Anche quest’anno iniziamo con il meditare un corso di esercizi che S. S. Gregorio XVII [già Cardinal G. Siri] proponeva a suo tempo a giovani operatori pastorali. Abbiamo tutti da apprendere dalle parole di S. S., il cui Magistero fu impedito dalle forze del male insediate fin sul soglio di Pietro con una serie di impostori, veri Simon Mago, al posto di Simon Pietro. Che le sue parole siano per noi “piccolo gregge”, in questo nuovo anno, uno stimolo di crescita spirituale fattivo, di desiderio ardente del Regno dei Cieli, in attesa della venuta del Nostro Signore Gesù Cristo.
S. S. GREGORIO XVII:
IL MAGISTERO IMPEDITO
2° corso di ESERCIZI SPIRITUALI
Nostra conversatio in cœlis est
[G. SIRI: Esercizi spirituali, Ed. Pro Civitate Christiana, Assisi, 1962] –
– 1. Nostra conversatio in cœlis est
Il tema dei nostri Esercizi Spirituali è questo: « Nostra conversatio in cœlis est » (FILIPP. III, 20).
E cioè il nostro trattenimento, il nostro ambiente, la nostra vita, la nostra mentalità sta nel cielo. Ma non basta fare una traduzione alquanto libera come è quella che ho fatto io: bisogna dare una certa giustificazione dell’argomento. In sostanza, quando si dice « Nostra conversatio in cœlis est » che cosa s’intende? Che mentre coi piedi si sta in terra, con la mente e col cuore si sta già in cielo. È tutto qui. – Ora con questi Esercizi io voglio dire a me stesso e a voi: Prendiamo il coraggio a due mani, non stiamo alle mezze misure, in cielo andiamoci ora. E la vita pensiamola, misuriamola, conduciamola, coloriamola come tutte queste cose possono essere fatte di là. Portiamo e spostiamo questa nostra esistenza coraggiosamente e risolutamente là. Non crediate che vivere con l’anima in cielo sia cosa impossibile. Naturalmente andrà fatta “humano modo”, ma non è impossibile. Anzi, è l’unica cosa che veramente risponde all’appello del Signore: « Dove sono io, voglio che siate anche voi ». Dove sono io. Si tratta forse di una delle parole più impegnative e più forti che Nostro Signore abbia mai dette. Non si tratta di una cosa impossibile, si tratta semplicemente di una cosa decisa. Tenere il piede in due staffe non si può. Stare tutto dalla parte di Dio, stare tutto e soltanto dalla parte delle cose soprannaturali, stare tutto e soltanto dalla parte della fede, dello spirito di fede, significa avere la testa in cielo. Sarete voi in grado di misurare il livello di possibilità di tutto ciò? Ma di una cosa siate e certi e sicuri: che si tratta nient’altro che di un atto decisivo, da Cristiani. Non sono venuto a parlarvi di doni carismatici, non sono venuto a dirvi che dovete divenire delle Sante Terese o dei San Giovanni della Croce. Sono venuto a dirvi quello che tutti i Cristiani possono fare e debbono fare. Perché noi che siamo del clero o apparteniamo a pie associazioni, potremmo avere l’impressione di essere diversi dai buoni Cristiani. Ma badate che quando avremo fatto tutto quello che possiamo immaginare o pensare, noi saremo soltanto dei buoni Cristiani e niente di più. – Perché ho scelto questa linea? Non penserete che sia per non ripetere le cose che ho già detto altre volte. No, non mi guida la preoccupazione dell’originalità. Ma chiedendo a me stesso di che cosa avessi bisogno, ho dovuto rispondermi questo: che arrivato ormai alquanto al di là del “mezzo del cammin di nostra vita”, in cielo è bene che ci vada già mentre sono qui, tanto per assicurare le cose, senza aspettare che venga sirocchia morte a prendermi. Perché, se mai, dirò come il Giusti: « Quando arriverà lei, me ne andrò io ». E ho pensato che era meglio che la mia vita la portassi lassù, anche perché sono profondamente convinto che quello sia l’unico modo per essere veramente concreti, pratici e concludenti nella vita terrena. – Conversatio nostra in cœlis est. Questo il motivo adeguato a me. Ora espongo i motivi per cui tale linea può adeguarsi a voi. Non che il motivo che va bene per me non possa andar bene per voi. Ditemi: lo sapete se siete giunti o no a “mezzo del cammin di vostra vita”, anche voi più giovani? Non sapete un bel nulla. Potreste essere a un quinto, potreste essere alla vostra ventitreesima ora. E tutti possiamo essere alla ventitreesima ora. Quindi la ragione che va bene per me va bene anche per voi. Ma vi sono ragioni universali che forse non è male ricordare qui. – La prima: in questo mondo tutto va male. Non nel senso che non vi sia del bene; ce n’è moltissimo, ma nel senso che le grandi linee di questo mondo indicano uno scivolare. Non so se abbiate presente il messaggio natalizio del 1956 di Pio XII. – Il succo di quel messaggio che il mondo non ha capito del tutto, e se ne pentirà, è questo: Badate, o uomini, voi vi siete costruiti la macchina, avete studiato non per diventare migliori voi, ma per farvi delle macchine; ci siete riusciti e la macchina è già la vostra padrona. Ci sono delle frasi in quel messaggio che alludono a qualche cosa di più, che credo di poter tradurre così, sperando di non alterare il pensiero del grande Pontefice: Della macchina voi vi siete fatti il criterio e il modello della vostra vita; ormai la vostra vita la conducete, la dosate, la sistemate, la metodicizzate, la coartate, la irrigidite come si dispongono, si irrigidiscono, si coartano le macchine. Le costituzioni degli Stati hanno un’unica tentazione: di diventare il disegno di una macchina. Il marxismo è nient’altro che il grande disegno di una macchina, i cui pezzi di montaggio sono gli uomini. Gli uomini non godono più della natura, ed è inutile che si facciano venire le lacrimette a sentire il Cantico delle Creature. Il sole non lo vedono neppure. Le stelle. Oh, hanno persino rubato il nome alle stelle! È su linee sbagliate il mondo. Certamente sotto ci sono tante cose buone, perché il disegno di Dio non si tradisce mai, perché la potenzialità che Dio ha messo nei cuori degli uomini non si inaridisce mai. E poi c’è la grazia di Dio, c’è la vita sotterranea della Chiesa, ma quello che è il « mondo-mondo », quello del quale N. S. Gesù Cristo ha detto: « totus in maligno positus est », quello scivola male. La seconda: tutto quello che il « mondo-mondo » fa, prende la modulazione del canto di una sirena, e c’inghiotte. Io dovrei invitarvi a riconoscere probabilmente nella vostra, nella nostra vita, delle tristezze, delle incertezze, dei dubbi, che sono nient’altro che l’aver accolto la stimolazione, la suggestione, lo spavento che incute questo mondo-mondo stolto. Notate che dico mondo-mondo quasi a riecheggiare la frase scolastica « reduplicative », e quando dico mondo-mondo, sia inteso una volta per sempre, mi riferisco a quello del quale parla N. S. Gesù Cristo, cioè l’insieme dei peccati e tutto ciò che precede, stimola e consegue al peccato. Questo è il mondo, e noi siamo tutti nel pericolo di ricevere per osmosi tutto quello che di venefico ha il mondo. Allora è come se si dicesse: Non ci accorgiamo noi che stiamo in una cantina? Sì, un po’ di luce viene perché ci sono delle feritoie, però avvertiamo che vi sono delle esalazioni venefiche, c’ è una conduttura di metano che perde, qui non ci si sta bene, a lungo andare ci si intossica. Se uno accende un fiammifero, si salta all’aria tutti. – E con questo discorso che si conclude? E volete continuare a stare in cantina? Prendiamo la scala e andiamo al piano di sopra: nostra conversatio in cœlis est. Ecco perché propongo a voi di ragionare in quest’ordine. Dobbiamo arrivare a piazzarci lassù. Come si fa? Che cosa guadagneremo? Attenti, questo, tradotto in linguaggio povero, è: Prendiamo la scala, facciamo presto, andiamocene al piano di sopra. Qui sotto non ci si sta bene. Saliamo: nostra conversatio in cœlis. Nei momenti in cui nella storia della Chiesa, ci è stata questa intuizione profonda, come di un’alluvione che sommergesse le cose, moralmente parlando, a che cosa abbiamo assistito? A questo movimento: prendere la scala e andare al piano di sopra. Sempre! – Secolo III – Quando la infiltrazione dei culti orfici e misteriosofici dell’Asia aveva portato all’ultima decantazione oscena il culto degli dei nell’area greca e soprattutto in Egitto, davanti a questa alluvione di miseria infernale, uomini a torme immense sono fuggiti e sono andati a contemplare il cielo nel deserto. E così sono nate le laure: il deserto della Tebaide accolse fino a 3000 monaci. – Quando caduto l’Impero parve oscurarsi il mondo, e tutto stemperare i propri colori nell’acquosità ormai oscura del crepuscolo, allora esplose il fatto del monachismo nella Chiesa. E il mondo fu per secoli, di fatto, retto da monaci. Era la Chiesa, certo, ma il più grande strumento che ebbe la Chiesa, allora, furono i monaci. La vera prima capitale d’Europa, dal punto di vista politico, si chiama Cluny. Gli uomini un’altra volta presero la scala e andarono al piano di sopra. Questa è una interpretazione di tutta la grande epoca, anzi epopea monastica. E noi ora, che cosa stiamo a fare? – Ho veduto oggi una cosa che mi ha divertito immensamente. Passavo in treno accanto alla stazione di Arezzo e ho indovinato che al di là della stazione doveva esserci un campo da gioco, piuttosto miseretto. Non lo vedevo: indovinavo le ultime scalee. E questo era spettacolo comune. Ma l’altro spettacolo era questo: accanto c’era un viale, con alberi mezzo stecchiti dal fumo della stazione, miseri, spogli di foglie, ed erano tutti addobbati di uomini saliti lassù per guardare la partita. Da quanto tempo quegli uomini erano lassù? Quanto vi sarebbero rimasti? Io li guardavo, e poi pensavo che poco più in alto c’era un pinnacolo ardito, quello della cattedrale di Arezzo, e mi chiedevo se mai a quell’ora ci fosse una folla a cantare il Vespro. Probabilmente no. – Che cosa stiamo a fare? Tutte le cose così, ridotte a un circo, all’imitazione dei clown. Tutte le cose così, appese a degli alberi spogli, nel freddo già invernale, nel pizzicore del vento gelido che scendeva dalle vette nevose di Pratomagno, del Casentino, del Monte Falterona laggiù in fondo. Bisogna prendere la scala e andare al piano di sopra: nostra conversatio in cœlis est. Allora la vita è un’ altra cosa, e può essere anche una cosa piacevole, meravigliosa, non dimenticando mai che può essere bella e meravigliosa anche quando è al colmo della sofferenza. Gesù Cristo in croce fu, come uomo, al colmo della sofferenza e al colmo del gaudio, perché aveva la visione beatifica: uno dei grandi misteri dell’Incarnazione. Ma la stessa cosa, fatte le dovute proporzioni, può accadere anche a noi. È una bella cosa vivere in terra, ma di lassù si ha una prospettiva diversa. – Che cosa è la tristezza? È quella cosa che documenta agli uomini che la loro conversatio non è in cœlis. La noia: è la stessa cosa. I dubbi, le incertezze, il fastidio, la stanchezza morale sono gli elementi che nel pellegrinare terreno documentano agli uomini, perché lo capiscano, che la loro conversatio non è in cœlis. – I santi Angeli, quelli che la vostra mente trova allorché pensa lassù, in cielo, accompagnino il vostro primo sonno di questi SS. Esercizi e vi facciano intendere qualche cosa delle celesti melodie, perché possiate sapere che è dato a noi, vivendo quaggiù, di stare già lassù, con vantaggio infinito del merito nostro e dei nostri fratelli. Lo immaginate come sono gli occhi di un uomo la cui conversazione è in cielo? Qual è la serenità, la letizia, anche nella prova e nei giorni bui, di una creatura la cui conversazione è in cielo? Forse e senza forse ne conoscerete. Che cosa irradiano intorno a sé queste creature? Dove passano, avvengono cose di cui non si accorgono, ma avvengono. Che cosa sarà il vostro apostolato domani, se conversatio vestra in cœlis erit? È bello pensarlo, ma abbiamo cinque giorni per volerlo.