SALMO 51: “QUID GLORIARIS IN MALITIA”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME PREMIER.
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 51
In finem. Intellectus David, cum venit Doeg Idumæus, et nuntiavit Sauli: Venit David in domum Achimelech.
[1] Quid gloriaris in malitia, qui potens es in iniquitate?
[2] Tota die injustitiam cogitavit lingua tua; sicut novacula acuta fecisti dolum.
[3] Dilexisti malitiam super benignitatem; iniquitatem magis quam loqui æquitatem.
[4] Dilexisti omnia verba præcipitationis, lingua dolosa.
[5] Propterea Deus destruet te in finem; evellet te, et emigrabit te de tabernaculo tuo, et radicem tuam de terra viventium.
[6] Videbunt justi, et timebunt; et super eum ridebunt, et dicent:
[7] Ecce homo qui non posuit Deum adjutorem suum; sed speravit in multitudine divitiarum suarum, et prævaluit in vanitate sua.
[8] Ego autem, sicut oliva fructifera in domo Dei; speravi in misericordia Dei, in æternum et in sæculum sæculi.
[9] Confitebor tibi in sæculum, quia fecisti; et exspectabo nomen tuum, quoniam bonum est in conspectu sanctorum tuorum.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO LI (1)
Riprensione a Doeg Idumeo, che calunniò Davide e Achimelech Sacerdote presso il re Saulle, e divenne con ciò causa della strage dei sacerdoti di Nobe. (Vedi lib. 1 Reg., c. 21).
Per la fine: salmo d’intelligenza di David, quando Doeg Idumeo andò a dar avviso a Saul, dicendo: David è stato a casa di Achimelech.
1. Perché fai tu gloria della malvagità, tu che sei potente a far male?
2. Tutto il dì la tua lingua ha meditato l’ingiustizia; quale affilato rasoio hai fatto tradimento.
3. Hai amato la malizia più che la bontà; il parlare iniquo, piuttosto che il giusto.
4. Hai amato tutte le parole da recar perdizione, o lingua ingannatrice.
5. Per questo Iddio ti distruggerà per sempre; ti schianterà, e ti scaccerà fuori del tuo padiglione; e ti sradicherà dalla terra dei vivi.
6. Vedran ciò i giusti, e temeranno, e di lui rideranno, dicendo:
7. Ecco l’uomo, il quale non ha eletto Dio per suo protettore; ma sperò nelle sue molte ricchezze, e si fece forte nei suoi averi.
8. Ma io, come ulivo fecondo nella casa di Dio, ho sperato nella misericordia di Dio per l’eternità e per tutti i secoli.
9. Te loderò io pei secoli, perché hai fatta tal cosa e aspetterò l’aiuto del nome tuo, perché buona cosa è questa nel cospetto dei santi tuoi.
Sommario analitico
In questo Salmo, il cui titolo fa sufficientemente conoscere l’occasione ed il soggetto, ed in cui c’è Doeg, traditore di Davide e del gran sacerdote, per i suoi interessi temporali, c’è un’immagine viva di Giuda che tradisce e vende il suo divino Maestro.
I. – Davide mostra tutta l’iniquità e la malvagità delle calunnie di Doeg e ne descrive i caratteri principali:
– 1° la sua ostinazione nell’iniquità, della quale si glorifica (1), – 2° la sua malizia premeditata e continua (2); – 3° la sua affezione al male (3); – 4° i suoi discorsi che non hanno come scopo se non la rovina del prossimo (4);
II. – Egli descrive il castigo che lo attende sotto la figura di un albero abbattuto e sradicato:
– 1° egli sarà divelto, abbattuto, sradicato (5); – 2° i giusti, testimoni della sua rovina, applaudiranno e rideranno di lui, a) perché egli non ha riposto la sua forza il Dio, b) si è affidato alle moltitudini delle sue ricchezze, c) e si è raffermato nella sua malvagità (6, 7).
III Egli descrive in opposizione la sua felicità e quella dei giusti, sotto l’emblema di un ulivo verdeggiante:
– 1° Che produce frutti abbondanti, – 2° che è piantato in un luogo ameno, la casa di Dio (8); – 3° i cui rami che si estendono in lontananza sono: a) la speranza in Dio (8); b) la lode di Dio; c) la longanimità; d) la contemplazione e la carità della comunione dei santi (9).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 1-4.
ff. 1. – Glorificarsi delle proprie buone opere, è commettere una grave ingiustizia verso Dio, perché è come prendergli ciò che Gli appartiene come proprio, la sua gloria, che Egli stesso dichiara di non cedere a nessuno. Ma glorificarsi nella propria malizia, è fare a Dio l’oltraggio più sensibile, poiché è dichiararsi suo nemico. – « Perché colui che è potente si glorifica della propria malvagità? » Vale a dire, perché colui che è potente nel male si glorifica? L’uomo ha bisogno di essere potente, ma nel bene, e non nel male. È dunque qualcosa di grande glorificarsi della propria malvagità? Il costruire una casa è affare di pochi; nel distruggerla, ogni ignorante può venirne a capo. È concesso ad un piccolo numero di persone il saper seminare il frumento, coltivare le messi, attendere la maturazione del grano, e raccogliere con gioia il frutto di questo lavoro; ma il primo venuto può con una semplice fiammella, incendiare tutta una messe. Far nascere un bambino, nutrirlo, allevarlo, condurlo fino all’età della giovinezza, è un grande compito, ma non c’è nessuno che non possa ucciderlo in poco tempo. Tutto ciò che non tende che a distruggere è dunque molto facile. Colui che si glorifica, si glorifichi nel Signore (1 Cor. I, 31); colui che si glorifica, si glorifichi nel bene; voi vi glorificate perché siete potenti nel male; cosa farete dunque o potenti con tutta la vostra iattanza? Voi ucciderete un uomo? Uno scorpione fa altrettanto; una febbre fa altrettanto, un fungo velenoso fa altrettanto. Tutta la vostra potenza è così ridotta ad eguagliare quella di un animale o di una pianta velenosa? (S. Agost.).
ff. 2. – Il cuore del giusto è interamente nella legge di Dio, che egli medita giorno e notte (Ps. I, 2). Il cuore del malvagio è interamente nell’ingiustizia, e la sua lingua è sempre occupata a produrre all’esterno i suoi tristi frutti (Dug.). – Come spiegare ciò che qui dice il profeta, che la lingua pensa e medita l’ingiustizia, allorché i pensieri escono dal senso ragionevole dell’anima vivente, mentre la lingua non è che lo strumento materiale del pensiero? Un altro scrittore ispirato ci fa comprendere la giustezza di questa espressione: « il cuore degli insensati – egli dice – è nella loro bocca » (Eccl. XXI, 29), perché essi non fanno niente con il consiglio della ragione e secondo le deliberazioni della loro intelligenza, ma al contrario si lasciano andare allo scorrere precipitoso della loro lingua, e tengono i discorsi più sconsiderati e più temerari. Ecco perché l’autore sacro dice che il loro cuore è nella loro bocca, perché essi non dicono affatto quel che hanno pensato, ma ciò che hanno pensato e che hanno detto. Il salmista parla tutt’altrimenti della lingua del saggio: la lingua del giusto, egli dice, mediterà la saggezza (Ps. XLIV, 2), perché la lingua si forma ed è diretta sulla meditazione del suo cuore (S. Hil.). – Quanta pena ci si prende per aguzzare un rasoio, quanta cura per affilarlo, quante volte lo si fa passare sulla pietra? E questo per radere quanto più profondamente i peli della barba, e dare al viso tutta la sua pulizia, tutta la sua nettezza. Ma se in luogo di tagliare la barba, il rasoio taglia la pelle della persona, esso porta un colpo ingannatore e perfido, perché invece di contribuire alla bellezza del viso, produce una ferita. (S. Hilar.).
ff. 3. – « Voi avete preferito la malvagità alla bontà » Uomo ingiusto, uomo senza regole, voi volete, nella vostra perversità, mettere l’acqua sopra l’olio; l’acqua sarà sommersa, e l’olio emergerà. Voi volete nascondere la luce sotto le tenebre, ma le tenebre saranno dissipate, e la luce sussisterà. Voi volete mettere la terra al di sopra del cielo, ma la terra, con tutto il suo peso, cadrà sul suo luogo naturale. Voi sarete sommersi dunque per aver preferito la malvagità alla bontà; poiché mai la malvagità avrà la meglio sulla bontà. « Voi avete preferito la malvagità alla bontà, ed il linguaggio dell’iniquità a quello della giustizia ». Davanti a voi è la giustizia e davanti a voi vi è pure l’ingiustizia: voi avete una lingua, la muovete come vi pare; perché dunque la volgete piuttosto dal lato dell’ingiustizia e non dal lato della giustizia? Voi non sapete dare al vostro stomaco un nutrimento amaro, e date alla vostra lingua un nutrimento d’iniquità? Come scegliete il vostro nutrimento, così scegliete anche le vostre parole. Voi preferite l’ingiustizia alla giustizia; voi la preferite, è vero, ma chi la spunterà, se non la bontà e la giustizia? (S. Agost.).
II. — 5 – 7.
ff.5. – La giusta retribuzione dovuta al peccato, spesso è esercitata sui peccatori in questa vita, e sempre nell’altra. – Essi cercano di distruggere gli altri e non vi riescono che troppo spesso; ma saranno essi stessi distrutti, saranno scacciati dai luoghi ai quali si erano attaccati più tenacemente, le loro dimore, ove si erano stabiliti come se non ne dovessero mai uscire e mai sradicarsi con la loro morte dalla terra dei viventi. (Dug.). – Ogni anno, per un gran numero di uomini, il tempo fugge rapido come il fulmine, ed allora, dopo effimeri successi, c’è lo sterminio assoluto; ed allora dopo una vana affermazione di potenza e di grandezza, arriva lo schiacciamento senza pietà: … l’espulsione e l’esilio in luogo delle superbe dimore; l’annientamento della discendenza in luogo di una numerosa posterità; ecco ciò che Dio riserva ai malvagi, ecco come punisce l’insolenza e l’orgoglio con cui avevano preteso di lottare contro di Lui (Rendu). – Noi dobbiamo dunque avere la nostra radice nella terra dei viventi. La radice è in un luogo nascosto: se ne possono vedere i frutti, non la radice: occorre che le nostre opere procedano dalla carità, ed allora la nostra radice è nella terra dei viventi (S. Agost.). – Ah, io comprendo Signore, che la buona radice è il vostro amore, e che quella dell’empio è il suo criminale attaccamento alle cose della terra. Voi strappate questa radice perversa dalla terra dei viventi, e ricacciate l’empio lontano dal vostro tabernacolo. Cosa diventerò io, Signore, se agite così con me? Come potrò vivere lontano da Voi? Lontano dalla terra dei viventi, e lontano dal tabernacolo dove si impara ad amarvi? Radicatemi, Signore, nel vostro amore, ai piedi del Tabernacolo eucaristico (Mgr. De La Bouil. Symb., p. 279). – Quando i giusti avranno timore? Quando rideranno? Comprendiamo e discerniamo questi due tempi nei quali sia utile temere o ridere. Mentre siamo in questo mondo, non è ancor tempo di ridere, per paura di avere poi da piangere. Coloro dunque che sono i giusti ora e che vivono della fede, vedono questo Doeg e ciò che gli debba accadere, e temono per se stessi la stessa sorte; essi sanno in effetti cosa sono oggi, ma non sanno cosa saranno domani. Ora, dunque « i giusti verranno e temeranno », ma quando rideranno di lui? Quando l’iniquità sarà trascorsa; quando sarà tolta, come è già tolta, in gran parte, questo tempo incerto; quando saranno dissipate le tenebre di questo mondo, in mezzo alle quali noi non camminiamo ora che alla luce delle sante Scritture, ciò che fa che noi temiamo come se fossimo nella notte (S. Agost.).
ff. 7. – Il Profeta non ha detto: ecco quest’uomo che era ricco, ma: « ecco quest’uomo che non ha cercato il suo appoggio in Dio, e che ha messo la sua speranza nella moltitudine delle sue ricchezze ». Non è perché ha posseduto ricchezze, ma perché vi ha riposto le sue speranze, non mettendo le sue speranze in Dio, che egli è condannato, ed è per questo che egli è punito; è per questo che è cacciato dalla sua tenda, non essendo che terra e movimento, come la polvere che il vento alza sopra la superficie della terra; è per questo che la sua radice è divelta dalla terra dei viventi (S. Agost.). – I giusti, così sensibili quaggiù alle calamità dei propri fratelli, così ingegnosi nello scusare le loro colpe, a coprirle con un velo di carità, e ad addolcirle agli occhi degli uomini, quando non possono trovare scuse apparenti; i giusti, spogliati nel giorno del giudizio, sull’esempio del Figlio dell’uomo, di questa indulgenza e di questa misericordia che essi avevano esercitato verso i propri fratelli sulla terra, sibileranno sui peccatori, dice il profeta, l’insulteranno e divenendo essi stessi i suoi giudici, diranno loro beffandoli. « … ecco dunque quest’uomo che non aveva voluto mettere il suo soccorso e la sua fiducia nel Signore, e che aveva amato meglio confidare nella vanità e nella menzogna ». Ecco questo insensato che si credeva il solo saggio sulla terra, che riguardava la vita dei giusti come follia, e che si compiaceva nel favore dei grandi, nella vanità dei titoli e delle dignità, nell’estensione delle terre e dei possedimenti, nella stima e nelle lodi degli uomini, degli appoggi del fango che doveva perire con lui » (Massil., Jug. Univ.).
III. — 8, 9.
ff. 8. – L’olivo sterile, come il fico del Vangelo che non produce nulla, è l’immagine del peccatore. Essi non sono buoni, l’uno e l’altro, che ad essere tagliati e gettati nel fuoco. L’olivo fertile, al contrario, che porta frutto in abbondanza, è l’immagine del giusto che merita un posto nella casa del Signore. Fondamento solido della salvezza eterna, è la speranza nella misericordia di Dio. Quale differenza con la speranza che il peccatore pone nelle sue ricchezze, nella vanità e la menzogna! – « Io ho messo la mia speranza nella misericordia del Signore ». Ma non sarebbe solo per il presente? Perché talvolta gli uomini si ingannano su questo punto. In verità essi adorano Dio; ma benché abbiano confidenza in Dio, non è che in vista della loro prosperità temporale che essi dicono: io adoro il mio Dio che mi renderà ricco sulla terra, che mi darà dei figli, una sposa. Questi beni, in effetti non li dà se non Dio, ma Egli non vuole che Lo si ami a causa di questi medesimi beni. Egli li dà spesso anche ai malvagi, per far comprendere ai buoni di chiedergli ben altri beni. In che senso allora voi dite: « io ho messo la mia speranza nella misericordia di Dio? » … non è per caso onde acquisire dei beni temporali? No, « per l’eternità, e per i secoli dei secoli » (S. Agost.).
ff. 9. – « Io vi glorificherò per sempre, per quanto Voi avete fatto ». È una confessione completa del Nome di Dio con queste parole « per quanto avete fatto ». Cosa avete fatto se non ciò che si sta dicendo, che cioè, grazie a Voi, io sono come un ulivo fertile nella casa del Signore, e che ho messo la mia speranza nella misericordia divina per l’eternità e per i secoli dei secoli? Questo Voi lo avete fatto. Io non mi glorifico per ciò che ho, come se non avessi ricevuto nulla, ma io me ne glorifico in Dio. « Ed io confesserò per sempre che Voi lo avete fatto »; vale a dire, in ragione della vostra misericordia e non in ragione dei miei meriti; perché per me, io cosa ho fatto? Se voi cercate nel passato, io sono stato un bestemmiatore, un persecutore, un calunniatore. E Voi cosa avete fatto? Per Voi io ho attenuto misericordia, perché avevo fatto il male per ignoranza (1 Tim. I, 13). – Il Nome di Dio è Dio stesso, così aspettare il suo santo Nome, è come aspettare la manifestazione di Dio, il momento in cui Egli scoprirà la sua essenza eterna. Noi tutti siamo sulla terra in attesa di questo momento; noi non vediamo il santo Nome di Dio che in enigma e per fede. Quando si rivelerà a noi senza mezzi e senza veli, noi sapremo pienamente ciò che Egli è, e saremo perfettamente felici (Berthier). « Ed io aspetterò il vostro Nome perché è pieno di dolcezza ». Il mondo è pieno di amarezza, ma il vostro Nome è pieno di dolcezza, e se pure nel mondo vi è qualcosa di dolce al gusto, la digestione ne è amara. Il vostro Nome è l’oggetto delle mie preferenze, non solo a causa della sua grandezza, ma a causa ancor più della sua dolcezza. In effetti « gli ingiusti mi hanno raccontato le delizie delle quali godono, ma esse, Signore, non erano dolci come la vostra legge » (Ps. CXVIII, 86). Se in effetti non ci fosse stata qualche dolcezza nelle sofferenze dei martiri, essi non avrebbero sopportato con tanta costanza le amarezze di queste sofferenze, ma non era facile per tutti gli uomini gustare la dolcezza che esse racchiudevano. Il Nome di Dio è dunque – per coloro che amano Dio – di una dolcezza che sorpassa tutte le altre dolcezze, « io attenderò il vostro Nome, perché è pieno di dolcezza ». E a chi dimostrare la dolcezza di questo Nome? Datemi un palato al quale questo Nome sia stato dolce, lodate il miele finché volete, esagerate la sua dolcezza con tutte le espressioni che potete trovare, un uomo che non sa ciò che il miele sia, non comprenderà quel che direte, finché non l’avrà gustato. C’è un altro salmo in cui il Profeta invita particolarmente a sperimentare questa dolcezza e vi dice: « Gustate e vedete come è dolce il Signore » (Ps. XXXIII, 8). Voi rifiutate di gustarlo e dite: Egli è dolce! (S. Agost.).