Mons. J. J. Gaume:
[vers. Ital. A. Carraresi, vol. I, Tip. Ed. Ciardi, Firenze, 1887; impr.]
CAPITOLO XXII.
(fine del precedente)
Esistenza degli oracoli divini e degli oracoli satanici provata dal fatto dei sacrifici — Parole d’Eusebio — Nuovo tratto di parallelismo — Lo Spirito Santo, oracolo permanente della Città del bene; satana, oracolo permanente della Città del male — satana si serve d’ogni cosa per parlare — Non si contenta del sacrificio del corpo: in odio del Verbo incarnato vuole il sacrificio dell’anima — Egli esige delle infamie e delle ignominie: prove generali — Quando egli non può uccidere l’uomo, lo deforma — Tendenza generale dell’uomo a deformarsi fisicamente — Spiegazione di questo fenomeno — Un sol popolo fa eccezione, e perché — Altro tratto di parallelismo: per far l’uomo a sua similitudine, Iddio si mostra a lui nei quadri e nelle statue. Per fare l’uomo a sua similitudine, satana adopra lo stesso mezzo: ciò che predicono le sue rappresentazioni.
A meno che non si voglia negare ogni certezza storica, i due fatti che siamo per leggere sono lampanti per quei che negano gli oracoli. Essi lo sono non solamente a causa della gravità degli autori che li riferiscono, ma ancora per la loro connessione con una moltitudine di altri fatti, egualmente certi. Per conservare il minimo dubbio sull’esistenza universale degli oracoli demoniaci, e sulla terribile autorità dei loro ordini, fa d’uopo essere giunti ad un partito preso di negazione che concerne la stupidità. Tutta la storia del mondo incivilito non riposa essa sulla certezza di un oracolo satanico? Cento volte nella Scrittura non vediamo noi la consultazione degli oracoli? cento volte questi oracoli non chiedono agli Ebrei, come ai Cananei, l’immolazione dei loro figli e delle loro figlie? Ci si citi una pagina della storia profana che non affermi l’esistenza degli oracoli presso tutti i popoli pagani d’una volta, che non raffermi altresì presso tutti i popoli pagani d’oggidì. Fra le innumerevoli pratiche, ridicole, infami e crudeli che deturpano la loro esistenza, ve ne ha forse una sola che essi non riferiscano alla prescrizione delle loro divinità? Intorno a questo punto, se la storia conferma la ragione, la fede dal canto suo spiega la storia. satana, come rivale implacabile del Verbo incarnato, vuole essere tenuto per Iddio. Il segnale della divinità, è il culto di latria. L’atto supremo del culto di latria, è il sacrificio. Il mezzo d’ottenere il sacrificio, è di comandarlo. Il mezzo di comandarlo, è l’oracolo. satana, immutabile nel male, ha sempre voluto farsi passare per Iddio, e sempre lo vorrà. Dunque egli ha voluto sempre e sempre vorrà il sacrificio. Dunque sotto un nome o sotto un altro, vi furono sempre e sempre vi saranno oracoli, dappertutto dove la scimmia di Dio potrà esercitare il suo impero. Eusebio dice: « Che nulla prova meglio l’odio dei demoni contro Dio, quanto la loro rabbia di farsi passare per iddìi, con la mira di togliergli gli omaggi che gli sono dovuti. Ecco perché essi impiegano le divinità e gli oracoli, a fine di attirare, gli uomini a sé, di strapparli al Dio supremo, e di sommergerli nell’abisso senza fondo dell’empietà e dell’ateismo. » (Præp. evang., lib. VII, c. XVI; vedi pure S. Tomm. I p., q. 115, art. 5 ad 3). Non è soltanto in cose di religione, e quando si tratta del sacrificio, che il ee della Città del male vuole essere consultato. Ei lo vuole e lo è nelle cose dell’ordine puramente sociale ed umano. Quest’è un nuovo tratto del parallelismo di già notato. Sappiamo che innanzi di incominciare qualche cosa d’importante, l’antico popolo di Dio aveva ordine di consultare l’oracolo del Signore: os Domìni. Il Vangelo non ha niente cambiato a questa prescrizione. Non vediamo noi il nuovo popolo di Dio, la Chiesa Cattolica, fedele ad implorare i lumi dello Spirito Santo all’oggetto di sapere, in circostanze importanti, quel che conviene di fare, e il modo di farlo? Le nazioni d’Oriente e d’Occidente finché furono cristiane, non si indirizzarono al Sovrano Pontefice, come oracolo vivente dello Spirito Santo, per domandare a lui regole di condotta, pregandolo a decidere tra il vero ed il falso, tra il giusto e l’ingiusto? Che cosa vuol dire, se non consultare l’oracolo del Signore: Os Domìni! Nella loro vita privata gli stessi Cattolici che hanno conservato la fede alle relazioni necessarie del mondo superiore col mondo inferiore, si mostrano religiosi osservatori di questa pratica. Cosa è infine questo, se non un consultare l’oracolo del Signore: Os Domìni? – È molto evidente che satana abbia dovuto contraffare a suo profitto un uso cosi proprio, ad ottenere la confidenza e gli omaggi degli uomini; prima di averne le prove ne abbiamo la certezza. Di fatti che cosa vediamo noi presso tutti i popoli pagani? degli oracoli che si va a consultare intorno a cose di guerra o di pace; circa a pubbliche calamità e intorno a sciagure domestiche; circa a matrimoni, a intraprese commerciali e malattie. Questi oracoli sono talmente rispettati, che i più fieri generali non ardiscono porsi in campagna senza averli interrogati. Essi sono talmente numerosi, che Plutarco non teme di scrivere questo celebre detto: « Sarebbe più facile trovare una città fabbricata nell’aria che una città senza oracoli. » (Vedi pure Theatrmn magnrnn vitæ hunanæ. Art. Oracula) Per tutti i popoli dell’antichità, l’esistenza degli oracoli satanici era dunque un articolo di fede, e la base della religione. Quanto al modo con cui venivano pronunziati, per quanto apparisca strano, esso non ha nulla che debba meravigliare, nulla che riguardi la certezza del fenomeno. Come il corpo è sotto la potestà dell’anima che lo fa muovere e parlare, così il mondo materiale in tutte le sue parti è soggetto al mondo degli spiriti, e specialmente degli spiriti maligni che sono chiamati i moderatori, ed i governatori: rectores mundi tenébrarum harum. – D’allora in poi, per pronunziare i loro oracoli, fu per loro ogni cosa buona; per esempio un serpente o un pezzo di legno come nella Scrittura; una tavola, come vediamo in Tertulliano: un uomo, una donna, come si vede nella Storia Sacra e nella storia profana; una querce, come si vede in Plutarco; una statua di bronzo, come la statua di Memnone; una fontana, come quella di Colofone o di Castalia; una fava, un chicco di frumento, le interiora di un animale, una capra, un corvo, come vediamo in Clemente Alessandrino, e in venti autori pagani. (Fascinationis veluti negotiationis sociς habeantur capr ad diviuandum informatæ, nec non corvi illi, quos ad responsa reddenda homines (i medium) erudiere. Exhort. Ad Græc., ec., ec.). – Porfirio aggiunge che, « nulla è più evidente né più divino, né più naturale di questi oracoli. » (Bis, nihil evidentius, nihil aut cum divinitate, aut cum ipsamet natura conjunctius dici queat. Apud Euseb., Præp. evang. lib. V, c. III). – Con tutto ciò, per quanto sia abominevole, il sacrificio del corpo, tante volte comandato per mezzo degli oracoli, non basta al demonio. Il suo odio ne esige un altro ancor più abominevole: quest’è il sacrificio dell’anima. Come ispira il primo, cosi ispira il secondo. Nella Citta del bene, lo scopo finale del sacrificio, come di tutte le pratiche religiose, si è di riparare o di perfezionare nell’anima l’immagine di Dio, affinché resa simile al suo Creatore, essa entri, al momento della morte, in possesso della felicità eterna. Spogliare l’anima della sua beltà natia, come ancora della sua santità, cioè cancellare in lei perfino le ultime vestigia di rassomiglianza con Dio, affinché all’uscir della vita essa divenga la vittima eterna del suo corruttore; è il fine diametralmente opposto che ha il Re della Città del male. Con la stessa tirannia con cui egli esige l’effusione del sangue, così esige la profanazione delle anime. La penna nostra rifugge dal descrivere l’ecatombe morali, compiute per suo ordine, su tutti i punti del pianeta, come pure le circostanze ributtanti, di cui il principe delle tenebre le circonda. Ignominie ed infamie: queste due parole riassumono il suo culto pubblico o segreto (quest’ultimo oggi praticato senza orrore nelle conventicole e logge massoniche! – ndr. – ).
Ignominie. Non vedete voi satana padrone di queste anime immortali, immagini viventi del Verbo incarnato, che le costringe a prostrarsi dinanzi a lui, non sotto la figura di un Serafino,, risplendente di luce e di bellezza; ma sotto la figura di tutto ciò che vi ha di più laido e di più ributtante nella natura? Coccodrillo, toro, cane, lupo, caprone, serpente, animali anfibi, animali di terra e di mare, sotto tutte queste forme, egli chiede omaggi, e li ottiene (Si pensi al baphomet adorato nelle logge massoniche – ndr. -). Questa lunga galleria di mostruosità non gli basta. A fine di trascinare l’uomo in più profonde ignominie, egli ne inventa una nuova. Sotto la sua ispirazione l’Oriente e l’Occidente, l’Egitto, la Grecia, Roma, tutti i luoghi insomma dove il genere umano respira, hanno visto le città e le campagne, i templi e le abitazioni particolari, popolarsi di figure mostruose sconosciute alla natura. Esseri spaventosi, metà femmine e metà pesci, metà uomini e metà cani, donne con chioma composta di serpenti, uomini coi pié di montone, donne con la testa di toro, uomini con quella di lupo, serpenti con la testa d’uomo o di sparviero, Magots e Budda aventi per testa un pan di zucchero, per bocca una tana spaventosa, correre da un orecchio all’altro; per ventre un tonno, tutti in attitudini ridicole, minacciose o ciniche; a questi dei, incarnazione moltiforme e lungo sogghigno di disprezzo dello spirito maligno, dovrà l’uomo, tremando, offrire i suoi incensi e domandare i suoi favori. Infamie. A qual prezzo sarà ricevuto l’incenso? A quali condizioni accordati i favori? Lo si domandi ai misteri di Cerere, ad Eleusi; a quelli della Dea Buona, a Roma; a quelli di Bacco, in Etruria; a quei di Venere, a Corinto ; a quei d’Astarte, in Fenicia; di Mendòs, in Egitto; del tempio di Gnido, di Delfo, di Cìaros, di Dodona e di certi altri che ci asteniamo dal nominare; in una parola, lo si domandi a tutti i santuari tenebrosi, dove, simile al tigre che aspetta la sua preda, satana notte e giorno attende l’innocenza, il pudore, la virtù, e l’immola senza pietà, con raffinamenti d’infamia che il Cristiano più non sospetta, e che lo stesso pagano non avrebbe mai inventati. (Clem. Alexand., Exhortat, ad Græc.; ed Euseb.,, Præp. evang. lib. IV, c. XVI. — Il Sig. di Mirville, Pneumatologìa ecc., t. III, seconda Memoria, p. 846 e seg.). – Quel che satana faceva presso tutti i popoli pagani, ei lo fece presso gli Gnostici loro eredi (i massoni odierni ad es. – ndr. -): lo fa ancora, quanto al fondo, tra i settari moderni, soggetti più direttamente al suo Impero. Udiamo il racconto di ciò che accade da lungo tempo in America, terra classica degli spiriti percussori, e dei grandi medium. Nel mese di settembre, dopo successe le raccolte, i metodisti hanno l’abitudine di tenere delle riunioni notturne, che durano tutta una settimana. Un annunzio è fatto nei giornali, affinché ogni fedele sia debitamente prevenuto, e possa profittare delle grazie che lo Spirito Santo prodiga in queste circostanze. Si sceglie un vasto spazio in mezzo alle foreste; il meeting ha luogo all’aperto, e nel silenzio della notte. Si vedono arrivare i settari da tutte le strade e per tutti i veicoli immaginabili: uomini, donne, bambini, tutti accorrono al convegno. Il luogo del meeting è ordinariamente in forma ovale. Ad una estremità si costruisce il palco per i predicatori, che sono sempre in buon numero. Questa specie disgraziatamente non manca in America. Da ciascun lato, in forma di ferro di cavallo, si erigono delle tende, e dietro di esse si pongono le vetture ed i cavalli. All’intorno sopra dei pali stanno lampioni o torce, che gettano una pallida luce. Il centro è vuoto. Qui si tiene il popolo, durante il meeting. Verso le nove o le dieci di sera, ad un dato segno, i ministri salgono sul palco; accorre il popolo, e se ne sta in piedi, o seduto sull’erba. Un ministro incomincia alcune preghiere, quindi declama un piccolo speech, che è il preambolo. Parecchi altri si succedono, e cercano di eccitare l’entusiasmo. Presto la scena si anima pigliando uno strano aspetto. Uno dei ministri intuona con voce lenta e grave un canto popolare; (È il carmen, consueto in tutte le evocazioni), la moltitudine accompagna su tutti i tuoni; poi il ministro aumenta la voce e va sempre crescendo, accompagnando il suo canto con gesti i più eccentrici. La Sibilla non era più tormentata sul suo tripode. Si canta, si declama a quando a quando, e l’entusiasmo aumenta. Ciò dura delle ore intere; l’eccitazione finisce col giungere ad un tal punto, di cui è impossibile dare un’idea (la stessa identica scena si osserva nei meeting del c. d. Rinnovamento dello spirito, dei pseudo-carismatici del novus ordo – ndr. – ). Fra le altre esclamazioni che odonsi risuonare, citiamo questa: Nella nuova Gerusalemme avremo del caffè senza denaro, e del vìn vecchio. Alleluia!. Tosto tutta questa moltitudine che riempie il recinto si mescola, si urta; tutto ciò in mezzo alle grida, a danze, a gemiti e a scoppi di risa. Viene lo Spirito! viene lo Spirito! Sì, viene di fatti; ma deve essere uno spirito infernale, a vedere quei contorcimenti, a udire quelle urla. Allora una confusione, una gazzarra degna del manicomio. Gli uomini si battono il petto, si onduleggiano come tanti scimmiotti cinesi, o eseguiscono evoluzioni come tanti dervis. Le donne si avvoltolano per terra con i capelli sparsi. Le giovani si sentono sollevarsi in aria e sono infatti trasportate da una forza soprannaturale. Frattanto i ministri, che sembrano presi dalla stessa follia, continuano a cantare e a dimenarsi come tanti ossessi: è una completa confusione, un caos…. all’infuori del pudore e della morale, tutto è puro per questi energumeni. Dio perdona tutto. Onta e infamia sopra i ciechi capi di un popolo cieco!… Le stelle del firmamento spargono una dolce luce su questo orrendo quadro; talora il vento muggisce nella foresta, e le torce fanno apparire gli uomini come tante ombre. La notte si passa allo stesso modo. Il mattino tutta quella moltitudine è sdraiata, inerte, stanca, snervata. Il giorno è consacrato al riposo, e la notte successiva si ricomincia. (Storia d’un meeting, del 1868, Estratti dai giornali americani). – Ecco che cosa si fa nella setta puritana dei metodisti. Chi oserebbe raccontare ciò che ha luogo presso i Mormoni? Noi siamo dunque in diritto di ripetere: perseguitare il Verbo incarnato nell’uomo suo fratello e sua immagine; perseguitarlo imitando, per perderlo, tutti i mezzi divinamente stabiliti per salvarlo; perseguitarlo senza posa e su tutti i punti del pianeta; perseguitarlo di un odio che va fino all’uccisione del corpo e dell’anima: tale è l’unica occupazione del Re della Città del male. Se egli non sempre raggiunge quest’ultimo risultato, sempre vi tende: quando non gli è dato distruggere l’immagine del Verbo, ei la sfigura. In mancanza di una completa vittoria, egli ambisce un successo parziale. Quel luminoso principio della filosofia cristiana ci conduce dinanzi a un fatto notabilissimo, fino ad ora poco notato in sé medesimo, e per nulla studiato nella sua causa. Vogliamo parlare della tendenza generale dell’uomo, a sfigurarsi. Noi diremmo universale, se un sol popolo che tosto nomineremo, non facesse eccezione. Avanti di occuparci della causa, avveriamo il fenomeno. La manìa di trasfigurarsi, o di deformarsi fisicamente, s’incontra dappertutto. Inutile d’aggiungere che essa è particolare all’uomo; quale esso sia, l’animale n’è esente. Se noi percorriamo le differenti parti del pianeta, troviamo in tutte le epoche e sopra un’ampia scala le deformità seguenti: deformazione dei piedi, mediante la compressione; deformazione delle gambe e delle cosce con legature; deformazione della statura, per mezzo di maggior corporatura; deformazione del petto e delle braccia col dipingersi il corpo; altra deformazione del petto, delle braccia, delle gambe e del dorso, con delle spaventevoli escrescenze di carne provenienti da incisioni, fatte per mezzo di conchiglie; deformazioni di unghie colorandole; deformità delle dita, per via dell’amputazione della prima falange. Deformazione del mento, mediante l’epilazione; deformazione della bocca, mediante lo spacco del labbro inferiore; deformazione delle gote, col bucherellarsele e colorirle; deformazione del naso, con lo schiacciarlo e forarlo dall’una all’altra estremità; con l’appendervi una larga placca di metallo, o un allungamento esagerato, derivante da una compressione verticale delle pareti; deformazione delle orecchie, per mezzo di pendenti che le allungano fino alla spalla; (« Nei dì di festa, le donne dell’isola di Pasqua si mettono i loro orecchini. Esse cominciano di buon ora a bucarsi il lobo dell’orecchio con un pezzetto di legno appuntato; a poco a poco si fanno entrare più avanti quel legno, e il foro s’ingrandisce. Quindi esse vi introducono un piccolo cilindro di scorza, il quale facendo l’ufficio di molletta, si distende ed allarga sempre più l’apertura. In capo a qualche tempo il lobo dell’orecchio è diventato una piccola correggia che ricade sulla spalla come un nastro. I giorni di festa vi introducono un enorme cilindro di scorza: questa è una grazia perfetta! » Tanto perfetta quanto il chignon moderno. Annali della propag. della fede. 11); deformazione degli occhi, dipingendoseli; o con la pressione dell’osso frontale che gli fa uscire dalla loro orbita; deformità della fronte con caratteri osceni, incisi in rosso col legno di sandalo; deformità del cranio, sotto l’azione di varie compressioni che gli fanno prendere, ora la forma conica, ora appuntata, ora convessa, rotonda, ora triangolare, ora stiacciata, ora quadra; deformazione generale mediante il belletto, con i cosmetici e con le ridicole mode; ecco il fenomeno. (Per le autorità e il nome dei popoli, vedi l’opera del medico dottor L. A. Glossò di Ginevra, intitolata: Saggio sulle formazioni del cranio; Parigi, 1855; Annali della propag. della fede, n. 98, p. 75). – Quale spirito suggerisce all’ uomo che esso non è ben fatto, come Dio lo fece? D’onde gli viene questa imperiosa mania di deformare, nella sua persona, l’opera del Creatore? Dare per causa la gelosia degli uni, la civetteria degli altri, non è un risolvere la difficoltà, ma respingerla. Si tratta di sapere qual principio ispiri questa gelosia brutale, questa civetteria ributtante; perché l’una e l’altra procedano mediante la deformazione, vale a dire in senso inverso della bellezza, e come esse si trovino su tutti i punti del pianeta. Se vogliamo non appagarci di parole ed avere il segreto dell’enimma, bisogna ricordarsi di due cose, del pari certe: la prima, che l’uomo è stato fatto nel suo corpo e nella sua anima ad immagine del Verbo incarnato, la seconda, che il fine di tutti gli sforzi di satana è di fare sparire dall’uomo l’immagine del Verbo incarnato, a fine di formarlo alla propria. Queste due verità certissime conducono logicamente alla seguente conclusione: che la tendenza generale dell’uomo a sfigurarsi, è l’effetto di una manovra satanica. Parecchi fatti il cui senso non è equivoco, vengono a confermare questa conclusione.
1° Certi popoli riconoscono positivamente in queste deformazioni, l’influenza dei loro Dei. « Quanto alle donne australiane, scrive un missionario, è meno il gusto dell’acconciatura che l’idea di un sacrificio religioso, che le porta a mutilarsi. Allorché esse sono tuttora di piccola età gli si lega la punta del dito mignolo della mano sinistra con fili di tela di ragno; la circolazione del sangue trovandosi così interrotta, si stacca in capo a pochi giorni la prima falange, che si dedica al serpente boa, ai pesci, o ai kanguroos. » (Annali ec., n. 98, p. 75). – Così è della deformazione della faccia, mediante la colorazione. Il suo carattere d’oscenità ributtante rivela un’altra causa, cioè la gelosia dell’uomo, o la civetteria della donna.
2° La parte del corpo più universalmente e più profondamente deformata è il cervello. Donde viene questa preferenza? Dal punto di vista dell’azione demoniaca, è facile comprenderne il motivo. Il cervello è il principale istrumento dell’anima. L’alterarlo, è alterare tutto l’uomo. Ora questa deformazione ha per resultato d’impedire lo sviluppo delle facoltà intellettuali, di favorire le passioni brutali, e di degradare l’uomo al livello della bestia. (Gosse, p. 149, 150. — In diversi punti della Francia e dell’Europa, la deformità della faccia ha luogo anche oggidì. Ivi-).
3° Fra tutti i popoli, uno solo, misto a tutti i popoli, rifugge da questa tendenza, ed è il popolo ebreo; e satana non ha il permesso di sfigurarlo. « Come esente dalla deformazione, io citerò questa piccola nazione ebrea che ha rappresentato una parte cosi notabile nella umanità, e il cui tipo si è conservato puro sino dai più remoti tempi. » (Gosse, p. 16).
4° Quanto più le nazioni si trovano straniere all’influenza del Cristianesimo o dello Spirito Santo, tanto più la tendenza alla deformazione è generale; al contrario più esse sono cristiane e più essa diminuisce. « Parlando degli abitanti della Colombia, il sig. Duflot di Mofras, fa notare che là dove il Cattolicismo si è introdotto, la deformazione ha cessato. » (Gosse, p. 9). Essa scompare completamente presso i veri Cattolici, i santi, i preti, i religiosi e le monache. Non basta difformare l’uomo allo scopo di cancellare in esso l’immagine di Dio; satana vuole ad ogni costo farlo a immagine sua. Qui viene ad aggiungersi ancora un nuovo tratto al costante parallelismo che abbiamo osservato. – Nella Città del bene, l’immagine di Dio, la più eloquente e popolare, è il Crocifisso. Dunque il Crocifisso è l’immagine obbligata dell’uomo quaggiù. Mortificazione universale della carne e dei sensi, impero assoluto dell’anima sul corpo, sacrificio senza limiti, distacco dalle cose temporali, rassegnazione, dolcezza, umiltà, aspirazione costante verso la realtà della vita futura: non è in tutto ciò l’uomo vincitore? Ed ecco il Crocifisso. Quindi, quella definizione della vita, data dal concilio di Trento. La vita cristiana è una penitenza continua, vita Christiana, perpetua pænitentia. Con queste immagini, il re della Città del male definisce parimente la vita: ma la definisce alla sua maniera. In tutte le innumerevoli statue che si presentano agli omaggi degli uomini, vi è sempre un appello ad una certa passione. Abbiamo più volte visitato le gallerie di Firenze, i musei di Roma e di Napoli, le rovine di Pompei e di Ercolano. Abbiamo visto gli Dei dell’Oceania; altri han visto per noi i templi del Thibet, le pagode dell’India e della Cina. Ora, quelle migliaia di figure, emblemi, statue antiche e moderne che ingombrano quei luoghi, cosi differenti di età e di destinazione, ripetono, ciascuna a suo modo, la parola seducente che perdé l’uomo nel paradiso terrestre. Godi, cioè dire, dimentica i tuoi destini, dimentica il fine della tua vita, adora il tuo corpo, disprezza la tua anima, degradati, deformati; che l’immagine del Crocifisso si cancelli dalla tua fronte, dai tuoi pensieri e dai tuoi atti, affinché tu sii l’immagine di colui che tu adori, la Bestia. Si potrebbe facilmente continuare, sotto il rapporto religioso, la storia parallela delle due Città, ma è tempo di delineare la loro storia sotto il rapporto, non meno istruttivo, dell’ordine sociale.