IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE (11)

IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE (11)

[P. Lorenzo SCUPOLI, presso G. A. Pezzana, Venezia – 1767)

Della Comunione Spirituale

CAP. LVI

Benché non si possa ricevere sacramentalmente il Signore più d’una volta il giorno, nientedimeno spiritualmente si può ricevere (come ho detto) ogni ora ed ogni momento, e questo da nessuna creatura, fuori che la negligenza, o altra nostra colpa ci può essere tolto. E sarà alle volte questa Comunione tanto fruttuosa e cara a DIO, quanto per avventura non saranno molte altre sacramentali, per difetto di coloro che le ricevono. Quante volte dunque ti disporrai e preparerai a tal Comunione, riceverai pronto il Figliuolo di Dio, che di se stesso con le proprie mani spiritualmente ti ciberà. – Per apparecchiarti a ciò, rivolgiti con la mente a Lui con questo fine, e con un breve sguardo nei tuoi mancamentì, dogliti seco dell’offesa sua, e con ogni umiltà, e fede pregalo, che si degni venire nella tua povera anima con nuova grazia per sanarla, e fortificarla contro i nemici. Oppure quando sei per violentarti e mortificarti in qualunque tuo appetito, o per fare qualche atto di virtù, fa tutto affine di preparare il cuor tuo al Signore, che di continuo te lo domanda. E rivoltandoti a Lui, chiamalo con desiderio, che venga con la grazia sua a sanarti e liberarti dai nemici, perché Egli solo possegga il cuor tuo. Ovvero, rammentandoti della passata sacramentale Comunione, dì con acceso cuore: Quando Signor mio ti riceverò un’altra volta, quando, quando?Che se vorrai prepararti e comunicarti spiritualmente con più debito modo, indirizza dalla sera innanzi tutte le mortificazioni, gli atti delle virtù ed ogni altra opera buona, affine di ricevere spiritualmente il tuo Signore. E la mattina a buon’ora considerando che bene, che felicità è di quell’anima che degnamente riceve il SS. Sacramento dell’Altare; poiché in esso le virtù perdute si riacquistano, l’anima ritorna nella prima bellezza, e se le comunicano i frutti ed i meriti della passione di esso Figliuolo di Dio, e quando piace a Dio, che noi lo riceviamo, ed abbiamo i detti beni, studiati di accendere nel cuor tuo un desiderio grande di riceverlo per piacergli. Ed accesa che sarai di questo desiderio, rivolgiti a Lui, dicendogli: “Poiché a me, Signore, non è concesso, che in questo giorno sacramentalmente io ti riceva, fa Tu, bontà, e potenza increata, che io degnamente, perdonandomi ogni fallo e sanandomi, ti riceva spiritualmente adesso, ogni ora, ed ogni giorno, con darmi nuova grazia, e fortezza contro tutti i nemici, e particolarmente questo, a cui per piacere a te io faccio guerra.”

Del rendimento di grazie.

CAP. LVII

Perché tutto il bene che abbiamo e facciamo, è di Dio, e da Dio siamo debitori di rendergli grazie di ogni nostro buon esercizio e vittoria di tutti i benefici che dalla sua pietosa mano abbiamo ricevuti, particolari  e comuni. – E per far questo con debito modo, si ha da considerare il fine, da che si muove il Signore a comunicarci le grazie sue; che da questa considerazione e conoscimento, si viene ad imparare, come vuole Iddio essere ringraziato. E perché in ogni beneficio, il Signore principalmente intende l’onore suo e di tirarci all’amore e servizio suo, prima considera teco a questo modo. Con che potenza, sapienza e bontà il mio Iddio mi ha concesso e fatto questo beneficio e grazia? – Poi vedendo che in te (come da te) non è cosa degna di beneficio alcuno, anzi non altro che demerito ed ingratitudine, con umiltà profonda al Signore dirai: E com’è Signore, che ti degni riguardare un cane morto, facendomi tanti benefizi? Sia il tuo nome benedetto nei secoli dei secoli. – E finalmente vedendo che Egli da te col benefizio ricerca che tu l’ami e lo serva, infiammati d’amore verso un tanto amoroso Signore e di sincero desiderio di servirlo a modo suo. E perciò, a questo aggiungerai una piena offerta, la quale farai nel seguente modo.

Dell’Offerta.

CAP. LVIII

Perché l’offerta di te stessa sia da tutte le parti cara a Dio, di due cose ha ella bisogno: Una è l’unione con le offerte che fece Cristo al Padre, l’altra, che la volontà tua sia distaccata da qualunque attacco di creatura. – Per la prima cosa, hai da sapere che il Figliuolo di Dio, vivendo in questa valle di lacrime, non pure se stesso e le opere sue con se stesso, e le opere nostre offriva al celeste Padre. Talché le offerte nostre si hanno da fare in unione e confidenza alle sue. – Nella seconda cosa, considera bene, innanzi che ti offra, se la tua volontà ha qualche attacco, perché avendolo, ti devi prima staccare da ogni affetto e ricorri perciò a Dio, affine, che staccandoti Egli con la sua destra, possa tu offrirti alla sua Divina Maestra sciolta, o libera da ogni altra cosa. – E sta molto avvertita in questo perché se tu ti offri a Dio, stando attaccata alle creature, non offri il tuo, ma quello degli altri, sento che tu non sei tua, ma di quelle creature a cui la volontà tua sta attaccata, cosa che spiace al Signore, quasi che se li voglia dare la burla.- E di qui avviene, che le tante offerte che a Dio facciamo di noi stessi, non pure vacue ne ritornano e senza frutto, ma cadiamo di poi in vari difetti e peccati. – Possiamo noi offrire noi stessi a Dio, benché attaccati con le creature, ma affine però che la sua bontà ci sciolga, perché possiamo poi darci totalmente alla sua divina Maestà ed al servigio suo, e quello dobbiamo farlo spesso e con grande affetto.  Sia dunque la tua offerta senz’attacco e senza proprietà d’alcun tuo volere, non mirando né a beni terreni, né a celesti, ma alla pura volontà e provvidenza divina, alla quale ti devi tutta uniformare e sacrificare in olocausto perpetuo e, scordata d’ogni cosa creata, dire: Ecco o Signore e Creatore mio, il tutto ed ogni mia voglia in mano della tua volontà ed eterna provvidenza, fa’ di me ciò che ti pare e piace in vita ed in morte e dopo morte, così nel tempo, come nell’eternità. –  Se farai a questo modo sinceramente (del che te ne avvedrai quando accadono cose contrarie) tu diventerai di terrena, evangelica negoziatrice e felicissima, perché tu sarai di Dio, ed Iddio sarà tuo, essendo sempre Egli di coloro che togliendosi dalle creature e da loro stessi, tutti si danno e sacrificano a Sua Divina Maestà. – Or tu vedi qui, figliuola, un modo potentissimo di vincere tutti i tuoi nemici, perché se così ti unisce con Dio la detta offerta, che tu diventi tutta sua ed Egli tutto tuo, qual nemico e qual potenza ti potrà giammai offendere? – E quando vorrai offrirgli alcuna opera tua, come digiuni, orazioni, atti di penitenza ed altre cose buone, volta prima la mente all’offerta che Cristo faceva al Padre dei suoi digiuni, orazioni ed altre opere, ed in confidenza del valore e virtù di queste, offri poi le tue. Che se vorrai al Padre celeste fare offerte delle opere di Cristo per i debiti tuoi, tu la farai a questo modo. – Darai uno sguardo generale e talvolta distinto ai tuoi peccati, e vedendo chiaramente che non è possibile che tu da te possa placare l’ira di Dio, né soddisfare la divina giustizia, ricorrerai  alla vita e passione del Figliuol suo, pensando ad alcuna sua operazione, come per esempio, quando digiunava, orava, sopportava e spargeva il Sangue, dove vedrai che, per renderti placato il Padre e per lo debito delle tue iniquità, gli offriva quelle sue opere, passioni e Sangue, quasi dicendo: Ecco, Padre eterno, che secondo la tua volontà io soddisfo alla tua giustizia, sovrabbondantemente, per li peccati e debiti di N. piaccia alla tua Divina Maestà di perdonargli, e riceverla nel numero dei tuoi eletti. – Onde tu allora quella stessa offerta e queste preghiere offri per te ad esso Padre, supplicandolo che in virtù loro ti rimetta ogni debito. E questo potrai fare, non solamente passando da uno ad un altro mistero, ma anche dall’uno all’altro Atto di ciascun di essi, e non pure per te, ma per altri ancora ti potrà servire questo modo  di offerta.

Della Devozione sensibile edelle aridità.

CAP. LIX

La devozione sensibile è cagionata ora dalla natura, ora dal demonio, ed ora dalla grazia: dai frutti suoi potrai discernere d’onde proceda; perché se non ne segue in te miglioramento di vita, hai da dubitare che sia dal demonio o dalla natura, e tanto più quanto sarà accompagnata da maggior gusto, dolcezza ed attacco e da qualche stima di te stessa. – Onde, quando ti sentirai addolcire la mente dai gusti spirituali, non stare a disputare da che parte ti vengano, né ti appoggiare ad essi, né ti lasciar cavare dalla cognizione del tuo niente, e con maggior diligenza ed odio di te stessa, studiati di tener libero cuor tuo da qualunque attacco, benché spirituale, e desidera  dolo Dio ed il suo compiacimento che a questo modo, o sia il gusto dalla natura o dal demonio, ti diventerà dalla grazia. L’aridità può procedere parimenti dalle tre dette cagioni. Dal demonio per intiepidire la mente e rivoltarla dall’impresa spirituale a’ trattenimenti e diletti del mondo. Da noi stessi per le nostre colpe, attacchi della terra, e negligenze; dalla grazia, o per darci avviso che siamo più diligenti a lasciare ogni attacco, ed occupazione che sia Iddio, ed in Lui non si termini; o perché conosciamo per esperienza che ogni nostro bene ci viene da Lui, o perché più stimiamo per l’avvenire i doni suoi, e siamo più umili e cauti a conservarli, o per unirci più strettamente con Sua divina Maestà con la totale rinunzia di noi stessi, anco nelle delizie spirituali, acciocché a queste attaccato il nostro affetto, non dividiamo il cuore che il Signore vuole tutto per sé, oppure perché Egli si compiace per nostro bene di vederci combattere con tutte le nostre forze ed uso della grazia sua. – Dunque, se ti sentirai arida entra in te stessa a vedere per qual tuo difetto ti sia stata sottratta la devozione sensibile, e contro quello prendi la pugna, non per recuperare la sensibilità  della grazia, ma per togliere da te quello, che spiace a Dio. – E non trovando il difetto, sia la tua devozione sensibile, la vera devozione ch’è la rassegnazione pronta alla volontà di Dio. E però fa che a nessun conto tu tralasci i tuoi esercizi spirituali, ma seguili con ogni sforzo per infruttuosi ed insipidi che ti paressero, bevendo volentieri il calice di amaritudini, che nell’aridità ti porge l’amorosa volontà di Dio. E se l’aridità talora fosse accompagnata da tante e così folte tenebre di mente, che tu non sappi né dove voltarti, né che partito prendere; non però ti sbigottire, ma sta solitaria e salda in Croce, lontana da ogni diletto terreno, ancora che dal mondo o dalle creature ti fosse offerto. Occulta la tua passione a qualunque persona, eccetto che al tuo padre spirituale al quale la scoprirai non per alleggerimento di pena, ma per tuo ammaestramento nel modo di sopportarla, secondo il piacimento di Dio. Le comunioni, orazioni, e gli altri esercizi, non li usare perché tu scenda di Croce, ma per ricevere forza di esaltare detta Croce a maggior gloria del Crocifisso. E non potendo per la confusione di mente, meditare ed orare a modo tuo, medita nel miglior modo che puoi. E quello che non puoi eseguire con l’intelletto, fatti violenza, perché l’eseguisca con la volontà e con le parole, favellando teco e col Signore, che ne vedrai effetti mirabili, e così il cuor tuo piglierà fiato, e forza. Potrai dunque in tal caso dire: Quare tristis es, anima mea etquare conturbas me? Spera in Deo, quoniam adhuc confitebor illi, salutare vultus mei, et Deus meus. Ut quid, Domine, recessisti longe, despicis in opportunitate in tribulatione? Non me derelinquas usquequaque. – E ricordandoti di quella sacra dottrina, che Iddio infuse nel tempo delle tribolazioni alla sua diletta Sara, moglie di Tobia, servitene anche tu dicendo con viva voce: Hoc autem prò certo habet omnis, qui te colit, quod vita ejus si in probatione fuerit, coronabitur; si autem in tribulatione fuerit, liberabitur: et si in correptione fuerit, ad misericordiam tuam venire licebit. Non enim delectaris in perditionibus nostris, quia post tempestatem tranquillum facis, et post lacrimationem et fletum, exultatione infundis. Sit nomen tuum, Deus Israel benedictum in sæcula. (Tob. III, 22-23). [Ma questo è tenuto Per certo da chiunque ti onora, che se la sua vita sarà messa alla prova, ei sarà coronato;  e s’ei, sarà in tribolazione, sarà liberato; e se  sarà sotto la verga potrà pervenire alla tua misericordia. Perocchè tu della perdizione nostra non hai diletto, e dopo la tempesta fai la bonaccia, e dopo le lacrime, e i sospiri infondi il giubilo. Sia il nome tuo, o Dio d’Israele, benedetto pe’ secoli.] – Ti ricorderai ancora del tuo Cristo che nell’orto e nella Croce, a sua gran pena, dal Padre suo abbandonato, e con esso sopportando la Croce di tutto cuore dirai: Fiat voluntas tua. – Che, così facendo, la tua pazienza ed orazione leveranno le fiamme del sacrificio del tuo cuore insino al trono di Dio, rimanendo tu vera devota. Essendo (come ti ho detto) la vera devozione, una viva prontezza di verità e ferma, di seguire Cristo con la Croce in spalla per qualunque via a sé ne invita e chiama, e volere Dio per Dio, e lasciare talvolta Dio per Dio. E se da questa e non dalla sensibile devozione, molte persone che attendono allo spirito, e massimamente le donne, misurassero il profitto loro, non sarebbero ingannate da loro stesse né dal demonio, né si dorrebbero inutilmente da loro stesse, anzi ingratamente, d’un tanto bene che loro fa il Signore, ed attenderebbero con fervore maggiore a servire S. D. M. che tutto dispone a gloria sua e nostro bene. Ed in questo ancora s’ingannano le donne, che con timore e prudenza si guardano dalle occasioni di peccati, le quali essendo talora molestate da orribili, brutti e spaventevoli pensieri, e quando da visioni ancora bruttissime, si confondono, si perdono d’animo, e si danno a credere d’esser abbandonate e lontane in tutto da Dio, non potendosi persuadere, che in mente piena di sì fatti pensieri vi possa abitare il suo divino spirito. – Così restando molto abbattute, quasi sono per disperarsi, e lasciano ogni loro buon esercizio, ritornarsene all’Egitto. Né comprendono bene queste, la grazia che loro fa il Signore, il quale le lascia assalire da questi spiriti di tentazione, per ridurle al conoscimento di loro stesse, e perché come bisognose di aiuto, si accostino a Lui. Onde ingratamente si dolgono di quello, di che dovrebbero restarne obbligate alla sua infinita bontà. – Quello, che tu devi fare in tali avvenimenti, si è, che ti profondi nella considerazione della tua inclinazione perversa, la quale vuole Iddio per tuo bene, che tu conosca pronta ad ogni gravissimo male, e che senza il suo soccorso precipiteresti in estrema rovina. E da questo entra in speranza e confidenza ch’Egli sia per aiuto, poiché ti fa vedere il pericolo, e ti vuol tirare più presto a sé con l’orazione, e col ricorso a Lui, al quale perciò ne devi rendere umilissime grazie. E tieni per certo, che simili spiriti di tentazione, e pensieri brutti meglio si cacciano con una paziente tolleranza della pena, e con una destra rivolta di spalle, che con troppo ansiosa resistenza.

 Dell’Esame della Coscienza.

CAP. LX

Per l’esame della coscienza, considera tre cose:

Le cadute di quel giorno.

La cagione loro, e

L’animo, e la prontezza, che tieni per far loro guerra, ed acquistare le virtù loro contrarie.

Intorno alle cadute farai, quanto ti ho detto nel Capitolo di quando siamo feriti.  La cagione di esse ti sforzerai di abbattere, e mandare a terra. – La volontà per far questo e per l’acquisto delle virtù, fortificherai con la diffidenza di te stessa, con la confidenza in Dio, con l’orazione, e con la moltitudine degli atti odiosi del vizio, e desiderosi della virtù contraria. – Le vittorie ed opere buone, che avrai fatte, ti siano sospette. Oltre che non consiglio che molto le consideri, per lo pericolo quali inevitabile, almeno di qualche motivo occulto di vanagloria, e superbia. Onde lasciatele addietro tutte alla misericordia di Dio, quali essi siano, indrizza il tuo pensiero al molto più, che ti rimane da fare. Per quanto tocca poi al rendimento di grazie dei doni e favori, che il Signore ti ha fatti in quel giorno, riconoscilo per fattore d’ogni bene e ringrazialo, perché ti ha liberata da tanti nemici manifesti, e molto più dagli occulti; che ti ha dati pensieri buoni occasioni delle virtù e di ogni altro benefizio che tu non conosci.

Come in questa battaglia fa bisogna continuare, combattendo sempre fino alla morte.

CAP. LXI

Fra le altre cose, che si ricercano in questo combattimento, l’una è la perseveranza, con la quale dobbiamo attendere a mortificare sempre le nostre passioni, che in questa vita non muoiono mai, anzi come mal’erba ogn’or germogliano. E questa è battaglia, che siccome non finisce se non con la vita, così non si può da noi fuggire, e chi non vi combatte di necessità vi resta preso e morto. Oltre ciò si ha da far con nemici che ci portano odio continuo, onde non se ne può sperar pace né tregua giammai, poiché più crudelmente uccidono, chi più cerca di farsi lor amico. Non ti hai però da spaventare per la potenza, e numero loro, perché in questa battaglia non può restare perditore se non chi vuole. E tutta la forza dei nostri nemici sta in mano del Capitano, per l’onore del quale abbiamo a combattere. Egli non pure non permetterà che ti sia fatta soverchieria, ma per te ancora prenderà le armi, e come più potente di tutt’i tuoi avversari ti darà la vittoria in mano, se tu però con lui insieme, virilmente combattendo, non in te, ma nella sua potenza, e bontà confiderai. – E se il Signore non cosi presto  ti concedesse la palma, non ti perdere d’animo, perché tu hai da essere certa (e questo ti gioverà anco a combattere confidentemente) ch’Egli tutte le cose, che ti si faranno incontro, e quelle che più ti pareranno lontane, anzi contrarie alla tua vittoria (siano di che forte si vogliano) convertirà in benefizio, e vantaggio tuo, se tu ti porterai da fedele e generosa combattitrice. Tu dunque figliuola seguendo il tuo celeste Capitano, che per te ha vinto il Mondo, e dato morte a sè stesso, attendi con magnanimo cuore a quella battaglia, ed alla totale distruzione i tutti i tuoi nemici: che se pure uno ne lasciassi vivo, ti farebbe come stecco negli occhi, e lancia nei fianchi, che t’impedirebbe il corso di così gloriosa vittoria.

Del modo di apparecchiarsi controi nemici che ci assaltano nel tempo della morte.

CAP. LXII

Avvegnaché tutta la nostra vita sia una guerra continua spra la terra, la principale però, e più segnalata giornata è nell’ultima ora del gran pellegrinaggio, poiché chiunque in quei punto cade, non si leva più. Quello che tu hai da fare per trovarti bene apparecchiata allora, è che in questo tempo, che ti è concesso, tu combatta virilmente, essendo, che chi combatte bene in vita, facilmente per l’abito buono già fatto,  ottiene vittoria nel punto della morte. – Oltre a ciò pensa spesse fiate con attenta considerazione alla morte, perché quando ti verrà sopra, la temerai meno, e la mente farà libera e pronta alla battaglia. Gli uomini mondani fuggono da questo pensiero, per non interrompere il compiacimento loro nelle cose terrene alle quali stando volentieri attaccati con amore, sentirebbe pena, se pensassero al doverle lasciare. Così non si diminuisce l’affetto loro disordinato, anzi sempre va più prendendo forza, onde poi il separarli da quella vita, e da cose tanto caro è loro di affanno inestimabile e maggiore alle volte in quelli che più lungamente le hanno goduto.Potrai anche per far meglio questo importante apparecchio immaginarti qualche fiata dì trovarti sola, senz’aiuto alcuno possa fra le ristrettezze della morte, e ridurti alla mente le cose frequenti che ti potrebbero a quel tempo travagliare, e qui poi discorrerai intorno ai rimedi, che ti porterò per potertene meglio servire in quest’ultima angustia, perché il colpo, che si ha da fare una volta sola, fa bisogno, che bene prima s’impari, per non commettere errore, dove non ha luogo l’emenda.

Di quattro assalti dei nostri  nemici nel tempo della morte; e primadell’assalto contro la fede, e del modo di difendersi.

CAP. LXIII

Quattro sono gli assalti principali, e più pericolosi, coi quali i nostri nemici sogliono farsi incontro a noi nel tempo della morte. Questi sono: La tentazione della fede. La disperazione. La vanagloria e varie illusioni, e trasfigurazione di demoni in Angioli di luce. Quanto al primo affare, se l’inimico ti comincerà a tentare con suoi falsi argomenti, ritirati presto dall’intelletto alla volontà dicendo: va addietro satanasso, padre di menzogna, ch’io non ti voglio pur udire, bastandomi di credere, quanto crede la Santa Chiesa Romana.E non dar luogo, per quanto puoi, a pensieri della fede, per amici che ti paressero, tenendoli per motivi del demonio per attaccare briga. Che se pure non fossi a tempo per ritirare la mente a segno, sta forte e falda bene, per non cedere a qualunque ragione, o autorità di scritture che l’avversario allegasse, perché tutte saranno tronche, o mal allegate, o mal interpretate, ancorché a te paressero buone, chiare, ed evidenti. E se l’astuto serpente ti domandasse quello, che crede la Chiesa Romana, non gli rispondere, ma vedendo la sua fallacia, e che pur ti vorrebbe prendere in parole, fa un atto interiore di più viva fede, oppure per farlo scoppiare di sdegno, rispondigli, che la S. Chiesa Romana crede la verità: e se replicasse ilmaligno: Qual è questa verità? tu ripiglia: Quello appunto, ch’ella crede. – Sopra tutto tieni sempre il cuore intento al Crocifisso, dicendo: Iddio mio Creatore, e Salvator mio, soccorrimi presto, e non ti partire da me, perché io non mi parta dalla verità  della tua Santa Fede Cattolica; e piacciati, che in quella, come per tua grazi a nata sono, così a gloria tua finisca questa vita mortale.

Dell’assalto della disperazione, e del suo riparo.

CAP. LXIV

L’altro assalto, col quale si sforza il perverso demonio di abbatterci affatto, è lo spavento, che ci mette con la memoria delle nostre colpe, per farci precipitare dentro la fossa della disperazione. In questo pericolo, attendi a questa regola certa, che i pensieri dei tuoi peccati sono dalla grazia, ed a tua salute, quando in te fanno effetto di umiltà, di dolore dell’offesa di Dio, e di confidenza nella bontà sua. Ma quando t’inquietano e pongono in diffidenza, e pusillanimità, ancorché a te paressero di cose vere, e sufficienti a darti adintendere che tu sei dannata, e che per te. non vi è più tempo di salute, riconoscili pure per effetto dell’ingannatore; umiliati più, e più confida in Dio, che a questo modo con le stesse sue armi, vincerai il nemico, ed al Signore darai la gloria. Dogliati sì dell’offesa divina, ogni volta che ti viene a memoria, ma però con confidenza nella tua passione domandane perdono. Di più ti dico che, se ti paresse che lo stesso Dio ti dicesse, che tu non sei delle sue pecorelle, tu però non dovresti lasciare in conto veruno la confidenza in Lui, ma umilmente dirgli: Hai ben ragione per i miei peccati, Signore mio, di riprovarmi , ma io nella tua pietà ne ho una maggiore, perché tu mi perdoni. Onde ti domando la salute di questa meschina creatura tua, dannata sì dalla sua malizia, ma redenta col prezzo del tuo Sangue. Mi voglio, Redentor mio, a gloria tua salvare, e con fiducia della tua immensa misericordia, mi lascio tutta nelle tue mani. Fa’ di me quanto ti piace, perché tu sei il mio unico Signore, che se anco mi uccidessi, pure in te voglio tener vive le speranze mie.

Dell’ assalto della vanagloria.

CAP. LXV

Il terzo assalto è della vanagloria, e presunzione. In questo non ti lasciar mai in niuna via immaginabile indurre ad una minima compiacenza di te, né  delle opere tue. Ma il tuo compiacimento sia nel Signore puramente, nella sua pietà, e nelle opere della sua vita, e passione. Avvilisciti sempre più negli occhi tuoi, infino all’ultimo spirito d’ogni bene fatto da te, che ti si rappresentasse davanti, riconosci Dio solo per Autore. Ricorri all’aiuto suo, ma non l’aspettare per i meriti tuoi, per molte, e grandi battaglie che avessi superate. E sta sempre in un santo timore, confessando sinceramente, che tutte le tue provvisioni farebbero vane, se sotto l’ombra delle sue ali non ti raccogliesse il tuo Dio, nella cui protezione unicamente confiderai. seguendo questi avvisi non potranno contro te prevalere i tuoi nemici. E cosi ti aprirai la strada per passare lietamente alla Gerusalemme celeste.

Dell’assalto delle illusioni, e false apparenze nel punto della morte.

CAP. LXVI

Se l’ostinato nostro nemico, che non si stanca mai di travagliare ti assalisce con apparenze false, e trasfigurazioni in Angiolo di luce, sta pur ferma e salda nella cognizione del tuo niente e digli arditamente: Ritorna infelice nelle tue tenebre ch’io non merito visioni, né ho bisogno di altro, che  della misericordia dei mio Gesù, e dei preghi di Maria Vergine, di S. Giuseppe e degli altri Santi. – E se pure ti paresse per molti quasi evidenti segni che fossero cose venute dal Cielo, ricusale pure e scacciale lungi da te, quanto puoi, né temer, che questa resistenza fondata nella tua indegnità dispiaccia al Signore, perché se il negozio farà suo, saprà Egli bene chiarirlo, e tu niente perderai, poiché chi dà la grazia agli umili non la leva per atti, che si facciano d’umiltà. – Queste sono l’armi più comuni che il nemico suole ad operare contro noi in quell’estremo passo. Ciascuno poi va tentando, secondo le particolari inclinazioni, alle quali il conosce più soggetto. Però prima, che si avvicini l’ora del gran conflitto, dobbiamo contro le nostre passioni più violente e che più ci signoreggiano, armarci bene, e combattere valentemente, per facilitare la vittoria, nel tempo che ci toglie ogni altro tempo di poterlo fare.

Pugnabis contra eos usque ad internecionem (1. Reg. XV, l8).

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.