Salmo 13: “Dixit insipiens in corde suo”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
TOME PREMIER.
PARIS
LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR
13, RUE DELAMMIE,1878
IMPRIM. Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.P
TOME PREMIER.
Salmo 13:
[1] In finem. Psalmus David.
Dixit insipiens in corde suo:
Non est Deus.
[2] Corrupti sunt, et abominabiles facti sunt in studiis suis; non est qui faciat bonum, non est usque ad unum.
[3] Dominus de caelo prospexit super filios hominum, ut videat si est intelligens, aut requirens Deum.
[4] Omnes declinaverunt, simul inutiles facti sunt. Non est qui faciat bonum, non est usque ad unum.
[5] Sepulchrum patens est guttur eorum; linguis suis dolose agebant. Venenum aspidum sub labiis eorum.
[6] Quorum os maledictione et amaritudine plenum est; veloces pedes eorum ad effundendum sanguinem.
[7] Contritio et infelicitas in viis eorum, et viam pacis non cognoverunt; non est timor Dei ante oculos eorum.
[8] Nonne cognoscent omnes qui operantur iniquitatem, qui devorant plebem meam sicut escam panis?
[9] Dominum non invocaverunt; illic trepidaverunt timore, ubi non erat timor.
[10] Quoniam Dominus in generatione justa est, consilium inopis confudistis, quoniam Dominus spes ejus est.
[11] Quis dabit ex Sion salutare Israel? Cum averterit Dominus captivitatem plebis suae, exsultabit Jacob, et lætabitur Israel.
[Vecchio Testamento secondo la Volgata Tradotto in lingua mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO XIII.
Corruzione della umana natura, e profezia del Salvatore.
Per la fine, salmo di David.
1. Disse lo insensato in cuor suo: Iddio non è.
2. Si sono corrotti, e sono divenuti abbominevoli ne’ loro affetti; non v’ha chi faccia il bene, non v’ha neppur uno.
3. Il Signore dal cielo, gettò lo sguardo sui figliuoli degli uomini, per vedere se siavi chi abbia intelletto, o chi cerchi Dio.
4. Tutti sono usciti di strada, son divenuti egualmente inutili; non havvi chi faccia il bene, non ve n’ha nemmen uno.
5. La loro gola è un aperto sepolcro; colle loro lingue tessono inganni, veleno d’aspidi chiudon le loro labbra.
6. La bocca de’ quali è ripiena di maledizione e di amarezza; i loro piedi veloci a spargere il sangue.
7. Nelle loro vie afflizione e calamità, e non han conosciuta la via della pace; non è dinanzi a’ loro occhi il timore di Dio.
8. Non se n’avvedranno eglino tutti coloro i quali fan loro mestiere dell’iniquità, coloro che divorano il popol mio come un pezzo di pane?
9. Non hanno invocato il Signore; ivi tremarono di paura dove non era timore.
10. Perché il Signore sta con la stirpe dei giusti: voi vi faceste beffe dei consigli del povero, perché il Signore è la sua speranza
11. Chi darà da Sionne la salute d’Israele? quando il Signore ritornerà il suo popolo dalla schiavitù, esulterà Giacobbe e sarà in allegrezza a Israele.
Sommario analitico
Non si può dire con certezza a quale circostanza precisa della vita di Davide si riferisca questo salmo. – Il sentimento più probabile è quello che lo applica agli empi che osano negare Dio, se non con la bocca, con le opere criminali. San Tommaso l0 applica soprattutto ai Giudei, Bellarmino ai gentili. Si può applicare generalmente a tutti noi, perché come osserva Jansénius, il Re-Profeta descrive qui la moltitudine di malvagi che, persuasi che Dio non esista e non cercando di conoscerlo, non temono di darsi ad ogni tipo di eccessi per opprimere i giusti. Ma essi finiranno per conoscere, per loro sventura, che questo Dio che verrà li castigherà e libererà i giusti dalla violenza e dalla oppressione nella quale essi li tengono. San Paolo ha citato questo salmo quasi per intero. Può essere applicato a tutti gli atei.
Davide in questo salmo mostra:
I. – L’empietà dell’ateo. –
1) Cieco nella sua intelligenza, con la quale nega perfino Dio (1);
2) nella sua volontà, ove tutte le affezioni, tutte le inclinazioni sono corrotte;
3) nelle opere che presentano l’omissione assoluta di ogni bene (2);
4) il Profeta conferma ciò che viene a dire dalla testimonianza di Dio, che attesta: a) la corruzione, gli artifici dei loro discorsi; b) le loro calunnie e le loro blasfemie, c) il loro incitamento a commettere il crimine e a spandere il sangue (3, 6).
II. – Il castigo degli atei. – 1° Le angosce e la desolazione sono nelle loro vie (7), 2° essi non conoscono il sentiero della pace; 3° il timore del Signore non è davanti ai loro occhi, ed essi non hanno nessuna intelligenza né di questi disegni, né della sua giustizia (8); 4° essi non Lo invocano mai e per questo tremano la dove non c’è nulla da temere (9).
III. – Il trionfo e la gioia dei giusti che Dio protegge: – 1° in questa vita, dimorando con essi con la fede e la carità (10); 2° consolandoli, con la speranza, nelle loro afflizioni; 3° dando loro la grazia della salvezza; 4° liberandoli da ogni cattività; 5° colmandoli di gioia e di allegria (11).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 1-6.
ff. 1. – « L’insensato ha detto nel suo cuore … »; nessun uomo in effetti osa dire queste cose, anzi nemmeno pensarle (S. Agost.). – Tre tipi di atei vi sono, in rapporto alle tre facoltà dell’anima: l’intelligenza, la volontà e la memoria. Questo vuol dire che ci si può rendere colpevoli in diversi modi di questo errore insensato: per errore, per volontà, per dimenticanza. In primo luogo gli atei e i libertini, che dicono apertamente che le cose vanno secondo il caso e l’avventura, cioè senza ordine, senza governo, senza una condotta superiore. La terra contiene pochi di questi mostri, gli idolatri stessi e gli infedeli sono loro in orrore; e quando alla luce del Cristianesimo se ne scopre qualcuno, lo si deve stimare maledetto ed abominevole. Altri non negano fino a questi eccessi la divinità, ma pressati e spinti dalle loro passioni smodate, dalle leggi che li condannano, dalle minacce che li atterriscono, dal timore dei giudizi che li disturbano, preferirebbero che Dio non ci fosse; ancor più essi vorrebbero credere che Dio non sia che un nome, e dicono nel loro cuore, non per persuasione, ma per desiderio: « Non c’è Dio … ». Tre modi dunque, per dire che Dio non esiste: ciò che noi disdegniamo pensare e come un nulla ai nostri sguardi. Costoro, quindi, dicono in cuor loro che Dio non c’è, che non giudicano degno il pensare a Lui. Appena sono attenti alla sua verità quando si predica, alla sua maestà quando si sacrifica, alla sua giustizia quando colpisce, alla sua bontà quando dona; infine Lo ritengono talmente un niente, che pensano di non aver nulla da temere e che non abbiano che se stessi per testimone (Bossuet, Nécess. de trav. à son salut.). – L’empio domanda: perché c’è Dio? Io gli rispondo: perché Dio non dovrebbe esserci? È forse perché Egli è perfetto, e la perfezione è un ostacolo all’essere? Errore insensato; al contrario, la perfezione è la ragione dell’essere. Perché l’imperfetto sarebbe ed il perfetto non potrebbe essere? Perché l’Essere a cui nulla manca non sarebbe piuttosto che l’essere al quale manca qualcosa? Chi può dunque impedire che Dio non ci sia? E perché il niente di Dio, che l’empio vuole immaginare nel suo cuore insensato, perché – io dico – questo niente di Dio prevarrebbe sull’esitenza di Dio, e vorrebbe che Dio non sia l’Essere? O Dio, ci si perde in tale accecamento! L’empio si perde nel niente di Dio, che egli vuole preferire all’essere di Dio; in se stesso, quest’empio non si sogna di chiedere a se stesso perché egli è. (Bossuet, Elév. I Sein. 2° El.). – Gesù-Cristo è la sapienza, la giustizia, la verità, la santità; la sapienza è negata dalla follia, la giustizia dall’iniquità, la verità dalla menzogna, la santità dalla vita sensuale e viziosa; ed una volta che veniamo vinti dal vizio, è allora che neghiamo che Dio esista. Al contrario, tutte le volte che facciamo una buona azione, confessiamo, se non con la bocca almeno con le opere, l’esistenza di Dio (S. Girol.). – L’insensato ha detto nel suo cuore: « Dio non c’è »! Ecco che questo grido di inesprimibile delirio è stato inteso, questa negazione che se non parte dal cuore e dalla regione dei sensi, supporrebbe l’estinzione completa della ragione, è stato audacemente opposto alla credenza venerabile di tutti i secoli ed ai più eclatanti lumi dell’evidenza (Doublet, Psaumes, etc. T. III, 294).
ff. 2. – Ecco la sequela naturale ma deplorevole della depravazione del cuore: la fede ed il timor di Dio, sono due freni salutari onde arrestare il peccatore; una volta rotti questi due freni, si precipita in ogni sorta di disordini. – Affezioni e desideri smodati, sono la sorgente corrotta delle azioni più abominevoli (Duguet). – Non peccare e fare bene, due cose differenti se si tratta del bene assoluto e perfetto; perché questi uomini, privati della fede e della grazia, ridotti alle sole forze della natura, peccano ordinariamente; ma essi fanno anche opere talvolta moralmente buone, che non si possono chiamare peccato, benché non siano assolutamente buone non conducendo al Bene sovrano (Bellarmino). – Il Profeta, in questo versetto e nel quarto, si leva contro coloro che non fanno il bene. Dio non si contenta dell’omissione del male, Egli giudica e condanna l’omissione del bene. Parole di Gesù-Cristo all’ultimo giudizio; molti, al giudizio di Dio avranno visto il bene; essi lo avranno anche consigliato, insegnato, lodato, ricompensato, ma se essi non lo avranno fatto da se stessi, non sfuggiranno al giudizio di Dio (Berthier).
ff. 3. – Si consideri qui: Chi guarda, è il Signore; da dove guarda? dal cielo, dal soggiorno che abita in particolare, e là dove apre ai suoi servitori tutti i tesori della sua divinità; siccome guarda da lontano tutta la terra, come un maestro guarda da un luogo elevato i suoi servitori che contravvengono ai suoi ordini; cosa guarda? … i figli degli uomini; con quale fine? … per vedere, non per apprendere ciò che non conosce, ma per portare soccorso, alfine di vedere se c’è qualcuno che conosca Dio. Dio infatti è meno cercato che conosciuto: ricorrere a Dio per ottenerne beni temporali, non è cercare Dio, è cercare i beni della terra. – Quale spettacolo agli occhi della fede! Dio dall’alto del cielo, affacciandosi sulla terra ed interrogando con i suoi sguardi tutti gli uomini che l’abitano o la percorrono, più o meno occupati nei loro affari, cerca di scoprire – in questa folla innumerevole di esseri che Egli ha creato a sua immagine – un uomo, un solo uomo intelligente che cerchi Dio per conoscerlo meglio ed affermarsi nella fede della sua esistenza, sia per amarlo, sia per servirlo con più ardore. Ma non ne trova! (Rendu.). – Gli uomini non vogliono cercare Dio, essi non vogliono pensare a Dio, essi hanno per tanto tempo omesso di farlo, non sospettando per un solo momento a qual grado essi Lo ignorano o Lo dimenticano. Chi di noi non ha visto tante persone discendere tranquillamente la corrente della vita, piene di nobili sentimenti e di istinti generosi, benefacenti e disinteressati, senza un’ombra di debolezza nel carattere, ardenti, delicati, fedeli, indulgenti, prudenti e nonostante ciò senza Dio, nel mondo; sono anime scelte che farebbero onore alla fede, se avessero l’occasione di pensare per una volta a questi due termini: “Noi siamo delle creature, noi abbiamo un Creatore, noi abbiamo un Dio”? (Faber.).
ff. 4, 5, 6. – Cercare il proprio bene, la gioia e la felicità nelle creature vuol dire deviare dal retto cammino. – Condurre una vita oziosa e inutile, è sufficiente per essere gettati nelle tenebre esterne. Vi sono due tipi di servitori unitili: 1) quelli che consumano i beni della Chiesa, senza far nulla per la Chiesa; 2) quelli che amano il riposo, non fanno nulla per la loro salvezza e non pensano che a gioire della vita (Duguet). – Applicazione alle anime tiepide che si trascinano più che marciare nella via della salvezza: esse non hanno comprensione del loro vero interesse; si vantano di cercare Dio, ma … quale ricerca?! Esse contano di trovarla nell’amore del mondo o di se stesse? Esse sono inutili in pratica, poiché non fanno alcun bene solido e vero: preghiere senza fervore e senza attenzione, Comunioni senza frutto, Confessioni senza emendamento, conversazioni senza utilità per il prossimo, lavoro senza spirito interiore, prove o afflizioni senza pazienza. La curiosità, la leggerezza, la vanità, riempiono i giorni e gli anni (Berthier).
ff. 6. – Il veleno del cuore si diffonde ben presto sulla lingua, sepolcro chiuso che non tarda più ad aprirsi. – Veleno di aspide, veleno nascosto appena percepibile, causa certa di morte. – Calunnie, oltraggi, acidità, occasioni ordinarie per versare sangue. – « Essi tremano la dove non c’è motivo di temere ». È un tremore come in un viaggiatore sperduto tra le tenebre di una foresta profonda, che la caduta di una foglia fa sussultare: le malattie, le prove, i colpi di fortuna, le separazioni, le doglie, la morte, si ergono davanti a lui come tanti fantasmi che lo spaventano (Doublet, Ps.).
ff.7. – « La desolazione e l’infelicità sono nelle loro vie », ciò che è ugualmente vero sia in senso attivo che passivo. Ci sono persone che non sembrano nate se non per rendere gli altri infelici; è il loro unico oggetto, il loro unico studio, e per una giusta reciprocità, tutti i colpi che vogliono portare agli altri, ricadono su loro stessi. – L’assenza del timor di Dio, è sorgente di tutti i disordini, è causa di tutti i crimini.
II — 7-8.
ff.8. Coloro che commettono l’iniquità non conoscono né temono la giustizia di Dio. Essi la conosceranno un giorno, e ne saranno stupefatti (Duguet). « Non spetta forse a voi conoscere la giustizia? – dice il profeta Michea – nemici del bene e amanti del male, voi che strappate loro la pelle di dosso e la carne dalle ossa. Divorano la carne del mio popolo e gli strappano la pelle di dosso, ne rompono le ossa e lo fanno a pezzi come carne in una pentola, come lesso in una caldaia » (Michea III, 1-3). « Come se mangiassero un pezzo di pane », tutti i giorni; … come si mangia il pane ogni giorno, con la stessa facilità e senza mai stancarsi (Duguet). – I malvagi non si sottraggono a nessuna violenza, pur di soddisfare la propria cupidigia, la loro avarizia, il loro libertinaggio. Il giudizio di Dio è necessario per rivelare tutte le rapine, tutte le frodi, tutte le ingiustizie che si commettono segretamente nel mondo (Berthier).
ff. 9. Ci sono coloro che immaginano di invocare il Signore, ma in realtà senza invocarlo, allo stesso modo di colui che offre a Dio il frutto delle sue rapine: in realtà non Gli si offre niente, perché Dio non può ricevere una tale offerta; così è per quelli che spogliano e divorano i loro fratelli: essi non invocano Dio credendo invece di invocarlo (S. Chrys.). – Il Profeta indica qui la causa o l’effetto della malvagità degli uomini; essi guardano il Signore essere a loro completamente estraneo, non Lo invocano affatto; essi vivono nel suo impero, sotto le leggi della sua provvidenza, tra le sue opere, ricolmi dei suoi benefici, senza testimoniargli alcuna riconoscenza. – Così tutto è sregolato nella condotta e nella vita dei peccatori. Essi temono là dove non si dovrebbe temere, similmente ad un bambino spaventato da una figura orrida, ma non temono di cadere nel fuoco. Essi temono la povertà, l’umiliazione, le sofferenze, etc., che chiamano “mali”. Essi desiderano e ricercano gli onori, i piaceri, le ricchezze, etc., che stimano come veri beni (Duguet). – « Essi hanno tremato per lo spavento, la dove non c’era nulla da temere », cioè per la perdita dei beni temporali. « Se noi lo lasciamo fare, dicevano i Giudei, tutti crederanno in Lui, ed i Romani verranno e ci porteranno via il nostro paese e la nostra nazione » (S. Giov. XI, 18). Essi hanno temuto di perdere un regno terreno, cosa che non dovevano temere, ed hanno così perso il Regno dei cieli, l’unica cosa veramente da temere. La paura che essi avevano di perdere le cose del tempo, impediva loro di pensare a quelle dell’eternità, ed essi così persero le une e le altre (S. Agost.).
ff. 10. – Dio non è con coloro che amano il secolo. È ingiusto in effetti, trascurare il Creatore dei secoli ed amare il secolo, … servire la creatura al posto del Creatore (S. Agost.). – Dio è in mezzo alla generazione dei giusti, come un Re mezzo ai suoi soggetti, come un generale in mezzo ai suoi soldati. Egli dice nel suo Vangelo: « Là dove sono riuniti due o tre nel mio nome, ivi Io sono in mezzo a loro ». Se Egli ama essere in mezzo a due o tre dei suoi fedeli servitori, quanto più in mezzo ad una generazione intera di giusti (S. Chrys.). – La vita dei giusti è sempre stata e sarà sempre oggetto di critiche, di censure degli empi e dei mondani. Gli empi di professione rimproverano quelli che hanno conservato la fede; gli uomini del mondo, senza pietà e senza fervore, prendono in giro gli uomini ferventi. Ci sono dei termini consacrati per questo tipo di guerra. Si confonde colui che teme Dio con l’ipocrita; colui che spera in Lui, con il superstizioso (Berthier).
ff. 11. – La venuta del Messia, la salvezza di Israele doveva uscire da Sion, il desiderio di tutti gli antichi profeti. Il Messia non è ancora venuto per un gran numero di Cristiani, che non hanno approfittato della sua venuta. I peccatori sono ancora sotto la legge, e devono sospirare lo stato di grazia. I giusti hanno ancora una parte di se stessi che non è santificata e che geme nell’attesa della liberazione (Duguet).