MAGGIO, IL MESE DELLA MADONNA
[A. Carmignola: La porta del cielo; S. E, I. Torino, 1896 – rist. 1944 imprim. L. Piscetti, revis. Arciv. Torino, 26 marzo 1896]
DISCORSO D’INTRODUZIONE
Della vera divozione a Maria.
Eccoci al mese di Maggio, che è il più
bel mese dell’anno. In questo mese le campagne sono del tutto verdeggianti; i
fiori sbocciando spargono le più soavi fragranze, e gli uccelli volando su pei
rami degli alberi fauno sentire i loro dolcissimi gorgheggi. Oh quanto è bello
il mese di Maggio! E questo bellissimo tra i mesi dell’anno la Chiesa consacra
a Colei, che è la più pura, la più santa, la più bella fra tutte le creature, a
Maria. Oh! potevasi scegliere meglio un altro mese a questo fine? No, certo. Ma
che cosa vuol dire consacrare a Maria il mese di Maggio ogni buon Cristiano, di
voto di Maria, lo sa: vuol dire praticare in questo mese in un modo tutto
particolare la sua divozione. Tuttavia molti non sanno bene in che cosa
consista la vera devozione a Maria, e però sebben consacrino a Lei questo mese,
non fanno ciò in modo, che torni a Lei del tutto gradito. Poiché molti si
pensano, che la divozione a Maria consista del tutto in certe pratiche esteriori,
nel recitare in suo onore qualche Rosario, nel portare al collo la sua medaglia
od il suo abitino, nel recarsi durante questo mese alle prediche o nel fare
qualche devota lettura, e specialmente nel ricorrere a Lei per guadagnare qualche
favore, per evitare qualche pericolo, per guarire da una malattia o per altro somigliante
bisogno. Costoro sono in un gravissimo errore: perché sebbene tutto ciò faccia
parte della divozione alla SS. Vergine, non è tuttavia ciò, che solamente la
costituisca. È perciò di una somma convenienza che, stando per cominciare il
mese di Maggio, in cui intendiamo più che mai di manifestare la divozione
nostra a Maria, ci facciamo di questa divozione una chiara e giusta idea e
riconosciamo che essa consiste massimamente in queste tre cose:
1° Nell’ammirare le grandezze di Maria.
2° dell’imitare le sue virtù.
3° dell’implorare i suoi benefizi.
I. — Quando un oggetto si presenta al nostro sguardo adorno di tutte o quasi tutte le perfezioni, di cui è capace, allora noi diciamo che è ammirabile. Così pure diciamo ammirabile quell’uomo, quella donna, quel giovane, che o nella sua vita o ne’ suoi atti, elevandosi al di sopra della vita e degli atti comuni alla maggior parte degli altri, ha dello straordinario. Or bene, qual mai fra le creature più di Maria ha da essere meritevole della nostra ammirazione? Ed invero, chi è Maria? Maria è la Madre di Dio, Colei che Iddio ha amata da tutta l’eternità sopra ogni altra sua creatura, epperò Colei che forma il più eccellente capolavoro, che sia uscito dalle mani dell’Altissimo. Maria, dobbiamo dire coi Santi, è quel grande e divino mondo, dove Iddio ha versato bellezze e tesori ineffabili: è quel paradiso terrestre, nel quale Gesù Cristo, novello Adamo, incarnandosi, ha operato meraviglie incomprensibili, ha recato quanto vi ha di più eccellente e bello. Che cosa sono mai gli ori e le perle più preziose dei mari e dei monti in confronto delle grandezze e dei privilegi, di cui venne arricchita Maria? Per certo è proprio qui il caso di esclamare coll’Apostolo : Nec oculus vidit, nec auris audivit, nec in cor hominis ascendit… « e occhio vide, né orecchio intese, né il cuor dell’uomo ha compreso quanto sia grande Maria ». Epperciò i Santi medesimi, dopo di aver parlato e scritto di lei nel modo più eloquente, confessarono con rammarico di aver detto troppo poco in suo onore, essendo essa un’altezza inarrivabile, una larghezza incomprensibile,una profondità impenetrabile, una grandezza smisurata. E la Chiesa ancor essa si duole di non trovare lodi abbastanza atte ad è saltarla come meriterebbe: Quibus te laudibus efferata nescio(Uff. della B. V.). In somma così straordinarie sono le grandezze di Maria, che Ella medesima, non ostante la sua profonda umiltà, è stata costretta a dirlo in quel Cantico, che innalzavaa Dio incontrandosi colla sua cugina Elisabetta: Fecit mihi magna, qui potens est; « Colui che è potente ha fatto a me cose grandi ». Or dunque se tale è la Vergine non dovremo noi anzi tutto manifestarle la nostra divozione con l’avere per Lei l’animo nostro ripieno di santa ammirazione. Tuttavia poco gioverebbe questa ammirazione nostra, se non fosse feconda di quelle più belle e più vive lodi, che da noi le si possono tributare. Così per l’appunto si esplica ad ogni istante l’ammirazione, che hanno per Lei gli Angeli del paradiso. Essi tutti, dal primo all’ultimo coro, dice S. Bonaventura, le gridano incessantemente: Sancta, sancta, sancta Maria, Dei Genitrix et Virgo; e milioni e milioni di volte il dì le ripetono la salutazione dell’Arcangelo Gabriele: Ave Maria, e le si prostrano innanzi e le chiedono in grazia, che li onori con qualche comando. S. Michele, dice S. Agostino, sebbene principe della corte celeste, è il più zelante nel renderle e farle rendere ogni sorta di onori. Così pure hanno fatto i Santi; epperò pieni di ammirazione per Lei sono andati a gara per trovare le più ingegnose espressioni, che meglio valessero ad esaltarla, chiamandola chi il miracolo dei miracoli della grazia, della natura e della gloria, chi l’opera più bella che uscisse dalle mani del Creatore, chi lo specchio del potere divino, chi il teatro della divina gloria, chi il più splendido dei prodigi, chi altrimenti ancora. Così pure fa la Chiesa, la quale mai non lascia di lodare Maria e di eccitare i suoi figli a lodarla. E così facciamo anche noi: lodiamola nelle nostre preghiere, lodiamola nei nostri discorsi, lodiamola nei nostri cantici; e perché la nostra lode riesca a Lei più accetta, a Lei medesima raccomandiamoci, che ci renda ognora più degni di lodarla, dicendole sempre con tutto l’affetto del cuore: Fatemi degno di lodarvi, o Vergine santa. Dignare me, laudare te, Virgo sacrata.
II. — Ma se noi dobbiamo essere veri devoti di Maria anzitutto con l’ammirare le sue grandezze dobbiamo esserlo in secondo luogo con l’imitare le sue virtù. È più che naturale, che dal sentimento dell’ammirazione nasca in noi il desiderio della imitazione. Nel vedere il nostro prossimo compiere atti di virtù, di valore, di eroismo, se siamo di animo retto, diciamo tosto nel nostro cuore: oh se anch’io potessi fare il somigliante! Ora gettando il nostro sguardo sopra di Maria troviamo, è vero, delle grandezze che formano il suo esclusivo privilegio e delle quali il pretendere l’imitazione sarebbe senza dubbio una stoltezza, ma troviamo eziandio delle virtù, le quali non solo si debbono ammirare e venerare, ma ancora ai possono imitare; della vita di Maria, dice il grande S. Ambrogio, vi ha una regola di vivere, che serve di modello alle anime tutte di ogni età, di ogni sesso, di ogni condizione: Talis fuit Maria ut eius unius vita omnium sit disciplina(De Virginibus). Essa è modello ai sacerdoti, modello ai coniugati, modello ai padri ed alle madri di famiglia, modello ai figliuoli, modello ai giovani, modello ai vecchi, modello ai ricchi, ai poveri, ai dotti, agli idioti, ai giusti, ai tribolati, a tutti; sì, perché a motivo della sua condizione di Madre di Gesù Cristo si trovò nel caso di dare a tutti luminosisimi esempi, e di ogni genere di virtù. Sì, riandate pure col vostro pensiero tutte le virtù e infuse e morali: la fede, la speranza, la carità, la prudenza, la giustizia, la temperanza, la fortezza, l’umiltà, la pazienza, la rassegnazione, la modestia, la purità. Essa tutte le ebbe, niuna eccettuata: e tutte nel modo più perfetto, senza difetto di sorta, senza ombra benché minima di colpa. Or se Maria, nostra Madre, è questo nostro stupendo esemplare, noi che vogliamo essere i suoi veri figliuoli, non sentiremo vivamente il dovere di ricopiarlo nella nostra vita? Noi che diciamo e ripetiamo tante volte di amare Maria, non riconosceremo l’obbligo di renderci più che sia possibile a Lei somiglianti, imitandola nelle sue virtù? Ah! se così fosse, noi non professeremmo a Maria che una devozione falsissima. E come può dirsi vero devoto di Maria chi non fa violenza alcuna per evitare il peccato che tanto si oppone alla sua santità e tanto la disgusta! Chi asseconda del continuo le sue cattive passioni! Chi dorme in pace nelle sue perverse abitudini? Chi è sempre orgoglioso, avaro, impudico, collerico, maldicente, ingiusto, peccatore, vizioso? Egli ha un bel dire qualche Rosario, ha un bel digiunare qualche sabato, ha un bel accendere qualche candela alla Madonna, un bel portare indosso la sua medaglia o il suo abitino, con tutto ciò egli non è altro che un devoto esteriore di Maria, e se con queste esteriorità esso pretende ottenere delle grazie da Lei e massimamente quella della sua eterna salvezza, è per di più un disgraziato presuntuoso, il quale perciò della vera divozione a Maria non coglierà mai i frutti. Ah! la vera devozione, dice S. Agostino, consiste nell’imitare chi si onora: vera devotio imitari quod colimus. E se noi vogliamo essere veri devoti di Maria, dobbiamo assolutamente imitarla nelle sue virtù; imitarla nell’amor di Dio e staccare il cuor nostro dalle creature e dai beni miserabili di questa terra; imitarla nell’amor del prossimo e prestarci quanto più ci è possibile a soccorrerlo; imitarla nella fede ed allontanare da noi qualsiasi dubbio intorno alle verità di nostra santa Religione; imitarla nella purità e fuggire prontamente tutti i pericoli contro a questa così bella virtù, imitarla nella umiltà e combattere il nostro orgoglio, imitarla nella pazienza e portare volentieri la croce, che Iddio per nostro bene ci ha posto sulle spalle, imitarla in somma in tutte le sue virtù ricopiando nel modo più perfetto che ci sia possibile i pregi del suo bellissimo e santissimo animo. Allora sì noi potremo dire di amare davvero Maria, di amarla a fatti e non solo a parole; allora sì noi potremo rallegrarci di essere suoi veri figliuoli; allora noi potremo con grande fiducia appressarci al suo trono di grazia e compiere sicuramente la terza parte della sua divozione, che consiste nell’implorare i suoi benefizi.
III. — Sì, implorare i suoi benefizi, perché come Maria è il tesoro di ogni grandezza, il modello di ogni virtù, così Ella è la dispensiera di ogni grazia. Madre di Dio, quale Ella è, esercita sopra il suo cuore a nostro vantaggio tale potenza, che, come dice Riccardo da S. Lorenzo, essendo Gesù Cristo onnipotente per natura, essa lo è per grazia; e, come attesta S. Bernardino da Siena, la preghiera sua è un vero comando a cui Iddio benignamente si inchina, e, come soggiunge S. Bernardo, basta che essa voglia e tutto vien fatto. Quale Madre nostra poi ha tale per noi un cuore, che è mille volte più pronta essa a soccorrerci nei nostri bisogni, di quello che siamo pronti noi a ricorrere a Lei per aiuto, e così universale è la sua carità, che come Gesù Cristo ha escluso nessuno dal benefizio della sua redenzione, così Ella non esclude alcuno dai benefizi del suo amore. I giusti hanno da Lei le grazie per conservarsi e crescere nella virtù, i peccatori le ispirazioni, gli eccitamenti e gli aiuti a convertirsi, gli afflitti trovano in Lei consolazione, gli infermi la santità, i poveri soccorso, i tribolati d’ogni maniera sollievo e conforto, tutti ogni sorta di grazie e di favori celesti. E quello che è ancor più consolante, si è che questa nostra amorosissima Madre imitando la generosità di Dio, il quale è dives in omnes qui invocant Illum, è ricco verso tutti coloro che lo invocano, dispensa ancor Ella i suoi benefizi con tale sovrabbondanza da dare sempre di più di quello che a Lei si chiede. Largitas Mariæ, dice Riccardo, assimilat largitatem Filii sui, dal amplius quam petatur. E se talvolta pare, che Ella chiuda le orecchie alle nostre preghiere e non le esaudisca, egli è perché o non è bene per l’anima nostra che siamo subito ascoltati o domandiamo cose che all’anima nostra tornerebbero certamente di danno, sicché in queste medesime apparenti ripulse essa ci dà una prova bellissima del suo amore per noi e sommamente ci benefica. Se pertanto Maria ha per noi animo così generoso, ricorriamo a Lei con fiducia, invochiamo il suo santo aiuto, imploriamo i suoi benefizi. E ciò facciamo massimamente in questo mese che a Lei consacriamo. Certo in questo mese a ricambio delle nostre preghiere Ella tiene apparecchiate per noi particolarissime grazie, grazie che Ella verserà abbondanti sul nostro capo, se noi ammirando le sue grandezze, imitando le sue virtù, implorando il suo aiuto potremo addimostrarle col fatto, che noi siamo i suoi veri devoti.
FIORETTO
Consacrare a Maria tutte quante le
azioni, che faremo nel mese di Maggio e recitare tre Ave Maria, perché
ci aiuti a farle tutte sante.
GIACULATORIA.
Santa Maria, pregate per noi. Sancta
Maria, ora prò nobis.
Esempio e preghiera.
La divozione a Maria Santissima è una
cara eredità, che abbiamo ricevuto dai padri nostri. Sì, la divozione a Maria è
una delle più splendide glorie della nostra Italia. E non poteva essere
altrimenti. Da questo nostro fortunato Paese, che è il centro della Cattolica
Chiesa, doveva partire altresì per le altre nazioni l’esempio di un culto, che
nella Chiesa forma una parte tanto importante. Epperò non vi è monte, non vi è
valle, per quanto remota e solitaria, dove non si scontri una sua immagine, che
inviti il viandante a porgerle un riverente saluto. Non vi è paese e non vi è città
che non abbia, oltre alle feste della Chiesa, consacrato a Lei una festa
particolare, che sia come la festa che si celebra in famiglia ad onore della
propria madre, e nella quale si vada a gara per solennizzarla e con sfarzo di
ceri, e con sceltezza di musica e con splendore di rito. I geni poi della
nostra poesia alla Vergine innalzarono i loro cantici più ispirati e sublimi,
dall’Alighieri e dal Petrarca sino al Manzoni ed al Pellico. I geni della pittura,
e Raffaello, e Tiziano, e Caravaggio, e frate Angelico, ritrassero la venerata effigie
di Maria nelle loro tele più celebrate. I geni della musica trovarono per lei
le note più tenere e soavi, e quelli della pietà e della scienza quali un S.
Ambrogio, un S. Tommaso, un S. Bernardo, un S. Bernardino, un S. Filippo, un S.
Alfonso ebbero per Maria il linguaggio più entusiastico ed espressivo. Tutti
poi e dotti e idioti e grandi e piccoli, giovani e vecchi ebbero mai sempre
come naturale in cuore la divozione a Maria, che può ben dirsi trasfusa dai
padri ai figli, di generazione in generazione, col trasfondersi della vita. E Maria
in ogni tempo rispose allo slancio dei padri nostri e ben possiamo asserire con
gloria, che come non vi ha spazio considerevole di tempo, così non vi ha paese
o città italiana, che non abbia ricevuto da Maria un qualche peculiar segno del
suo amore. Tutta Italia ebbe in dono da Lei quella casa benedetta, nella quale nacque,
trascorse tanto tempo della vita e divenne Madre del Verbo incarnato. Ed ogni
provincia, ogni città e direi quasi ogni paese conta autenticamente le
miracolose apparizioni di Lei, le sue speciali benedizioni, i suoi celesti
insegnamenti, i suoi stupendi prodigi. Cosi Maria dando prova evidentissima del
suo particolare affetto per la nostra Italia, corrispose all’affetto dei nostri
padri. E noi non cammineremo sulle loro orme gloriose!? Non ci mostreremo veri
eredi della loro antica pietà? Non cercheremo anzi di santamente emularli? Sì,
senza dubbio, e ciò particolarmente in questo bel mese, che stiamo per
consacrare a Maria. E fin di quest’oggi, prostrati dinnanzi al suo altare, esaltiamola
e preghiamola col dirle: Ave, o Regina dei Cieli, Ave, o Signora degli Angeli;
salve, radice e porta, dalla quale è nata al mondo la luce. Ti allieta, o Vergine
gloriosa, bella sopra tutte; vale, o adorna d’ogni grazia, e prega per noi il
tuo caro Gesù. Fanne degni di lodarti, o Vergine benedetta e dacci forza contro
ad ogni tuo nemico. Così sia.