CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME PREMIER.
PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 50
In finem. Psalmus David, cum venit ad eum Nathan propheta, quando intravit ad Bethsabee.
[1] Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam;
[2] et secundum multitudinem miserationum tuarum, dele iniquitatem meam.
[3] Amplius lava me ab iniquitate mea, et a peccato meo munda me.
[4] Quoniam iniquitatem meam ego cognosco, et peccatum meum contra me est semper.
[5] Tibi soli peccavi, et malum coram te feci; ut justificeris in sermonibus tuis, et vincas cum judicaris.
[6] Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum, et in peccatis concepit me mater mea.
[7] Ecce enim veritatem dilexisti; incerta et occulta sapientiæ tuæ manifestasti mihi.
[8] Asperges me hyssopo, et mundabor; lavabis me, et super nivem dealbabor,
[9] Auditui meo dabis gaudium et laetitiam, et exsultabunt ossa humiliata.
[10] Averte faciem tuam a peccatis meis, et omnes iniquitates meas dele.
[11] Cor mundum crea in me, Deus, et spiritum rectum innova in visceribus meis.
[12] Ne projicias me a facie tua, et spiritum sanctum tuum ne auferas a me.
[13] Redde mihi lætitiam salutaris tui, et spiritu principali confirma me.
[14] Docebo iniquos vias tuas, et impii ad te convertentur.
[15] Libera me de sanguinibus, Deus, Deus salutis meæ, et exsultabit lingua mea justitiam tuam.
[16] Domine, labia mea aperies, et os meum annuntiabit laudem tuam.
[17] Quoniam si voluisses sacrificium, dedissem utique; holocaustis non delecta-beris.
[18] Sacrificium Deo spiritus contribulatus; cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies.
[19] Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion, ut ædificentur muri Jerusalem.
[20] Tunc acceptabis sacrificium justitiæ, oblationes et holocausta; tunc imponent super altare tuum vitulos.
[Vecchio Testamento Secondo la VolgataTradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO L (1)
Salmo di Davide da cantare fino alla fine del mondo, e composto da lui quando Nathan profeta entrò da lui a rimproverarlo del suo adulterio con Bethsabea, e anche dell’omicidio di Uria. Davide chiede a Dio perdono del suo peccato (vedi lib. 2 Reg., c. 12).
Per la fine, salmo di David; quando andò a trovarlo il profeta Nathan, allorché egli si accostò a Bethsabea.
1. Abbi misericordia di me, o Dio, secondo la grande tua misericordia.
2. E secondo le molte operazioni di tua misericordia scancella la mia iniquità.
3. Lavami ancor più dalla mia iniquità, e mondami dal mio peccato:
4. Perocché io conosco la mia iniquità, e il mio peccato mi sta sempre davanti;
5. Contro di te solo peccai, e il male feci dinanzi a te; affinché tu sii giustificato nelle tue parole, e riporti vittoria quando sei chiamato in giudizio.
6. Imperocché ecco che io nelle iniquità fui concepito, e nei peccati mi concepì la madre.
7. Ed ecco che tu hai amato la verità! svelasti a me gl’ignoti e occulti misteri di tua sapienza.
8. Tu mi aspergerai coll’issopo, e sarò mondato; mi laverai, e diverrò bianco più che la neve.
9. Mi farai sentir parola di letizia e di gaudio, e le ossa umiliate tripudieranno.
10. Rivolgi la tua faccia dai miei peccati, e cancella le mie iniquità.
11. In me crea, o Dio, un cuor mondo, lo spirito retto rinnovella nelle mie viscere.
12. Non rigettarmi della tua faccia, e non togliere da me il tuo santo spirito.
13. Rendimi la letizia del tuo Salvatore per mezzo del benefico Spirito tu mi conforta.
14. Insegnerò le tue vie agli iniqui, e gli empi a te si convertiranno.
15. Liberami dal reato del sangue, o Dio, Dio di mia salute, e la mia lingua canterà con gaudio la tua giustizia.
16. Signore, tu aprirai le mie labbra, e la mia bocca annunzierà le tue lodi.
17. Imperocché, se un sacrifizio tu avessi voluto, lo avrei offerto; tu non ti compiacerai degli olocausti.
18. Sacrifizio a Dio lo spirito addolorato; il cuore contrito e umiliato nol disprezzerai o Dio.
19. Colla buona volontà tua sii benefico, o Signore, verso Sionne, affinché stabilite sieno le mura di Gerusalemme.
20. Tu accetterai allora il sacrifizio di giustizia, le oblazioni o gli olocausti; allora porranno dei vitelli sul tuo altare. (1)
(1) Ci sono degli autori che pensano che i versetti 19 e 20 siano stati aggiunti durante la cattività.
Sommario analitico
In questo Salmo, di cui il titolo ne spiega sufficientemente l’occasione ed il soggetto, Davide, pentito del suo peccato (due anni dopo), fa tre cose:
I. – Adduce diverse ragioni per piegare Dio affinché gli ottenga il suo perdono:
– 1° la misericordia infinita di Dio e gli affetti multipli della sua misericordia (1, 3);
– 2° la conoscenza che egli ha del suo peccato ed il ricordo che ne conserva (4);
– 3° egli ha peccato sotto gli occhi di Dio solo, poiché Dio solo poteva dargli delle leggi, e Dio solo poteva punirlo con giustizia (5); – 4° il peccato originale e l’inclinazione al male che ha lasciato in noi (6); – 5° la semplicità e le verità del suo cuore, dove risiedono, volendo, la promessa che Dio gli ha fatto di perdonarlo, ed i doni profetici dei quali lo ha ricolmato (7).
II. – Egli descrive le giustificazione del peccatore ed i suoi numerosi effetti: domanda a Dio: – 1° di purificarlo con l’infusione della grazia santificante. Due sono gli effetti di questa infusione di grazia: egli sarà purificato, e diventerà più bianco della neve (8); – 2° di rendergli la gioia per cui la remissione dei peccati si espanda nell’anima (9); – 3° di dimenticare completamente le sue colpe e cancellarle completamente (10); – 4° di creare in lui un cuore puro ed uno spirito retto (11); – 6° di raffermarsi nella perseveranza (12, 13).
III. – Davide, per testimoniare la sua riconoscenza a Dio, promette: – 1° nei riguardi del prossimo, di insegnargli le vie di Dio (14); – 2° nei riguardi di Dio, di celebrarlo e di lodarne l’indulgere della sua giustizia (15, 16). – 3° nei riguardi di se stesso, di allontanare il suo cuore dal peccato, a) immolando a Dio un cuore contrito ed umiliato (17, 18); b)edificando in lui l’edificio delle virtù (10), c) offrendoGli, in questo tempio e su questo altare interiore, la vittime della pietà (20).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 6.
ff. 1 – Davide, uscendo alfine dal sonno letargico in cui il suo duplice crimine lo aveva sprofondato, vede sulla terra il sangue di Uria che grida vendetta contro di lui; in mezzo al suo palazzo, davanti al profeta Natan, che viene per fargli sentire le minacce della giustizia divina, egli ascolta i mormorii dei grandi della sua corte, il riso ed il sarcasmo dei pagani; nel cielo percepisce la mano vendicativa di Dio, pronta ad appesantirsi su di lui; oh! Allora, egli non si sogna di richiamare il ricordo delle sue passate virtù, non cerca di difendersi con lo splendore e la maestà della porpora, egli si getta nel seno paterno di Dio ed implora la sua misericordia. – Il colpevole, condotto davanti al suo Giudice sovrano, considera che questo Giudice non possa essere ingannato, perché Egli è la saggezza stessa, che non si possa vincere, perché Egli è onnipotente; che non si possa sfuggire al suo tribunale, perché Egli è dappertutto. Nessuna scusante, nessuna difesa possibile, non ci sono speranze che nella misericordia …io non oso dirvi: Mio Dio, perché peccando io Vi ho perduto; seguendo il vostro nemico, io mi sono allontanato da Voi, amando il male, io mi sono allontanato dal bene. Coloro che sono puri, che sono buoni, che sono veramente figli vostri e vostri eredi, vi chiamino “mio Dio”; ma io, coperto di sozzura, io che ho abbandonato mio Padre, che mi sono venduto al suo nemico, che mi sono smarrito nelle regioni lontane dove ho dissipato tutta la mia eredità, dandomi al mondo, alle mie passioni, tutto ciò che Dio voleva avere, io non oso chiamarvi “mio Dio”, io non oso chiamarvi “mio Padre”, io non posso che dirvi: o Dio, abbiate pietà di me, trattatemi come uno dei vostri mercenari, perché io non sono degno di essere chiamato vostro figlio (Hug. De Saint Victor). – Colui che invoca una grande misericordia, confessa una grande miseria. Questi vi chiedono soltanto un po’ della vostra misericordia, perché hanno peccato senza saperlo; ma di me, abbiate pietà secondo la vostra grande misericordia. Trattate con tutta la potenza dei vostri rimedi, la gravità delle mie ferite. Le mie ferite sono gravi, ma io mi rifugio presso l’Onnipotente. Io dispererei della guarigione di una simile malattia, se non ricorressi ad una simile medicina (S. Agost.). – Dio è un oceano infinito di misericordia. La vostra iniquità ha dei limiti, la clemenza, la bontà di Dio non ha limiti; la vostra malizia, qual essa sia, è una malizia umana, la clemenza di Dio è una clemenza divina che non può essere circoscritta da alcun limite. – La misericordia di Dio è grande. 1° perché essa viene da Dio ed è di causa efficiente, l’amore immenso che Egli ha per noi; 2° perché essa ci è data dal suo Figlio unico Gesù-Cristo; 3° perché essa viene in soccorso della più grande miseria.; 4° perché essa è per noi la più grande sorgente dell’abbondanza delle grazie; 5° perché essa si estende agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi; 6° perché essa ha come fine il condurci al cielo e metterci in possesso della magnifica eredità dei cieli. Il peccato è scritto in tre libri: la coscienza del peccatore, nel ricordo dei demoni, nella memoria di Dio, che vede tutto e punisce ogni iniquità a suo tempo. Dio cancella il peccato da questi tre libri del ricordo. « Io stesso – dice – Io stesso cancellerò le iniquità; a causa mia, Io voglio dimenticare i tuoi crimini » (Is. XLIII, 25). – Dio cancella il peccato: dalla sua memoria nel senso che non lo punirà mai; dal ricordo del demonio che mai potrà farne oggetto delle sue accuse; dalla coscienza del peccatore, che il ricordo dei peccati rimessi non potrà più contristare.
ff. 2. – Dopo che il peccato sia stato rimesso, non bisogna credere che non ne resti alcun residuo, e che possiamo trascorrere la nostra vita in assoluta sicurezza. La grazia della penitenza ci ha sottratto alla morte eterna, ma siamo ancora abbattuti da mortali e perniciosi languori; ci resta infatti una grande disposizione al male, ed una debolezza ancora più grande verso il bene, come succede ad un malato che viene fuori da lunga e violenta malattia. Così chiediamo a Dio di guarire tutte le piaghe le une dopo l’altra, al fine di meglio avvertire la miseria dalla quale ci libera, e la grazia con la quale ci salva. (Bossuet; Duguet.). Ma si dirà, un peccato è perdonato o non; il perdono è un atto istantaneo, poco importa se gratuito o condizionale, e domandare perdono per ciò che è stato già perdonato, è avvicinarsi a Dio con parola senza significato. Ma Davide dà voce al dolore. « Amplius lava me », « purificatemi ancor più, o mio Dio! ». E la Chiesa universale ha adottato il suo « miserere »: incessantemente in ginocchio, da un capo all’altro del mondo, Essa ripete e grida: « Amplius lava me ». O come l’anima sospira dopo questo « amplius lava me ». I teologi ci dicono che le fiamme del Purgatorio, nell’esecuzione del loro ufficio, nello stesso tempo dolce e crudele, non cauterizzano nell’anima le cicatrici del peccato, perché veramente queste cicatrici non esistono più; il sangue prezioso le ha fatte sparire coprendole con il suo perdono; e nonostante queste fiamme brucino sempre. È lo stesso per le fiamme di questo « amplius » che consumano l’anima; è una cosa che si avverte più che spiegarsi, si ama, ma non saprebbe definirsi (Faber, progès de l’âme, cap. XIX).
ff. 3. – La conoscenza del peccato, è condizione necessaria per ottenerne il perdono. « Quali sono i miei crimini e le mie iniquità? Mostratemi i miei peccati e le mie colpe » (Giob. XIII, 23). – La misericordia di Dio è nel perdonare al peccatore; la sua giustizia, nel punire il peccato. Che dunque? Voi chiedete misericordia, il vostro peccato resterà impunito? Che risponda Davide, che rispondano coloro che sono caduti, che rispondano tutti con Davide, alfine di meritare la misericordia con Davide, ed essi dicano: no, Signore, il mio peccato non sarà impunito, ma io desidero che voi non mi puniate affatto, perché io stesso punisco il mio peccato. Io chiedo che voi mi rimettiate la colpa, perché io la riconosco. (S. Agost.). – Alla fine impariamo che questa conoscenza, questa confessione del proprio peccato, ben lungi dall’attirarci da parte di Dio un giudizio di condanna, previene al contrario tutti i giudizi che noi avremmo da temere per timore della sua giustizia, e ce ne preserva. Davide non si serviva di alcun altro motivo per chiedere a Dio di purificarlo da tutte le macchie di peccato e ricondurlo nel suo favore, se non il dirgli: « Voi vedete, Signore, che io riconosco la mia iniquità » … Quale conseguenza! Essa è giustissima, risponde S. Crisostomo; e Davide, parlando in tal modo, era perfettamente istruito delle intenzioni di Dio e delle sue vedute tutte misericordiose; perché è come se dicesse: … è vero, Signore, che questa confessione che io ho fatto dell’offesa commessa è una riparazione molto lieve; ma poiché Voi la gradite e ve ne contentate, io oso offrirvela, e spero di riconciliarmi con Voi (Bourd. sur la confess.). – « … e il mio peccato è sempre davanti a me ». Mi è sempre presente per rinfacciarmi sempre sia la mia indegnità, sia la vostra bontà: la mia indegnità per averlo commesso, e la vostra bontà che me lo ha rimesso. Esso mi è sempre presente, per ispirarmi sempre lo zelo ed un coraggio nuovo, sia nelle avversità della vita, sia nelle pratiche di penitenza. Che mi giunga per vostro ordine, o che lo imponga da me stesso, il mio peccato o il perdono del mio peccato sarà sempre un motivo pressante che mi risveglierà, mi ecciterà, mi incoraggerà ad intraprendere tutto per voi, a sacrificarmi, e al bisogno, ad immolarmi per Voi. (Bourd., Conv. De Magd.). – Il primo passo del penitente è quello di riconoscere i propri peccati; il secondo è farne la confessione, il terzo è di sollecitarne il perdono; il quarto è l’espiazione per la soddisfazione conveniente; il quinto è di non perderne il ricordo (Berthier).
ff. 4. « Davanti a voi solo ho peccato »! Che cos’è questo? Non era cosa evidente agli uomini una donna macchiata da adulterio e suo marito messo a morte? (II Re XI, 4, 15). E non sapevano tutti ciò che Davide aveva fatto? Cosa dunque significano queste parole? « Davanti a Voi solo ho peccato ». Solo Voi siete senza peccato. Giustamente punisce colui che non ha in sé nulla di reprensibile (S. Agost.). – L’uomo non pecca contro l’uomo, perché anche egli è gravato di una colpa uguale o più grande. Dio solo punisce i peccati con giustizia, perché Egli è il solo in cui non si possa trovare colpa soggetta al castigo. Per questo dunque, Dio solo può dunque risparmiare il peccatore, Egli solo può giudicare con giustizia, ed è Lui solo che colpisce colui che pecca (S. Greg.). – Contro Dio solo Davide ha peccato: sebbene abbia fatto un’ingiuria atroce ad Uria ed a Bethsabea, questo non è nulla nei confronti dell’oltraggio fatto a Dio. – Quante volte commettiamo contro Dio ed i suoi Santi colpe che gli uomini non vedono, che non sospettano neppure, e che non hanno altri testimoni che Dio e la coscienza? Peccati di orgoglio e di vano compiacimento, colpe di ambiziosi o cupidi desideri, colpe di voluttuosi pensieri, colpe di distrazioni volontarie, peccati di invidia contro il prossimo, colpe di giudizio temerario, di scoraggiamento, di impazienza e di mormorazioni. C’è di che umiliarci e spiegare tutte le severità di Dio nei nostri confronti! (Rendu). – Noi abbiamo peccato contro Dio, è là e non altrove che occorre andare a cercare la causa dei nostri mali. È là l’inizio triste di tutte le nostre colpe, e di conseguenza il punto di inizio di tutti i nostri malanni. Noi abbiamo da tempo ribaltato un primo trono, quello di Dio; abbiamo negato la prima sovranità, la sovranità divina. Tutti noi siamo stati colpevoli: i grandi hanno cospirato contro i piccoli, ed i piccoli contro i grandi; il potere ed il sapere hanno ugualmente dato una mano alla ribellione. Lo stendardo dell’indipendenza è stato issato innanzitutto contro Dio; ed in verità, tutti gli altri nostri torti impallidiscono in confronto a questo primo attentato: « … contro Dio solo noi abbiamo peccato » (Mgr. Pie, Disc. et inst. past. I, 128). – Cosa vuol dire « In modo che siate giustificato nelle vostre parole, etc. ». io ho peccato davanti a voi solo, ed ho fatto il male contro di Voi, di modo che siate riconosciuto giusto nei vostri discorsi, nei rimproveri che mi avete indirizzato con Nathan, e che, se sorgesse un dibattito tra noi due, ed io volessi negare questo crimine di cui mi avete accusato, voi trionfereste e la causa si rivolgerebbe contro di me (Bellarm.). – Or bene Davide vede che il giudice da venire deve subire egli stesso un giudizio; egli vede che il giusto deve essere giudicato dai peccatori, e lo vede vincitore in questo giudizio, perché egli non ha niente in Lui che possa essere oggetto di giudizio; perché l’Uomo-Dio è il solo tra gli uomini che abbia potuto dire con verità: « Se voi trovate un peccato in me, ditelo » (S. Agost.).
ff. 5. – Davide si dice concepito nell’iniquità, perché l’iniquità dell’uomo discende da Adamo. Questo legame, anche della morte che ci avvolge, è strettamente unito al peccato. Nessuno quaggiù viene al mondo senza portare con sé il castigo, portando cioè la colpa che meriti il castigo … Se dunque gli uomini sono concepiti nell’iniquità, e se nel seno della loro madre sono nutriti col peccato, non perché l’atto del matrimonio sia un peccato, ma perché questa opera non si fa che in una carne che porta il castigo del peccato. In effetti, la morte è il castigo della carne, è questa mortalità è sempre in essa. Come dunque ciò che deve la sua concezione ed il suo germe ad un corpo morto per il peccato, potrebbe nascere esente dai legami col peccato? (S. Agost.).
ff. 6. – Voi avete amato la verità, cioè non avete lasciato impunito il peccato di quegli stessi ai quali avete perdonato. Voi avete « amato la verità », avete accordato alla misericordia tutte le sue prerogative, riservando alla verità tutti i suoi diritti. Voi perdonate a coloro che confessano i propri peccati, Voi perdonate, ma a coloro che si puniscono da se stessi. È così che conservate misericordia e verità: la misericordia, perché l’uomo è liberato, la verità perché il peccato è punito (S. Agost.). – Davide si riconosce molto meno scusabile a causa della bontà con la quale Dio si era degnato di scoprirgli tutti i segreti della saggezza che nascondeva agli altri. – Nessuna scienza, nessun dono soprannaturale, nessuna santità è al riparo da pericoli mentre l’uomo vive sulla terra: ecco un profeta, un uomo illuminato dalle luci più pure della Religione, che erra in modo sì deplorevole. Dio solo è verità, e solo Egli è inaccessibile all’errore; coloro ai quali Egli confida i suoi segreti devono restare pertanto sempre in guardia, perché onorati da grazie più particolari (Berthier).
II. — 7-12.
ff. 7. – Noi abbiamo bisogno di essere purificati, non con l’issopo, di cui si serviva Mosè per aspergere il popolo, ma con il sangue che esso figurava. Il sangue del divino Mediatore che ci purifica da ogni peccato, dice S. Giovanni (I Giov. I, 7), dà alla nostra anima un biancore più intenso di quello della neve. – « Se il sangue dei capri e dei tori e l’aspersione dell’acqua mescolata alla cenere di una giovenca, santificano coloro che sono stati lordati e purificano la loro carne, quanto più il Sangue di Gesù-Cristo, che per mezzo dello Spirito Santo si è offerto Egli stesso come vittima senza macchia, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per farci rendere un vero culto al Dio vivente? » (Hebr. IX, 13). – In effetti, lo splendore ed il chiarore della neve ci richiamano la purezza dell’anima. « Quando anche le vostre iniquità, dice il Signore per bocca del Profeta, vi avessero reso scarlatti come la porpora, voi potete ancora diventare bianchi come la neve » (Is. I, 18). Ed è nello stesso senso che Davide rivolge a Dio questa preghiera. – Se, in una bella giornata invernale, i nostri occhi si posano su un’immensa pianura coperta di neve, questo bello spettacolo ci colpisce e ci commuove. La natura – è vero – è spoglia delle foglie e dei fiori, ma l’eclatante biancore che la ricopre, ci sembra un simbolo pieno di fascino, il simbolo della purezza: eleviamo le nostre anime a Dio, e domandiamoGli per questo, il bagliore senza macchia che Egli dà alla neve (Mgr. De la Bouillerie, Symbol. I, 141).
ff. 8. – L’effetto ed il segno di una perfetta giustificazione, si ha quando lo Spirito rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo i figli di Dio. Quando mi avrete completamente purificato, dice il Profeta, aggiungerete a questi benefici l’avvertirmi di questa grazia resa, con la dolce impressione della grazia interiore, gioia che sarà come un messaggio di felicità di cui la mia anima sentirà la voce; allora il mio spirito, distrutto e annientato dallo spirito di timore, riprendendo il suo coraggio, si riempirà di gioia (Bellarm.).
ff. 9. – Allontanate la vostra faccia, non da me, ma dai miei peccati. Egli dice in effetti, in un altro Salmo: « Non allontanate il vostro volto da me » (Ps. XXVI, 9). Egli non vuole che Dio allontani il suo volto da lui, ma che Dio lo allontani dai suoi peccati; perché Dio distingue i peccati dai quali non allontana il suo volto, e quelli che Egli nota, li punisce (S. Agost.). – Allontanate i vostri occhi dai miei peccati, per rivolgerli sul Figlio vostro, sulla sua croce, sul suo sangue; « o Dio, nostro protettore, guardate e ponete i vostri occhi sulla faccia del vostro Cristo » (Ps. LXXXIII).
ff. 10. – La giustificazione dell’uomo è una vera creazione, perché essa è in effetti pura misericordia di Dio e non c’è nulla nell’uomo che possa servire come materia o come fondamento di questa formazione, e così, senza la grazia del Redentore, il peccatore non ha più potenza per darsi un cuore nuovo di cui l’uomo non possa darsene l’essere. – Passare dal peccato alla grazia, è come passare dallo stato dell’uomo vecchio allo stato dell’uomo nuovo: si opera nell’anima un cambiamento che è opera dell’onnipotenza di Dio. Quando il profeta Ezechiele annuncia la riconciliazione di Dio con il suo popolo, egli ha l’ardire di annunziare che gli sarà dato un cuore nuovo, che uno spirito nuovo sarà stabilito nel suo interno, e che allora egli sarà fedele alla legge del Signore. San Paolo dice che per il sangue di Gesù-Cristo noi siamo state costituite nuove creature; che noi dobbiamo essere rivestiti dall’uomo nuovo. Infine tutto il Nuovo Testamento, figurato dall’Antico, non ci parla che di rinnovamento, sia per questa vita mortale che per la vita futura; perché è scritto anche che noi dobbiamo attendere dei nuovi cieli, una nuova terra, una Gerusalemme nuova. Un Cristiano fedele alla sua vocazione è dunque un uomo nuovo nei suoi sentimenti, nella sua condotta, nel suo linguaggio (Berthier). L’amore abituale che domina in me e che è il mio cuore, non tale come Dio lo ha fatto, ma come l’ho fatto da me stesso, buono o cattivo, virtuoso o vizioso, è un peso che inclina e determina l’elezione ed il giudizio secondo il quale la mia persona si dirige da se stessa, e si sente vivente nei suoi rapporti interiori con se stessa ed esterni con il mondo. Io posso – è vero – prendere per una volta un’altra direzione ed imprimere alla mia vita un movimento diverso, opposto anche, e questo sia portandomi a produrre qualche atto isolato al di fuori di questo amore abituale e dominante del mio cuore, sia formando al posto di questo amore un altro amore che, anch’esso diventerà abituale o dominante quando avrà scacciato il primo, o almeno l’avrà ridotto in cattività, ma in questi atti ed in questi cambiamenti, è un altro amore che è il vincitore dell’amore, e questo non distrugge la verità morale di questo adagio: « che l’uomo agisce secondo il suo cuore », vale a dire secondo l’amore che domina in lui. Quando c’è un profitto del bene contro il male che questa vittoria, sia parziale che totale, debba essere riportata, non è se non con il soccorso della grazia che ciò sia possibile, perché è una sorta di creazione questa sostituzione di un amore ad un altro amore. Ma, fragile creatura, io non posso creare nulla; bisogna dunque che Dio mi dia questo amore, e perché Egli me lo dia, bisogna che io non cessi di gridare verso di Lui con il salmista: « Signore, create in me un cuore puro, un cuore nuovo, un cuore buono ». O mio Dio, felice è colui che porta un cuore nuovo, un cuore santo, forte e vittorioso sul male. Che bella è la vita che scaturisce da tale fonte! Essa esprime bene le beltà, le armonie della vita di Dio, che è il suo tipo eterno! (Mgr. Baudry, Le Coeur de Jésus, p. 115). – Davide comincia col domandare un cuore puro, perché è il cuore puro che rende lo spirito retto nei suoi pensieri, nei suoi affetti. Uno spirito retto, è un affetto retto che non è altro che carità. Le vie ella lussuria sono sempre tortuose; il cammino della virtù, al contrario, è un piccolo sentiero ed una via stretta e serrata, e nello stesso tempo estremamente retta. (Is. XXVI, 7).
ff. 11. – Davide chiede qui la perseveranza, che è un dono speciale della misericordia divina. Dio non rigetta, non abbandona mai l’uomo giusto; non gli toglie mai il suo Spirito Santo, a meno che quest’uomo non cominci ad allontanarsi dalla giustizia. Egli è il padrone dei nostri giorni e può toglierci da questo mondo, nel momento in cui cesseremo di obbedire alla sua voce; Egli può fissare il termine della nostra vita nell’istante in cui saremmo in sua disgrazia, e sarebbe per noi come togliere per sempre il suo Santo Spirito e rigettarci dalla sua presenza (Berthier).
ff. 12. – Questa gioia interiore è il frutto di una buona coscienza, essa fa sopportare con costanza tutti i mali di questa vita, ed è pegno di salvezza. – Questo Spirito principale non può che essere lo Spirito di Dio; tutti gli altri spiriti che gli uomini consultano, sono gli spiriti subalterni che non dovrebbero che obbedire allo Spirito principale. Che cos’è lo spirito di politica, se è abbandonato a se stesso? Spesso uno spirito di inganno, di finezze insidiose, di artifici segreti ed oscuri; esso è incapace di fare la felicità dell’uomo ed è capace invece di renderlo maledetto. Che cos’è lo spirito di scienza, separato dalle vedute di Dio e dagli interessi della sua gloria? Uno spirito di vanità, di presunzione, di errore e di ostinazione; esso fa il tormento di colui che lo possiede e trae in inganno coloro che vi ripongono la loro fiducia. Che cos’è lo spirito di società che si vanta d’essere sì forte, e che non si dà pena di legare così poco con i principi della religione? Uno spirito di adulazione, di false compiacenze, di frivolezze e di menzogne; abusa del tempo senza rimediare alla noia, e riunisce gli uomini senza ispirare loro la carità. Che cos’è lo spirito del corpo quando non ha come obiettivo il servizio di Dio e la salvezza del prossimo? Un entusiasmo impetuoso, un tessuto di pregiudizi, una fonte di ingiustizie: intraprende senza ragione, esegue senza moderazione. Percorrete tutti gli spiriti che regnano nel mondo, ma non troverete che abusi, piccolezze, tenebre, seduzione. Lo Spirito principale, che è lo Spirito di Dio, non inganna mai, ed ispira tutto ciò che è compreso nella parola di cui si serve il Salmista, la liberalità, l’ingenuità, la grandezza d’animo, la buona volontà, la forza per intraprendere ed eseguire (Berthier).
III. — 13-18.
ff. 13. – Il pilota più abile è colui che dirige il suo naviglio in mezzo ad un mare pieno di scogli. Il dottore perfetto è quello che sa convincere gli spiriti più ottusi e far loro comprendere le lezioni di verità. Il generale veramente ammirevole è quello che infiamma di ardore nel combattimento i soldati più timidi. Il Re-Profeta si dimostra egualmente qui un maestro dei più sperimentati e di maggior zelo. Egli non dice: io insegnerò ai giusti, perché i giusti conoscono la via del Signore; ma io insegnerò agli empi, ai peccatori, sull’esempio del divino Maestro della Saggezza, del celeste Medico delle anime nostre, che ha detto: « … Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori » (Matt. IX, 13), (S. Ambr. Apol. David). – Coloro che Dio chiama tra gli altri, li ha tirati via dal peccato, per poter meglio annunziare la remissione dei peccati. Era questo il suo disegno, quello di chiamare alla fiducia le anime che il peccato aveva abbattuto. E chi erano coloro che potevano predicare con più frutto la misericordia divina, se non coloro che ne erano stati essi stessi esempio illustre? Chi altri poteva dire con più effetto: « È un discorso fedele che Gesù è venuto a salvare i peccatori », ed un San Paolo poteva poi aggiungere: « di chi io sono il primo »? non è di sé che egli parlava quando ebbe a dire al peccatore che desiderava attirare: non temere, io conosco la mano del medico al quale ti indirizzo; è Lui che mi invia a te per dirti come mi ha guarito, con quale facilità, con quali carezze e felicità (Bossuet, Nat. De la S.te V.). – Il dovere di un’anima veramente penitente, è veramente quello di essere sensibile alla rovina spirituale di tanti peccatori che ha precipitato nel crimine, è il ricondurre sulla via della salvezza coloro i quali ha condotto sulla via dell’iniquità. Signore – esclama David – io ho scandalizzato il vostro popolo, ma la mia consolazione è che questo scandalo non sia senza rimedio; il mio esempio lo distruggerà, e riprendendo le vostre strade, io le insegnerò a coloro che ho allontanato, e la mia penitenza sarà una lezione per essi: quando essi mi vedranno tornare a Voi, impareranno a ritornarvi da se stessi. (Bourd. Convers. De Magd.). – Davide è modello di tutti coloro che annunziano la parola di Dio, affinché lo facciano utilmente. Egli insegna loro come e a chi devono proporsi nel parlare: – 1° « Io insegnerò »; non lusingherò le orecchie delicate, ma le istruirò in modo da fare loro intendere. – 2° Annunciare la parola di Dio ai poveri: così come pure ai ricchi, ai piccoli e ai grandi, agli ignoranti ed ai sapienti, perché tutti sono peccatori. – 3° Non insegnerò loro delle curiosità profane, neanche le verità sublimi della teologia, ma le vie di Dio, le vie per le quali Dio viene a noi, le vie per le quali noi dobbiamo andare a Lui. – 4° Non si deve predicare né per interesse, né per attirare la stima degli uomini, ma affinché i peccatori si convertano a Dio.
ff. 14. – Dallo zelo per la salvezza delle anime, David si eleva fino a Dio. Gli sembrava di avere continuamente presente all’orecchio del suo cuore la voce del sangue di Uria che, come quello di Abele, gridava potentemente davanti a Dio contro di lui, e gli rimproverava continuamente la sua crudeltà. Egli chiede a Dio di togliere dai suoi occhi questo sangue importuno la cui voce muta, ma intellegibile, domanda vendetta contro colui che l’ha sparso, di liberarlo da questo terribile accusatore che non gli da tregua, e lo cita continuamente davanti al suo tribunale, per rispondere alla sua accusa (Dug.). – Nessun c’è alcun peccatore al quale non convenga questa preghiera, perché non c’è alcuno che non sia stato soggetto di scandalo per il prossimo, che non sia stato causa, per coloro con i quali abbia vissuto o frequentato, di un allontanarsi dalle vie della giustizia. Quante imprudenze, negligenze, cattivi consigli, discorsi perniciosi, connivenze, hanno causato la caduta dei nostri fratelli, dei nostri amici, dei nostri eguali, dei nostri inferiori! Ci sono tante azioni cruente che, nel giudizio di Dio, gridano vendetta contro i colpevoli. (Berthier).
ff. 15. – Davide aveva detto nel versetto precedente: « … e la mia lingua annunzierà la vostra giustizia con cantici di gioia ». Egli riconosce qui la sua impotenza e la sua indegnità, a meno che Dio non venga Egli stesso ad aprirgli la bocca; perché come chiude la bocca al peccatore, l’apre ai giusti, ed è segno questo che Dio giustifica questo peccatore quando gli apre le labbra perché annunzi la gloria dell’Autore della sua giustificazione (Duguet). – « … Signore voi aprite le mie labbra, e la mia bocca annunzierà la vostra lode »; lode, perché io sono stato creato; la vostra lode perché, benché peccatore, non sono stato abbandonato da Voi; la vostra lode, perché sono stato purificato per ritrovare la mia sicurezza (S. Agost.).
ff. 16-19. – Dopo la salvezza del prossimo e le lodi di Dio, David viene all’immolazione di se stesso. Egli esce dal miserabile stato del peccato ed immola a Dio un cuore contrito ed umiliato, offre un sacrificio di giustizia nello stato di virtù e di perfezione. Dio è spirito, ed è in spirito e verità che bisogna adorarlo, ed Egli ha diritto ad esigere un culto interiore e spirituale. – « Gli olocausti non Vi sarebbero graditi ». Non offriremo dunque nulla? Verremo a Dio a mani vuote? E come Lo ricompenseremo? Fate dunque la vostra offerta: avete in voi qualcosa da offrire? Non fate provvigione di incenso, ma dite: « in me, mio Dio, sono i voti che Vi renderò come lode », (Ps. LV, 12). – Non andate a cercare fuori da voi una vittima da immolare; questa vittima, voi la troverete in voi stesso. «Uno spirito afflitto dal pentimento è un sacrificio gradito a Dio. Dio non disprezza un cuore contrito ed umiliato » (S. Agost.). – Dio non può disprezzare questo sacrificio di un cuore penitente, poiché è Lui che lo forma, ed è per il sacrificio di un cuore lacerato dal dolore, che sente la sua povertà che si annienta davanti a Dio, che si riparano le rovine che producono l’amore del piacere, delle ricchezze e gli onori. – Non è sufficiente aver ridotto i vizi in polvere in un cuore contrito ed umiliato: bisogna edificare la città delle virtù, le mura di Gerusalemme che Dio ha scelto per farne dimora e costruire il suo tempio santo, le mura della Chiesa di cui Gerusalemme era figura, le mura dell’anima santa. Occorre ristabilire le rovine della città santa, cioè rinnovare la propria anima nell’amore di Dio ed offrirvi il sacrificio di tutto ciò che si ha di più caro. – Per il rinnovo di questo tempio, ci sono tre cose da fare: innanzitutto non solo abbattere tutti gli idoli, ma abolire tutti i residui del culto profano; bisogna secondariamente santificarlo e farne la dedica con qualche cerimonia misteriosa, con la quale consacrarlo ad un uso migliore; infine bisogna sostenere con cura le sue fondamenta vacillanti, e visitarle spesso per farvi le necessarie riparazioni, affinché i misteri di Dio vi si celebrino con decenza e con religiosa riverenza (Bossuet, III Serm. s. le jour de Pàq.). – Elevate le mura, bisogna andare al tempio ad offrire il sacrificio di giustizia. Questo sacrificio di giustizia è un atto di virtù; è ancora il sacrificio cruento della Croce, che è stato un vero Sacrificio di giustizia: a causa della giustizia del Sacerdote (Hebr. VII, 26); a causa del valore infinito della vittima, Dio ed uomo insieme; a causa del fine di questo Sacrificio, che è stato quello di giustificarci dopo averci liberato da tutti i nostri peccati. Il Sacrificio della Croce comprendeva nel suo valore infinito tutte le oblazioni, tutti gli olocausti dei sacrifici antichi; è infine il Sacrificio dell’Eucaristia, che è anche un Sacrificio di giustizia, perché Gesù-Cristo, Sacerdote e vittima di questo Sacrificio, è la fonte di ogni giustizia e di ogni santità; perché noi possiamo rendere a Dio delle azioni di grazie eguali ai benefici che noi abbiamo ricevuto da Lui; perché non ammette che i giusti provati dalla penitenza prima di partecipare a questo Sacrificio; perché Egli dà, benché secondariamente, la giustizia e la grazia.