DISCORSO
XX.
Il
Sacro Cuore di Gesù e la donna.
Tutti i grandi
uomini del Cristianesimo si sono sempre occupati seriamente della donna. S.
Paolo, quel primo e sublime interprete del pensiero di Gesù Cristo, come S.
Giovanni lo fu del suo amore, in tutte le sue lettere parla della donna con un
interesse particolare, e s’incarica della sua istituzione. Egli la segue ne’
suoi diversi stati di vergine, di sposa e di vedova, e le insegna i doveri ch’ella
deve adempiere, le virtù che deve praticare, gli scogli che deve evitare, i
mezzi coi quali può santificare se medesima e gli altri ed edificare la Chiesa in
ciascuno de’ suoi stati. L’Apostolo S. Pietro, nella sua prima lettera
raccoglie anch’esso la nostra attenzione sulla donna, e in alcuni versetti ne
fa apparire la dignità e ne insegna i doveri. Ad imitazione degli Apostoli, il
gran Vescovo e martire S. Policarpo, nella lettera che indirizzò alla Chiesa, prima
di andarsi ad immolare per Gesù Cristo, ha dato una bella e soda istruzione per
le donne, ed ha fatto conoscere tutta l’importanza della loro santa condotta.
Non altrimenti fecero i Padri della Chiesa, quali un Tertulliano, un San Cipriano,
un S. Ambrogio, un S. Agostino, un S. Giovanni Crisostomo, e soprattutto uu S.
Girolamo, il quale sull’esempio di S. Paolo ha considerato la donna nei diversi
stati, in cui si può trovare, e più diffusamente ancora l’ha istruita ne’ suoi doveri
come vergine colla sua famosa lettera a S. Eustochia, come vedova nella sua
lettera a Furia e in quella a S. Salvina, come maritata e madre nella sua
lettera a Leta. Nel medio evo poi, tutti i Sommi Pontefici, tutti i Concili,
tutti i Dottori e tutti i teologi si sono occupati, direi in modo particolare, della
donna. E in questi ultimi tempi, quattro grandi Santi, per tacere di cento
altri, animati da un medesimo zelo e dallo stesso spirito, S. Gaetano Tiene, S.
Ignazio di Loiola, S. Vincenzo de’ Paoli, e S. Francesco di Sales si sono riscontrati
in un medesimo lavoro nella istruzione cristiana della donna. Che cosa vuol
dire ciò, o miei cari? Non è difficile a comprendersi. Quale è la donna, tale
in gran parte è l’uomo, la famiglia, la società. La donna pia e pura, la donna
veramente cristiana è quella che, madre cristianizza il fanciullo, che figlia edifica
il padre, che sposa santifica il marito, che sorella ammigliora il fratello, e
con tutto ciò forma religiosa la famiglia, religiosa e felice la società, perché
a quella guisa che non è religiosa la famiglia, che per la religione degli individui,
così, non è religiosa e felice la società, che per la religione delle famiglie.
Al contrario, se la donna è essa irreligiosa, scostumata, non cristiana, la è
finita quasi del tutto pel bene degli individui, della famiglia e della
società. Pertanto curarsi della istituzione cristiana della donna è curarsi
della felicità del mondo. Ma se in vista di sì grande motivo la Chiesa, i
Dottori, i Santi si sono così seriamente occupati della donna, essi non lo fecero
tuttavia, che seguendo il modello di ogni particolare sollecitudine, di ogni peculiar
zelo, di ogni speciale carità, nostro Signor Gesù Cristo. Ed in vero come mai
il Cuore Sacratissimo di Gesù, così interessato della felicità degli individui,
delle famiglie, della società, come mai non avrebbe dimostrato una grande
carità per questo essere così debole, eppur così potente ad un tempo, da valere
in gran parte a produrre una tale felicità! Sì, anche apro della donna questo Cuore Santissimo ebbe fiamme d’amore; ed è quello, di cui devo parlarvi oggi.
I. — Che cosa deve essere la donna secondo
lo spinto del Cristianesimo? Apriamo la Bibbia: essa ce lo insegna fin dalle
prime pagine. Quando Iddio ebbe creato l’uomo, dice la Sacra Scrittura, Dio
guardò a lui, e tocco il cuore alla vista della sua solitudine, pronunziò
queste parole, una delle più tenere, che siano uscite dal suo labbro: «Non è
bene che l’uomo sia solo: facciamogli una compagna simile a lui, che possa
servirgli di aiuto: « faciamus ei
adiutorium simile sibi. » Ecco quel che deve essere la donna: l’aiuto
dell’uomo: l’aiuto dell’uomo non solo per quanto si riferisce ai suoi
bisogni di natura, ma eziandio e principalmente per quanto si riferisce ai suoi
bisogni spirituali. Contribuire pertanto all’acquisto dell’eterna salute
dell’uomo è il fine principale della donna, la sua missione, il suo ministero,
la sua gloria, la sua grandezza, la sua dignità. Ma osserviamo bene, o miei
cari, che le parole di Dio « Non è bene che l’uomo sia solo » hanno un senso
generale e indeterminato, e che per conseguenza le parole « facciamogli un aiuto
che gli rassomigli » hanno lo stesso senso, e significano avere Iddio
costituito la donna come l’aiuto dell’uomo in tutti gli stati, in tutte le
condizioni, in cui può trovarsi; cioè la donna non è soltanto l’aiuto dell’uomo
nello stato domestico, ma eziandio nello stato sociale e religioso. A tal fine,
perché la donna fosse l’aiuto dell’uomo, sempre e dappertutto, Iddio doveva
dargliene la capacità. È quello che fece. Egli che equilibrò mirabilmente gli
esseri, che compongono l’universo, con la forza e con la bellezza, operò la
stessa cosa in quei due esseri, che dovevano comporre la famiglia e la società;
e all’uomo diede massimamente la forza, alla donna la bellezza. All’uomo la
forza del genio, della volontà, ed anche quella dei muscoli, perché comandi
comandando; alla donna la bellezza del cuore, dello spirito, del tratto,
dello sguardo, delle forme esteriori, perché comandi pregando. Di fatto
la donna, più debole dell’uomo quale essere fisico, è più forte dell’uomo quale
essere morale. In diritto è l’uomo, che deve comandare alla donna, di cui è
sovrano e signore; ma nel fatto è la donna, che riesce assai facilmente a
piegare l’animo dell’uomo alla sua volontà. E sì grande è la signoria, che ella
può esercitare sul cuor dell’uomo, che quando si fa a tutta impiegarla sia in
bene sia in male, l’uomo fosse pure perfetto come Adamo, forte come Sansone,
accorto come Sisara, pio come David, sapiente come Salomone e feroce come
Oloferne, finisce quasi sempre per lasciarsi soggiogare dalla donna, per cedere
a lei, per obbedirla, e lui felice se non ne diventa anche il trastullo! Lo
stesso Giangiacomo Rousseau diceva argutamente che le sorti del mondo sarebbero
state diverse, se Cleopatra avesse avuto un naso più piccolo. È vero che si
vedono tante volte degli uomini, che tiranneggiano le loro mogli, ma questo
avviene ordinariamente quando questi sciagurati sono alla lor volta
tiranneggiati da altre donne, di cui sono divenuti gli ignobili schiavi. Tale è
l’attitudine della donna. – Ma sventuratamente la donna fin dal principio
abusando dell’attitudine da Dio ricevuta, tradì la sua missione, ed invece di
essere il vero aiuto dell’uomo, ne fu la rovina. E Iddio la punì con una doppia
condanna, di essere sempre soggetta all’uomo e di non generare i figli che nel
dolore. Anzi, quasi che questa doppia condanna non fosse bastata, Iddio parve
volerla punire anche più terribilmente col permettere che l’uomo, apostata
dalla vera religione, valendosi scandalosamente della sua dignità e della sua
forza, si recasse come a spaventevole dovere e ad infernale piacere di
avvilirla e di trattarla come il più spregevole di tutti gli esseri. Perciocché
in quei quattromila anni, che precedettero la venuta di Gesù Cristo sulla terra,
ed anche oggidì presso a quei popoli, dove non è arrivato ancora il Cristianesimo
o fu distrutta la sua benefica influenza, l’uomo ha accumulato contro la donna
quante durezze e quanto avvilimento ha saputo immaginare. Egli ne ha fatto una
cosa, una proprietà, una schiava, uno strumento di sfogo ai suoi più brutali appetiti.
L’ha coperta di un velo e l’ha nascosta nel luogo più segreto della casa, come
una divinità malefica o quale un essere sospetto; le ha raccorciati i piedi sin
da bambina, affin di renderla inabile a camminare e a portare il suo cuore dove
le piacesse; l’ha assoggettata alle fatiche più dure e più penose; le ha negato
ogni istruzione e tutti i piaceri dello spirito, fino al punto, che in certe
contrade il viaggiatore abbattendosi in uno di questi esseri avviliti e richiedendolo
della sua via, la donna rispondeva: « Io non so nulla, perché sono una donna. »
Fu condotta a marito sotto la forma di compra e di vendita; fu dichiarata
incapace di succedere al padre od alla madre, di far testamento, di esercitar
la tutela sui propri figliuoli e persino di conservar loro la vita dopo di
averli dati alla luce, giacché questo diritto era riservato al padre soltanto.
Finalmente, secondo le diverse legislazioni pagane, con una barbarie ed
ignominia orribile, o fu costretta ad accompagnare il cadavere del marito, e
giovane ancora e piena di vita lanciarsi sul rogo di lui, perché così la vita
del marito fosse al sicuro, ben sapendo essa, la moglie, che in nessun caso
avrebbe potuto al marito sopravvivere; o dovette sottostare al ripudio e dopo
essere entrata in una casa adorna di gioventù e di bellezza, andarsene
appassita dagli anni e dalle infermità, cacciata nella strada come un mobile
logoro che si ha noia di più lungamente vedere tra i piedi, in mezzo alle
insolenze e agli sghignazzi degli schiavi, che si facevano a schernire come
schiava loro pari colei, che il dì innanzi era stata la loro signora; o infine
venne rinchiusa siccome un gregge di bestiame fra quattro mura di un harem per
essere fra la noia e il dispetto di interi anni non già l’oggetto di una vera e
durevole affezione, ma per un breve istante l’ignobile strumento di una
passione brutale. Ecco, o miei cari, che cosa è avvenuto della donna dopo la
sua caduta. Ma sia lode a Dio! Gesù Cristo discese sulla terra per ristorare
ogni cosa. E il riaffermare la grandezza della donna, il rimetterla nel suo
ufficio, e l’assicurargliene tutto il potere di ben esercitarlo, non fu
certamente l’ultima prova di carità del suo Cuore Santissimo verso il genere
umano. Che fece adunque Gesù Cristo in pro della donna? Di qual maniera spiegò
verso di essa la carità del suo cuore? Udite, che son meraviglie. Ma notate bene, o miei cari, che io qui non
parlo solo di quella carità, che Gesù Cristo ebbe per le donne del suo tempo e
della sua patria, di quella carità con cui accoglieva ai suoi piedi le
peccatrici pentite, o le aspettava al pozzo di Sichem, o le difendeva da quei
che le volevano lapidare, per donar loro il suo perdono e la sua grazia; non
parlo solo di quella carità, con cui allo spettacolo di povere donne piangenti per
la morte dell’unico figlio, o per quella dell’amato fratello, o per i travagli
della propria figliuola si commuoveva, ponendo mano ai miracoli per sollevarle
dalla loro afflizione; non parlo solo di quella carità, per cui alle donne di
gran fede ridonava la salute col semplice tocco del lembo della sua veste, no,
non parlo solo di questa carità particolare; io parlo propriamente di quella
carità generale, immensa, con cui il Cuore di Gesù Cristo si volse a ristorare
e beneficare la donna di ogni luogo, di ogni tempo e di ogni condizione. Egli
adunque imprese anzitutto la ristorazione della donna col grande mistero della
sua Incarnazione e con la grande opera della sua redenzione. Per questo mistero
e per quest’opera, una donna, Maria, è divenuta la Madre di Dio, di Colui, come
canta la Chiesa, che i cieli non possono contenere, e al quale la luna, il
sole, e tutte le cose servono in ogni tempo; per questo mistero e per
quest’opera una donna, Maria, ha cooperato con Gesù Cristo a redimere il genere
umano dalla schiavitù di satana; per questo mistero e per quest’opera il sesso,
che nella prima donna aveva concepito il peccato nel cuore e aveva cagionata la
rovina del mondo, concepì nel suo seno verginale l’Autore della grazia e
procacciò al mondo la salute; per questo mistero e per quest’era insomma il
sesso così umiliato da Eva venne esaltato sopra ogni dire nella persona di
Maria. E dopo questo mistero e quest’opera, vale a dire dopo un Dio Redentore
concepito e nato da una donna, dopo una donna divenuta per grazia Corredentrice
del mondo, era ancora possibile che la donna continuasse ad essere riguardata tra
i popoli credenti come un essere impuro e malefico? In secondo luogo Gesù
Cristo attese alla ristorazione della donna con una dottrina, la quale
riprovando e condannando i disprezzi, che pel passato eransi usati verso di
lei, richiamava in vigore i diritti che ella aveva alla libertà,
all’eguaglianza, e alla venerazione in faccia all’uomo. Un giorno alcuni
dottori della legge si presentarono a lui e gli dissero: « È egli permesso sì o
no all’uomo di ripudiar sua moglie per qualsivoglia causa? » Essi certamente
non facevano questa domanda per ottenere una risposta, che fossero pronti a
seguire, ma come nota il Vangelo, (MAT. XIX) solamente per giovarsi di essa a calunniarlo
ed accusarlo presso di coloro che ne sarebbero stati offesi : tentantes eum. Ma il
divin Redentore, mostrando di non fare attenzione alla perversità delle
intenzioni, con cui lo interrogavano, pigliò di lì occasione per rivelare al
mondo e stabilire in esso colla sua divina sapienza e carità la sua sublime dottrina
riguardo alla donna. E rispondeva: «Non avete voi letto nella Scrittura, che
Colui, che fece l’uomo al principio, li fece maschio e femmina, e che per mezzo
di Adamo, suo profeta, ha detto: Pertanto l’uomo abbandonerà suo padre e
sua madre e sarà unito a sua moglie, ed essi saranno due in un solo cuore? L’uomo adunque non si attenti di separare quel che Iddio ha congiunto. » Così parlava Gesù Cristo, e così parlando non riponeva la donna nei suoi primieri diritti, nella sua primiera grandezza? Ma infine Gesù Cristo compiva mirabilmente l’Opera sua di carità a pro della donna, da una parte con l’istituzione del Sacramento del Matrimonio, Sacramento grande, che raffigurando le mistiche nozze di Gesù Cristo con la Chiesa, e il vicendevole amore di cui si sarebbero ricambiati in eterno, doveva con la sua unità, indissolubilità e santità assicurare alla donna nel modo più efficace il rispetto e l’amore dell’uomo; e dall’altra disvelando il pregio della verginità e indicando l’ufficio di angelo, che deve esercitare sulla terra un’anima vergine. E per tal guisa ristabiliva pienamente la donna nella sua grande missione di essere in ogni stato e sempre l’aiuto domestico, sociale e religioso dell’uomo. E che queste siano state le mire di Gesù Cristo, lo intesero perfettamente gli Apostoli, i quali, in seguito, nelle loro lettere interpretando e commentando il Vangelo con una energia che atterrisce, condannarono tutti gli orribili delitti contro la donna e la poligamia, e la licenza, e la schiavitù, e l’avvilimento; e colle dottrine più pure, più sublimi e più sante tracciarono a lei e come vergine, e come sposa, e come figlia, e come madre, e come vedova, la via sicura per raggiungere la sua méta. E dopo di ciò, e come effetto di tutto ciò, di mano in mano che il Vangelo penetrò fra le genti, mutatesi le idee, le leggi e i costumi del paganesimo in pregiudizio della donna, vi sottentrarono costumi, leggi e idee, del tutto in suo vantaggio. E la donna, ribenedetta da Gesù Cristo, levata serenamente la fronte dall’antica abbiezione, rientrata con sicurezza nell’esercizio della sua missione, ha operato meraviglie. Ed anzi tutto fu l’aiuto dell’Uomo per eccellenza, dell’Uomo-Dio; giacché, astraendo dalla stessa Beata Vergine, furono pie e sante donne, che durante la vita pubblica di Gesù Cristo, come ci fa fede il Vangelo, lo servivano ne’ suoi bisogni temporali, alimentandolo coi loro beni ed assistendolo con le loro cure affettuose e rispettose ad un tempo. Quando gli Apostoli, ossequenti alla voce di Cristo « Prædicate Evangelium omni creaturæ, » divisosi il mondo, si sparsero dappertutto a far udire il suono della loro parola evangelica, secondo l’attestazione dei Sacri Libri e della Storia Ecclesiastica, le donne, ancora esse infiammate dall’amore di Gesù Cristo, li accompagnarono per aiutarli nella fondazione della Chiesa. Fefa, Evodia, Sintiche, come dice lo stesso Paolo Apostolo, lavorarono con lui, con Clemente e con altri uomini apostolici nell’opera del Vangelo. Tecla fu chiamata da S. Ambrogio socia Apostoli, la compagna dell’Apostolo, e per tacere d’ogni altra, Marta e Maddalena nella Gallia predicarono ancor esse il Vangelo insieme col loro fratello Lazzaro, e divennero Madri nella fede a quei popoli. Al tempo dei Martiri, furono le donne l’aiuto dell’uomo nel dispiegare uno zelo ammirevole per convertire i loro mariti, i loro padri, i loro figli, i loro parenti alla fede, per sostenerli nella costante professione della stessa, per consolarli nei loro tormenti, per dare onorata sepoltura ai loro cadaveri e per conservare gelosamente le loro preziose reliquie, ma soprattutto nell’avere contribuito col versare il loro sangue, il più puro dopo il sangue che ha inondato il Calvario, ad espiare le colpe dei nostri padri idolatri, e fecondare la Chiesa di nuovi Cristiani e a farvi regnare le virtù più sublimi, la santità più perfetta. E quando la Chiesa, uscita vittoriosa dalla ferocia dei tiranni, si apprestava a trionfare della perversità e delle bestemmie degli eretici per lo zelo e la scienza prodigiosa dei Padri, la gloria della donna cristiana perdette forse alcunché del suo splendore? Non fu mai tempo, in cui l’umanità vedesse in maggior copia geni superiori, i quali alla dottrina più profonda accoppiando la virtù più eroica, senza troppo conoscersi tra di loro si sono trovati in pieno accordo nella medesima fede e nello stesso scopo di far trionfare la verità sopra l’errore. Ma ciò, che pochi conoscono, si è che questi santi e grandi dottori furono generati e formati dall’aiuto della donna, tanto che è quasi impossibile il trovare alcuno di quei dottori, che non abbia avuto per avola, o per madre, o per sorella, una grande santa. In seguito il medio evo presenta lo spettacolo della formazione delle monarchie e delle nazionalità cristiane per l’azione della Chiesa; ma è lo zelo delle sante regine, che sostenne quest’azione, e che formò i Santi re, dei quali il medio evo, troppo codardamente dispregiato, a differenza dei tempi nostri fu così fecondo e così ricco. Così avvenne in Francia, in Spagna, in Isvezia e in Alemagna: quanto all’Italia basta ricordare accanto ad uno dei più santi e grandi Papi dopo S. Pietro, Gregorio VII, quella contessa Matilde di Canossa, che fu ben degna d’essere stata appellata dagli scrittori del suo tempo un’altra Debora. Ma accanto alle sante regine, ecco in quel tempo istesso le sante religiose, che sequestratesi dal mondo, pure raffermarono la religione popolarizzando la santità nel mondo, e cooperando alla fondazione di tutti gli istituti religiosi. Intanto simile ad una face, che in sullo spegnersi raggia di uno splendore più vivo, il medioevo prima di addormentarsi nel silenzio dell’eternità, aveva fatto manifesto la sua fine con le più grandi invenzioni del genio umano, la bussola, la polvere da fuoco e la stampa, la prima delle quali davaall’uomo l’impero dei mari, la seconda l’impero della terra, e la terza l’impero delle intelligenze. Difatti mercé la bussola e la polvere da fuoco l’antico mondo ha scoperto e conquistato il nuovo. Ma questo avvenimento, il più grande, il più fecondo, il più importante di tutti dopo lo stabilimento del Cristianesimo, Cristoforo Colombo, che è nostro, Columbus noster est, (Leone XIII) non lo ha recato ad effetto, che mediante i concorso di una donna, di una regina, la più notevole della Spagna, Isabella la Cattolica. Infine, per tralasciare questa rassegna sebben fuggitiva, che cosa non hanno fatto e che non vanno facendo tuttodì in aiuto dell’uomo gli Angeli della carità, sotto qualsiasi abito e di qualsiasi istituto e nelle scuole, e negli asili, e negli ospizi, e nei ricoveri, e negli ospedali, e nelle carceri e sui campi stessi di battaglia? Eppure, o miei cari, tutto ciò non è altro, se non ciò che apparisce in pubblico; ma io vi dico, che se si potesse vedere il bene privato, che da diciannove secoli la donna cristiana va operando nel seno della famiglia, sostenendo la fede dei mariti, dei figli, dei fratelli, stornando dal loro capo le folgori divine, convertendoli dai loro traviamenti, si resterebbe altamente meravigliati e quasi non si crederebbe. Ma il fatto è tale; perché la donna fu creata per essere l’aiuto dell’uomo; Gesù Cristo ha riaffermata la sua missione, e la donna cristiana l’ha adempiuta e l’adempirà sino alla fine del mondo.
II. — Ma a quali
condizioni, come è riuscita pel passato, così riuscirà per l’avvenire a
compiere la sua missione di essere l’aiuto domestico, sociale e religioso
dell’uomo? A due condizioni principalmente: che la donna sia pia e casta. – La
pietà quale virtù cristiana come a tutti è utile, così a tutti è necessaria,
epperò non meno all’uomo che alla donna. Tuttavia, se si considera come restando
pia o religiosa la donna, facilmente si serba o ritorna la Religione all’uomo,
mentre al contrario irreligiosa ed empia la donna, resta o diviene irreligioso anche
l’uomo, la pietà cristiana si manifesta per la donna di maggiore necessità. Ed
è nella pietà cristiana, nei suoi sentimenti, nelle sue pratiche, nella
frequenza della Confessione e della Comunione, nell’uso costante della
preghiera ardente, nella visita dei sacri altari, nell’amore vivo di Gesù Cristo,
nelle speranze immortali del cielo, che essa anzitutto attingerà la forza, di
cui abbisogna per essere in qualsiasi stato l’aiuto dell’uomo. Nemo dat quod non hàbet: nessuno
dà agli altri quello che esso non ha, e non potrà essere mai che una donna
senza pietà religiosa ottenga di per sé, che l’uomo, sia egli sposo, sia figlio,
sia fratello, s’indirizzi per la via del bene. Anzi, quando il cuor della donna
fu devastato dall’irreligione, è cominciata la sua stessa degradazione, il suo
turbamento, e chi sa forse? la sua dissolutezza e la sua vergogna. Il mondo lamenta
oggidì la frivolezza della donna. Ma guardando da vicino, che si vede operare
oggidì per formare la donna sodamente religiosa e pia? Che si vede nelle scuole,
negli istituti, nel seno stesso della famiglia? Oh! si vede ben poco di ciò,
che può raggiungere questo santo scopo, e si vede ben molto di ciò, che ottiene
uno scopo del tutto contrario. Oggidì per francare la donna dalla soverchia
pietà, dalla così detta vita devota, ancor giovinetta la si manda alle scuole
ginnasiali, liceali e tecniche, dappoi a quelle universitarie, le si apprende
la moda di correre sul biciclo, le si fa conoscere nei romanzi, nei teatri, nei
balli la vita del mondo, le si danno lezioni di galanteria, la si conduco a
conferenze in apparenza storiche o scientifiche, in realtà irreligiose e
massoniche. E in quanto a Religione non si vuole permettergliene che un po’ e
quel po’ al tutto superficiale. Ciechi e stolti che sono! Scalzano essi
medesimi le basi dell’edificio e poi meravigliano, ch’esso crolli e vada in
rovina! O donna cristiana, che mi ascolti, non curando le derisioni del mondo,
le contrarietà istesse degli uomini di casa, tienti stretta a questo
Crocifisso; anche Gesù Cristo sarà in fondo al tuo cuore, la corona di regina
brillerà sul tuo capo. Se il marito, il figlio, il fratello ti contraria, perché
religiosa e pia, è segno che li sovrasti e, senza pur parlare, aspramente li
rimproveri. Ma in quel giorno, che il tuo cuore non batterà più di amore per
questo Dio, che il labbro non si aprirà più alla preghiera, che nella tua anima
moriranno le speranze del cielo, in quel giorno perderai la fede della tua
missione, scadrai dalla tua dignità, e sarai un’altra volta un essere tanto più
miserabile, quanto più perverso, o per lo meno darai ragione ad uno dei tuoi
adulatori e nemici, che ebbe l’ardire di definirti « un essere che si abbiglia,
ciarla e si spoglia. » Sì, tutto andrà a terminar lì, ad essere quasi una
pupattola, che si adorna e nella sua conversazione ha un non so qual garrito di
uccello. Religione! Religione, o donna, e conserverai tutta la dignità di vero
aiuto dell’uomo, e sarai veneranda, dinnanzi a tutti, fossi pure la donna di un
mandriano. Ma con la religione la castità. È un fatto, o miei cari, che la
donna è tanto più affettuosa e tenera, epperò tanto più atta alla sua missione,
quanto più essa è casta. Vi ha egli al mondo, per esempio, cosa più sorprendente,
più incomprensibile del disinteresse, del sacrifizio di sé di quelle suore, che
si prendono cura dei malati e dei figliuoli dei poveri con una costanza, che
non cede che con la morte? L’amore medesimo di madre, secondo la natura il più
forte, il più energico, il più impetuoso, il più intrepido di tutti gli amori,
impallidisce dinnanzi all’amore di queste madri improvvisate dalla grazia e
dalla carità; perché alla fine se la madre si consacra fino alla morte per i
figliuoli, questi son frutti delle sue viscere, sono pari di lei stessa, sono
in certa guisa lei medesima riprodotta in una vita nuova, laddove queste eroine
della carità si dedicano per esseri che sono loro estranei pei legami della
natura e del sangue, e persino in quanto a quelli di nazionalità e di religione.
Ma questi angeli d’amore sono vergini consacrate da un voto terribile alla
professione della castità più severa del corpo, dello spirito e del cuore. E se
la donna nel mondo non potrà essere nella carità tutto ciò che è la suora,
senza dubbio ella sarà quanto deve essere per la famiglia, per la società e per
la religione se anche senza voto, ella si manterrà casta in qualsiasi stato, o
di donzella, o di sposa, o di vedova. Sì, o miei cari, studiate la donna in
seno alla famiglia e voi vedrete che la sposa più tenera per suo marito e più
interessata pel suo bene è quella, che gli è più fedele; che la madre più
affezionata a’ suoi figli è quella che è più casta; che la sorella, che ama i
suoi fratelli con affetto illimitato, è quella che è più pura. Studiate la
donna nella società e vedrete, che la più compassionevole verso le altrui
miserie, la più pronta e la più generosa nel soccorrere è la donna più riservata;
studiatela ancora nella Religione e vedrete anche lì che la più zelante nella
pratica della medesima e nella sua propaganda è sempre quella, che ha il cuore
libero dagli impacci del senso. Ma al contrario quando nella donna manca o vien
meno la severità dei costumi, allora e religione e società e famiglia non sanno
più che cosa sia la sua tenerezza ed il suo interesse. Allora la donna da
angelo diventa demonio, da creatura incantevole diventa un mostro, da tutto ciò
che v’ha di meglio diventa tutto ciò che v’ha di peggio. E lei, che doveva
essere l’aiuto dell’uomo ne diventa, orribile a dirsi, il feroce assassino.
Strana cosa, ma pur vera! Il vizio dell’impurità produce’ nei due sessi effetti
diversi. L’uomo che si abbandona alla dissolutezza diventa codardo e stupido, e
soffre in pace ogni cosa; la donna invece, che corre la stessa via, diventa audace,
usurpatrice e feroce; e ciò che fa dell’uomo uno stolido giumento, tramuta la
donna in una tigre crudele. Ricordate Erode ed Erodiade. Infiammati ambedue di
turpe passione e non respiranti altro che voluttà, erano ambedue mostri di
libertinaggio; ma rispetto a S. Giovanni Battista, Erode, l’uomo, non fu che un
mostro di debolezza; laddove Erodiade, la donna, fu un mostro di crudeltà. Non
ostante i suoi vizi Erode ebbe sempre in istima quel Santo, e gli portava
benanche un rispetto riverenziale, e se lo fece incarcerare, non fu che per
cagione di Erodiade. Ma la carcerazione del giusto non contentò questa donna, perché
finché viveva, vi era sempre in lui un argomento di timore per i suoi amori
colpevoli. Bisognava dunque farlo morire. Un giorno Erode celebrava la sua
festa in mezzo alle orge, a cui si danno i santuari della dignità regia quando
sono tramutati in asilo di libertinaggio. La figlia di Erodiade gli piacque con
la sua danza voluttuosa, e il re le fa la profferta di tutto ciò che sarà per
domandare, fosse ben anco metà del suo regno; ed obbliga con giuramento la sua
parola. Salome si fa a consultare la madre, e la madre le impone di chiamare in
un piatto la testa di Giovanni Battista. La domanda è fatta, Erode, cede ed
Erodiade trionfa. Si vide allora una giovine donzella recar nelle sue mani un
capo spiccato e grondante sangue, senza stornar il volto da tale spettacolo,
capace di far ribrezzo ad un selvaggio. Ed Erodiade piglia nelle impure sue mani
quella testa venerabile, e, come ci attesta S. Gerolamo, estrattane la lingua,
la trafigge replicatamente con gioia feroce per punirla dello zelo con cui aveva
predicato la verità. Quanti delitti in un solo! Donde mai è uscito questo
mostro di donna? – Eppure, o miei cari, questa istoria evangelica è una figura
od una profezia di ciò che ogni dì si adempie. La donna voluttuosa, anche
madre, più non ama i suoi figliuoli, ne trascura l’educazione, ne consuma il
patrimonio e fa mercato del loro avvenire e della loro felicità. Ma peggio
ancora talvolta essa li odia, come impacci alla sua vita disonesta e li
sacrifica al piacere di essere libera, ed ai furori della sua passione. Gli statistici
dei delitti provano, che l’infanticidio non è che l’orribile pensiero che
l’impurità ha fatto germogliare nel cuore della donna, e l’opera delle sue mani
più assai che il pensiero e l’opera del padre. E come madre è pronta e facile a
sacrificare i suoi figli, come sposa è pronta e facile altresì a sacrificare il
suo marito. La storia non ha che un grido per dire, che la donna senza pudore è
stata pure la donna più feroce; e bastano per tutte Elisabetta d’Inghilterra e
Caterina II di Russia. E nel mentre che la donna senza castità è crudele nella famiglia,
diventa insensibile verso i sofferenti della società, le cui piaghe, anche più
spaventose, non la commuovono punto e la cui miseria non cagiona in lei che un
senso di disprezzo. Soprattutto poi diventa cinica in fatto di Religione. Le
credenze e le pratiche religioso, essa, la donna, giunge al punto da coprirle
della beffa e dell’odio. Di modo che, si potrebbe dire, cheper la donna
non v’ha che un vizio ed una virtù, perché se ella è casta, ella possiede tutte
le virtù; se ella è impura è al colmo di tutti i vizi. O donne cristiane,
pensate seriamente a ciò, e con la brama più viva di conservare la vostra dignità
e di corrispondere alla grandezza della vostra missione, raffermatevi nel
proposito di essere sempre pie e caste.
III. — Ma finalmente di quali mezzi la donna si varrà a compiere efficacemente la sua missione? I mezzi, di cui ella deve valersi, sono tre principalmente: l‘esempio, la parola, il sacrifizio. Anzi tutto l’esempio. È ciò che raccomandava alle donne il principe degli apostoli S. Pietro, affinché i mariti al considerare l’umiltà, la castità, la buona condotta delle mogli, nell’avere dinnanzi per loro mezzo una continua predicazione vivente del Vangelo di Gesù Cristo, a poco a poco se non sono virtuosi, vengano ancor essi guadagnati alla virtù. Epperò, prosegue il medesimo Apostolo, la vostra cura non istia già tanto nell’acconciarvi i capelli, nell’adornarvi di collane, di braccialetti, di smaniglie d’oro e nel mettervi indosso vesti sfarzose, ma istia nell’adornare l’animo vostro delle più belle virtù, le quali sole sono veramente preziose agli occhi di Dio. Questo per l’appunto era l’ornamento col quale si abbellivano quelle sante donne antiche, le quali intendevano di piacere davvero ai loro mariti. (I PETR. III) Oh! la virtù è cosa, che si impone a tutti, ma la virtù soda e vera di una donna cristiana nel seno della famiglia ha sopra il cuor dell’uomo una potenza ineffabile. – In secondo luogo la parola; parola umile, prudente, dolce, affettuosa. In certi istanti così opportuni, la parola, dalla donna rivolta all’uomo, ha un accento di persuasione e di forza indicibile. Quanti uomini in seguito ad una di queste parole lasciarono la bestemmia, l’errore, l’empietà, per gettarsi pentiti in braccio a Dio! E qual è quell’uomo, ad esempio, che a sessant’anni non si lasci conquidere dai delicati e teneri lamenti di una sua figliuola? Chi avendo gittata la fede nella pienezza della vita, ora sul declinar degli anni in udire la sua giovane figlia parlargli di Dio, della pace e della gioia che si prova nell’amarlo, con un candore ed una schiettezza che rapiscono, chi mai non si arrende in un profluvio di lagrime, e non torna, come quando era fanciullo, a gettarsi appiè di un Sacerdote per cominciare, ancora in tempo, una vita di pentimento e di espiazione? O tenerezza delle vie di Dio! Nostra madre ce ne insegnava il nome, quando eravamo bambini; la sposa lo ha ripetuto nell’intrinsichezza nuziale all’anima inebriata del giovane; la figlia lo ridice ancora al vecchio incurvato dal peso della vita, rifacendogli una rivelazione tutta giovane e tutta vergine. Un dì sapremo in cielo quante anime sieno state il frutto di quest’ultima violenza della verità e quante anime sul fluir della vita si siano riscontrate in Dio, condotte per mano dall’angelo benefico di una pia ed amata figliuola! – Finalmente sacrifizio. Dire sposa e madre e dire donna del martirio è la stessa cosa. Alle volte quali dolori per parte di un marito disamorato e crudele! Ed altre volte quali ambasce per parte di figli, che tralignano dalle speranze della verde età! È allora, o donne, che le lagrime diventano il vostro pane quotidiano! Ma deh! non lasciatele andar perdute, non lasciate inoperose queste sofferenze, di cui più d’ogni altra va ripiena la vostra vita. Offritele a Dio con animo generoso, e il martirio del vostro cuore non gli tornerà meno gradito del martirio del sangue e della penitenza. Il vostro dolore messo qui appiè dei tabernacoli, nelle mani, anzi nel cuore di Colui che disse: « Venite a me, o voi tutti, che siete afflitti, ed io vi consolerò, » o fatto salire dal secreto della vostra stanza come nuvola d’incenso odoroso al suo trono celeste, gli farà sì dolce violenza, che lo costringerà ad apprestarvi la consolazione e il gaudio. – Tali, o miei cari, tali sono i mezzi, di cui la donna deve valersi nell’adempimento di sua missione; missione ch’ella deve compiere in ogni tempo, ma allora massimamente quando per un morente sovrasta l’eternità. Sì, è allora che dessa o sposa, o madre, o parente, o conoscente, o vicina dell’infermo moribondo, con cristiano coraggio deve avvertirlo del suo stato; è allora che valendosi della specialissima assistenza che essa gli presta, di tutta la grazia dei modi e di tutta l’energia degli affetti, di cui Iddio l’ha dotata, deve invitare, pregare, scongiurare, persuadere, indurre a ricevere i Sacramenti; è allora, che anche non voluta ascoltare e forse persino disprezzata nelle sue suppliche e nelle sue lacrime, deve pur risolutamente chiamar il prete e con qualche santa industria introdurlo e farlo appressare all’infermo; è allora che arditamente deve farsi veramente donna, domina, la padrona di casa e non sottostare a quelle inique ordinazioni di medici, che vogliono togliere al morente financo la vista e il bacio d’un Crocefisso e mettere alla porta con fiera indignazione chiunque, sia pure sotto il manto della parentela o dell’amicizia, si attentasse di venire per accingersi all’opera satanica del solidario; è allora insomma che la donna facendosi un’estrema volta il vero aiuto dell’uomo deve procacciargli una morte confortata dalla Religione e soprattutto dalla visita e dalla comunione di Dio. Ben’avventurate quelle donne cristiane, che comprenderanno appieno l’importanza di questa specialissima missione e si daranno con animo volenteroso a compierla! Al tempo delle persecuzioni le donne cristiane si mescolavano spesso con le donne pagane incaricate del servizio delle prigioni, e con le loro ardenti parole aumentavano il coraggio e la fermezza dei martiri. Ciò saputosi dai tiranni, si fece il divieto a qualsivoglia donna d’entrar nelle prigioni. Ma lo zelo di quelle, altrettanto ingegnoso quanto eroico, seppe eludere questa precauzione crudele della tirannia. Nella persecuzione di Massimiano, sul cui principio fu pubblicato un tale divieto, Santa Natalia sposa del Martire S. Adriano, si tagliò i capelli, si vestì da uomo, e poté così continuare ad entrare nelle prigioni dei Confessori di Gesù Cristo ed esercitare con essi la sua missione di carità alleviandoli nei patimenti, raffermandoli nella costanza e recando loro insieme con quello del corpo il celeste alimento dell’anima. Un tale esempio seguito da altre passò in consuetudine, ed allora si videro le più illustri dame cristiane fare il sacrifizio delle loro magnifiche chiome e mutare la veste matronale nella vile tunica degli schiavi per avere la felicità di servire i confessori della fede. Miei cari! Quello che fecero le donne cristiane ai tempi delle persecuzioni, è quello pure che sapranno fare le donne cristiane ai tempi nostri. L’ingegno e l’eroismo di queste nel vincere la durezza dei loro uomini non sarà inferiore all’ingegno ed all’eroismo di quelle nel vincere la tirannia dei persecutori, e mercé tale ingegno ed eroismo noi vedremo scemate le morti anticristiane e moltiplicato invece il numero di coloro che muoiono nel bacio di Gesù. Cristo. – E così sia, o Cuore Sacratissimo di Gesù, mediante quelle grazie di benedizione e di salute, che la Chiesa vostra sposa, e figura per eccellenza della donna, vi domanda costantemente prò devoto femineo sexu, per il devoto femmineo sesso, coll’intercessione della più pura, della più grande, della più potente fra le donne, la Madre vostra, Maria Santissima. Sì mercé una tanta intercessione, concedete alla donna cristiana di essere mai sempre fedele alla sua missione, di aiutare con efficacia l’uomo suo compagno ad operare la salute, perché un giorno l’uno e l’altro di questi esseri, che voi avete creato per unirli qui in terra nella vostra fede e nel vostro amore, siano pur per sempre uniti nel vostro gaudio in cielo.