Salmo 7: “Domine, Deus meus”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
TOMO PRIMO.
PARIS
LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR
13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo VII
Psalmus David, quem cantavit Domino pro verbis Chusi, filii Jemini.
[1] Domine Deus meus, in te speravi; salvum me fac ex omnibus persequentibus me, et libera me,
[2] nequando rapiat ut leo animam meam, dum non est qui redimat, neque qui salvum faciat.
[3] Domine Deus meus, si feci istud, si est iniquitas in manibus meis,
[4] si reddidi retribuentibus mihi mala, decidam merito ab inimicis meis inanis.
[5] Persequatur inimicus animam meam, et comprehendat; et conculcet in terra vitam meam, et gloriam meam in pulverem deducat.
[6] Exsurge, Domine, in ira tua; et exaltare in finibus inimicorum meorum;
[7] et exsurge, Domine Deus meus, in praecepto quod mandasti;
[8] et synagoga populorum circumdabit te: et propter hanc in altum regredere.
[9] Dominus judicat populos. Judica me, Domine, secundum justitiam meam, et secundum innocentiam meam super me.
[10] Consumetur nequitia peccatorum; et diriges justum, scrutans corda et renes, Deus.
[11] Justum adjutorium meum a Domino, qui salvos facit rectos corde.
[12] Deus judex justus, fortis, et patiens; numquid irascitur per singulos dies?
[13] Nisi conversi fueritis, gladium suum vibrabit; arcum suum tetendit, et paravit illum.
[14] Et in eo paravit vasa mortis, sagittas suas ardentibus effecit.
[15] Ecce parturiit injustitiam; concepit dolorem, et peperit iniquitatem.
[16] Lacum aperuit, et effodit eum; et incidit in foveam quam fecit.
[17] Convertetur dolor ejus in caput ejus, et in verticem ipsius iniquitas ejus descendet.
[18] Confitebor Domino secundum justitiam ejus, et psallam nomini Domini altissimi.
SALMO VII.
[Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
Davide prega Dio di difendere la sua innocenza contro le accuse di Chus, ossia di Saulle, che lo chiamò insidiatore, ovvero di Semei che lo disse uomo di sangue e invasore del regno di Saulle. È salmo composto nella persecuzione di Saulle o di Assalonne.
Salmo di David, cantato da lui al Signore, a motivo delle parole di Chus, figliuolo di Jemini.
1. Signore, Dio mio, in te ho posta la mia speranza: salvami, e liberami da tutti coloro che mi perseguitano!
2. Affinchè qual lione non faccia preda dell’anima mia, quando non siavi chi porti liberazione e salute.
3 Signore, Dio mio, se ho io fatta tal cosa, se avvi nelle mani mie iniquità;
4. Se male ho renduto a coloro che a me ne facevano, cada io giustamente senza prò sotto dei miei nemici.
5. Perseguiti l’inimico l’anima mia, mi raggiunga, e calpesti insieme colla terra la mia vita, e riduca in polvere la mia gloria.
6. Levati su. o Signore, nell’ira tua, e fa mostra di tua grandezza in mezzo ai miei nemici.
7. E levati su, o Signore, Dio mio, secondo la legge stabilita da te;
8. E la moltitudine delle nazioni si adunerà intorno a te. E per amor di questa ritorna nell’alto.
9. Il Signore fa giudizio dei popoli. Fammi ragione, o Signore, secondo la mia giustizia, e secondo l’innocenza che è in me.
10. La malvagità dei peccatori avrà fine, e sarai guida del giusto, tu, o Dio, che penetri i cuori e gli affetti.
11. Il mio soccorso giustamente (aspetto) di cuore.
12. Dio giusto giudice, forte e paziente, si adira egli forse ogni di?
13. Se voi non vi convertirete, egli ruoterà la sua spada; ha teso il suo arco e lo tien preparato.
14. E con esso ha preparati strumenti di morte; le sue frecce ha formate per quelli che spiran fiamme.
15. Ecco che quegli ha partorito l’ingiustizia, ha concepito dolore, ed ha partorito l’iniquità.
16. Ha aperta e scavata la fossa, e nella fossa che ha fatto, egli è caduto.
17. Il suo dolore ritornerà sul capo di lui, e sulla testa di lui cadrà la sua iniquità.
18. Glorificherò il Signore per la sua giustizia, e al nome del Signore altissimo canterò inni di laude.
Sommario analitico
Davide geme sotto l’ingiusta persecuzione di Saul e di quelli che avevano eccitato l’odio e l’invidia contro Davide.
I – Implora il soccorso di Dio a causa di due motivi.
1) Gli attributi di Dio, la sua maestà, la sua bontà per quelli che sperano in Lui, la potenza che può disporre contro i suoi nemici (1, 2); .2) la paura di Saul ed il terrore che egli ispirava a tutti quelli che avrebbero voluto portare soccorso a Davide (3).
.2) Le ragioni che gli sono proprie. – a) la sua innocenza: egli non ha commesso alcuna ingiustizia nei riguardi di coloro che lo perseguitano, e non ha reso loro male per male (4); b) la sua umiltà: egli si sottomette, se colpevole, alla giusta vendetta di Dio ed al furore dei suoi nemici (5); c) la sua fiducia che gli fa sperare che Dio lo vendicherà ed umilierà i suoi nemici (6); d) l’impressione salutare che questa giusta rovina farà sul popolo (7, 8).
II – Egli predice il giudizio futuro.
1) Indica le persone (9); 2) Espone la giustizia di questo giudizio che Dio pronunzierà secondo i meriti di ciascuno; 3) Il doppio esito di questo giudizio, infelice per gli empi (10), gioioso per i giusti (11). 4) Le quattro virtù del giudice: la giustizia, la forza, la longanimità, la severità (12). 5) La grandezza del castigo, da vicino la spada, da lontano le frecce (13, 14). 6) Le cause di questo terribile castigo. – a) I crimini concepiti nel fondo del cuore (15); b) quelli che si producono all’esterno; c) quelli che sono nocivi agli altri e che ricadono sui loro autori (16, 17). 7) Conclude rendendo grazie a Dio, e lodando la giustizia del Signore (18).
Spiegazioni e Considerazioni
I — 1- 8.
ff. 1. – Quale vivacità di sentimenti, come sempre! Davide non dice « Signore Dio », ma « Signore mio Dio ». Come il resto degli uomini, egli sente il bisogno di Dio, ma prova particolarmente questo bisogno a causa del suo amore (S. Chrys.). – La persecuzione è stata in tutti i tempi la ricompensa dei giusti, e soprattutto dei Cristiani, la cui vita non deve essere altro che la partecipazione ed il compimento dei misteri di Gesù-Cristo sofferente e perseguitato. – L’uomo giusto ha sempre molti nemici che lo perseguitano, perché è sempre in guerra con le potenze delle tenebre, con le massime e gli esempi del mondo, persecutori irriconciliabili delle proprie passioni; è inoltre perseguitato per le ingiuste passioni degli altri perché egli vuole vivere con pietà in Gesù Cristo (II Tim. III, 12). – Chiediamo sull’esempio di Davide, non che Dio ci vendichi dei nostri nemici, che li faccia perire, ma che Egli ce ne liberi.
ff. 2. – Noi possiamo chiedere di essere liberati dalla persecuzione, quando temiamo di soccombere in essa. – Davide aveva intorno a lui un gran numero di difensori; sul suo esempio guardiamo il mondo intero come un soccorso insufficiente, se nello stesso tempo non abbiamo che Dio per appoggio, e non ci consideriamo affatto come reietti quando saremo ridotti alle nostre sole forze, una volta che Dio ci viene in aiuto. (S. Chrys.). Il demonio come “leone ruggente”, gira incessantemente intorno a noi per rapire la nostra anima; egli è tanto forte quando non c’è nessuno a strapparci dalle sue mani, ma è debole quando siamo nelle mani di Dio. Gettiamoci dunque nelle mani di Dio, nessuna forza potrà rapirci ciò che abbiamo depositato in queste mani divine.
ff. 3. – Non c’è che il giusto per eccellenza che possa parlare della sorte. Colui che ha potuto dire con sicurezza ai farisei, ai Giudei concordi ed accaniti contro di Lui « chi di voi mi accuserà di peccato? » (Joan.); Colui del quale S. Pietro ha detto « Egli non ha commesso peccato, e non si è trovata malizia sulle sue labbra ». – Non è come figura di questo giusto per eccellenza, che Davide ha potuto tenere questo linguaggio, ed in senso ristretto, a causa delle ingiuste persecuzioni di cui era stato l’oggetto. « Padre mio, riconosci dunque e vedi che non c’è in me alcun disegno iniquo né ribellione, né ho peccato contro di te; invece tu vai insidiando la mia vita per sopprimerla » (I Re, XXIV, 12). – Tutti gli altri giusti, chiunque essi siano, hanno sempre commesso qualche peccato; se noi non avessimo commesso i peccati dei quali ci si rimprovera, cos’altro abbiamo commesso di cui ci si possa rimproverare? La preghiera non è sufficiente ad ottenere ciò che domandiamo, se non la rivestiamo delle condizioni che la rendano gradita a Dio.
ff. 4. – Davide, Cristiano prima di Gesù-Cristo, si eleva ben al di sopra della legge non rendendo il male a colui che glielo aveva fatto. Quale perdono potremo mai ottenere, quale scusa accampare, noi che, dopo la venuta di Gesù-Cristo, non siamo giunti ancora al grado di perfezione al quale erano giunti coloro che vivevano sotto l’antica Legge, benché Dio esiga da noi una giustizia molto più perfetta? (S. Chrys.). « Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli ». Quanti raggi di sole, quante gocce di rugiada, quanti beni Egli spande e versa sui suoi nemici, quante condanne pronunciate verso coloro che rifiutano di rendere il bene per male. – Gesù-Cristo ci ha comandato di non avere nemici, ciò che non è in nostro potere, ma ci dato come precetto di non rendere male per male, cosa di cui siamo invece maestri perfetti. (S. Chrys.). – Si noti che Davide non dice soltanto: « se io ho reso il male a coloro che me ne hanno fatto », « ma a coloro che mi hanno reso il male al bene ». Colui che rende ha già ricevuto qualcosa. Ora c’è più pazienza e virtù nel non fare del male a chi ha reso male per bene dopo un beneficio, di chi non fa il male a chi ha voluto nuocere senza aver ricevuto mai un beneficio (S. Agost.).
ff. 5. – L’uomo che si vanta di potersi vendicare di un altro uomo – dice S. Agostino – si inganna per la sua vanità. Il vendicativo è vinto dalla sua passione; mentre applaude alla sua falsa vittoria, egli è schiavo del demonio. Egli è lieto per aver calpestato i suoi nemici, mentre il demonio calpesta la vita della sua anima. Egli crede di aver acquisito con ciò molto onore, ma tutta la gloria delle sue antiche virtù e della primitiva pazienza è ridotta in polvere. (Dug.).
ff. 6. – Sembra talvolta che Dio sonnecchi nei nostri confronti, rispetto al più forte nella persecuzione, perché resta nascosto sotto il velo dei suoi segreti, ma i suoi occhi sono sempre aperti, ed il suo cuore veglia sempre su quelli che fanno ricorso a Lui. Egli sembra sonnecchiare e dormire come Gesù in mezzo alla tempesta per poter poi dire: « Alzatevi Signore, salvateci, noi periamo ». La collera di Dio non è una passione, ma il giusto castigo per i peccatori, per il demonio e i suoi angeli, di cui i peccatori e gli empi sono la prova (S. Chrys.). – Non è dunque infierire, ma fare atto di misericordia pregare Dio di levarsi contro tali nemici (S. Agost.).
ff. 7, 8. – Dio ha comandato espressamente ai giudici della terra di liberare gli innocenti dalla potenza di coloro che li opprimono. Davide ingiunge a Dio, per così dire, di fare ciò che Lui stesso ha comandato. – Il Profeta sembra pressare Dio perché eserciti i suoi giudizi. Questo non perché i ritardi della giustizia divina siano sempre molto brevi in se stessi, poiché davanti all’eternità, mille anni sono come un giorno, e tali devono sembrare a chiunque rifletta sui rigori di questa giustizia, sulla rapidità dei tempi che ci trascinano ai piedi del Giudice sovrano, e sul fatto che non c’è un istante in cui non sia pronunziato o non sia messo in esecuzione uno di questi decreti che fissano il destino eterno di una creatura umana. Ma questi medesimi ritardi della giustizia divina, la nostra impazienza li trova talvolta molto lunghi; ora, nel nostro pensiero, ci sembra che Dio sia disceso dal suo tribunale. Ci sembra al contrario che risalga quando si decide infine a far sentire ai malvagi gli effetti della sua collera (Rendue). – Ci sono dei giudizi pubblici che Dio emette già da questa vita; ma il maggior numero dei giudizi segreti Egli esercita contro i peccatori, sia permettendo che essi si induriscano, sia arrestandoli nel corso dei loro crimini, colpendoli nel pieno dei loro scompigli. Ma restano ancora due tipi di giudizio ben più terribili degli altri: quello che segue l’istante della morte, e quello che è riservato per la fine dei tempi. È proprio in quel momento che il Signore « sale sul suo trono e giudica i popoli » (Berthier).
II. — 9 – 17.
ff. 9. – La fiducia di Davide nella sua giustizia sembra qui ben più grande, ma egli è obbligato a parlare della sorte, perché le sue prove avrebbero potuto dare di lui una cattiva opinione ad un gran numero di insensati. In effetti, la maggior parte degli spiriti senza giudizio, considerano colpevole la vita di un uomo sul quale si abbatta la sventura (S. Chys.). Vera innocenza è quella che non fa danno neanche ad un nemico … Queste parole « … che è su di me » possono applicarsi non solo alla sua innocenza, ma anche alla sua giustizia, e pertanto Davide dimostra che l’anima giusta ed innocente non attribuisce queste virtù a se stessa, ma le ritiene venire da Dio che la rischiara e la illumina (S. Agos.). La giustizia è un dono di Dio, ma questo non impedisce che i giusti non abbiano dei veri meriti, e che la giustizia che è in loro non gli sia propria … È la grazia che ne è il fondamento e la causa principale; ma i Santi hanno il merito di acconsentire ad essa e di aver lavorato con essa, come dice l’Apostolo (Berthier).
ff. 10. – Grande consolazione per i giusti oppressi è quella di essere rassicurati dalla fede che la malizia dei peccatori avrà termine un giorno e sarà distrutta. I malvagi non hanno modo di essere fieri del fatto di aver talvolta il potere di affliggere i fedeli servitori di Dio. Dio lascia loro questo potere per farne degli strumenti che servano a purificare coloro che essi affliggono. È paglia che bruciando l’oro nella fornace si consuma da se stessa e rende l’oro più puro (Duguet). – « Che la malizia dei peccatori abbia un termine », cioè inviate loro dei castighi che li fermino nella via del crimine. Desideriamo noi stessi non certo che il peccatore, ma che la sua malizia, sia distrutta; non abbiamo di mira che una sola cosa: arrestare il progresso del male (S. Chrys.). – Due preziosi vantaggi derivano dal castigo degli empi: gli uni si ritirano dal male, gli altri si attaccano più strettamente alla virtù (Idem).- Come il giusto, in mezzo alla confusione della dissimulazione e dell’ipocrisia che ci circonda, può essere diretto se non da Colui che prova i cuori ed i reni, cioè che vede i pensieri di tutti – significati dai cuori -, e le gioie che essi ricercano – significate dai reni? … – Se Dio, sondando il nostro cuore, vuole che esso sia dove si trovi il nostro tesoro (Matteo VI, 22), vale a dire nei cieli; se sondando i nostri reni, vede che noi non seguiamo la carne ed il sangue (Gal. XVI), ma che le nostre delizie sono nel Signore, allora Egli dirige il giusto nella sua coscienza, davanti a Lui, laddove nessun uomo vede, e dove penetra solo Colui che conosce ciò che ognuno pensa e che piace ad ognuno (S. Agost.).
ff. 11. – « È con giustizia che attendo il soccorso del Signore », cioè: io ho diritto a questo soccorso perché non chiedo nulla di ingiusto. Noi chiediamo ciò che sia conforme alla giustizia, affinché la natura stessa delle nostre preghiere ce ne assicuri l’efficacia (S.Chys.). La medicina ha due funzioni da svolgere: l’una è quella di guarire la malattia, l’altra di conservare la salute. Davide, come un malato, chiede la sua guarigione; tornato in salute, egli chiede che gli venga poi conservata. Per sfuggire alla malattia egli implora un rimedio; per non ricadere nella malattia, egli implora un soccorso (S. Agost.). Salvare i cuori retti: questa è l’opera familiare a Dio. Il cuore retto è quello che innanzitutto non si sia reso colpevole di ingiustizia, che non desideri vendicarsi, che non sia curvato verso terra, né diviso tra Dio e la creatura; … che non cerca altro che Dio, null’altro che non sia Dio, perché Egli è al di sopra di tutto; … né fuori da Dio, perché Lui solo basta (S. Chrys. Duguet.).
ff. 12. – I giusti talvolta considerano Dio come un Dio giusto e forte. I peccatori Lo considerano come un giudice paziente che non va in collera tutti i giorni. – Mai si devono separare queste diverse qualità benché appaiano opposte (Dug.). – Dio è giusto, dunque vorrà punire i malvagi; Egli è forte, dunque potrà frenare la sua giustizia. Ma cosa diventa la sua misericordia, se giudica secondo giustizia? Ecco, all’inizio sembra che nella pazienza Egli faccia differire il castigo, mediante la remissione dei nostri peccati con il Sacramento della rigenerazione, ed in secondo luogo col tempo che ci lascia per fare penitenza. Non è per impotenza che non si vendichi dei suoi diritti oltraggiati, Egli usa pazienza per portarci al pentimento e non esercita la sua collera tutti i giorni, benché noi non cessiamo di provocarla con le nostre infedeltà (S. Chrys.).
ff. 13, 14. – Tutti i tratti di questa descrizione hanno un significato marcato. « Egli farà brillare la sua spada », è la violenza e la celerità del castigo. « Egli ha teso il suo arco » è la certezza della punizione, se i peccatori si rifiutano di convertirsi. « Contro gli uomini ardenti o persecutori », questi sono i colpevoli che Egli istruisce prima dei castighi che sono loro riservati per portarli fuori dalla via del crimine. I nemici e coloro che meditano un grande atto di vendetta, si guardano bene dal farlo conoscere. Dio, al contrario, predice condizionalmente i castighi, li differisce, li scuote con le sue parole, fa di tutto per non essere obbligato a mettere poi in esecuzione le minacce (S. Chrys.). – Se i peccatori non si convertono, non hanno che da attendere le vendette del Signore, la sua spada è pronta, le sue frecce stanno per essere scoccate; questi strumenti portano alla morte, e la morte per il peccatore è seguita da una riprovazione eterna. La spada che deve colpirlo è alzata sulla sua testa, i suoi peccati ne hanno affilato il fatale fendente. « La spada che tengo in pugno, dice il Signore nostro Dio, è aguzza e pulita; è aguzza, perché perfora; è pulita e limata, perché brilli » (Ezech.XXI, 9-10).
ff. 15. – Il pensiero o il disegno di commettere il peccato, è il suo concepimento. Il consenso, cioè la consumazione del peccato, è il parto. L’uno e l’altro si fanno con dolore (Dug.) – Nell’ordine della natura, il concepimento precede i dolori del parto, qui al contrario, il malvagio partorisce, poi concepisce e mette in atto. Perché questa inversione? Nell’ordine naturale è il dolore che accompagna il parto, mentre qui esso si fa sentire fin dall’inizio. In effetti, quando ci si sofferma su un pensiero criminale, se ne ha una profonda impressione sullo spirito, e si spande turbamento e disordine (S. Chrys.).
ff. 16. – Nelle cose umane, aprire una fossa, è preparare per così dire una trappola nel terreno, alfine di farvi cadere colui che si vuole ingannare. Questa fossa è aperta dal momento in cui si è acconsentito alle cattive suggestioni delle bramosie terrene, è scavata da quando questo primo assenso si abbandona alle perfide macchinazioni. Ma giammai l’ingiustizia ferisce il giusto contro il quale è diretta, prima di colpire il cuore ingiusto dal quale esce (S. Agost.). I peccatori, per un giusto giudizio di Dio, trovano il loro supplizio nel loro stesso peccato. Non è necessario che la giustizia divina inventi altri castighi diversi da quelli che si trovino in loro stessi. – Il peccato è dunque egualmente contrario a Dio e all’uomo, ma con questa memorabile differenza: è contrario a Dio perché si oppone alla sua giustizia, ma è contraria all’uomo perché è pregiudizievole per la sua felicità (Bossuet). – Nuovo tratto della bontà divina è attaccare ai disegni artificiosi questo destino fatale che lascia cadere gli infidi nelle proprie reti, affinché questa considerazione li allontani dal fare guerra al loro prossimo, e dal tendergli delle imboscate. – (S. Crys.). Vendicarsi è togliere i beni, l’onore o la vita al proprio nemico, ma è soprattutto perdere la propria anima. Così l’iniquità si rivolta contro colui che ne è l’autore, e la sua ingiustizia ricade sulla sua testa (Dug.).
ff. 17. – La giustizia di Dio è degna di azioni di grazie, così come la sua misericordia. – Questa confessione non è quella dei peccati, ma la confessione della giustizia di Dio, della quale ecco il linguaggio: « Signore, voi siete veramente giusto, perché proteggete i giusti in modo tale da essere la loro luce, e perché regolate il destino dei peccatori in modo che siano puniti per effetto non della vostra collera, ma della loro malvagità » (S. Agost.).