Messa per la festa di CRISTO RE
(2019)
DÒMINE Iesu Christe, te confiteor
Regem universàlem. Omnia, quæ facta sunt, prò te sunt creata. Omnia iura tua
exérce in me. Rénovo vota Baptismi abrenùntians sàtanæ eiùsque pompis et
opéribus et promitto me victùrum ut bonum christiànum. Ac, potissimum me óbligo
operàri quantum in me est, ut triùmphent Dei iura tuæque Ecclèsiæ. Divinum Cor
Iesu, óffero tibi actiones meas ténues ad obtinéndum, ut corda omnia agnóscant
tuam sacram Regalitàtem et ita tuæ pacis regnum stabiliàtur in toto terràrum
orbe. Amen.
DOMENICA
In festo Domino nostro Jesu Christi Regis ~ I. classis
Incipit
In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Apoc V: 12; 1:6
Dignus est Agnus, qui occísus est, accípere virtútem, et divinitátem, et sapiéntiam, et fortitúdinem, et honórem. Ipsi glória et impérium in sǽcula sæculórum.[L’Agnello che fu sacrificato è degno di ricevere potenza, ricchezza, sapienza, forza, onore, gloria e lode; a Lui sia per sempre data gloria e impero, per …]
Ps LXXI: 1
Deus, iudícium tuum Regi da: et iustítiam tuam Fílio Regis.[Dio, da al Re il tuo giudizio, ed al Figlio del Re la tua giustizia] –
Dignus est Agnus, qui occísus est, accípere virtútem, et divinitátem, et sapiéntiam, et fortitúdinem, et honórem. Ipsi glória et impérium in sǽcula sæculórum…[L’Agnello che fu sacrificato è degno di ricevere potenza, ricchezza, sapienza. Forza, onore, gloria e lode; a Lui sia per sempre data gloria e impero, per …]
Oratio
Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, qui in dilécto Fílio tuo, universórum Rege, ómnia instauráre voluísti: concéde propítius; ut cunctæ famíliæ géntium, peccáti vúlnere disgregátæ, eius suavissímo subdántur império: Qui tecum … [Dio onnipotente ed eterno, che ponesti al vertice di tutte le cose il tuo diletto Figlio, Re dell’universo, concedi propizio che la grande famiglia delle nazioni, disgregata per la ferita del peccato, si sottometta al tuo soavissimo impero: Egli che …].
Commemoratio Dominica XX Post Pentecosten V. Octobris
Orémus.
Largíre, quǽsumus, Dómine, fidélibus tuis indulgéntiam placátus et pacem: ut páriter ab ómnibus mundéntur offénsis, et secúra tibi mente desérviant. [Largisci placato, Te ne preghiamo, o Signore, il perdono e la pace ai tuoi fedeli: affinché siano mondati da tutti i peccati e Ti servano con tranquilla coscienza].
Lectio
Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Colossénses.
Col 1: 12-20
Fratres: Grátias ágimus Deo Patri, qui dignos nos fecit in partem sortis sanctórum in lúmine: qui erípuit nos de potestáte tenebrárum, et tránstulit in regnum Fílii dilectiónis suæ, in quo habémus redemptiónem per sánguinem ejus, remissiónem peccatórum: qui est imágo Dei invisíbilis, primogénitus omnis creatúra: quóniam in ipso cóndita sunt univérsa in cœlis et in terra, visibília et invisibília, sive Throni, sive Dominatiónes, sive Principátus, sive Potestátes: ómnia per ipsum, et in ipso creáta sunt: et ipse est ante omnes, et ómnia in ipso constant. Et ipse est caput córporis Ecclésiæ, qui est princípium, primogénitus ex mórtuis: ut sit in ómnibus ipse primátum tenens; quia in ipso complácuit omnem plenitúdinem inhabitáre; et per eum reconciliáre ómnia in ipsum, pacíficans per sánguinem crucis ejus, sive quæ in terris, sive quæ in cœlis sunt, in Christo Jesu Dómino nostro.
[Fratelli, ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli.]
Graduale
Ps LXXI: 8; LXXVIII: 11
Dominábitur a mari usque ad mare, et a flúmine usque ad términos orbis terrárum. [Egli dominerà da un mare all’altro, dal fiume fino all’estremità della terra]
V. Et adorábunt eum omnes reges terræ: omnes gentes sérvient ei. [Tutti i re Gli si prosteranno dinanzi, tutte le genti Lo serviranno].
Alleluja
Allelúja, allelúja.
Dan VII : 14.
Potéstas ejus, potéstas ætérna, quæ non auferétur: et regnum ejus, quod non corrumpétur. Allelúja. [La potestà di Lui è potestà eterna che non Gli sarà tolta e il suo regno è incorruttibile]
Evangelium
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Joánnem. – Joann XVIII: 33-37
In illo témpore: Dixit Pilátus ad Jesum: Tu es Rex Judæórum? Respóndit Jesus: A temetípso hoc dicis, an álii dixérunt tibi de me? Respóndit Pilátus: Numquid ego Judǽus sum? Gens tua et pontífices tradidérunt te mihi: quid fecísti? Respóndit Jesus: Regnum meum non est de hoc mundo. Si ex hoc mundo esset regnum meum, minístri mei útique decertárent, ut non tráderer Judǽis: nunc autem regnum meum non est hinc. Dixit ítaque ei Pilátus: Ergo Rex es tu? Respóndit Jesus: Tu dicis, quia Rex sum ego. Ego in hoc natus sum et ad hoc veni in mundum, ut testimónium perhíbeam veritáti: omnis, qui est ex veritáte, audit vocem meam.
[In quel tempo, disse Pilato a Gesù: “Tu sei il re dei Giudei?”. Gesù rispose: “Dici questo da te oppure altri te l’hanno detto sul mio conto?”. Pilato rispose: “Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?”. Rispose Gesù: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù”. Allora Pilato gli disse: “Dunque tu sei re?”. Rispose Gesù: “Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”].
OMELIA
[Giov. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle Feste del Signore e dei Santi – Soc. Edit. Vita e Pesiero, Milano, VI ed. 1956]
II
CRISTO RE DEI CUORI
Il vecchio Giacobbe, presagendo imminente la sua fine, chiama dattorno i suoi dodici figliuoli. Non era giusto che portasse con sé nel secreto della tomba la gran promessa che Dio gli aveva fatto. Per ciò, prima di morire sentì il bisogno di confidarla ai figli e parlò loro con accento profetico : « Venite e ascoltate, figliuoli di Giacobbe; ascoltate vostro padre ». E dopo aver predetto ad alcuni il proprio avvenire, si rivolse a Giuda: «Giuda, mio piccolo leone! tu regnerai sopra i tuoi fratelli, e la tua mano premerà la cervice dei tuoi nemici. Regnerai; ma fin quando verrà colui che deve venire. Tutte le genti lo aspetteranno, allora; sarà di una bellezza sovrumana; avrà gli occhi più fulvi del vino e i denti più bianchi del latte. Giuda, tu gli cederai il tuo scettro e il tuo impero » (Genesi, XLIX). – I dodici capi delle dodici tribù, con gli occhi aperti, sognavano il gran re, che sarebbe venuto, ed il loro cuore balzava, attraverso i secoli, incontro a Lui. Da Giacobbe, tutti i patriarchi prima di morire chiamavano i figli e i nipoti per richiamare in loro la speranza del re venturo, poi in pace chiudevano gli occhi nella morte. E Noè benedirà Sem perché nei suoi padiglioni nascerà il gran re. E Mosè dirà al popolo di non piangere per la sua morte, perché verrà un condottiero, più grande di lui. Quando i tempi furono maturi, quando tutte le generazioni erano in attesa, il gran re venne: Gesù Cristo. Ma i Giudei lo rifiutarono e lo condussero davanti a Pilato, che gli disse: « Sei tu il re dei Giudei? » Risponde Gesù : « Lo dici da te, o perché altri te l’ha suggerito? » Risponde Pilato: « Forse ch’io son Giudeo? È la tua gente, sono i tuoi sacerdoti che ti hanno trascinato a me: che hai fatto? ». Risponde Gesù: « Il mio regno non è di questo mondo. Se fosse di questo mondo, vedresti come i miei sudditi, con le armi, mi strapperebbero dalle mani dei Giudei. Ma il mio regno non è di quaggiù ». Allora Pilato gli domanda: « Dunque, tu sei Re? Risponde Gesù: « Tu lo dici: io lo sono ». – Fu un urlo brutale che salì dalla folla aizzata: « Non sappiamo che farne di questo re. Vogliamo Barabba ». Gesù Cristo allora patì il più acerbo dei suoi dolori, e la più bassa delle sue ingiurie: il re era tra i suoi sudditi, e i sudditi non lo volevano. In propria venit et sui eum non receperunt (Giov., I , 11). Ma oggi i popoli hanno compreso lo sbaglio fatale di quel branco di Giudei. È passata la guerra che ci ha fatto piangere e sanguinare tanto, ed ognuno ha sentito il bisogno di un re, che non ha regno nelle ingiustizie e nelle iniquità di questo mondo, di un re che comprenda i nostri dolori e le nostre aspirazioni e ci voglia bene, di un re di pace. Princeps pacis (Isaia). E tutti i popoli nell’anno santo andarono a Roma dal Papa a contare i propri bisogni, e passando sotto al Vaticano, tutti gridavano la parola di S. Paolo: « Questo abbiam bisogno; che Egli regni ». Pio XI comprese; e nella sua enciclica, dell’11 dicembre 1925 impose che si facesse una festa a Cristo Re, ogni anno, all’ultima Domenica di Ottobre, e tutti consacrassero il proprio cuore a Lui. Cristo è Re, e Re dei cuori!
« O popoli, battete le mani; tutti!
Cantate un canto di gioia. Il Signore altissimo, il Signore terribile, il Re
grande su tutta la terra finalmente regna ». (Salm., XLVI, 1-3). –
1. CRISTO È RE
Davide vide il Messia seduto sopra un trono di maestà e di gloria nell’atto d’umiliare la baldanza sciocca dei suoi nemici; e l’udì pronunciare queste parole: «Io sono stato costituito re da Dio. Il Signore mi ha detto: tu sei il figlio mio: oggi ti ho generato. Domandalo, e ti darò in eredità le genti e in possesso i confini di tutta la terra » (Salm., II). – Se Dio stesso l’ha creato re, chi oserà contestargli la dignità regia? Cristo è re perché ne ha tutti i diritti: di nascita e di conquista. È re perché lo hanno proclamato i profeti, e lo proclamano oggi tutti i popoli del mondo.
Re
per diritto di nascita. — Gesù Cristo è vero Dio e vero
uomo: due nature in una persona. Come Dio è figlio di Dio e possiede tutto
quello che Dio possiede. Per ciò è padrone di tutte le cose e regna dall’uno
all’altro mare. Dominabitur a mari
usque ad mare. (Ps., LXXI, 8). Anzi non solo è re, ma il Re dei
re, per il quale soltanto i re possono regnare; perché ogni potestà viene da
Lui. Come uomo, Gesù è figlio di re e discende direttamente da Davide. Ecco perché
l’Arcangelo nell’Annunciazione dirà alla Vergine : « Il Signore lo porrà sul
trono di Davide, padre suo » (Lc., I, 32).
Re
per diritto di conquista. — Il peccato d’origine ci aveva
resi schiavi e figli della maledizione: Gesù Cristo ci ha conquistati, tutti,
non sborsando oro e argento come un vile mercenario, ma tutto il suo sangue, generosamente
come non saprebbe il più coraggioso dei re (1 Petr., I , 18).
Re per diritto di proclamazione. — I patriarchi, i profeti, i re lo proclamano. Isaia dice che nascerà bambino, che gli porranno sulle spalle l’imperio, e sarà un imperio di pace (IX, 6-7). E Davide canta che ai piedi di questo re si prostreranno gli Etiopi, e i suoi nemici davanti a lui lambiranno la polvere. I re di Tarso e gli abitanti dell’isola gli offriranno doni; i monarchi degli Arabi e di Saba gli faranno offerte. Tutti i re della terra lo adoreranno; tutti i popoli della terra si metteranno sotto il suo impero (Salm. LXXII). Oggi la magnifica profezia si è avverata: in quest’ultima domenica di ottobre, di qua e di là dei mari, un coro unisono s’eleva: « Viva Cristo re ».
2. RE DEI CUORI
I Dori, con arma e con incendio, invadevano l’Attica. In fretta s’arruolarono uomini per arrestare l’invasore: e già gli eserciti erano schierati a battaglia. Narra la leggenda che sia gli Atticesi che i Dori consultarono l’oracolo sul risultato dell’impresa e n’ebbero in risposta che la vittoria sarebbe toccata a quella parte il cui re fosse morto in guerra. Re d’Attica era Codro. Costui fu preso da tanto amore per i suoi che si travestì da contadino, si insinuò nel campo nemico e si fece uccidere. Quando i Dori seppero che il re d’Attica era morto, si spaventarono e fuggirono urlando. – Codro è una favola; Gesù Cristo è una realtà. Egli ha dato la sua vita per noi. E perché potesse morire per la nostra salute, da Dio si è travestito da vero uomo, si è cacciato in mezzo ai suoi nemici, che l’hanno messo in croce. Ma la sua morte fu la vittoria: il demonio vinto ritornò nell’inferno. Ma che re può essere quello che dà la vita per i suoi, se non un re d’amore? Cristo allora è re d’amore; re dei cuori. Osservate. Quando Gesù venne al mondo fu posto in una greppia vicino a due animali. Pure si capi’ che era un re. Una gran luce attraversò il cielo nel cuor della notte, gli Angeli cantarono, occorsero i pastori, accorsero tre re. Una bella occasione per cominciare il suo regno, se Gesù avesse voluto regnare con soldati e con oro. Ma re di questo mondo, Cristo non ha voluto esserlo: e lasciò tornare, per un’altra via i re magi. Quando Gesù nel deserto moltiplicò i pani e sfamò migliaia di persone, tutto il popolo delirante d’entusiasmo per la sua persona lo proclamava re. Bella occasione se avesse voluto regnare come un re dei corpi, che sa nutrirli prodigiosamente. Ma re dei corpi, Cristo non ha voluto esserlo; e fuggì a nascondersi in mezzo alle montagne. Quando Gesù fu mostrato al popolo dal litostrato di Pilato aveva in testa una corona, ma di spine; aveva sulle spalle e sul petto la porpora, di sangue suo; stringeva nelle mani lo scettro, ma di canna. Pilato gridò al popolo : « Ecco il vostro Re». Ecce rex vester (Giov., XIX, 14). Il popolo ghignava. Bella occasione di far piovere fuoco e zolfo, di soffocare eternamente quegli uomini crudeli. Ma re di terrore di strage, Cristo non ha voluto esserlo, mai. Cristo è Re, e Re del cuore. Eccolo in trono: sulla croce. In alto in diverse lingue sta scritta la sua dignità, re dei Giudei. Porta la corona di spine, la porpora di sangue, decorazioni di piaghe atroci. Un soldato, con la lancia gli trapassa il petto, gli mostra il cuore. Ora veramente è re. Dominus regnavit a ligno. – Guardiamolo, Cristiani, il nostro Re sopra quel legno! Dal suo lato perforato esce un grido regale: « Figlio, dammi il tuo cuore! ».
CONCLUSIONE
So di un’anima, di una giovane anima che, durante la persecuzione messicana del 1927, gli ha risposto: «Sì, Cristo re, il mio cuore te lo do ». Il suo nome, che bisogna dire con venerazione come quello dei martiri, è Juan Sanchez dello stato di Ialisco nel Messico. Ricco e nobile di famiglia, più ricco e più nobile per sentimenti cattolici, fu arrestato dai legionari di Calles. Pretendevano che apostatasse. Pubblicamente gli fu imposto di rinunciare alla Religione; egli rispose: «Viva Cristo Re». Il martirio fu cruento e degno dei carnefici, i quali cominciarono a tagliargli un orecchio poi l’altro e quindi ad amputargli le gambe. Ma benché immerso nel suo sangue non cessava d’acclamare a Cristo Re. – Con un vero furore satanico i carnefici gli squarciarono la gola: ma dalla gola squarciata insieme al gorgoglio del sangue usciva un rantolo: «Viva Cristo Re!». Non potevano farlo tacere, e gli strapparono la lingua. E fu finita («Civiltà Catt. » 16 luglio 1927). – Appena compiuto il truce misfatto la folla si precipitava sulla salma martoriata per intingere in quel sangue i pannolini; né minacce, né colpi, né scoppi valsero a trattenerla. – Poveri barbari che strappate le lingue! Se anche le lingue tacessero, lo griderebbero le pietre. Anzi, e meglio, voi stessi lo griderete, in un giorno non lontano: « Galileo, hai vinto! ». E noi preghiamo perché Cristo Re li vinca nella forza del suo amore e non in quella della sua vendetta.
[Lettera Enciclica “Quas
primas” di S. S. Pio XI]
Nella prima Enciclica che, asceso al Pontificato, dirigemmo a tutti i
Vescovi dell’Orbe cattolico — mentre indagavamo le cause precipue di quelle
calamità da cui vedevamo oppresso e angustiato il genere umano — ricordiamo
d’aver chiaramente espresso non solo che tanta colluvie di mali imperversava
nel mondo perché la maggior parte degli uomini avevano allontanato Gesù Cristo
e la sua santa legge dalla pratica della loro vita, dalla famiglia e dalla
società, ma altresì che mai poteva esservi speranza di pace duratura fra i
popoli, finché gli individui e le nazioni avessero negato e da loro rigettato
l’impero di Cristo Salvatore. – Pertanto, come ammonimmo che era necessario
ricercare la pace di Cristo nel Regno di Cristo, così annunziammo che avremmo
fatto a questo fine quanto Ci era possibile; nel Regno di Cristo — diciamo —
poiché Ci sembrava che non si possa più efficacemente tendere al ripristino e
al rafforzamento della pace, che mediante la restaurazione del Regno di Nostro
Signore. – Frattanto il sorgere e il pronto ravvivarsi di un benevolo movimento
dei popoli verso Cristo e la sua Chiesa, che sola può recar salute, Ci forniva
non dubbia speranza di tempi migliori; movimento tal quale s’intravedeva che
molti i quali avevano disprezzato il Regno di Cristo e si erano quasi resi
esuli dalla Casa del Padre, si preparavano e quasi s’affrettavano a riprendere
le vie dell’obbedienza.
L’Anno Santo e il Regno di
Cristo
E tutto quello che accadde e si fece, nel corso di questo Anno Santo, degno
certo di perpetua memoria, forse non accrebbe l’onore e la gloria al divino
Fondatore della Chiesa, nostro supremo Re e Signore? – Infatti, la Mostra
Missionaria Vaticana quanto non colpì la mente e il cuore degli uomini, sia
facendo conoscere il diuturno lavoro della Chiesa per la maggiore dilatazione
del Regno del suo Sposo nei continenti e nelle più lontane isole dell’Oceano;
sia il grande numero di regioni conquistate al cattolicesimo col sudore e col
sangue dai fortissimi e invitti Missionari; sia infine col far conoscere quante
vaste regioni vi siano ancora da sottomettere al soave e salutare impero del
nostro Re. E quelle moltitudini che, durante questo Anno giubilare, vennero da
ogni parte della terra nella città santa, sotto la guida dei loro Vescovi e
sacerdoti, che altro avevano in cuore, purificate le loro anime, se non
proclamarsi presso il sepolcro degli Apostoli, davanti a Noi, sudditi fedeli di
Cristo per il presente e per il futuro? – E questo Regno di Cristo sembrò quasi
pervaso di nuova luce allorquando Noi, provata l’eroica virtù di sei Confessori
e Vergini, li elevammo agli onori degli altari. E qual gioia e qual conforto
provammo nell’animo quando, nello splendore della Basilica Vaticana, promulgato
il decreto solenne, una moltitudine sterminata di popolo, innalzando il cantico
di ringraziamento esclamò: Tu Rex gloriæ, Christe!
– Poiché, mentre gli uomini e le Nazioni, lontani da Dio, per l’odio
vicendevole e per le discordie intestine si avviano alla rovina ed alla morte,
la Chiesa di Dio, continuando a porgere al genere umano il cibo della vita
spirituale, crea e forma generazioni di santi e di sante a Gesù Cristo, il
quale non cessa di chiamare alla beatitudine del Regno celeste coloro che ebbe
sudditi fedeli e obbedienti nel regno terreno. – Inoltre, ricorrendo, durante
l’Anno Giubilare, il sedicesimo secolo dalla celebrazione del Concilio di
Nicea, volemmo che l’avvenimento centenario fosse commemorato, e Noi stessi lo
commemorammo nella Basilica Vaticana tanto più volentieri in quanto quel Sacro
Sinodo definì e propose come dogma la consustanzialità dell’Unigenito col
Padre, e nello stesso tempo, inserendo nel simbolo la formula «il regno del
quale non avrà mai fine», proclamò la dignità regale di Cristo. – Avendo,
dunque, quest’Anno Santo concorso non in uno ma in più modi ad illustrare il
Regno di Cristo, Ci sembra che faremo cosa quanto mai consentanea al Nostro
ufficio apostolico, se, assecondando le preghiere di moltissimi Cardinali,
Vescovi e fedeli fatte a Noi sia individualmente, sia collettivamente,
chiuderemo questo stesso Anno coll’introdurre nella sacra Liturgia una festa
speciale di Gesù Cristo Re. – Questa cosa Ci reca tanta gioia che Ci spinge,
Venerabili Fratelli, a farvene parola; voi poi, procurerete di adattare ciò che
Noi diremo intorno al culto di Gesù Cristo Re, all’intelligenza del popolo e di
spiegarne il senso in modo che da questa annua solennità ne derivino sempre
copiosi frutti.
Gesù
Cristo è Re
Gesù Cristo Re delle
menti, delle volontà e dei cuori
Da gran tempo si è usato comunemente di chiamare Cristo con l’appellativo di
Re per il sommo grado di eccellenza, che ha in modo sovreminente fra tutte le
cose create. In tal modo, infatti, si dice che Egli regna nelle menti degli
uomini non solo per l’altezza del suo pensiero e per la vastità della sua
scienza, ma anche perché Egli è Verità ed è necessario che gli uomini attingano
e ricevano con obbedienza da Lui la verità; similmente nelle volontà degli
uomini, sia perché in Lui alla santità della volontà divina risponde la
perfetta integrità e sottomissione della volontà umana, sia perché con le sue
ispirazioni influisce sulla libera volontà nostra in modo da infiammarci verso
le più nobili cose. Infine Cristo è riconosciuto Re dei cuori per quella sua
carità che sorpassa ogni comprensione umana (Supereminentem scientiæ
caritatem) e per le attrattive della sua mansuetudine e
benignità: nessuno infatti degli uomini fu mai tanto amato e mai lo sarà in
avvenire quanto Gesù Cristo. Ma per entrare in argomento, tutti debbono
riconoscere che è necessario rivendicare a Cristo Uomo nel vero senso della
parola il nome e i poteri di Re; infatti soltanto in quanto è Uomo si può dire
che abbia ricevuto dal Padre la potestà, l’onore e il regno, perché come Verbo
di Dio, essendo della stessa sostanza del Padre, non può non avere in comune
con il Padre ciò che è proprio della divinità, e per conseguenza Egli su tutte
le cose create ha il sommo e assolutissimo impero.
La Regalità di Cristo nei
libri dell’Antico Testamento.
E non leggiamo infatti spesso nelle Sacre Scritture che Cristo è Re ? Egli
invero è chiamato il Principe che deve sorgere da Giacobbe,, eche
dal Padre è costituito Re sopra il Monte santo di Sion, che riceverà le genti
in eredità e avrà in possesso i confini della terra. Il salmo nuziale, col
quale sotto l’immagine di un re ricchissimo e potentissimo viene preconizzato
il futuro Re d’Israele, ha queste parole: «II tuo trono, o Dio, sta per sempre,
in eterno: scettro di rettitudine è il tuo scettro reale». – E per tralasciare
molte altre testimonianze consimili, in un altro luogo per lumeggiare più
chiaramente i caratteri del Cristo, si preannunzia che il suo Regno sarà senza
confini ed arricchito coi doni della giustizia e della pace: «Fiorirà ai suoi
giorni la Giustizia e somma pace… Dominerà da un mare all’altro, e dal fiume
fino alla estremità della terra». A questa testimonianza si aggiungono in modo
più ampio gli oracoli dei Profeti e anzitutto quello notissimo di Isaia: «Ci è
nato un bimbo, ci fu dato un figlio: e il principato è stato posto sulle sue
spalle e sarà chiamato col nome di Ammirabile, Consigliere, Dio forte, Padre
del secolo venturo, Principe della pace. Il suo impero crescerà, e la pace non
avrà più fine. Sederà sul trono di Davide e sopra il suo regno, per stabilirlo
e consolidarlo nel giudizio e nella giustizia, da ora ed in perpetuo». E gli
altri Profeti non discordano da Isaia: così Geremia, quando predice che nascerà
dalla stirpe di Davide il “Rampollo giusto” che qual figlio di Davide «regnerà
e sarà sapiente e farà valere il diritto e la giustizia sulla terra»; così
Daniele che preannunzia la costituzione di un regno da parte del Re del cielo,
regno che «non sarà mai in eterno distrutto… ed esso durerà in eterno» e
continua: «Io stavo ancora assorto nella visione notturna, quand’ecco venire in
mezzo alle nuvole del cielo uno con le sembianze del figlio dell’uomo che si
avanzò fino al Vegliardo dai giorni antichi, e davanti a lui fu presentato. E
questi gli conferì la potestà, l’onore e il regno; tutti i popoli, le tribù e
le lingue serviranno a lui; la sua potestà sarà una potestà eterna che non gli
sarà mai tolta, e il suo regno, un regno che non sarà mai distrutto». E gli
scrittori dei santi Vangeli non accettano e riconoscono come avvenuto quanto è
predetto da Zaccaria intorno al Re mansueto il quale «cavalcando sopra un’asina
col suo piccolo asinello» era per entrare in Gerusalemme, qual giusto e
salvatore fra le acclamazioni delle turbe?
Gesù Cristo si è
proclamato Re
Del resto questa dottrina intorno a Cristo Re, che abbiamo sommariamente
attinto dai libri del Vecchio Testamento, non solo non viene meno nelle pagine
del Nuovo, ma anzi vi è confermata in modo splendido e magnifico. E qui, appena
accennando all’annunzio dell’arcangelo da cui la Vergine viene avvisata che
doveva partorire un figlio, al quale Iddio avrebbe dato la sede di David, suo
padre, e che avrebbe regnato nella Casa di Giacobbe in eterno e che il suo
Regno non avrebbe avuto fine vediamo che Cristo stesso dà testimonianza
del suo impero: infatti, sia nel suo ultimo discorso alle turbe, quando parla
dei premi e delle pene, riservate in perpetuo ai giusti e ai dannati; sia
quando risponde al Preside romano che pubblicamente gli chiedeva se fosse Re,
sia quando risorto affida agli Apostoli l’ufficio di ammaestrare e battezzare
tutte le genti, colta l’opportuna occasione, si attribuì il nome di Re, e
pubblicamente confermò di essere Re e annunziò solennemente a Lui era
stato dato ogni potere in cielo e in terra. E con queste parole che altro si
vuol significare se non la grandezza della potestà e l’estensione immensa del
suo Regno? – Non può dunque sorprenderci se Colui che è detto da Giovanni
«Principe dei Re della terra», porti, come apparve all’Apostolo nella visione
apocalittica «scritto sulla sua veste e sopra il suo fianco: Re dei re e
Signore dei dominanti». Da quando l’eterno Padre costituì Cristo erede
universale, è necessario che Egli regni finché riduca, alla fine dei secoli, ai
piedi del trono di Dio tutti i suoi nemici. – Da questa dottrina dei sacri
libri venne per conseguenza che la Chiesa, regno di Cristo sulla terra,
destinato naturalmente ad estendersi a tutti gli uomini e a tutte le nazioni,
salutò e proclamò nel ciclo annuo della Liturgia il suo autore e fondatore
quale Signore sovrano e Re dei re, moltiplicando le forme della sua affettuosa
venerazione. Essa usa questi titoli di onore esprimenti nella bella varietà
delle parole lo stesso concetto; come già li usò nell’antica salmodia e negli
antichi Sacramentari, così oggi li usa nella pubblica ufficiatura e
nell’immolazione dell’Ostia immacolata. In questa laude perenne a Cristo Re,
facilmente si scorge la bella armonia fra il nostro e il rito orientale in
guisa da render manifesto, anche in questo caso, che «le norme della preghiera
fissano i principi della fede». Ben a proposito Cirillo Alessandrino, a
mostrare il fondamento di questa dignità e di questo potere, avverte che «egli
ottiene, per dirla brevemente, la potestà su tutte le creature, non carpita con
la violenza né da altri ricevuta, ma la possiede per propria natura ed
essenza»; cioè il principato di Cristo si fonda su quella unione mirabile che è
chiamata unione ipostatica. Dal che segue che Cristo non solo deve essere
adorato come Dio dagli Angeli e dagli uomini, ma anche che a Lui, come Uomo,
debbono essi esser soggetti ed obbedire: cioè che per il solo fatto dell’unione
ipostatica Cristo ebbe potestà su tutte le creature. – Eppure che cosa più
soave e bella che il pensare che Cristo regna su di noi non solamente per diritto
di natura, ma anche per diritto di conquista, in forza della Redenzione?
Volesse Iddio che gli uomini immemori ricordassero quanto noi siamo costati al
nostro Salvatore: «Non a prezzo di cose corruttibili, di oro o d’argento siete
stati riscattati… ma dal Sangue prezioso di Cristo, come di agnello immacolato
e incontaminato». Non siamo dunque più nostri perché Cristo ci ha ricomprati
col più alto prezzo: i nostri stessi corpi sono membra di Cristo.
Natura e valore del Regno
di Cristo
Volendo ora esprimere la natura e il valore di questo principato, accenniamo
brevemente che esso consta di una triplice potestà, la quale se venisse a
mancare, non si avrebbe più il concetto d’un vero e proprio principato. – Le
testimonianze attinte dalle Sacre Lettere circa l’impero universale del nostro
Redentore, provano più che a sufficienza quanto abbiamo detto; ed è dogma di
fede che Gesù Cristo è stato dato agli uomini quale Redentore in cui debbono
riporre la loro fiducia, ed allo stesso tempo come legislatore a cui debbono
obbedire. – I santi Evangeli non soltanto narrano come Gesù abbia promulgato
delle leggi, ma lo presentano altresì nell’atto stesso di legiferare; e il
divino Maestro afferma, in circostanze e con diverse espressioni, che chiunque
osserverà i suoi comandamenti darà prova di amarlo e rimarrà nella sua carità .
Lo stesso Gesù davanti ai Giudei, che lo accusavano di aver violato il sabato
con l’aver ridonato la sanità al paralitico, afferma che a Lui fu dal Padre
attribuita la potestà giudiziaria: «Il Padre non giudica alcuno, ma ha rimesso
al Figlio ogni giudizio». Nel che è compreso pure il diritto di premiare e
punire gli uomini anche durante la loro vita, perché ciò non può disgiungersi
da una propria forma di giudizio. Inoltre la potestà esecutiva si deve
parimenti attribuire a Gesù Cristo, poiché è necessario che tutti obbediscano
al suo comando, e nessuno può sfuggire ad esso e alle sanzioni da lui
stabilite.
Regno principalmente
spirituale
Che poi questo Regno sia principalmente spirituale e attinente alle cose
spirituali, ce lo dimostrano i passi della sacra Bibbia sopra riferiti, e ce lo
conferma Gesù Cristo stesso col suo modo di agire. – In varie occasioni,
infatti, quando i Giudei e gli stessi Apostoli credevano per errore che il
Messia avrebbe reso la libertà al popolo ed avrebbe ripristinato il regno di
Israele, egli cercò di togliere e abbattere questa vana attesa e speranza; e
così pure quando stava per essere proclamato Re dalla moltitudine che, presa di
ammirazione, lo attorniava, Egli rifiutò questo titolo e questo onore,
ritirandosi e nascondendosi nella solitudine; finalmente davanti al Preside
romano annunciò che il suo Regno “non è di questo mondo”. – Questo Regno nei
Vangeli viene presentato in tal modo che gli uomini debbano prepararsi ad
entrarvi per mezzo della penitenza, e non possano entrarvi se non per la fede e
per il Battesimo, il quale benché sia un rito esterno, significa però e produce
la rigenerazione interiore. Questo Regno è opposto unicamente al regno di
Satana e alla “potestà delle tenebre”, e richiede dai suoi sudditi non solo
l’animo distaccato dalle ricchezze e dalle cose terrene, la mitezza dei
costumi, la fame e sete di giustizia, ma anche che essi rinneghino se stessi e
prendano la loro croce. Avendo Cristo come Redentore costituita con il suo
sangue la Chiesa, e come Sacerdote offrendo se stesso in perpetuo quale ostia
di propiziazione per i peccati degli uomini, chi non vede che la regale dignità
di Lui riveste il carattere spirituale dell’uno e dell’altro ufficio?
Regno universale e sociale
D’altra parte sbaglierebbe gravemente chi togliesse a Cristo Uomo il potere
su tutte le cose temporali, dato che Egli ha ricevuto dal Padre un diritto
assoluto su tutte le cose create, in modo che tutto soggiaccia al suo arbitrio.
Tuttavia, finché fu sulla terra si astenne completamente dall’esercitare tale
potere, e come una volta disprezzò il possesso e la cura delle cose umane, così
permise e permette che i possessori debitamente se ne servano. A questo
proposito ben si adattano queste parole: «Non toglie il trono terreno Colui che
dona il regno eterno dei cieli». Pertanto il dominio del nostro Redentore
abbraccia tutti gli uomini, come affermano queste parole del Nostro
Predecessore di immortale memoria Leone
XIII, che Noi qui facciamo Nostre: «L’impero di Cristo non si estende soltanto
sui popoli cattolici, o a coloro che, rigenerati nel fonte battesimale,
appartengono, a rigore di diritto, alla Chiesa, sebbene le errate opinioni Ce
li allontanino o il dissenso li divida dalla carità; ma abbraccia anche quanti
sono privi di fede cristiana, di modo che tutto il genere umano è sotto la
potestà di Gesù Cristo». – Né v’è differenza fra gli individui e il consorzio
domestico e civile, poiché gli uomini, uniti in società, non sono meno sotto la
potestà di Cristo di quello che lo siano gli uomini singoli. È lui solo la
fonte della salute privata e pubblica: «Né in alcun altro è salute, né sotto il
cielo altro nome è stato dato agli uomini, mediante il quale abbiamo da essere
salvati», è lui solo l’autore della prosperità e della vera felicità sia per i
singoli sia per gli Stati: «poiché il benessere della società non ha origine
diversa da quello dell’uomo, la società non essendo altro che una concorde
moltitudine di uomini». – Non rifiutino, dunque, i capi delle nazioni di
prestare pubblica testimonianza di riverenza e di obbedienza all’impero di
Cristo insieme coi loro popoli, se vogliono, con l’incolumità del loro potere,
l’incremento e il progresso della patria. Difatti sono quanto mai adatte e
opportune al momento attuale quelle parole che all’inizio del Nostro
pontificato Noi scrivemmo circa il venir meno del principio di autorità e del
rispetto alla pubblica potestà: «Allontanato, infatti — così lamentavamo — Gesù
Cristo dalle leggi e dalla società, l’autorità appare senz’altro come derivata
non da Dio ma dagli uomini, in maniera che anche il fondamento della medesima
vacilla: tolta la causa prima, non v’è ragione per cui uno debba comandare e
l’altro obbedire. Dal che è derivato un generale turbamento della società, la
quale non poggia più sui suoi cardini naturali».
Regno benefico
Se invece gli uomini privatamente e in pubblico avranno riconosciuto la
sovrana potestà di Cristo, necessariamente segnalati benefici di giusta
libertà, di tranquilla disciplina e di pacifica concordia pervaderanno l’intero
consorzio umano. La regale dignità di nostro Signore come rende in qualche modo
sacra l’autorità umana dei principi e dei capi di Stato, così nobilita i doveri
dei cittadini e la loro obbedienza. – In questo senso l’Apostolo Paolo,
inculcando alle spose e ai servi di rispettare Gesù Cristo nel loro rispettivo
marito e padrone, ammoniva chiaramente che non dovessero obbedire ad essi come
ad uomini ma in quanto tenevano le veci di Cristo, poiché sarebbe stato
sconveniente che gli uomini, redenti da Cristo, servissero ad altri uomini:
«Siete stati comperati a prezzo; non diventate servi degli uomini». Che se i
principi e i magistrati legittimi saranno persuasi che si comanda non tanto per
diritto proprio quanto per mandato del Re divino, si comprende facilmente che
uso santo e sapiente essi faranno della loro autorità, e quale interesse del
bene comune e della dignità dei sudditi prenderanno nel fare le leggi e
nell’esigerne l’esecuzione. – In tal modo, tolta ogni causa di sedizione,
fiorirà e si consoliderà l’ordine e la tranquillità: ancorché, infatti, il
cittadino riscontri nei principi e nei capi di Stato uomini simili a lui o per
qualche ragione indegni e vituperevoli, non si sottrarrà tuttavia al loro
comando qualora egli riconosca in essi l’immagine e l’autorità di Cristo Dio e
Uomo. – Per quello poi che si riferisce alla concordia e alla pace, è manifesto
che quanto più vasto è il regno e più largamente abbraccia il genere umano,
tanto più gli uomini diventano consapevoli di quel vincolo di fratellanza che
li unisce. E questa consapevolezza come allontana e dissipa i frequenti
conflitti, così ne addolcisce e ne diminuisce le amarezze. E se il regno di
Cristo, come di diritto abbraccia tutti gli uomini, cosi di fatto veramente li
abbracciasse, perché dovremmo disperare di quella pace che il Re pacifico portò
in terra, quel Re diciamo che venne «per riconciliare tutte le cose, che non
venne per farsi servire, ma per servire gli altri”» e che, pur essendo il
Signore di tutti, si fece esempio di umiltà, e questa virtù principalmente
inculcò insieme con la carità e disse inoltre: «II mio giogo è soave e il mio
peso leggero?». – Oh, di quale felicità potremmo godere se gli individui, le
famiglie e la società si lasciassero governare da Cristo! «Allora veramente,
per usare le parole che il Nostro Predecessore Leone XIII venticinque
anni fa rivolgeva a tutti i Vescovi dell’orbe cattolico, si potrebbero risanare
tante ferite, allora ogni diritto riacquisterebbe l’antica forza, tornerebbero
i beni della pace, cadrebbero dalle mani le spade, quando tutti volentieri
accettassero l’impero di Cristo, gli obbedissero, ed ogni lingua proclamasse
che nostro Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre».
La Festa di Cristo Re
Scopo della festa di
Cristo Re
E perché più abbondanti siano i desiderati frutti e durino più stabilmente
nella società umana, è necessario che venga divulgata la cognizione della
regale dignità di nostro Signore quanto più è possibile. Al quale scopo Ci
sembra che nessun’altra cosa possa maggiormente giovare quanto l’istituzione di
una festa particolare e propria di Cristo Re. – Infatti, più che i solenni
documenti del Magistero ecclesiastico, hanno efficacia nell’informare il popolo
nelle cose della fede e nel sollevarlo alle gioie interne della vita le annuali
festività dei sacri misteri, poiché i documenti, il più delle volte, sono presi
in considerazione da pochi ed eruditi uomini, le feste invece commuovono e
ammaestrano tutti i fedeli; quelli una volta sola parlano, queste invece, per
così dire, ogni anno e in perpetuo; quelli soprattutto toccano salutarmente la
mente, queste invece non solo la mente ma anche il cuore, tutto l’uomo insomma.
Invero, essendo l’uomo composto di anima e di corpo, ha bisogno di essere
eccitato dalle esteriori solennità in modo che, attraverso la varietà e la
bellezza dei sacri riti, accolga nell’animo i divini insegnamenti e,
convertendoli in sostanza e sangue, faccia si che essi servano al progresso
della sua vita spirituale. – D’altra parte si ricava da documenti storici che
tali festività, col decorso dei secoli, vennero introdotte una dopo l’altra,
secondo che la necessità o l’utilità del popolo cristiano sembrava richiederlo;
come quando fu necessario che il popolo venisse rafforzato di fronte al comune
pericolo, o venisse difeso dagli errori velenosi degli eretici, o incoraggiato più
fortemente e infiammato a celebrare con maggiore pietà qualche mistero della
fede o qualche beneficio della grazia divina. Così fino dai primi secoli
dell’era cristiana, venendo i fedeli acerbamente perseguitati, si cominciò con
sacri riti a commemorare i Martiri, affinché — come dice Sant’Agostino — le
solennità dei Martiri fossero d’esortazione al martirio. E gli onori liturgici,
che in seguito furono tributati ai Confessori, alle Vergini e alle Vedove,
servirono meravigliosamente ad eccitare nei fedeli l’amore alle virtù,
necessarie anche in tempi di pace. – E specialmente le festività istituite in
onore della Beata Vergine fecero sì che il popolo cristiano non solo venerasse
con maggior pietà la Madre di Dio, sua validissima protettrice, ma si accendesse
altresì di più forte amore verso la Madre celeste, che il Redentore gli aveva
lasciato quasi per testamento. Tra i benefici ottenuti dal culto pubblico e
liturgico verso la Madre di Dio e i Santi del Cielo non ultimo si deve
annoverare questo: che la Chiesa, in ogni tempo, poté vittoriosamente
respingere la peste delle eresie e degli errori. – In tale ordine di cose
dobbiamo ammirare i disegni della divina Provvidenza, la quale, come suole dal
male ritrarre il bene, così permise che di quando in quando la fede e la pietà
delle genti diminuissero, o che le false teorie insidiassero la verità
cattolica, con questo esito però, che questa risplendesse poi di nuovo
splendore, e quelle, destatesi dal letargo, tendessero a cose maggiori e più
sante. – Ed invero le festività che furono accolte nel corso dell’anno
liturgico in tempi a noi vicini, ebbero uguale origine e produssero identici
frutti. Così, quando erano venuti meno la riverenza e il culto verso l’augusto
Sacramento, fu istituita la festa del Corpus Domini, e si ordinò che venisse
celebrata in modo tale che le solenni processioni e le preghiere da farsi per
tutto l’ottavario richiamassero le folle a venerare pubblicamente il Signore;
così la festività del Sacro Cuore di Gesù fu introdotta quando gli animi degli
uomini, infiacchiti e avviliti per il freddo rigorismo dei giansenisti, erano
del tutto agghiacciati e distolti dall’amore di Dio e dalla speranza della
eterna salvezza. – Ora, se comandiamo che Cristo Re venga venerato da tutti i
cattolici del mondo, con ciò Noi provvederemo alle necessità dei tempi
presenti, apportando un rimedio efficacissimo a quella peste che
pervade l’umana società.
Il “laicismo”
La peste della età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi
empi incentivi; e voi sapete, o Venerabili Fratelli, che tale empietà non
maturò in un solo giorno ma da gran tempo covava nelle viscere della società.
Infatti si cominciò a negare l’impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla
Chiesa il diritto — che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo — di ammaestrare,
cioè, le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli alla eterna
felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu uguagliata con altre
religioni false e indecorosamente abbassata al livello di queste; quindi la si
sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all’arbitrio dei principi e dei
magistrati. Si andò più innanzi ancora: vi furono di quelli che pensarono di
sostituire alla religione di Cristo un certo sentimento religioso naturale. Né
mancarono Stati i quali opinarono di poter fare a meno di Dio, riposero la loro
religione nell’irreligione e nel disprezzo di Dio stesso. – I pessimi frutti,
che questo allontanamento da Cristo da parte degli individui e delle nazioni
produsse tanto frequentemente e tanto a lungo, Noi lamentammo nella Enciclica Ubi
arcano Dei e anche oggi lamentiamo: i semi cioè della discordia sparsi
dappertutto; accesi quegli odii e quelle rivalità tra i popoli, che tanto
indugio ancora frappongono al ristabilimento della pace; l’intemperanza delle
passioni che così spesso si nascondono sotto le apparenze del pubblico bene e
dell’amor patrio; le discordie civili che ne derivarono, insieme a quel cieco e
smoderato egoismo sì largamente diffuso, il quale, tendendo solo al bene
privato ed al proprio comodo, tutto misura alla stregua di questo; la pace
domestica profondamente turbata dalla dimenticanza e dalla trascuratezza dei
doveri familiari; l’unione e la stabilità delle famiglie infrante, infine la
stessa società scossa e spinta verso la rovina. – Ci sorregge tuttavia la buona
speranza che l’annuale festa di Cristo Re, che verrà in seguito celebrata,
spinga la società, com’è nel desiderio di tutti, a far ritorno all’amatissimo
nostro Salvatore. Accelerare e affrettare questo ritorno con l’azione e con
l’opera loro sarebbe dovere dei Cattolici, dei quali, invero, molti sembra non
abbiano nella civile convivenza quel posto né quell’autorità, che s’addice a
coloro che portano innanzi a sé la fiaccola della verità. – Tale stato di cose
va forse attribuito all’apatia o alla timidezza dei buoni, i quali si astengono
dalla lotta o resistono fiaccamente; da ciò i nemici della Chiesa traggono
maggiore temerità e audacia. Ma quando i fedeli tutti comprendano che debbono
militare con coraggio e sempre sotto le insegne di Cristo Re, con ardore
apostolico si studieranno di ricondurre a Dio i ribelli e gl’ignoranti, e si
sforzeranno di mantenere inviolati i diritti di Dio stesso.
La preparazione storica
della festa di Cristo Re
E chi non vede che fino dagli ultimi anni dello scorso secolo si preparava
meravigliosamente la via alla desiderata istituzione di questo giorno festivo?
Nessuno infatti ignora come, con libri divulgati nelle varie lingue di tutto il
mondo, questo culto fu sostenuto e sapientemente difeso; come pure il
principato e il regno di Cristo fu ben riconosciuto colla pia pratica di
dedicare e consacrare tutte le famiglie al Sacratissimo Cuore di Gesù. E non
soltanto famiglie furono consacrate, ma altresì nazioni e regni; anzi, per
volere di Leone XIII, tutto il genere umano, durante l’Anno Santo 1900, fu
felicemente consacrato al Divin Cuore. – Né si deve passar sotto silenzio che a
confermare questa regale potestà di Cristo sul consorzio umano
meravigliosamente giovarono i numerosissimi Congressi eucaristici, che si
sogliono celebrare ai nostri tempi; essi, col convocare i fedeli delle singole
diocesi, delle regioni, delle nazioni e anche tutto l’orbe cattolico, a
venerare e adorare Gesù Cristo Re nascosto sotto i veli eucaristici, tendono,
mediante discorsi nelle assemblee e nelle chiese, mediante le pubbliche
esposizioni del Santissimo Sacramento, mediante le meravigliose processioni ad
acclamare Cristo quale Re dato dal cielo. – A buon diritto si direbbe che il
popolo cristiano, mosso da ispirazione divina, tratto dal silenzio e dal
nascondimento dei sacri templi, e portato per le pubbliche vie a guisa di
trionfatore quel medesimo Gesù che, venuto nel mondo, gli empi non vollero
riconoscere, voglia ristabilirlo nei suoi diritti regali. – E per vero ad
attuare il Nostro divisamento sopra accennato, l’Anno Santo che volge alla fine
Ci porge la più propizia occasione, poiché Dio benedetto, avendo sollevato la
mente e il cuore dei fedeli alla considerazione dei beni celesti che superano
ogni gaudio, o li ristabilì in grazia e li confermò nella retta via e li avviò
con nuovi incitamenti al conseguimento della perfezione. – Perciò, sia che
consideriamo le numerose suppliche a Noi rivolte, sia che consideriamo gli
avvenimento di questo Anno Santo, troviamo argomento a pensare che finalmente è
spuntato il giorno desiderato da tutti, nel quale possiamo annunziare che si
deve onorare con una festa speciale Cristo quale Re di tutto il genere umano. –
In quest’anno infatti, come dicemmo sin da principio, quel Re divino veramente
ammirabile nei suoi Santi, è stato magnificato in modo glorioso con la
glorificazione di una nuova schiera di suoi fedeli elevati agli onori celesti;
parimenti in questo anno per mezzo dell’Esposizione Missionaria tutti ammirarono
i trionfi procurati a Cristo per lo zelo degli operai evangelici nell’estendere
il suo Regno; finalmente in questo medesimo anno con la centenaria ricorrenza
del Concilio Niceno, commemorammo la difesa e la definizione del dogma della
consustanzialità del Verbo incarnato col Padre, sulla quale si fonda l’impero
sovrano del medesimo Cristo su tutti i popoli.
L’istituzione della festa
di Cristo Re
Pertanto, con la Nostra apostolica autorità istituiamo la festa di nostro
Signore Gesù Cristo Re, stabilendo che sia celebrata in tutte le parti della
terra l’ultima domenica di ottobre, cioè la domenica precedente la festa di
tutti i Santi. Similmente ordiniamo che in questo medesimo giorno, ogni anno,
si rinnovi la consacrazione di tutto il genere umano al Cuore santissimo di
Gesù, che il Nostro Predecessore di santa memoria Pio X aveva comandato di
ripetere annualmente. – In quest’anno però, vogliamo che sia rinnovata il
giorno trentuno di questo mese, nel quale Noi stessi terremo solenne
pontificale in onore di Cristo Re e ordineremo che la detta consacrazione si
faccia alla Nostra presenza. Ci sembra che non possiamo meglio e più
opportunamente chiudere e coronare 1’Anno Santo, né rendere più ampia
testimonianza della Nostra gratitudine a Cristo, Re immortale dei secoli, e di
quella di tutti i cattolici per i beneficî fatti a Noi, alla Chiesa e a tutto
l’Orbe cattolico durante quest’Anno Santo. – E non fa bisogno, Venerabili
Fratelli, che vi esponiamo a lungo i motivi per cui abbiamo istituito la
solennità di Cristo Re distinta dalle altre feste, nelle quali sembrerebbe già
adombrata e implicitamente solennizzata questa medesima dignità regale. – Basta
infatti avvertire che mentre l’oggetto materiale delle attuali feste di nostro
Signore è Cristo medesimo, l’oggetto formale, però, in esse si distingue del
tutto dal nome della potestà regale di Cristo. La ragione, poi, per cui volemmo
stabilire questa festa in giorno di domenica, è perché non solo il Clero con la
celebrazione della Messa e la recita del divino Officio, ma anche il popolo,
libero dalle consuete occupazioni, rendesse a Cristo esimia testimonianza della
sua obbedienza e della sua devozione. – Ci sembrò poi più d’ogni altra
opportuna a questa celebrazione l’ultima domenica del mese di ottobre, nella quale
si chiude quasi l’anno liturgico, così infatti avverrà che i misteri della vita
di Gesù Cristo, commemorati nel corso dell’anno, terminino e quasi ricevano
coronamento da questa solennità di Cristo Re, e prima che si celebri e si
esalti la gloria di Colui che trionfa in tutti i Santi e in tutti gli eletti. –
Pertanto questo sia il vostro ufficio, o Venerabili Fratelli, questo il vostro
compito di far sì che si premetta alla celebrazione di questa festa annuale, in
giorni stabiliti, in ogni parrocchia, un corso di predicazione, in guisa che i
fedeli ammaestrati intorno alla natura, al significato e all’importanza della
festa stessa, intraprendano un tale tenore di vita, che sia veramente degno di
coloro che vogliono essere sudditi affezionati e fedeli del Re divino.
I vantaggi della festa di
Cristo Re
Giunti al termine di questa Nostra lettera Ci piace, o Venerabili Fratelli,
spiegare brevemente quali vantaggi in bene sia della Chiesa e della società
civile, sia dei singoli fedeli, Ci ripromettiamo da questo pubblico culto verso
Cristo Re. – Col tributare questi onori alla dignità regia di nostro Signore,
si richiamerà necessariamente al pensiero di tutti che la Chiesa, essendo stata
stabilita da Cristo come società perfetta, richiede per proprio diritto, a cui
non può rinunziare, piena libertà e indipendenza dal potere civile, e che essa,
nell’esercizio del suo divino ministero di insegnare, reggere e condurre alla
felicità eterna tutti coloro che appartengono al Regno di Cristo, non può
dipendere dall’altrui arbitrio. – Di più, la società civile deve concedere
simile libertà a quegli ordini e sodalizi religiosi d’ambo i sessi, i quali,
essendo di validissimo aiuto alla Chiesa e ai suoi pastori, cooperano
grandemente all’estensione e all’incremento del regno di Cristo, sia perché con
la professione dei tre voti combattono la triplice concupiscenza del mondo, sia
perché con la pratica di una vita di maggior perfezione, fanno sì che quella
santità, che il divino Fondatore volle fosse una delle note della vera Chiesa,
risplenda di giorno in giorno vieppiù innanzi agli occhi di tutti. – La
celebrazione di questa festa, che si rinnova ogni anno, sarà anche
d’ammonimento per le nazioni che il dovere di venerare pubblicamente Cristo e
di prestargli obbedienza riguarda non solo i privati, ma anche i magistrati e i
governanti: li richiamerà al pensiero del giudizio finale, nel quale Cristo,
scacciato dalla società o anche solo ignorato e disprezzato, vendicherà
acerbamente le tante ingiurie ricevute, richiedendo la sua regale dignità che
la società intera si uniformi ai divini comandamenti e ai principî cristiani,
sia nello stabilire le leggi, sia nell’amministrare la giustizia, sia
finalmente nell’informare l’animo dei giovani alla santa dottrina e alla
santità dei costumi. – Inoltre non è a dire quanta forza e virtù potranno i
fedeli attingere dalla meditazione di codeste cose, allo scopo di modellare il
loro animo alla vera regola della vita cristiana. – Poiché se a Cristo Signore
è stata data ogni potestà in cielo e in terra; se tutti gli uomini redenti con
il Sangue suo prezioso sono soggetti per un nuovo titolo alla sua autorità; se,
infine, questa potestà abbraccia tutta l’umana natura, chiaramente si
comprende, che nessuna delle nostre facoltà si sottrae a tanto impero.
Conclusione
Cristo regni!
È necessario, dunque, che Egli regni nella mente dell’uomo, la quale con
perfetta sottomissione, deve prestare fermo e costante assenso alle verità
rivelate e alla dottrina di Cristo; che regni nella volontà, la quale deve obbedire
alle leggi e ai precetti divini; che regni nel cuore, il quale meno apprezzando
gli affetti naturali, deve amare Dio più d’ogni cosa e a Lui solo stare unito;
che regni nel corpo e nelle membra, che, come strumenti, o al dire
dell’Apostolo Paolo, come “armi di giustizia” offerte a Dio devono
servire all’interna santità delle anime. Se coteste cose saranno proposte alla
considerazione dei fedeli, essi più facilmente saranno spinti verso la
perfezione. – Faccia il Signore, Venerabili Fratelli, che quanti sono fuori del
suo regno, bramino ed accolgano il soave giogo di Cristo, e tutti, quanti
siamo, per sua misericordia, suoi sudditi e figli, lo portiamo non a malincuore
ma con piacere, ma con amore, ma santamente, e che dalla nostra vita conformata
alle leggi del Regno divino raccogliamo lieti ed abbondanti frutti, e ritenuti
da Cristo quali servi buoni e fedeli diveniamo con Lui partecipi nel Regno
celeste della sua eterna felicità e gloria. – Questo nostro augurio nella
ricorrenza del Natale di nostro Signore Gesù Cristo sia per voi, o Venerabili
Fratelli, un attestato del Nostro affetto paterno; e ricevete l’Apostolica
Benedizione, che in auspicio dei divini favori impartiamo ben di cuore a voi, o
Venerabili Fratelli, e a tutto il popolo vostro.
[Dato a Roma, presso S. Pietro, il giorno 11 Dicembre dell’Anno Santo
1925, quarto del Nostro Pontificato.]
Credo … https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/12/il-credo/
Offertorium
Orémus
Ps II: 8.
Póstula a me, et dabo tibi gentes hereditátem tuam, et possessiónem tuam términos terræ. [Chiedi a me ed Io ti darò in eredità le nazioni e in dominio i confini della terra]
Secreta
Hóstiam tibi, Dómine, humánæ reconciliatiónis offérimus: præsta, quǽsumus; ut, quem sacrifíciis præséntibus immolámus, ipse cunctis géntibus unitátis et pacis dona concédat, Jesus Christus Fílius tuus, Dóminus noster:Qui tecum …[Ti offriamo, o Signore, la vittima dell’umana riconciliazione; fa’, Te ne preghiamo, che Colui che immoliamo in questo Sacrificio, conceda a tutti i popoli i doni dell’unità e della pace: Gesù Criato Figliuolo, nostro Signore, Egli …]
Præfatio
de D.N. Jesu Christi Rege
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Qui unigénitum Fílium tuum, Dóminum nostrum Jesum Christum, Sacerdótem ætérnum et universórum Regem, óleo exsultatiónis unxísti: ut, seípsum in ara crucis hóstiam immaculátam et pacíficam ófferens, redemptiónis humánæ sacraménta perágeret: et suo subjéctis império ómnibus creatúris, ætérnum et universále regnum, imménsæ tuæ tráderet Majestáti. Regnum veritátis et vitæ: regnum sanctitátis et grátiæ: regnum justítiæ, amóris et pacis. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes:
[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in
ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno
Iddio: Che il tuo Figlio unigénito, Gesú Cristo nostro Signore, hai consacrato
con l’olio dell’esultanza: Sacerdote eterno e Re dell’universo: affinché,
offrendosi egli stesso sull’altare della croce, vittima immacolata e pacífica,
compisse il mistero dell’umana redenzione; e, assoggettate al suo dominio tutte
le creature, consegnasse all’immensa tua Maestà un Regno eterno e universale,
regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di
amore e di pace. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le
Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno
della tua gloria, dicendo senza fine:]
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus
Sábaoth. Pleni sunt coeli et terra glória tua. Hosánna in excélsis.
Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.
Comunione spirituale
https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/comunione-spirituale/
Communio
Ps XXVIII:10;11
Sedébit Dóminus Rex in ætérnum: Dóminus benedícet pópulo suo in pace.[Sarà assiso il Signore, Re in eterno; il Signore benedirà il suo popolo con la pace]
Postcommunio
Orémus.
Immortalitátis alimóniam consecúti, quǽsumus, Dómine: ut, qui sub Christi Regis vexíllis militáre gloriámur, cum ipso, in cœlésti sede, júgiter regnáre póssimus: Qui …[Ricevuto questo cibo di immortalità, Ti preghiamo o Signore, che quanti ci gloriamo di militare sotto il vessillo di Cristo Re, possiamo in cielo regnare per sempre con Lui: Egli che …]
Preci leonine:
https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/20/preghiere-leonine-dopo-la-messa/
https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/
https://www.exsurgatdeus.org/2019/10/26/domenica-xx-dopo-pentecoste-2019/