SAN GIOVANNI EVANGELISTA
L’APOSTOLO PREDILETTO
[G. COLOMBO: Pensieri sui Vangeli; Soc. Ed. “Vita e Pensiero” – Milano, 1939]
Nelle domeniche antecedenti il santo Natale, ci siamo messi alla scuola di S. Giovanni Battista, poiché nessuno meglio di lui poteva insegnarci ad aspettare il Signore. Ora che Gesù è venuto, ci mettiamo alla scuola di S. Giovanni Evangelista, poiché nessuno meglio di lui può insegnarci a seguirlo con ardore fedele.
Di S. Giovanni Evangelista dobbiamo farci un’idea molto diversa da quella che ci vollero dare gli artisti. Essi lo rappresentano con il viso gracile e pallido circondato da un’abbondante e soffice capigliatura, con nello sguardo e nell’atteggiamento un che di languido, di abbandonato, di femmineo. Invece egli era un temperamento impetuoso, pronto ad ogni magnanimo ardimento, generoso nel donarsi a un ideale e terribile nel difenderlo. Quando Gesù lo vedeva venire insieme al fratello Giacomo, diceva non senza segreta compiacenza: «Arrivano i figli del tuono » (Mc, III, 17).
Forse perché fu il confidente delle tenerezze virginali del Cuore di Gesù, ci si è fatta di lui una raffigurazione quasi dolciastra. Ma l’amor di Dio è qualcosa di robusto e tremendo come il fuoco che brucia ogni impurità, come la morte che separa da ogni vanità. Quanto fosse veemente e virile l’amore di S. Giovanni Evangelista, apparirà chiaramente considerando i due aspetti più evidenti della sua santità: Apostolo e prediletto di Gesù.
1. APOSTOLO
Giovanni e suo fratello Giacomo aiutavano nel mestiere della pesca il loro padre Zebedeo. Questi doveva godere d’un’agiatezza discreta, perché aveva una barca sua sul lago di Genezareth e teneva gente a giornata (Mc., I, 20). Nei momenti di maggior lavoro si associava anche gli uomini di una famiglia vicina di cui il capo si chiamava Giona, e i suoi due figli Simone (che diverrà S. Pietro) e Andrea ( Lc., V, 10). Dio che crea ad uno ad uno i cuori secondo un suo misterioso disegno, bisogna ammettere che abbia formato quello di Giovanni per le cose grandi e belle. Quando nella sinagoga, o anche in famiglia nelle soste del lavoro, udiva raccontare le profezie che annunciavano il Messia come il liberatore del popolo, come il fondatore di un impero splendido e potente per la nazione d’Israele, il suo cuore doveva sobbalzare nella speranza che gli toccasse di vivere in quei giorni avventurosi, poiché gli bastava l’animo di consacrarsi a Lui per la vita e per la morte. Cresceva così con l’animo in ascolto verso un appello che non si udiva ancora.
Il suo sogno s’avverò, attuandosi attraverso tre momenti che potremmo indicare così: il tirocinio con Giovanni Battista, la chiamata di Gesù, la comprensione della divina chiamata.
a) Con Giovanni Battista. Appena sulla riva del Giordano risuonò la parola del Battista, egli insieme ad Andrea il compagno di lavoro, accorse nella certezza d’essere tra i primi ad arruolarsi per l’avvento del regno di Dio. Si fece battezzare, e volle essere suo discepolo. Ma il profeta del deserto badava a dissipare qualunque illusione sul suo conto. «Non sono io il Cristo: ve l’ho già detto. Io non sono che l’araldo che lo precede sulla via. Bisogna che io scompaia e che Egli si avanzi » (Giov., III, 30).
Il figlio di Zebedeo cominciò a rivolgere i desideri verso quel Grande che stava per giungere, a cui il Suo Maestro si professava indegno perfino di legare i calzari. Ed ecco un giorno verso il tramonto, egli e Andrea, essi due soli, stavano col Battista; e questi vedendo Gesù passare l’additò a loro: «Ecco l’Agnello di Dio! ». Non poterono più resistere; abbandonarono il Precursore, e gli andarono dietro conservando qualche passo di distanza. Ma Gesù s’accorse d’essere seguito, e volgendosi si trovò di fronte a quei due: « Che cosa volete? ». Avrebbero voluto dirgli che volevano stare con Lui, divenire suoi discepoli per sempre, ma si credevano troppo rozzi e indegni per sperare tanto. S’accontentarono di rispondergli: «Maestro, dove stai di casa?». «Venite e vedrete ». E quella sera e tutta la notte furono ospiti nella casa di Gesù, mangiarono alla sua mensa, dormirono sotto il suo tetto. Che cosa avrà provato Giovanni, il puro, in quella dolcissima intimità? Non l’ha scritto nel suo Vangelo.
b) La chiamata di Gesù. Sappiamo però che un giorno lo vide venire, camminando sulla riva del lago, mentre con suo fratello Giacomo sulla barca metteva a posto le reti. E Gesù chiamò proprio loro due: « Se venite con me, vi farò pescatori d’uomini ». Giovanni abbandonò le reti e la barca e i pesci, lasciò suo padre che s’affannava con gli uomini a giornata. Non vide che Gesù, non udì che la sua voce, e gli andò dietro (Mc., I, 19-20). Era Apostolo.
c) La comprensione della divina chiamata. Ma sapeva bene che cosa significasse diventare apostolo di Gesù? non ancora. Il Maestro divino glielo insegnò a poco a poco, perché non era una cosa facile da capire per gli uomini, anche per gli uomini generosi e puri come Giovanni. Da pochi mesi seguiva Gesù, quando venne a morire la figlia dodicenne di Giairo il capo della sinagoga di Cafarnao. Gesù si staccò dalla folla e prese con sé Giovanni, Giacomo e Pietro, questi tre soltanto, ed entrò nella stanza della morta. Fuori echeggiavano i pianti e le grida di lutto, ma la giovinetta non era più morta. S’era alzata, camminava, mangiava sotto gli occhi di suo padre (Mc., V, 37-43). Giovanni vide e comprese che il Regno di Dio non doveva essere una potenza di forza e di ricchezza materiale, ma una resurrezione a nuova vita, una consolazione, una grazia divina per la salvezza di ognuno che crede. – Un altro giorno, avendo saputo che alcuni, non della famiglia apostolica, esorcizzavano gli ossessi nel nome di Gesù, si adombrò come d’un furto fatto al diritto degli Apostoli e all’onore di Dio. « Maestro — disse a Gesù — io gliel’ho proibito! ». Ma Gesù gli rispose: « Un’altra volta guardati bene dal farlo: colui che non è contro di voi, è con voi » ( Lc., IX, 49-50). Giovanni comprese allora che l’Apostolo deve dimenticare la propria persona, soffocare ogni suscettibilità. Purché il bene si faccia, purché il Regno, di Dio si diffonda! Un fatto ancora. S’avvicinava per Gesù il tempo di patire e morire, ed egli si mostrò risoluto di andare a Gerusalemme. Ma bisognava attraversare la Samaria, terra ostile ai Giudei, ed una città negò a loro il passaggio. Allora Giovanni, a cui fece eco il fratello, esclamò: «Signore, bisogna far piovere dal cielo un fuoco che li divori ». Gesù si rivolse a lui e al fratello con la faccia oscura: « Non sapete di che spirito siete, voi due! Il Figlio dell’uomo non è venuto a perdere gli uomini ma a salvarli » ( Lc., IX, 55-56). Giovanni allora comprese che non la violenza, né il ferro, né il fuoco avrebbero conquistato il mondo, ma l’amore.
Ed infine fu la volta di Salomè, la madre dei due figli di Zebedeo. Questa generosa donna che sull’esempio dei figli s’era messa alla sequela di Gesù, un giorno si presentò con Giovanni e Giacomo al Maestro per chiedergli qualche cosa. « Che volete? ». « Procura che i miei due figli siano i primi nel tuo regno, l’uno a destra e l’altro a sinistra ». « Voi non sapete — le rispose Gesù — quello che chiedete. Potete bere il calice che berrò? Potete battezzarvi nel battesimo in cui mi battezzerò? ». Tre voci dissero: « Sì! lo possiamo ». « Ebbene avrete il mio calice e il mio battesimo. Quanto poi ai primi posti nel mio regno spetta al Padre mio designarli » (Matth., XX, 20-23). Giovanni comprese che amare Dio, servire gli uomini, dimenticarsi, erano cose sublimi; ma che l’Apostolo deve fare ancora di più: sacrificarsi. E lo farà.
2. PREDILETTO
Giovanni sapeva di essere con più tenerezza amato, e nel suo Vangelo allude a se stesso con queste parole : « Quel discepolo che Gesù amava… » (Giov., XIII, 23). Per quali motivi fu il prediletto? Perché era vergine; perché intuiva i misteri del divino amore; perché riamava con una gagliarda e tenacia infrangibile.
a) Prediletto perché era vergine.
È detto nella Sacra Scrittura che « chi ama la mondezza del cuore avrà per amico il Re » (Prov., XXII, 11). Ed ecco avverata questa divina parola in S. Giovanni.
b) Prediletto perché intuiva i misteri del divino amore.
Per capire le cose di Dio, purissimo spirito, occorre non tanto l’intelligenza e lo studio quanto la purezza. « Beati i mondi di cuori perché vedranno Dio! ». Anche questa parola si è avverata in S. Giovanni: sul lago vide per primo e riconobbe Gesù quando nessuno ancora l’aveva riconosciuto (Giov., XXI, 7). San Giovanni è l’apostolo dell’Eucaristia. Non solo perché insieme a S. Pietro fu mandato a preparare il cenacolo ( Lc., XXII, 8), ma perché più profondamente degli altri capì l’amore di Gesù che restava nostro cibo. Il discorso di Cafarnao in cui Gesù promise l’Eucaristia, e i discorsi dell’ultima cena come sono riferiti nel suo Vangelo, ce lo testimoniano. – S. Giovanni è l’apostolo del Sacro Cuore. Nei momenti della gioia o del dolore, Giovanni era vicino al Cuore di Gesù: sul Tabor e nel Getsemani. Giovanni ha posato il capo sul Cuore divino nell’ora più intensa della sua vita mortale, ha udito quei palpiti, li ha compresi. Giovanni, unico tra gli apostoli, vide il Cuore di Gesù nell’atto che la lancia del soldato lo squarciava, facendone sgorgare acqua e sangue (Giov., XIX, 34). S. Giovanni è l’Apostolo della Madonna. Quando Gesù fu sul punto di spirare, aveva un gran tesoro e voleva metterlo in mano di chi fosse capace di riceverlo, di custodirlo, di comprenderlo. Perciò dall’alto della croce disse a Giovanni: « Ecco la tua Madre ». Solo Giovanni poteva accogliere e intendere la Madonna nelle sue divine altezze. Maria aveva reso visibile ai nostri occhi il Verbo rivestendolo d’umana natura nel suo seno virgineo; Giovanni lo rese intelligibile ai nostri spiriti rivestendolo con le sue parole ispirate e sgorgate dal suo virgineo cuore.
c) Prediletto perché riamava con forza e tenacia infrangibile.
Quando tutti gli altri fuggirono, ed anche Pietro fuggì, a S. Giovanni non venne meno l’amore e seguì Gesù fin sotto la croce. Che cosa non dovette soffrire nel suo cuore per quelle tre ore lunghissime d’agonia, con sempre davanti le pupille Gesù nudo e insanguinato? Si ricordò allora del calice che aveva detto di poter bere. Quello era il momento.
Passò molto tempo: era circa l’anno 92, il sedici marzo. Fuori di porta Latina, a Roma, in cospetto dei monti Albani, Giovanni fu giudicato e condannato a morte in nome dell’imperatore Domiziano, che egli ricusava di riconoscere Dio. Gli vennero tagliati i capelli e poi fu immerso lentamente in una caldaia d’olio bollente. Dovette ricordarsi allora del battesimo in cui affermò di voler essere battezzato. Ma non vi trovò la morte. Uscì immune per miracolo divino, come da un bagno nell’acqua di rose. E forse questa inattesa salvezza fu il suo martirio più crudele. Essere risospinto nell’esilio quando già allargava le braccia all’amplesso dell’Amore Eterno! Fu trascinato in un’isola rocciosa e deserta: l’isola di Patmos.
« O figliuoli miei — scriveva — non dobbiamo amare con le chiacchiere e con la lingua, ma coi fatti e con la verità… L’amore di Dio fu conosciuto dal fatto che Egli diede la vita per noi: del pari, noi dobbiamo far conoscere il nostro amore dando la vita per i nostri fratelli (I Giov., III, 18-19).
L’ultima parola che scrisse è come un grido d’aquila ferita dal dardo dell’amore: Veni Domine! E il Signore venne e lo portò con se nella santa città, l’eterna Gerusalemme, dove noi lo vediamo con la fiera testa curvata sul Cuore dell’Unigenito del Padre Celeste.
CONCLUSIONE
Giovanni, già vecchio, vide in mezzo alla folla d’una città asiana un giovane dalla pupilla ardente, dall’aspetto bello, e dall’anima ancora più bella del volto. Lo prese in disparte, gli disse parole che lo toccarono al cuore; poi dovendo ritornare ad Efeso, lo affidò al Vescovo di quella città dicendo: « Ve lo affido davanti alla Chiesa e davanti a Cristo. Ritornerò a prenderlo ». Il Vescovo accolse quel giovane nella propria casa, lo istruì, lo battezzò. Ma poi che fu segnato col sigillo dello Spirito Santo, cominciò a frequentare compagni oziosi, sfrontati e di licenziosi costumi. A grandi tappe percorse la via del male: dapprima feste con donne, poi ladro di notte, infine anche delitti di sangue. E nell’abisso spalancatosi nella coscienza buttò dentro la fede ed ogni ricordo di grazia e di bontà. – Ed ecco, S. Giovanni ritornò. « O Vescovo, rendimi il mio deposito che t’avevo affidato in cospetto di Cristo e della Chiesa ».
Il vescovo impallidì, abbassò gli occhi, e le labbra gli tremarono. « E’ morto ». « E’ morto?! ma di qual morte? ». « E’ morto a Dio e alla Grazia: lussurioso e violento vive sulle montagne assaltando i pellegrini ».
Giovanni si fece dare un cavallo, e vecchio com’era saltò in groppa, e spronò via. Incappò in una banda di ladri. « Vi supplico — disse loro — di condurmi dal vostro capo: debbo parlargli ». Ma il loro capo, quando riconobbe colui che lo chiamava, preso da una gran vergogna, fuggì disperatamente. E il santo ansimante sul cavallo lo rincorreva e gli lanciava questi gridi: « Fermati! sono io, il tuo vecchio padre. C’è speranza ancora. Darò la mia anima per la tua. Cristo mi manda. Fermati, che mi spezzi le ossa! Fermati che mi scoppia il cuore! » E l’altro si fermò, non sapendo più resistere. Era bianco come la morte. S. Giovanni allora discese da cavallo si buttò a quei piedi ribelli. Pregava, incoraggiava, accarezzava… Il capo dei ladri si mise le mani sugli occhi e scoppiò a piangere. Le lacrime lavavano la rapina e il sangue da quelle dita. Era salvo, era vivo. Vivo in Cristo e nella Grazia, vivo della vita vera. Questo fatto (che è in EUSEBIO, Hist. eccl., lib. III, cap. 23, quasi con le stesse parole con cui l’ho qui trascritto) è come una profezia. S. Giovanni col suo Vangelo, con la sua predicazione aveva convertito a Cristo gli uomini, poi li affidò ai vescovi e ai preti e salì al Cielo.
Ma gli uomini ora sono ritornati troppo cattivi: l’immoralità, la violenza, la brutalità sanguinaria hanno operato il pervertimento. Ritorni S. Giovanni! Insegni ancora le sue tre devozioni: l’Eucaristia, il Sacro Cuore, la Madonna. Il mondo sarà salvo un’altra volta.