MESSA DI CAPODANNO
Incipit
In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Isa IX: 6
Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis: cujus impérium super húmerum ejus: et vocábitur nomen ejus magni consílii Angelus. [Ci è nato un bambino, ci è stato dato un figlio, il cui impero poggia sugli ómeri suoi: e il suo nome sarà: Angelo del buon consiglio.
Ps XCVII: 1
Cantáte Dómino cánticum novum: quia mirabília fecit. Cantate al Signore un cantico nuovo: perché ha fatto cose mirabili.
Puer natus est nobis, et fílius datus est nobis: cujus impérium super húmerum ejus: et vocábitur nomen ejus magni consílii Angelus. [Ci è nato un bambino, ci è stato dato un figlio, il cui impero poggia sugli ómeri suoi: e il suo nome sarà: Angelo del buon consiglio.]
Oratio
Orémus.
Deus, qui salútis ætérnæ, beátæ Maríæ virginitáte fecúnda, humáno géneri praemia præstitísti: tríbue, quǽsumus; ut ipsam pro nobis intercédere sentiámus, per quam merúimus auctórem vitæ suscípere, Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: [O Dio, che mediante la feconda verginità della beata Maria, hai conferito al genere umano il beneficio dell’eterna salvezza: concédici, Te ne preghiamo: di sperimentare in nostro favore l’intercessione di Colei per mezzo della quale ci fu dato di ricevere l’autore della vita: il Signore nostro Gesú Cristo, tuo Figlio:]
Lectio
Léctio Epístolæ beati Pauli Apóstoli ad Titum.
Tit II: 11-15
Caríssime: Appáruit grátia Dei Salvatóris nostri ómnibus homínibus, erúdiens nos, ut, abnegántes impietátem et sæculária desidéria, sóbrie et juste et pie vivámus in hoc saeculo, exspectántes beátam spem et advéntum glóriæ magni Dei et Salvatóris nostri Jesu Christi: qui dedit semetípsum pro nobis: ut nos redímeret ab omni iniquitáte, et mundáret sibi pópulum acceptábilem, sectatórem bonórum óperum. Hæc lóquere et exhortáre: in Christo Jesu, Dómino nostro.
OMELIA I
CIRCONCISIONE
IL PROGRAMMA DELLA NOSTRA VITA
[A, Castellazzi: Alla Scuole degli Apostoli. Ed. Artigian. Pavia, 1929 – imprim. ]
“Carissimo: La grazia di Dio nostro Salvatore si è manifestata per tutti gli uomini, insegnandoci che, rinunciata l’empietà e i desideri mondani, viviamo con temperanza; con giustizia e con pietà in questo mondo, in attesa della beata speranza e della manifestazione gloriosa del grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per redimerci da ogni iniquità, e formarsi un popolo puro che gli fosse accetto, zelante delle buone opere. Così insegna ed esorta in Cristo Signor nostro” (Tit. II, 11-15). –
Quando S. Paolo si recò nell’isola di Creta col suo discepolo e collaboratore Tito, vi trovò parecchi gruppi di Cristiani, che non erano organizzati in una gerarchia regolare. Non potendo l’Apostolo trattenersi a lungo nell’isola, vi lasciò Tito a organizzare quella Chiesa. Più tardi gli scrive una lettera. In essa gli dà norme da seguire nell’adempimento del suo ufficio pastorale rispetto agli uffici ecclesiastici, ai doveri delle varie classi di persone e ai doveri generali dei Cristiani. Nel brano riportato, avendo prima stabiliti i doveri secondo i differenti stati, reca la ragione per la quale i Cristiani sono tenuti a questi doveri. Sono tenuti perché Dio, che nella sua bontà è sceso dal cielo per tutti, ha insegnato a tutti a rinunciare all’empietà e ai desideri del secolo per vivere nella moderazione, nella giustizia, nell’amor di Dio. Così vivendo saranno consolati dalla presenza della venuta del Redentore, il quale ha dato in sacrificio se stesso per riscattarci dal peccato, e così formare di noi un popolo veramente eletto, tutto dato alle buone opere. Sul cominciare dell’anno la Chiesa ripete a noi questo insegnamento, per esortarci a vivere secondo:
1. Pietà,
2. Temperanza,
3. Giustizia.
1.
L’Incarnazione e la vita su questa terra del Figlio di Dio, sono una scuola efficacissima per tutti gli uomini. « Tutta la sua vita mortale — dice S. Agostino — fu una scuola di ben vivere per mezzo della natura umana che si è degnato di assumere» (De vera Relig. 16, 32). In primo luogo Gesù Cristo ci insegnò che per attendere la beata speranza dobbiamo aver rinunciata l’empietà e i desideri mondani. – Nella religione pagana, che i novelli Cristiani avevano abbandonata, il culto della verità non esisteva. Si aveva qualche conoscenza di Dio, ma non si adorava come Dio. Il culto che gli si prestava era superstizioso quando non era immorale. Dell’ultimo fine dell’uomo si aveva un’idea sbagliata. Non si cercava tanto di condurre una vita terrena, che fosse preparazione alla vita celeste, quanto di godere quaggiù più che fosse possibile, come se tutto dovesse finire in questa valle di lacrime. Non si alzava a Dio la mente, la quale non sapeva sollevarsi da quanto cadeva sotto gli occhi. Tra queste dense tenebre di errori e di corruzione apparve Gesù, sapienza increata, che insegnò la vera dottrina rispetto a Dio uno ed eterno: che ci manifestò le verità che riguardano la seconda vita; ne indirizzò le menti e i cuori a Dio, nostro principio e nostro fine. – I novelli convertiti avevano rinunciato alle dottrine empie del paganesimo, ma ciò non era tutto. L’edificio vecchio dell’empietà era stato demolito, e al suo posto bisognava innalzare l’edificio della pietà. Quanti esempi ci ha lasciato Gesù Cristo in proposito! A dodici anni sale al tempio con Maria e con Giuseppe per la solennità di Pasqua. Terminata la solennità, rimane in Gerusalemme. Quando, dopo tre giorni di ricerche, Maria e Giuseppe lo ritrovano, al lamento della Madre Gesù risponde: « Perché mi cercavate? Nulla sapevate che io devo attendere a ciò che riguarda il Padre mio? » (Luc. II, 49). E come attendeva Gesù in quei giorni alle cose del Padre suo? Stando nel tempio seduto in mezzo ai dottori in atto di ascoltarli e interrogarli. Grande scuola di pietà pei fanciulli, i quali dall’apprendimento delle cognizioni profane non devono disgiungere l’apprendimento delle cognizioni divine. Appena la loro mente si apre devono incominciare a interessarsi della loro sorte celeste, a conoscer Dio, a conoscere la sua volontà. Grande scuola anche per gli adulti. L’obbligo di interessarsi di Dio, del nostro ultimo fine incomincia alla soglia, della vita, e non cessa che alla nostra partenza da questo mondo. Se le verità che riguardano Dio le abbiam dimenticate, bisogna richiamarle alla mente con lo studio del Catechismo, con la frequenza alle prediche. – Interessarsi di Dio vuol dire procurare la sua gloria. Questa procurò sempre Gesù in tutta la sua vita. E la sera che precedette la sua passione poteva dire : «Padre, io ti ho glorificato sulla terra» (Giov. XVII, 4). Noi possiamo dar gloria a Dio mostrandoci Cristiani pubblicamente, edificando gli altri con la frequenza ai santi Sacramenti, con la pratica degli esercizi di pietà. Interessarsi di Dio vuol dire intrattenersi con Lui mediante la preghiera. Gesù Cristo, che ci ha insegnato ed esortato a pregare con la parola, ci ha anche grandemente confortato alla pratica della preghiera col suo esempio. Egli prega nel tempio e prega sul monte quando ha cessato di ammaestrare le turbe. Prega nel deserto e prega nella gloria della trasfigurazione; prega di giorno e prega di notte. Prega quando risuscita Lazzaro, quando istituisce l’Eucaristia. Con la preghiera incomincia e chiude la sua passione. In una parola, Egli ha praticamente dimostrato come «bisogna pregar sempre, senza stancarsi mai» (Luc. XVIII, 1).
2.
E ‘ naturale che nella religione pagana l’uomo non fosse portato alla rinuncia, al sacrificio. Il piacere, l’accontentamento delle passioni non vi trovavano ostacolo alcuno. Tutt’altro, invece, è nella Religione Cristiana. Gesù Cristo venne su questa terra a darci insegnamenti ed esempi affatto opposti agli insegnamenti e agli esempi pagani. Egli è venuto a insegnarci che rinunciati i desideri mondani viviamo con temperanza. Si tratta di una vera riforma della vita. Non solo bisogna voltare la schiena alle antiche abitudini: bisogna formarsi abitudini nuove. Uno può voltare la schiena alle antiche abitudini, senza allontanarsene troppo. Senza staccare da esse il cuore. È un addio forzato col desiderio, se non sempre con la speranza, dell’a rivederci. Non siamo noi che ci distacchiamo da ciò che domina in questo mondo: sono spesso le circostanze che ce ne staccano: sono questi beni apparenti che spesso ci abbandonano, lasciando noi nell’amarezza. Questa non è la sobrietà e la temperanza insegnataci da Gesù Cristo e dai suoi Apostoli. Gesù Cristo ci ha insegnato la rinuncia ai desideri sregolati dei beni di questo mondo. E rinuncia vuol dire staccarsene senza rimpianto, e senza desiderio di ritornarvi. Rinuncia vuol dire essere pronto a sostenere qualunque sforzo, a impegnarsi in un combattimento lungo e faticoso, a provare avversione per ciò che prima si amava, ad amare e praticare ciò che prima si odiava. « Gesù Cristo ci ha redenti, affinché, conducendo una vita illibata e ricca di buone opere possiamo divenire eredi del regno di Dio» (Ambrosiaster, in Ep. ad Tit.. cap. II, v. 11). Il Cristiano che vuol conseguire l’eredità del regno celeste, deve saper porre un freno alle proprie tendenze; altrimenti non riuscirà a condurre una vita illibata, ad arricchirsi di buone opere. Senza la temperanza saremo ben presto travolti dalle passioni. La malerba cresce presto: tagliata, ricompare ben tosto. Le passioni, anche rintuzzate, rialzano subito il capo. L’odio, la superbia, l’avarizia, la lussuria, la gola si fanno sentire a nostro dispetto. Che avverrà se, invece di combatterle con la mortificazione ne porgiamo loro alimento, con l’assecondarle? Presto ci prenderanno la mano e ci trasporteranno dove esse vogliono. – Tanto, coloro che non sanno mai porre un limite alle loro brame non possederanno mai neppure su questa terra il godimento che vanno immaginandosi. Un viandante si propone di arrivare a quell’altura che si presenta al suo sguardo. Quando vi è giunto vede che, dopo uno spazio più o meno esteso di terreno piano, si trova un’altra altura. Non si dà pace finché non ha raggiunta anche quella. Arrivato vi vede ripetersi la scena di prima. Nuova altura, e dopo quella un’altra ancora, ed egli è inquieto perché non può raggiungerle tutte. Così, coloro che non sanno mai mettere un limite ai loro desideri, che non sanno imporsi delle privazioni saranno sempre malcontenti e irrequieti per le disillusioni che provano. I volti sereni, l’allegria schietta, che è il riflesso della pace dell’anima, si cercherebbero invano tra coloro che si fanno un idolo del ventre, degli onori, delle ricchezze, dei piaceri. Chi vuol trovarli li deve cercare tra coloro che sanno porsi un freno nell’uso dei beni di questa vita, e sanno moderare le loro voglie.
3.
Gesù Cristo ci ha anche insegnato a vivere con giustizia rispetto al prossimo. Questa giustizia richiede « che nessuno desideri ciò che è del prossimo » (S. Efrem). Molto più richiede che non si tolga ciò che è del prossimo. Richiede che non gli tolgano i beni materiali coi furti, con le appropriazioni indebite, con le dannificazioni, con le frodi, con la sottrazione della paga dovuta, col non mettersi in grado di pagare i debiti ecc. Richiede che non gli si tolgano i beni morali con le calunnie, con le mormorazioni, con le critiche ingiuste, con le insinuazioni. Richiede che non gli si tolgano i beni spirituali con il cattivo esempio, con la propaganda dell’errore, con toglierlo alle pratiche di pietà, con avviarlo alle usanze mondane. – L’uomo è creato per vivere in società. La vita sociale ha molti privilegi; ma, si sa: ogni diritto ha il suo rovescio. La vita sociale porta con sé anche i suoi pesi. Caratteri perfettamente uguali non si trovano. Ogni creatura ha la sua natura. E questo basta perché possano sorgere dissensi, contrasti tra coloro che, o per un motivo o per un altro, si trovano a contatto. Lo spirito della giustizia vuole che in questi casi non si abbia a scendere a liti o a recriminazioni. « Gli uni portate i pesi degli altri, e così adempirete la legge di Cristo », ci dice l’Apostolo (Gal. VI, 2). I l quale ancor più chiaramente dice ai Corinti: « In tutti i modi è già un mancamento l’aver delle liti gli uni con gli altri. E perché piuttosto non sopportate qualche ingiustizia? Perché piuttosto non soffrite qualche danno? » (I Cor. VI, 7). Invero se domandiamo a Dio che sopporti noi, è troppo giusto che noi sopportiamo gli altri. Sentiamo l’Ecclesiastico: «Un uomo nutre lo sdegno contro un altr’uomo, e chiede che Dio lo guarisca? Egli non usa misericordia verso il suo simile, e chiede perdono de’ suoi peccati? Egli che è carne conserva rancore, e chiede che Dio gli sia propizio?» (Eccli XXVIII, 3-5). – È spirito di giustizia non restringere la mano quando si tratta di soccorrere i fratelli bisognosi. La solennità di quest’oggi c’insegna che Gesù Cristo ha dato per noi il suo sangue. E noi, seguaci di Gesù Cristo, non faremo cosa straordinaria se daremo al nostro prossimo un po’ di quei beni, che Dio ci ha largiti. Dovessimo dare al nostro prossimo tutto quanto possediamo non daremo mai quanto a noi ha dato Gesù Cristo, il quale ha dato se stesso per noi, per redimerci da ogni iniquità. Non lesiniamo nel dimostrare la nostra giustizia verso il prossimo, se vogliamo sperare l a manifestazione gloriosa del grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo. « Chiunque, pertanto, vuol pervenire al regno celeste, viva con temperanza verso se stesso, con giustizia verso il prossimo, con pietà perseverante verso Dio» (S. Fulgenzio, De remiss. Pacc. L. 1 c. 23). Cominciamo subito da quest’oggi a mettere in pratica questo programma affinché, se il Signore volesse chiamarci al rendiconto nel corso di quest’anno, in qualunque momento ci chiami abbia a trovarci pronti. – Mons. Francesco Iannsens, Vescovo di Nuova Orleans, venerato dai suoi figli come un santo, viaggiando sopra un piroscafo alla volta d’Europa, è colpito improvvisamente dalla morte. Non gli rimane che il tempo di inginocchiarsi in cabina e dire: «Mio Dio, v i ringrazio che son pronto» (La Madre Francesca Zaverio Cabrini; Torino 1928, p. 144-45). Che d’ora innanzi la nostra vita sia tale, da poter anche noi dare questa risposta alla divina chiamata, in qualunque momento e in qualunque circostanza si faccia sentire!
Graduale
Ps XCVII: 3; 2
Vidérunt omnes fines terræ salutare Dei nostri: jubiláte Deo, omnis terra.
V. Notum fecit Dominus salutare suum: ante conspéctum géntium revelávit justitiam suam. Allelúja, allelúja.
[Tutti i confini della terra videro la salvezza del nostro Dio: acclami a Dio tutta la terra.
V Il Signore ci fece conoscere la sua salvezza: agli occhi delle genti rivelò la sua giustizi. Alleluia, alleluia.]
Heb I: 1-2
Multifárie olim Deus loquens pátribus in Prophétis, novíssime diébus istis locútus est nobis in Fílio. Allelúja. [Un tempo Iddio parlò in molti modi ai nostri padri per mezzo dei profeti, ultimamente in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio. Allelúia.]
Evangelium
Munda cor meum, ac labia mea, omnípotens Deus, qui labia Isaíæ Prophétæ cálculo mundásti igníto: ita me tua grata miseratióne dignáre mundáre, ut sanctum Evangélium tuum digne váleam nuntiáre. Per Christum, Dóminum nostrum. Amen.
Jube, Dómine, benedícere. Dóminus sit in corde meo et in lábiis meis: ut digne et competénter annúntiem Evangélium suum. Amen.
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum S. Lucam.
Luc II: 21
In illo témpore: Postquam consummáti sunt dies octo, ut circumciderétur Puer: vocátum est nomen ejus Jesus, quod vocátum est ab Angelo, priúsquam in útero conciperétur.
OMELIA II.
Circoncisione — Battesimo — Nome di Gesù.
[Mons. G. Bonomelli, Misteri Cristiani, Queriniana ed. Brescia, 1898, . imprim.]
« Come furono compiuti gli otto giorni, per circoncidere il bambino, gli fu posto nome Gesù, come era stato chiamato dall’Angelo, prima di essere concepito nel seno » (S. Luca II 21).
In questo solo e non lungo versetto si contiene la lezione evangelica, che or ora solennemente si cantava e che la Chiesa ci mette innanzi affinché la meditiamo: se brevissima è la lezione evangelica, alto e gravissimo ne è il significato. Arte mirabile e veramente divina sapienza è questa della Chiesa di tener sempre viva nella mente de’ suoi figliuoli la memoria dei misteri principali della fede; misteri che si incontrano tutti e insieme si svolgono nella adorabile Persona di Gesù Cristo e a vari intervalli troviamo sparsi lungo la via dell’anno liturgico. Otto giorni or sono la Chiesa piena di gioia ci invitava a contemplare il divino Infante nella spelonca di Betlemme e a riconoscerlo ed adorarlo coi pastori; oggi ci chiama ancora a Betlemme, in quella stessa spelonca, giacché sembra che in questi otto giorni nessuno gli avesse offerto un asilo meno disagiato per assistere al doloroso rito della Circoncisione, alla quale gli piacque sottoporsi. Fra sei giorni lo rivedremo ancora in atto di ricevere gli omaggi dei primi credenti gentili, i Magi. Si direbbe che la Chiesa lungo il cammino che i suoi figliuoli devono percorrere, qua e là innalza alcune colonne, sulle quali sta scritta una pagina della vita del suo sposo, il Salvatore del mondo. I popoli, ivi passando, si fermano alcun poco, levano gli occhi, leggono quella pagina, pensano al divino Maestro, ricordano la sua vita e i suoi esempi, e, ristorate le forze, più, lieti ed animosi ripigliano la via, che dalla terra della schiavitù, l’Egitto, attraverso alle ardenti sabbie del deserto, conduce alla terra promessa, alla terra dove scorre latte e miele. – Nel corso dell’anno ecclesiastico è questa la seconda colonna, che troviamo. Che cosa vi leggiamo noi, o carissimi? Due sole parole, ma feconde di preziosi insegnamenti: Circoncisione e il nome di Gesù. Arrestiamoci un poco ai piedi di questa colonna e meditiamole con religiosa attenzione. – « Come furono compiuti gli otto giorni per circoncidere il Bambino, gli fu posto nome Gesù, com’era stato chiamato dall’Angelo prima d’essere concepito nel seno ». In questa sentenza evangelica, come dissi, due cose distinte sono accennate, la Circoncisione e il nome di Gesù, che il Bambino celeste ricevette nello stesso tempo; su queste due cose fermeremo le nostre considerazioni. – (In questo luogo S. Luca non dice veramente che Gesù ricevesse la Circoncisione, ma solo che erano compiuti gli otto giorni, nei quali doveva riceverlo; ma la maniera di scrivere dell’Evangelista congiunta alla tradizione costante, unanime ed universale e suggellata con la festa, che si celebra, ci dà la certezza assoluta che Gesù Cristo fu circonciso. – Il rito della Circoncisione si poteva compiere da chiunque, in qualunque luogo, e perciò possiamo credere che Gesù la ricevesse nel luogo stesso, dove nacque e da Giuseppe come pensano alcuni Padri.) – Che cosa era la Circoncisione, che la legge mosaica imponeva soltanto ai bambini di sesso maschile? Era un taglio doloroso, che si faceva sul corpo del bambino, od anche dell’uomo adulto, allorché questo voleva essere ascritto tra i figli di Abramo e abbracciare la legge mosaica. Quando fu essa istituita? Allorché Iddio fece ad Abramo la solenne promessa, che in lui sarebbero benedette le genti tutte e che dalla sua progenie verrebbe il Salvatore del mondo. Più tardi poi Mosè determinò il tempo, cioè l’ottavo giorno dopo la natività, stabilì i particolari del rito e la pena terribile per chi non l’avesse compiuto. Il rito della Circoncisione fu in uso non solo presso i Giudei, ma presso altri popoli d’Oriente e in parecchi luoghi è osservata anche al giorno d’oggi, come assicurano di alcune tribù selvagge d’Africa viaggiatori degni di fede. Quale fu il fine di questo rito e quale il suo significato? Dio chiamò Abramo: gli fece magnifiche promesse, come apprendiamo dai Libri Santi, somma delle quali ch’egli sarebbe padre d’un gran popolo, dal quale sarebbe nato il Messia, l’Uomo – Dio, il riparatore del genere umano: Abramo rispose fedelmente alla chiamata e non venne mai meno nelle più dure prove: tra Dio ed Abramo avvenne come un Patto sacro e simbolo di questo Patto fa la Circoncisione, e ciò apparisce ripetutamente dalla dottrina dell’Apostolo. Oltre di che una società religiosa è simile ad un esercito, ad un corpo qualunque ordinato. Trovate voi un corpo, una società, un esercito, un regno, un impero, una repubblica senza un segno qualunque, una bandiera, intorno alla quale i singoli membri si raccolgano e si rattestino? No, per fermo; similmente la Religione mosaica domandava un segno visibile, che la distinguesse dalle altre e sotto il quale, quasi vessillo, si stringesse. Questo segno fa dato da Dio, accolto prima da Abramo e sancito qual legge fondamentale da Mosè. Chi non era circonciso presso gli Ebrei era fuori della Sinagoga, era gentile, come presso di noi Cristiani chi non ha ricevuto il Battesimo è infedele. Il perché non deve recare meraviglia che i Padri, seguendo l’insegnamento di S. Paolo, abbiano considerata la Circoncisione come una figura ed un simbolo del Battesimo cristiano: e in vero non pochi, né oscuri sono i punti di somiglianza tra i due riti sacri. – La Circoncisione fu istituita da Dio, Autore dell’Antico Patto, il Battesimo fu istituito dall’Uomo – Dio, Gesù Cristo, Autore del Nuovo Patto; la Circoncisione imprimeva nel corpo un segno indelebile, il Battesimo lo imprime nell’anima: la Circoncisione si riceveva una sola volta e una sola volta si riceve il Battesimo: quella si poteva dare dal Sacerdote e dal laico e questo si può amministrare validamente da qualunque persona anche infedele. La Circoncisione non conferiva la grazia per virtù propria ma era segno ed eccitamento della fede, che giustificava: il Battesimo è segno e insieme strumento, o mezzo infallibile della grazia: per la Circoncisione il bambino e l’adulto che la riceveva, diventava figlio di Abramo, membro della Sinagoga: pel Battesimo il bambino e l’adulto diventa membro della Chiesa e figlio adottivo di Dio. Ben a ragione dunque la Circoncisione giudaica fu sempre considerata come una figura del nostro Battesimo. E perché dunque, mi domanderete voi, perché dunque Gesù Cristo volle sottoporsi alla Circoncisione, Egli che era la stessa santità e veniva per abolirla? Per quelle stesse ragioni per le quali osservò più tardi tutte l’altre prescrizioni della legge mosaica e che sono con tanta accuratezza indicate dai Padri. Ricevendo la Circoncisione, Gesù Cristo riconobbe la sua origine divina e con essa tutta la economia mosaica: ci diede un esempio efficacissimo di ubbidienza alle leggi, anche quando impongono gravi sacrifici e tal era senza dubbio la Circoncisione; essa era una implicita confessione del peccato, a cui tutti i figli di Adamo erano e sono soggetti; e Gesù Cristo, che veniva per assumerne la pena ed espiarla in se stesso, che volle avere la somiglianza dei peccatori – In similitudinem carnis peccati – volle altresì la Circoncisione. V’ha di più; Gesù Cristo veniva per ammaestrare gli uomini e prima i fratelli suoi, secondo la carne, gli Ebrei, e più volte lo disse nel santo Vangelo: Era dunque necessario che rimuovesse da sé tutto ciò che in qualsiasi modo rendeva la sua parola meno accetta agli Ebrei; ora s’Egli non fosse stato circonciso, naturalmente lo avrebbero respinto come un gentile e questo solo sarebbe bastato a far sì che turassero le orecchie alle sue parole e l’avessero in abbominazione. Altro motivo e nobilissimo Egli ebbe di volere per sé la Circoncisione del corpo quale figura della Circoncisione del cuore, che si può dire il fondo dell’insegnamento pratico del Vangelo; ma di questo argomento a maggior agio ragioneremo altrove. Dissi che la Circoncisione mosaica, alla quale Gesù Cristo in questo giorno con esempio sublime di umiltà, di abnegazione e di amore al patire volontariamente si sottomise, è figura del nostro Battesimo e ne accennai le ragioni. Non vi paia dunque cosa strana, che qui tocchi alcune verità troppo necessarie intorno al Battesimo e vi metta in guardia contro certi abusi e pregiudizi, che sventuratamente si aprono la via nella nostra società cristiana. – Era legge inviolabile presso gli Ebrei che ogni bambino maschio ricevesse la Circoncisione ed era stato determinato il giorno ottavo dopo il nascimento. Non uno dei figli d’Israele violava la legge. Ora, non Mosè, ma Cristo, nella forma più solenne ha stabilito, che ogni uomo, senza distinzione di sesso, d’ età o di condizione riceva il Battesimo: non Mosè, ma Cristo ha chiaramente stabilito, che chi non riceve il Battesimo, è fuori della sua Chiesa, è già giudicato e condannato: udite « In verità, in verità ti dico, che se alcuno non è nato d’ acqua e di spirito non può entrare nel Regno di Dio » (S. Gio. III, 5). E ancora « Chi avrà creduto e sarà stato battezzato, sarà salvo; ma chi non avrà creduto (e non sarà battezzato) sarà condannato » (San Marco, XVI, 16). A questa legge assoluta, sancita da Cristo stesso, nessuno può sottrarsi: non gli adulti, che la conoscono e la devono osservare: non i bambini, ai quali devono provvedere i loro genitori e che per essi devono rispondere dinanzi a Dio finché i bambini non sono arbitri di se medesimi.
1) Non occorre il dirlo, la condanna eterna a chi non riceve il S. Battesimo è intimata soltanto a quelli che ne conoscono l’obbligo e la necessità, come è manifesto dalle parole di nostro Signore, che dice: « Predicate ad ogni creatura: chi avrà creduto e sarà battezzato ecc. ». Dunque si parla degli adulti, che prima devono essere istruiti, devono credere, e poi, come conseguenza del credere, ricevere il Battesimo. Ora che vediamo noi, o carissimi fratelli? Lo dico con profondo dolore: noi vediamo alcuni genitori (pochissimi è vero, ma l’esempio è contagioso), i quali rifiutano di presentare al sacro fonte i loro figliuoli. Quale oltraggio alla fede, che professiamo, alla Chiesa, della quale siamo figli! Grande Iddio! Sarebbe mai, che in mezzo ad una società, che Cristo ha fatto tutta cristiana, vedessimo sorgere una società non cristiana, una società pagana? Sarebbero questi i segni paurosi di quella defezione o apostasia, di cui parla l’Apostolo? Che molti non si curino della Confessione, della S. Eucaristia, del Matrimonio cristiano, degli altri Sacramenti, istituiti da Voi, o divino Salvatore, è un male, una sventura, è una colpa, che piangiamo a calde lagrime; ma che si rifiuti di ricevere il vostro Battesimo, che si respinga il carattere di vostro discepolo, che si chiuda la porta della vostra Chiesa, ah! questo è troppo. E tal delitto, che, in una società già tutta vostra, non ha nome; è la guerra fatta a voi stesso, è il ripudio formale del vostro Vangelo, è un ricacciarci negli orrori del paganesimo, è un dirvi: Non vi vogliamo più e aboliamo il vostro nome per sempre -. E questi genitori non sono essi compresi di ribrezzo e di spavento, pensando che i loro figli non appartengono a Cristo, che non portano impresso nell’anima loro il carattere di Lui, che sono come stranieri in mezzo alla famiglia cristiana? A qual religione adunque appartengono essi? Qual Dio riconoscono essi se non vogliono saperne del Dio dei Cristiani, se rigettano Gesù. Cristo? Qual fede, quale speranza possono essi avere quaggiù? Mio Dio! Non avrei giammai creduto, che i n mozzo a questa società, che piglia il suo nome e deve riconoscere le sue grandezze intellettuali, morali e materiali da Gesù Cristo, sorgessero uomini, che pubblicamente lo ripudiassero. Preghiamo per loro e che tanto scandalo ci ispiri orrore! Gesù Cristo stabilì e promulgò la legge del Battesimo sotto pena di eterna perdizione: la Chiesa, depositaria e interprete di questa legge sovrana, ne determina il tempo e quasi seguendo le traccio della mosaica, prescrive, che i bambini siano portati al sacro fonte entro l’ottavo giorno dal dì della nascita. Legge facile, tutta ispirata al bene spirituale dei bambini e in tutto conforme ai doveri, che ci stringono innanzi a Dio. E questa legge sì giusta, sì facile, tutta intesa al bene delle anime di questi bambini, si osserva? Ah! figli e fratelli carissimi, lasciate che vi esprima tutta l’amarezza dell’anima mia. Nelle nostre città e anche in alcune delle nostre borgate più popolose, sventuratamente alcuni genitori, (e non son pochi), non rifiutano, ma differiscono il Battesimo dei loro figli un mese, parecchi mesi e perfino qualche anno. E come ciò, o carissimi? Voi non potete ignorare come il Battesimo sia necessario per modo, che senza di esso le porte de’ cieli son chiuse: voi non ignorate che una legge gravissima della Chiesa vi obbliga a procurar loro tanto bene entro l’ottavo giorno dopo il loro nascimento; perché dunque ritardare sì a lungo l’adempimento del vostro dovere? Perché calpestare una legge della Chiesa sì facile ad osservarsi e di tanta importanza? La vita di questi bambini è d’una estrema delicatezza; un lieve soffio la può estinguere; qual dolore per voi, o genitori, qual rimorso per tutta la vita, qual conto dovreste rendere a Dio, se per vostra trascuratezza il vostro bambino morisse senza Battesimo! Ne sareste inconsolabili! Appena adunque v i è possibile, prima dell’ottavo giorno, portatelo al Tempio, affinché il vostro figlio diventi figlio di Dio e col Battesimo riceva il diritto alla vita eterna. Voi dite: – Si ritarda il Battesimo per giusti motivi; si aspetta che la madre possa prender parte alla festa di famiglia; si attende il padrino; spesso vi sono altre ragioni, che obbligano a differire il rito solenne -. Tutto ciò che volete, o carissimi; ma la legge esiste, la si deve osservare e se ragioni speciali ne rendono necessaria la dispensa, la si domandi a quella Autorità, che sola la può concedere, e che, benigna com’è, la concederà, né vi sia mai chi in cosa di sì grave momento si faccia giudice di se stesso. E perché in questi casi non si provvede tosto alla sicurezza del bambino, conferendogli privatamente il Battesimo, rimettendo a miglior agio la celebrazione del rito solenne, come desiderate? La legge civile prescrive il tempo, nel quale il neonato debb’essere inscritto nei pubblici registri e nessuno di voi, o genitori, vien meno alla sua osservanza e sta bene. Perché dunque non si mostra almeno eguale rispetto alla legge della Chiesa? Forse che le leggi di questa sono da meno delle leggi civili? Porse ché gli interessi eterni dell’anima sottostanno agli interessi temporari del corpo? Voi stessi siatene giudici. E poiché qui viene a proposito, non v i spiaccia che tolga ad esaminare una difficoltà, che si oppone e che merita una risposta, tanto più che ha l’apparenza di verità. – Si dice: – Sarebbe ragionevole differire il Battesimo a quel tempo, nel quale l’uomo conosce ciò che fa e ha coscienza dei doveri, che assume. E cosa che non è conforme alla ragione e al rispetto, che devesi alla libertà umana, ascrivere ad una religione chi non la conosce, imporgli doveri gravi, che al tutto ignora e che un giorno, conosciutili, potrebbe disconoscere e rigettare. E ciò che voi fate allorché conferite il Battesimo ad un bambino. Aspettate che cresca, che conosca la Religione e i doveri, ch’essa impone e che liberamente l’abbracci, se così gli parrà. E ciò che si faceva in altri tempi nella Chiesa; è ciò che si fa con gli altri Sacramenti, che si ricevono dopo acquistato l’uso della ragione. Nessuno deve esser fatto Cristiano senza saperlo, per sorpresa, quasi per forza e tale è il bambino, che riceve il Battesimo. Breve è la risposta, ma chiara e recisa. Padri, che mi ascoltate, ditemi: Trovereste voi ragionevole e giusto aspettare che i vostri figli tocchino i dieci, o i dodici anni prima di ricordar loro i doveri, che a voi li legano? Vi parrebbe ragionevole e giusto attendere il pieno sviluppo della loro intelligenza e il pieno esercizio della loro libertà per domandar loro se accettano di riconoscervi per padri, se acconsentono a divenire vostri figli ed adempirne gli obblighi? Che dico? Dov’è lo Stato, il quale aspetti che i bambini raggiungano l’uso della ragione e acquistino la piena balìa di se stessi, prima di dichiararli suoi sudditi e di esigere l’osservanza delle sue leggi? Basta che siano nati nel suo territorio perché egli li consideri e tratti come suoi sudditi, né crede necessario domandar loro se acconsentano di divenir tali e accettare le sue leggi. Forseché i vostri figli non sono stati inscritti tra i cittadini del paese, che gli è patria, pochi giorni dopo nati e prima che potessero conoscere quali doveri imponeva loro quell’atto? E vorreste, che Dio, Padre supremo di tutti, attendesse l’assenso dei vostri figli, prima di pigliar possesso di loro col Battesimo? E vorreste che la Chiesa aspettasse che questi figli, nati nel suo seno, un giorno venissero a dirle:- Noi siamo contenti di diventare col Battesimo vostri figli? – Il diritto di Dio sopra di voi, o genitori, e sopra dei vostri figli non è forse maggiore del vostro? Non esiste prima dei figli e di voi stessi? E chi può sottrarli al diritto ch’Egli ha sopra di loro, diritto imprescrittibile, diritto pieno e assoluto? Essi, questi bambini, non conoscono il dovere che hanno, né lo possono conoscere ed adempire; ma lo conoscete voi, o genitori; e poiché i vostri bambini formano una cosa sola con voi finché, con l’acquisto dell’uso della ragione, diventano arbitri di se stessi, il dovere cade sopra di voi e voi dovete procurar loro il Battesimo come lo dovreste ricevere voi stessi se ancora non l’aveste ricevuto. Voi dovete rispondere di loro fino a quel dì, nel quale la responsabilità passando con l’uso della ragione in essi, cesserà la vostra. Ed è sì vero che voi formate con essi una sola cosa e che voi dovete rispondere di loro finché coll’uso della ragione saranno padroni di se stessi, che la Chiesa non permette di battezzare i vostri bambini senza il vostro assenso, come severamente vieta di battezzare chicchessia contro la sua volontà. È vero: i bambini ricevono il Battesimo senza conoscerlo; ma senza conoscerlo contraggono eziandio la colpa primitiva; e così se ricevono la ferita, ricevono anche la medicina, ignorando l’una e l’altra. Sommo benefìcio è il Battesimo: qual beneficio maggiore che ricevere la grazia di Dio, L’essere fatti figliuoli suoi per adozione, eredi dell’eterna felicità! E si può ritardare tanto benefìcio ai propri figliuoli? E si deve aspettare ch’essi prestino il loro assenso? E aspettereste il loro assenso se si trattasse di accettare per essi una pingue eredità, un’alta onorificenza? Se i vostri bambini fossero infermi, aspettereste voi il loro assenso per chiamare il medico e porgere loro la medicina? Se la loro vita corresse pericolo, aspettereste voi il loro assenso per salvarli? Perché dunque non si tiene la stessa regola allorché si tratta della vita dell’anima? Dov’è l’uomo che rifiuti un grande favore ? L’assenso è sempre e necessariamente supposto: la volontà dei vostri figli ancor bambini, o genitori, è la vostra e quali obblighi essa abbia in faccia a Dio, non lo potete ignorare. Lo sappiamo: ne’ tempi antichi, nei primi secoli il Battesimo si differiva in età più adulta; ma vi erano motivi e ben gravi: non si volevano esporre incautamente fanciulli al furore della persecuzione: si volevano preparare a quelle terribili prove. Cessati i pericoli delle persecuzioni, la Chiesa riprovò 1′ abuso di differire il Battesimo ai figli di genitori Cristiani: ed oggidì noi vorremmo rinnovare quell’abuso? Non sia dunque che nelle nostre città e borgate si vedano bambini di parecchi mesi e talvolta di qualche anno non ancora battezzati, per conseguenza privi della grazia di Dio, in balìa del peccato ed in pericolo di morire fuori della Chiesa. La digressione è stata alquanto lunga, ma non inutile: ritorniamo al nostro argomento. – Presso gli Ebrei, nell’atto in cui il bambino veniva circonciso riceveva altresì il nome: similmente presso di noi, nell’atto in cui è battezzato, gli viene anche imposto il nome ed a ragione. Per la Circoncisione il bambino diventava membro della società mosaica, e pel Battesimo diventa membro della Società Cristiana; è dunque giusto che in quell’atto, nel quale viene ascritto nella nuova società, riceva anche il nome, col quale possa essere riconosciuto e scritto nel numero de’ suoi membri. Al Figlio di Maria e di Dio, dice il Vangelo, fu posto nome Gesù – Et vocatum est nomen eius Jesus -. Gesù! nome adorabile e glorioso, che un giorno risuonerà su tutte le lingue, in tutti gli angoli più remoti della terra. Che cosa è il nome? E una parola, che indica e designa una persona, che gli uomini s’accordano di darle e che talvolta è la espressione e lo specchio più o meno fedele delle sue doti fisiche e morali. Il nome d’una persona, perché sia veramente il suo nome, dovrebbe essere la cornice, che racchiude il quadro, la corolla che contiene il fiore; dovrebbe essere il compendio delle qualità, onde va adorno chi lo porta. Ciò raramente avviene tra noi, ma perfettamente avvenne nel Salvatore. Né poteva essere altrimenti, perché quel nome non veniva dagli uomini, ma da Dio stesso ed esprimeva a meraviglia il carattere personale, la dignità e la missione di Lui. Gesù, in nostra lingua, significa Salvatore: Salvatore senza restrizione di sorta, senza limite di tempo, di luoghi, di popoli: Salvatore universale, perenne. “Vero è che prima di Lui questo nome augusto fu dato ad uomini; ma ad essi non conveniva (e non sempre) che in parte e sovente sembrava una ironia amara: erano uomini che lo imponevano! Qui il nome di Gesù o Salvatore, è dato da Dio ed esprime fedelmente ciò ch’esso suona: Salvatore degli uomini, di tutti gli uomini, quanto all’anima e quanto al corpo, solo, unico Salvatore, perché nella grande opera che compie, non ha bisogno d’altri, e tutta sua ne è la gloria. Meritamente i Libri Santi dicono, che non v’è sotto del cielo altro nome, nel quale si possa avere salute e che al suono di questo nome santo si piega ogni ginocchio in cielo, in terra e giù nell’abisso. Parrebbe dunque impossibile che tanto nome possa essere profanato e bestemmiato da chi lo conosce, crede in Lui e ne ha ricevuto il beneficio della salvezza. E così, o carissimi? Rispondete Ohimè! Quante volte questo nome benedetto per le vie, per le piazze, per le case, in privato ed in pubblico è orribilmente insultato e bestemmiato! Insultare e bestemmiare il nome di Colui, che non solo non ci fatto, né può farci la più lieve offesa, ma ci ha colmato di benefici, che è il nostro Salvatore, l’unica nostra speranza! Non sia mai, o dilettissimi, che sulla vostra lingua risuoni la parola della bestemmia e nemmeno della irriverenza contro questo nome santissimo! A Lui sia sempre, in cielo, in terra, in ogni luogo, lode, onore e gloria! – Lo dissi sopra: come gli Ebrei nell’atto della Circoncisione, cosi noi Cristiani tutti nell’atto del Battesimo diamo il nome ai nostri bambini. E qui, o carissimi, non vi è osservazione utile a fare? Si, v’è e voi non muoverete lamento se la dirò con tutta franchezza. – La Chiesa raccomanda e quasi prescrive che ai bambini nel Battesimo si impongano nomi sacri, i nomi di qualcuno degli innumerevoli eroi, onde Essa va meritamente altera. Quel nome del santo deve ricordare per tutta la vita il modello da imitare, l’avvocato e protettore, al quale ricorrere. Quel nome, che portano, è un richiamo continuo alla fede, è un eccitamento alla virtù, è una parola, che compendia in sé le gesta d’un Apostolo, d’un martire, d’un santo è uno sprone potente ad imitarne la vita, è un rimprovero efficace se con la loro condotta lo disonorano. Il Cristianesimo ha trionfato del paganesimo e la grandezza e la gloria di quello sotto qualsivoglia rispetto trascendono al tutto la grandezza e la gloria di questo. Perché dunque disseppellire nomi prettamente pagani e talvolta nomi di famosi colpevoli, di grandi scellerati ed imporli a vostri figli? Non è questa brutta e inesplicabile contraddizione? Noi, Cristiani, mendicare i nomi dei nostri figli presso i gentili o presso i romanzieri, forse al disotto dei gentili! I nomi di Pietro, di Paolo, di Giovanni, di Tommaso, di Luigi, di Francesco, di Agnese, di Agata, di Cecilia, di Caterina e di cento e cento altri eroi ed eroine della Chiesa cattolica non vi presentano ideali stupendi di fortezza, di virtù senza macchia, di scienza, di grandezza morale? Questa simpatia pei nomi pagani o quasi pagani o romantici, che largamente si manifesta in mezzo a noi, pur troppo è argomento di un’altra simpatia, la simpatia delle idee e delle opere pagane e romantiche, che fermentano in seno alla nostra società cristiana. Siamo Cristiani e i nomi dei nostri figli e nipoti siano pur essi una professione della nostra fede e un ricordo delle virtù, delle quali deve essere ricca e bella la nostra vita! – (Un indizio del ritorno al paganesimo in una parte della società nostra è questo ritorno ai nomi pagani. Fa pena leggere scritto sui fianchi delle locomotive Plutone, Pallade, Mercurio, Saturno, Minerva, Cerere, Astrea e via tutti i nomi degli Dei pagani, e maggior pena fa l’udire i nomi di Cibele, di Adone, di Milziade, di Temistocle, di Vetturia ai figli ed alle figlie. I nomi cristiani non sono belli abbastanza!)
Offertorium
Orémus
Ps LXXXVIII: 12; 15
Tui sunt cœli et tua est terra: orbem terrárum et plenitúdinem ejus tu fundásti: justítia et judícium præparátio sedis tuæ. Tuoi sono i cieli e tua è la terra: Tu hai fondato il mondo e quanto vi si contiene: la giustizia e l’equità sono le basi del tuo trono.
Secreta
Munéribus nostris, quǽsumus, Dómine, precibúsque suscéptis: et coeléstibus nos munda mystériis, et cleménter exáudi. Ti preghiamo, o Signore, affinché gradite queste nostre offerte e preghiere, Ti degni di mondarci con questi celesti misteri e pietosamente di esaudirci.
Communio
Ps XCVII: 3
Vidérunt omnes fines terræ salutáre Dei nostri.
Tutti i confini della terra videro la salvezza del nostro Dio.
Postcommunio
Orémus.
Hæc nos commúnio, Dómine, purget a crímine: et, intercedénte beáta Vírgine Dei Genetríce María, cæléstis remédii fáciat esse consórtes. [Questa comunione, o Signore, ci purífichi dal peccato e, per intercessione della beata Vergine Maria Madre di Dio, ci faccia partecipi del celeste rimedio.]
Initium ✠︎ sancti Evangélii secúndum Joánnem.
Joann. 1, 1-14.
Junctis manibus prosequitur:
In princípio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Hoc erat in princípio apud Deum. Omnia per ipsum facta sunt: et sine ipso factum est nihil, quod factum est: in ipso vita erat, et vita erat lux hóminum: et lux in ténebris lucet, et ténebræ eam non comprehendérunt. Fuit homo missus a Deo, cui nomen erat Joánnes. Hic venit in testimónium, ut testimónium perhibéret de lúmine, ut omnes créderent per illum. Non erat ille lux, sed ut testimónium perhibéret de lúmine.
Erat lux vera, quæ illúminat omnem hóminem veniéntem in hunc mundum. In mundo erat, et mundus per ipsum factus est, et mundus eum non cognóvit. In própria venit, et sui eum non recepérunt. Quotquot autem recepérunt eum, dedit eis potestátem fílios Dei fíeri, his, qui credunt in nómine ejus: qui non ex sanguínibus, neque ex voluntáte carnis, neque ex voluntáte viri, sed ex Deo nati sunt. Genuflectit dicens: Et Verbum caro factum est, Et surgens prosequitur: et habitávit in nobis: et vídimus glóriam ejus, glóriam quasi Unigéniti a Patre, plenum grátiæ et veritatis.
R. Deo gratias.
Oratio Leonis XIII
S. Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus et benedictus fructus ventris tui, Jesus.
O. Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen.
S. Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus et benedictus fructus ventris tui, Jesus.
O. Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen.
S. Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus et benedictus fructus ventris tui, Jesus.
O. Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen.
O. Salve Regina, Mater misericordiae, vita, dulcedo, et spes nostra, salve. Ad te clamamus, exsules filii Evae. Ad te suspiramus gementes et flentes in hac lacrymarum valle. Eia ergo, Advocata nostra, illos tuos misericordes oculos ad nos converte. Et Jesum, benedictum fructum ventris tui, nobis, post hoc exilium, ostende. O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria.
S. Ora pro nobis, sancta Dei Genitrix.
O. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.
S. Orémus. Deus, refúgium nostrum et virtus, populum ad te clamantem propitius respice; et intercedente gloriosa, et immaculata Virgine Dei Genitrice Maria, cum beato Joseph, ejus Sponso, ac beatis Apostolis tuis Petro et Paulo, et omnibus Sanctis, quas pro conversione peccatorum, pro libertate et exaltatione sanctae Matris Ecclesiae, preces effundimus, misericors et benignus exaudi. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen.