quoniam Deus sprevit eos.

[7] Quis dabit ex Sion salutare Israel? Cum converterit Deus captivitatem plebis suæ, exsultabit Jacob, et lætabitur Israel. (2)

[Vecchio Testamento Secondo la VolgataTradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LII

Salmo da cantare sull’istrumento musicale detto Maeleth;

di intelligenza di Davide, perché da Davide doveasi riprendere l’insipienza del genere umano che egli nel Salmo deplora.

Per la fine: sul Maeleth; salmo d’intelligenza di David.

1. Disse lo insensato in cuor suo: Iddio non è.

2. Si sono corrotti, e sono divenuti abominevoli nelle iniquità: non havvi chi faccia il bene.

3. Dio gettò lo sguardo dal cielo sopra i figliuoli degli uomini per vedere se siavi chi abbia l’intelletto, o chi cerchi Dio. (1)

4. Tutti sono usciti di strada, son divenuti egualmente inutili: non avvi chi faccia il bene, non ve n’ha nemmen uno.

5. Non se n’avvedrann’eglino tutti coloro che fan loro mestiere della iniquità, che divoranoil popol mio, come un pezzo di pane?

6. Non hanno invocato Dio; ivi tremaron di paura, ove non era timore.

Imperocché Dio ha spezzato le ossa di coloro che godon la grazia degli uomini; son rimasti svergognati, perché Dio gli ha dispregiati.

7. Chi darà di Sionne la salute d’Israele? Quando Dio libererà il popolo suo dalla schiavitù, esulterà Giacobbe e rallegrerassi Israele. (2)

(1) Si sono qui inseriti (Ps. XIII) tre versetti che San Paolo cita a proposito del versetto 3 di questo Salmo e che egli estrae da diversi passi della Scrittura, è un artefatto del copista (Le Hir.).

(2) Questo ultimo versetto è stato probabilmente aggiunto durante la cattività di Babilonia.

Sommario analitico

Il Profeta, in questo Salmo, che è quasi una ripetizione del Salmo XIII, ci dipinge la corruzione come cosa generale nel popolo di Dio.

I. Egli mostra e deplora:

1° l’empietà dell’ateo, a) nella sua intelligenza per cui nega Dio (1); b) nella sua volontà, che egli contamina con ogni sorta di peccati (2); c) nelle sue opere, omettendo di fare il bene e commettendo positivamente il male, accanendosi contro il popolo di Dio (3-5).

2° il castigo dell’ateo, a) egli è sempre tremante, perché non invoca Dio; b) Dio lo distrugge, lo copre di confusione e lo rigetta (6).

II. Egli mostra la felicità dei giusti:

1° la salvezza che essi ottengono da Dio; 2° la libertà; 3° la gioia (7).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-6.

ff. 1. – L’insensato non osa dirlo con le labbra, lo dice nel suo cuore, o piuttosto è il suo stesso cuore, cioè i desideri corrotti del suo cuore, che lo ha detto; non che egli lo creda, ma perché vorrebbe che non ci fosse un Dio vendicatore dei suoi crimini (Dug.). – L’insensato ha trovato un accordo tra la sua ragione ed il suo cuore: la sua ragione gli ha detto che non c’è Dio, ed il suo cuore ribelle gli ha detto che non ce n’è affatto; e poiché il suo cuore sfortunatamente ha prevalso sulla sua ragione, malgrado le istanze della sua ragione, egli ha seguito i movimenti del suo cuore fino a concludere, conformemente ai suoi desideri, che non c’è Dio nell’universo (Bourd. Aveugl. spir.). – Quanti ancora dicono che il Cristo non è Dio! È il linguaggio di colui che resta pagano; è il linguaggio dei Giudei che, disseminati dappertutto, portano dappertutto con sé la testimonianza della loro confusione, ed è anche il linguaggio di molti eretici (S. Agost.).

ff. 2. – L’iniquità, cioè il peccato deliberato della volontà, è la fonte corrotta del cuore degli empi, che li rende abominevoli davanti a Dio. – « Non c’è nessuno che faccia il bene », perché oltre all’infinità di coloro che fanno apertamente il male, quanti sono quelli che fanno convenientemente il bene che sembrano fare? (Dug.).

ff. 3. – E come? Dio ignorava che fossero divenuti tali? Se dunque Egli li conosceva, se sapeva cosa essi erano, da cosa viene ciò che qui è detto: Dio ha rivolto gli occhi nel cielo, etc. Queste parole indicano l’azione di qualcuno che cerca e non di qualcuno che sa … Questa questione è risolta dal linguaggio abituale della Scrittura, che attribuisce a Dio ciò che fa la creatura con l’aiuto dei doni di Dio (S. Agost.). – L’attività, l’intelligenza degli uomini è in ogni altra cosa che non riguardi Dio. Essi cercano tutto con ardore, eccetto Dio, verso il Quale essi non hanno che insensibilità, indifferenza.

ff. 4. – Grande sventura è il non essere nel retto cammino. – Sventura ancora più grande è il fuoriuscirne quando vi si è. Vita inutile, molle, voluttuosa, in cui si attende a gioire tranquillamente della vita, della salute, dei beni acquisiti, delle dolcezze, delle comodità, del caro bene, dei piaceri della vita, è la vita di un onesto pagano, non la vita di un Cristiano, che deve essere una vita di mortificazione, di penitenza, di croce. (Dug.). – Tutti si sono allontanati dal retto cammino e sono divenuti inutili. Non applichiamo queste parole ai pagani e agli idolatri; lasciamo gli eretici e gli scismatici, non parliamo dei libertini e degli atei; non comprendiamo in questo numero neppure certi peccatori insolenti che, pur conoscendo Dio per fede, fanno professione di rinunzia con il cuore. Quanti pochi Cristiani, impegnati nel commercio del mondo, sono nello stato di agire utilmente per Dio e per se stessi, se, per farlo, devono essere amici di Dio! … essi sono tutti nell’inganno, ed ingannandosi, si sono resi inutili; inutili per Dio ed inutili per se stessi, per Dio, per cui non si sentono onorati del gran bene, anche se lo fanno; per se stessi perché tutto ciò che essi fanno, qual sia, non è scritto nel libro della vita, di modo che, pur facendo il bene e facendolo con ardore e perseveranza, essi non fanno nulla. (Bourd. Etat du pechè et état de grace).

ff. 5. – Non sarà forse un giorno ciò che essi faranno? E non lo si mostrerà loro … il vostro popolo è divorato come un pezzo di pane. Quaggiù c’è dunque un popolo che viene divorato? Certo, Voi sapete « … non c’è un uomo che faccia il bene, neanche uno solo ». Ma questo popolo che è divorato, questo popolo che soffre a contatto con i malvagi, è già passato dal numero dei figli degli uomini al numero dei figli di Dio. Ecco perché questo popolo è divorato; « … perché voi avete confuso il disegno dell’indigente, perché la sua speranza è nel Signore ». Spesso, in effetti, ciò che fa sì che il popolo di Dio sia divorato, è che esso è disprezzato perché è il popolo di Dio. Che io lo derubi, dice il malvagio, che io lo spogli, se è cristiano, cosa mi farà? « Essi mangiano il mio popolo come il pane ». In effetti, quanto ai nostri alimenti, noi possiamo mangiarne ora l’uno, ora l’altro; noi non mangeremo sempre di questi legumi, di questa carne, né sempre di questi frutti, ma noi mangiamo sempre del pane. Questi dunque divoreranno il mio popolo come un pezzo di pane (S. Agost.).

ff. 6. – « Essi sono stati presi dalla paura, ove non c’era da temere ». E cosa c’è da temere, in effetti, quando si perdono le proprie ricchezze? Non c’è motivo di temere, eppure si teme. Ma se qualcuno perde la saggezza, qui c’è motivo di temere e non si teme … Coloro che hanno detto del Cristo: Egli non è Dio, hanno paura, la dove non c’era motivo di temere … o insensati, o imprudenti, voi avete paura di perdere la terra ed avete perduto il cielo; voi avete temuto che i Romani vincessero e avessero preso la vostra città ed il vostro reame, e che essi potessero prendere il vostro Dio? Cosa vi resta, se questo non è confessare che voi avete voluto conservare questi beni, e che per conservarli, li avete perduti? Perché avete perso la vostra città e la vostra nazione perdendo il Cristo (S. Agost.). – Voler piacere agli uomini, principio dei pastori e di diversi altri. È una vile compiacenza che nasce da un gran fondo di amor proprio, e che ha sempre timore di ferire coloro dai quali si spera qualche vantaggio … « Se volessi piacere agli uomini, non sarei servo di Gesù-Cristo » (Gal. I, 10). Comunque, si teme più il disprezzo degli uomini che quello di Dio, e più si vuol piacere agli uomini della terra, più si è coperti da confusione davanti a Dio. Quale partito vogliamo noi prendere? Se vogliamo piacere agli uomini e sperare in essi, Dio frantumerà le nostra ossa e ci confonderà con l’ultimo disdegno; ma se noi amiamo maggiormente piacere a Dio, la confusione che ne riceveremo da parte del mondo tornerà alfine a nostra gloria (Dug.). – Chi non preferirebbe essere odiato con Gesù-Cristo e per Gesù-Cristo, piuttosto che essere amato da quelle che sono chiamate, con verità, sia per lusinga, le delizie del genere umano? Io non voglio essere amato dagli uomini che hanno odiato Gesù-Cristo; io preferisco piuttosto queste grida: « togli, togli, sia crocifisso » (Joan. XIX, 15), o coloro che contro San Paolo, come popolo in furore gettavano in aria polvere e la veste a terra. « eliminate dalla terra quest’uomo, non permettetegli di vivere »; (Act. XXII, 53) queste acclamazioni che si fecero ad Erode: « … è il discorso di un dio e non di un uomo »; perché, vedetene il seguito: « … l’Angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio, e morì divorato dai vermi ». È così che Dio spezza le ossa di quelli che vogliono piacere agli uomini; e San Paolo diceva ai Galati: «Se io piacessi agli uomini, io non sarei servo di Gesù-Cristo ». (Gal. I, 10), (Bossuet, Méd. s. l’Ev., II, p. XVI).

II

ff. 7. – È l’augurio di un’anima cristiana liberata dalla servitù del peccato, dalla cattività di Babilonia, della quale neanche i giusti si sono interamente affrancati.