IL TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO
Mons. J. J. Gaume:
[vers. Ital. A. Carraresi, vol. I, Tip. Ed. Ciardi, Firenze, 1887; impr.]
CAPITOLO VIII
Il Re della Città del bene.
Lo Spirito Santo, Re della Città del bene: Perché? — Risposta della teologia— Nomi diversi del Re della Città del bene: Spirito Santo, Dono, Unzione, Dito di Dio, Paracleto — Spiegazione particolareggiata di ciascuno di questi nomi.
L’ordine visibile non è che il riflesso dell’ordine invisibile. Nei governi della terra l’ordine si compone essenzialmente di una autorità suprema e di autorità subalterne, incaricate di eseguire la volontà della prima. Non può concepirsi veruna società senza questi due elementi. Cosi avviene del pari della città del bene e della città del male. Sì nell’una, come nell’altra il governo si compone di un re e di ministri, di potenza disuguale, soggetti ai suoi ordini. Ora, come l’abbiamo indicato, il Re della Città del bene è lo Spirito Santo. Perché si attribuisce allo Spirito Santo e non al Figliuolo o al Padre, la gloriosa monarchia della città del bene? La Teologia cattolica risponde: «Quantunque tutte le opere esteriori della Santa Trinità, opera ad extra, siano comuni alle tre Persone, pur tuttavia, per appropriazione la lingua divina attribuisce allo Spirito Santo le opere, in cui l’amor di Dio si manifesta con uno splendore più marcato. Cosi la potenza è attribuita al Padre, la sapienza al Figliuolo, la bontà allo Spirito Santo. Con tutto ciò in queste tre Persone, la potenza, la sapienza e la bontà è una e indivisibile: come è una e indivisibile, la divinità, l’essenza e la natura. » – Essendo la città del bene la creazione più magnifica dell’amor di Dio, a giusto titolo la monarchia viene attribuita allo Spirito Santo, amore consustanziale del Figliuolo e del Padre. Il fondamento, o come parla la Scrittura, la pietra angolare di questa città è il Verbo incarnato. Ora dunque, l’incarnazione del Verbo è l’opera dello Spirito Santo. Con la sua ordinaria profondità, l’angelo della scuola mostra l’esattezza di questo linguaggio, dicendo: « Il concepimento del corpo di Gesù Cristo è senza dubbio l’opera di tutta la Trinità. Nondimeno, essa è attribuita allo Spirito Santo, e ciò per tre ragioni.
« La prima perché ciò conviene alla causa dell’Incarnazione, considerata dal lato di Dio. Difatti lo Spirito Santo è l’amor del Padre e del Figliuolo. Ora è un effetto dell’immenso amore di Dio che il Verbo si sia rivestito di carne nel seno di una vergine. Quindi la parola di san Giovanni: Iddio ha amato il mondo sino al punto di dargli l’unico suo figliuolo.
« La seconda, perché ciò conviene alla causa dell’Incarnazione, considerala dal lato dell’umana natura. Con ciò si capisce perché la natura umana è stata presa dal Verbo e unita alla sua Persona divina senza alcun merito da parte sua; ma unicamente per un affetto della grazia che è attribuita allo Spirito Santo secondo la parola dell’Apostolo: Le grazie sono diverse ma vengono dallo stesso Spirito.
« La terza, perché conviene ciò all’intento dell’Incarnazione. Difatti il fine dell’incarnazione era che l’uomo che stava per essere concepito fosse santo e Figlio di Dio. Ora la santità e la figliolanza divina sono attribuite allo Spirito Santo. Prima di tutto è da Lui che gli uomini divengono figli di Dio, come l’insegna l’Apostolo san Paolo ai Galati: Perché voi siete figli di Dio, Iddio ha inviato lo Spirito del suo Figlio nei vostri cuori, gridando: Salve, o Padre. Di poi Egli è lo Spirito di santificazione, come lo stesso Apostolo lo scrive ai Romani. Perciò nella stessa guisa che è mediante lo Spirito Santo che gli altri uomini sono santificati spiritualmente, a fine di essere i figli adottivi di Dio; così il Cristo, l’uomo per eccellenza, il novello Adamo, è stato concepito nella santità mediante lo Spirito Santo, a fine d’essere il Figlio naturale di Dio. « Tale è l’insegnamento dell’Apostolo, il quale parlando di nostro Signore dice: Chi è stato predestinato Figliuolo di Dio in potenza, aggiungendovi subito: Secondo lo Spirito santificante; vale a dire, perché è stato concepito dallo Spirito Santo. Finalmente l’Arcangelo, annunziando l’effetto di questa promessa, cioè: lo Spirito Santo sopravverrà in te, conclude: perchè l’essere santo che da te nascerà sarà chiamato il Figliuolo di Dio. 1 » (S. Th.., p. III, q. XXXII, art. 1, corp.).
Re della Città del bene, perché ne ha formato la base viva; lo Spirito Santo l’é altresì, perché ne è l’anima e la vita. Circolando Egli in tutte le parti di questo gran corpo, come il sangue circola nelle nostre vene e la luce nell’aria, così la sua carità lo ispira, la sua sapienza lo governa, la sua beltà lo abbellisce, la sua potenza lo protegge. (Omnipotens sempiterne Deus, cujus Spiritu totum corpus Ecclesiæ sanctifìcatur et regitur. Orat., Eccl. inter divers.) All’oggetto di conoscere la natura e il modo delle sue comunicazioni divine, in altri termini il governo del Re della Città del bene, accostiamoci con rispetto misto ad amore al trono ove è assiso, e vediamo Qual è in se stesso questo divino Re. Il conoscerlo è tutto quel che vi è di più alto a farci desiderare di vivere sotto il suo impero. – Conoscere un essere, vuol dire sapere il suo nome; chi ci dirà i nomi propri del Re della Città del Bene? Egli solo; imperocché l’Essere infinito può solo nominarsi. Ora Egli si chiama: Spirito Santo, Dono, Unzione, Dito di Dio, Paracleto. Che la più vasta intelligenza creata prenda queste parole divine nel loro più alto significato, e si ricordi che, a malgrado di tutti gli sforzi, rimarrà sempre infinitamente al disotto delle sublimi realtà ch’essi esprimono. Tal è il suo dovere, studiando l’Ineffabile. Egli si chiama Spirito Santo,
Spiritus Sanctus.
Spirito. Le altre due persone divine, il Padre, ed il Figliuolo, sono altresì degli Spiriti e Spiriti Santi. Tutti gli Angeli del cielo e tutte le anime beate lo sono del pari. Perché dunque attribuire ad un solo il nome comune a parecchi ? « È vero, risponde san Tommaso, la Trinità nella sua natura e nelle sue Persone, è Spirito Santo. Contuttociò, siccome la prima Persona ha un nome proprio, che è quello di Padre; e la seconda quello di Figlio, si è lasciato alla terza il nome di Spirito Santo, per distinguerla dalle due altre e per fare intendere la natura delle sue operazioni.
« Questo nome la distingue; poiché designa la Persona divina che procede mediante l’amore. Indica la natura delle sue operazioni, imperocché nelle cose corporee, la parola Spirito significa un certo impulso. Di qui deriva che noi chiamiamo spirito, l’alito e il vento. Ora, proprietà dell’amore è di spingere la volontà di colui che ama verso l’oggetto amato, e la santità si attribuisce alle cose che tendono a Dio. È dunque con grande proprietà di linguaggio che si chiama Spirito Santo la terza Persona della Trinità, la quale procede mediante l’amore, amore pel quale noi amiamo Dio. » (S. Th., I, p . q. XXXVI, art.1, corp.). – È vero ancora che gli Angeli e le anime beatificate sono tanti spiriti santi; ma essendo semplici creature, non sono santi che per grazia, mentre lo Spirito Santo è Santo per natura e la stessa santità. È dunque arcigiustissimo che lo si chiami per eccellenza lo Spirito Santo. Come quello del Padre e del Figlio, il nome dello Spirito Santo viene, non dagli uomini, ma da Dio medesimo. Di questa conoscenza siamo debitori alla Scrittura che lo ripete più di trecento volte, tanto nell’antico che nel nuovo Testamento.
Santo. Santo vuol dire puro, privo di composizione. Il Re della Città del bene è appellato santo perché è l’Essere propriamente detto; l’essere puro da ogni miscuglio e la sorgente di ogni purità. Quel che è l’Oceano alla pioggia che feconda la terra, e alle rugiade che la rinfrescano, cosi è lo Spirito Santo alla santità ed anche più. Non è solamente il serbatoio inesauribile, ma ne è il principio eterno ed eternamente fecondo. Ora, è verità d’ordine morale come d’ordine materiale, che la cagione del male, e per conseguenza della vergogna e del dolore, è il miscuglio, il dualismo o per dire la vera parola l’impurità. Comunicandosi alle creature che cosa fa lo Spirito di santità? Elimina gli elementi eterogenei che le disonorano e le fanno soffrire. Quanto più questa comunicazione è abbondante, tanto più le creature si semplicizzano; e quanto più si semplicizzano, tanto più si perfezionano; imperocché più che mai esse si accostano alla loro purità nativa ed alla purità ineffabile del loro Creatore e del loro modello. Ma a misura che esse si perfezionano, tanto più diventano belle e felici. Da queste nozioni fondate sull’essenza stessa delle cose, risulta che la santità è il principio unico della bellezza e della felicità. Poiché il Re della Città del bene essendo la santità medesima, possiamo giudicare se è glorioso, e se è dolce il vivere sotto le sue leggi. – Le creature materiali medesime ci rivelano qualcuna delle ricchezze racchiuse in questo nome misterioso dello Spirito Santo. Si può dire che fra tutti gli elementi, l’alito e il vento è il più necessario. Per esso vive tutto ciò che respira. Esso è il più forte; noi lo abbiamo visto sradicare in meno di sette minuti, cento mila piedi di alberi secolari sopra una estensione di tre leghe. (Tromba di Fuans -Doubs-, 11 luglio 1855). Ogni giorno i naviganti lo vedono mettere a nudo gli abissi del mare, sollevando fino alle nubi la pesante massa delle loro acque. Esso è il più carezzevole: chi non ha invocato con ardore la sua azione benefica in mezzo dei cocenti calori della state e non l’ha sentita con delizia? Esso è il più indipendente, il più utile, il più misterioso. Il vento è il principio sempre attivo che purifica le nostre citta, le nostre campagne e le nostre abitazioni; nessuno lo può incatenare. Egli è il veicolo della parola, e mediante essa il legame necessario della società. In un ordine più elevato, vale a dire più reale, lo Spirito Santo è tutto ciò. Egli è vita, è forza, è dolcezza è purificatore, è il legame universale. In lui tutto è uno; e sebbene abiti il cielo, la terra ed il purgatorio, l’immensa Citta della quale è re, non forma che uno stesso corpo, obbedendo allo stesso impulso. Da ciò viene che san Cipriano lo chiama l’anima del mondo: « Questo divino Spirito, dice il glorioso martire, anima di tutto ciò che è, riempie talmente gli esseri della sua abbondanza che le creature inintelligenti come le creature intelligenti ricevono ciascuna nel suo genere, e resistenza ed i mezzi d’agire conforme alla loro natura. Non è che Egli sia lui stesso sostanzialmente l’anima di ciascuna di esse; ma come distributore magnifico della sua pienezza egli comunica a ciascuna creatura e le fa proprie le sue divine influenze: simile al sole che dà il calore e la vita a tutta la natura, senza diminuzione né esaurimento. » (Serm. De Pentecost. in Biblioth. vetus. homil. etc.). Egli si chiama Dono. Tale è il nome proprio, il vero nome del Re della Città del bene. Chi ne dirà le incomprensibili ricchezze? Il dono è quello che si dà senza intenzione di ricambio; il che importa l’idea di donazione gratuita. Ora, la ragione di una donazione gratuita è l’amore: noi non diamo gratuitamente una cosa a qualcuno, se non perché gli vogliamo del bene: cosicché la prima cosa che noi gli diamo, è il nostro amore. Donde ne segue manifestamente, che l’amore è il primo dono, poiché è per lui che noi diamo gratuitamente tutto il resto. – Ne segue altresì che lo Spirito Santo essendo lo stesso amore, è il primo di tutti i doni, la sorgente di tutti, il dono per eccellenza. A nessun altro conviene come a Lui questo nome adorabile, e talmente gli conviene che è il suo nome personale. Non si creda del resto che questo nome implichi nello Spirito Santo una inferiorità qualunque rispetto al Padre ed al Figlio; il pensarlo sarebbe una eresia, il dirlo una bestemmia. Esso indica soltanto la relazione d’origine dello Spirito Santo nei suoi rapporti col Padre ed il Figlio che ce lo donano. Ma questo dono è lo stesso Spirito Santo, e il dono è pari al donatore, eterno, infinito, onnipotente, Dio insomma come lui. (S. Th., i, p. q. XXXVIII, art. 2, corp. et art. 1 ad 3 ; et ad Contra, – 2 S. Basii., lib. De Spir. Sancto, c. xxiv). – « Quando dunque, dice sant’Agostino, noi intendiamo chiamare lo Spirito Santo dono di Dio, dobbiamo ricordarci che questa espressione rassomiglia a quell’altra della Scrittura, Nostro Corpo di carne. Alla guisa stessa che il corpo di carne non è altro che la carne, così il dono dello Spirito Santo è lo stesso Spirito Santo. Esso è dono di Dio solamente in quanto ci è dato; ma perché il Padre ed il Figlio lo danno, ed Egli stesso si dà, non è punto ad essi inferiore; poiché è donato, come dono di un Dio, ed Egli medesimo si dà come Dio. « Nessuno infatti può dire, che non sia padrone di sé medesimo e perfettamente indipendente, poiché trovasi scritto di lui: Lo Spirito spira dove vuole. L’apostolo aggiunge: Tutte queste cose, è il solo e medesimo Spirito che le fa, distribuendo i suoi favori a ciascuno com’Egli l’intende. In tutto questo non bisogna dunque vedere né inferiorità in colui che viene donato, né superiorità in quelli che donano; ma l’ineffabile concordia del donato e dei donatori. » (De Trinit., lib. XV, c. XVII, n° 86). Cosi, amore donato, amore infinito, amore vivente, amore principio, amore Dio: tale è lo Spirito Santo. Ora, la proprietà dell’amore è di tendere all’unione; e la proprietà dell’amore infinito è di tendere all’unione infinita. L’unione infinita è l’unità. Fare, secondo il voto del Verbo incarnato, che tutti gli uomini siano uno, un tra loro, uno con Dio, di una verità simile a quella delle tre Persone dell’augusta Trinità; procurare con questa unità universale, la pace, la felicità, la deificazione universale; ecco l’unico pensiero del Re della Città del bene, lo scopo supremo al quale si riferiscono tutte le leggi, tutti i moti del suo governo. O uomo, chiunque tu sia, niente e polvere; se tu consideri la tua nudità, la tua impotenza, la tua triplice nullità di spirito, di cuore e di corpo, quale amore irresistibile non deve destare in te questo titolo adorabile di dono, sotto il quale il Re della Città del bene si rappresenta al tuo pensiero ! Quale energica volontà di vivere sotto le sue leggi! Tu non hai nulla e tu hai bisogno di tutto; lo Spirito Santo è il dono che racchiude tutti i doni: dono della fede che illumina; dono della speranza che consola, dono della carità che deifica; dono dell’umiltà, della pazienza, della santità, dono della conversione e della perseveranza; dono di tutti i beni dell’anima e del corpo. In nome dei tuoi bisogni, dei tuoi pericoli, e delle tue pene; in nome dei bisogni, dei pericoli e delle pene dei tuoi parenti, dei tuoi amici, della società e della Chiesa, sii il suddito fedele del Re nella Città del bene. Invoca con tutta la vivacità della tua fede lo Spirito Dio, dono e donatore, che desidera Egli stesso ardentemente di comunicarsi a te. In lui solo tu troverai tutti i beni, unum bonum in quo sunt omnia bona. Fuori di Lui tutti i mali: indigenza per il tuo cuore; vanità per il tuo spirito, malessere per la tua vita, terrori per la tua morte, supplizi per l’eternità. Egli si chiama unzione, unctio. Fra un numero grande di mirabili significati, unzione vuol dire sapienza e luce. Siccome esso è l’amore per essenza, cosi il Re della Città del bene è la stessa sapienza, la luce senz’ombra, la luce eterna, il sole senza eclisse. Egli partecipa la sua pienezza ai suoi sudditi, e inonda il suo impero. Partecipandone i suoi sudditi diventano tutto ciò che vi ha di più grande tra gli uomini: come Re, Sacerdoti, Profeti. – Come Re: invece d’essere dominati, dominano; invece d’essere servi della materia, delle creature, dei sensi, delle passioni degli angeli ribelli, essi gli tengono incatenati ai loro piedi. Né le promesse, né le minacce, né i rovesci, né le infermità, né le tentazioni fanno cadere la corona dal loro capo, né lo scettro dalle loro mani. La loro autorità diretta dall’eterna sapienza, ha per carattere l’equità, la dolcezza, la forza. (Sap. VIII, 1, e IX, 23) – Come Sacerdoti: essi si servono del loro dominio sulle creature e sopra sé medesimi, per fare di tutto ciò che è creato, di tutto ciò che posseggono, di tutto quel che essi sono, un grande olocausto a Dio, da cui tutto è disceso e a cui tutto deve ritornare. Come Real sacerdote, come popolo amato fra tutti i popoli, dovunque regnano i figli della città del bene, si fa la luce, l’ordine si stabilisce, la civiltà si sviluppa, le nazioni prospere procedono tranquillamente nella loro via. Ne volete la prova? interrogate la storia, e date un’occhiata al mappamondo. Come Profeti; le loro parole e le opere loro, più eloquenti delle loro parole, fanno irradiare sulla terra la luce divina da cui sono inondati. Esse proclamano incessantemente le eterne leggi dell’ordine, l’esistenza del mondo futuro, il gran giorno della giustizia e la duplice dimora di felicità o d’infelicità senza fine oltre la tomba. – « Di più, esclama un Padre della Chiesa, ciò che l’occhio umano può appena scorgere attraverso folte nubi, ciò che tutti i sapienti pagani non fanno altro che intravedere, i cittadini della Città del bene lo vedono chiaramente. Il loro corpo è sulla terra, la loro anima legge nei cieli: essi vedono come Isaia, il Signore assiso sopra un trono eterno. Come Ezechiele, vedono Colui che riposa sopra i Cherubini. Come Daniele, vedono i milioni di Angeli che lo circondano. Un omiciattolo, exiguus homo, vede con un solo sguardo il principio e la fine del mondo, la metà dei tempi, la successione degli imperi. Egli sa ciò che non ha mai imparato; imperocché in esso è il principio di ogni luce. Con tutto che rimanga uomo, ei riceve dal Re della Città del bene una scienza potente che va sino a scoprirgli le segrete azioni altrui. « Pietro in persona non era con Anania e Safira allorquando essi vendevano il loro campo: ma vi era per mezzo dello Spirito Santo. Perché, dice egli, satana ha tentato il vostro cuore sino al punto da farvi mentire allo Spirito Santo? Non v’era né accusatore, né testimonio. Come dunque lo sapeva egli? Non eravate voi liberi, soggiunge, di tenere il vostro campo, e quel che avete venduto non vi apparteneva? Perché dunque avete voi formato questo cattivo disegno? Così quest’uomo ignorante possedeva per la grazia dello Spirito Santo, una scienza che tutti i sapienti della Grecia non conobbero mai. Non trovate voi la stessa scienza in Eliseo? Assente, egli vede Giezi ricevere i doni di Naaman, ed al suo ritorno egli gli dice: Che forse il mio spirito viaggiava con te, poiché il mio corpo era qui; ma lo spirito che Iddio mi ha dato conosce ciò che accade lontano. Vedete come il Re della Città del bene illumina quando vuole, i suoi sudditi, toglie loro l’ignoranza e gli arricchisce di scienza. » (S. Cyrill., Hier., Catech., xvi). – Egli si chiama: DITO DI DIO, digitus Dei. Questo nome di una incomparabile ricchezza indica a un tempo la successione del Re della Città del bene, e la sua infinita potenza, come pure la diversità dei suoi doni e delle sue operazioni nell’eterna unità dell’amore. Ogni volta che l’uomo, come immagine di Dio, studierà sopra sé medesimo, accerterà la giustizia di questo nome divino. Come i diti procedono dalla mano e dal braccio senza essere staccati, cosi lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figliuolo, ai quali resta unito inseparabilmente.(Cor. a Lap. in Exod., VIII, 19). In tutte le lingue il braccio, la mano e i diti significano la potenza e l’azione, di cui sono gli istrumenti necessari. Di qui, il nome di dito di Dio, adoperato cosi sovente dalla Scrittura per notare l’azione onnipotente di Dio sulle creature, materiali o spirituali. Benché in Dio la forza attrice sia unica, essa è però molteplice e multiforme nelle sue opere. Di qui ancora, la Scrittura che parla di tanto in tanto dei diti e del dito di Dio. Cosi il Profeta Isaia ci rappresenta l’onnipotente che solleva il globo con tre diti. (Is., XL, 12). Davide dice al Signore che i cieli sono l’opera dei suoi diti. (Ps. VIII, 4). Mosè annunzia che le Tavole della legge sono scritte col dito di Dio; ed i maghi di Faraone, impotenti a contraffare certi miracoli operati da Aaron e dal suo fratello esclamano: Il dito di Dio è qui. (Exod., XXX, 18, e 19). Qual nome poteva meglio di questo convenire allo Spirito Santo? Noi lo domandiamo all’uomo medesimo. Non fa egli ogni cosa con le sue dita? Se il genere umano non ne avesse avute, nessuna delle opere meravigliose delle quali è ricoperta la faccia del globo, esisterebbe. Se oggi cessa d’averne, domani tutti questi monumenti non saranno che rovine: lui stesso morrà. Così dunque co’ suoi diti o con quelli dello Spirito Santo, Iddio opera tutte le sue meraviglie, poiché tutte sono opera dell’amore. – Le dita delle nostre mani non servono soltanto a creare, servono pure a pigliare, a dividere, e a distribuire. La loro lunghezza e la loro forza disuguale, gli costituiscono in una mutua dipendenza e formano la bellezza della mano. Così è per mezzo dello Spirito Santo che Iddio somministra e distribuisce a ciascuna creatura i doni che gli riserba; e ciò in proporzioni ineguali; ad una più, all’altra meno, secondo le regole della sua infallibile sapienza. Disuguaglianza necessaria donde resulta la mutua subordinazione degli esseri tra loro, la base di ogni ordine, il principio di ogni armonia nel cielo e sulla terra. E malgrado la molteplicità del loro numero, la diversità delle loro forme, la varietà dei loro movimenti, le dita inseparabilmente unite tra di loro, obbediscono allo stesso impulso. I doni e le opere dello Spirito Santo, comecché sieno varii, procedono dallo stesso principio. Considerate i cieli e la terra; interrogate l’une dopo le altre le innumerevoli creature ch’essi racchiudono; stelle o soli, monti o valli, cedri o viole, tutte vi diranno: È un solo e medesimo Spirito che ci ha fatte: Hæc autem omnia operatur unus atque idem Spiritus. Alzate i vostri sguardi sopra una creazione più magnifica; contemplate gli ordini e le gerarchie di beltà e di disuguale potenza del mondo angelico: esse vi diranno ancora; Questo è un solo e medesimo Spirito che ci ha fatte: Hæc autem omnia operatur unus atque idem Spiritus. Abbassate il. vostro sguardo sul cielo della terra, la Chiesa, madre e modello di tutte le società incivilite. Donde vengono a lei i doni interni ed. esterni, i quali per la loro brillante varietà formano la sua potenza e la sua gloria? Una voce risponde: « Vi è diversità di doni, ma non vi è che un medesimo Spirito; diversità di operazioni, ma non vi ha che uno stesso Dio che opera tutto in tutti. Uno possiede il dono di parlare con sapienza, l’altro con scienza. Un altro il dono della fede; un altro il dono di guarigione; un altro il dono dei miracoli; un altro, il dono di profezia; un altro il dono di parlare diverse lingue; un altro il dono d’interpretarle. Ora questo è un solo medesimo Spirito che opera tutte queste cose: Hæc autem omnia operatur unus atque idem Spiritus. » (I Cor. XII, 4 e segg.). Lavorando ciascuno nella sua sfera tutte le nostre dita tendono allo stesso fine, cioè alla perfezione dell’opera da loro intrapresa. Come tutte le dita di Dio, così tutte le meraviglie dello Spirito Santo tendono ad un fine unico: realizzare nella Città del bene la più perfetta concordia, la più completa unità che si possa concepire, l’unità stessa del corpo umano e la concordia delle sue membra. Come il nostro corpo che è uno, è composto di parecchie membra, e tutte le membra del corpo sebbene numerose non sono tutte che un corpo solo; parimente nella Città del bene, che è il regno dello Spirito Santo e il corpo del Verbo incarnato. Come tutte le membra del corpo lavorano le une per l’altre, e che nessuna può soffrire senza che soffrano tutte le altre, né ricevere onore senza che tutte le altre non se ne rallegrino; cosi accade fra i membri della grande Città, della quale lo Spirito d’amore è la artefice, il re, l’anima, ed il vincolo.1S. Aug. Quæst. Evang. lib. II, etc. Che ideale magnifico! e quest’ideale imperfettamente realizzato sulla terra, lo sarà completamente nell’eternità. Sotto qual titolo possiamo noi invocare lo Spirito Santo che sia in rapporto con i nostri bisogni, quanto quello di dito di Dio? Potenza, bontà, istrumento di miracoli, Spirito Santo, dito di Dio, mescolatevi attivamente nelle nostre faccende e di quelle del mondo attuale. Giudicate la vostra propria causa, riparate, alzate i bastioni della vostra città: dissipate gli eserciti che l’assalgono, fate tacere i bestemmiatori che l’oltraggiano e voi con essi. Che lo splendore delle vostre opere confonda i vostri nemici, apra gli occhi ai ciechi, risvegli gli indifferenti, ammollisca gli induriti, forzi i moderni maghi a confessarsi vinti, affinché il campo delle anime, reso. Ai ministri della verità, riceva finalmente la cultura che sola può surrogare, con frutti di vita, i frutti di morte il cui odore infetto va a provocare sino al cielo terribili catastrofi. O Dito divino, scolpite profondamente nel nostro cuore la legge reale della Città del bene, la fede potente, l’immutabile speranza, l’immortale carità; date a ciascuno di noi l’armatura impenetrabile, della quale abbisogniamo per respingere i dardi infiammati di u nemico più che mai audace. Egli si chiama Paracleto: Paracletus. Attraente al pari degli altri, questo nome vuol dire, avvocato, esortatore, consolatore. Che nomi per un Re ! (S. Ang. in Joan., tract. CXIV, n. 2. — Exhortator, incitator, impulsor. Cor. A Lap., in Joan., XIV, 16).Ancorché lo Spirito del bene non ne avesse altri, questi non basterebbero per chiamare sotto le sue leggi tutti i popoli, tutte le tribù, tutti i membri della disgraziata famiglia umana? Come avvocato Egli difende: ma che difende Egli? La causa a cui fanno capo tutte le cause, tutti i processi, la causa delle anime, la causa dei popoli, la causa della Chiesa e del mondo, la causa dalla quale dipende l’eterna felicità o l’infelicità eterna. Dove la difende Egli? Ei la difende al duplice tribunale della giustizia e della misericordia. Della giustizia all’oggetto di piegarla e disarmarla; della misericordia a fine di ottenerne larghe effusioni di grazie, di forze, di lumi, di aiuti d’ogni genere, sia per preservare i cittadini della sua città dagli assalti del nemico, ossia per guarirli dalle loro ferite. Tribunali della giustizia e della misericordia divina, corti sovrane, dinanzi alle quali non v’è alcuno, re o suddito, popolo o particolare, che ogni giorno, ad ogni ora non abbia una causa attualmente pendente. Come difende Egli? Come sa difendere l’amore. Tutta la sua eloquenza è nei suoi sospiri. Lo Spirito Santo, scrive l’Apostolo, aiuta la nostra infermità, imperocché noi non sappiamo, né ciò che dobbiamo domandare, né come dobbiamo domandarlo; ma lo stesso Spirito domanda per noi con gemiti ineffabili. (Rom. VIII, 26). Com’è dunque profonda, gran Dio! la mia miseria, la miseria dell’uman genere! Privo di tutto e mendicante in questa valle di lacrime, io non conosco i miei veri bisogni; appena gli suppongo, e gli sento ancor meno. Se io gli vedo, ignoro il modo di chiederne il sollievo. Quale necessità maggiore d’avere un abile maestro che m’insegni a mendicare; caritatevole che mendica per me; onnipotente che mendica con successo. Il Re della città del Bene in persona mi rende questo caritatevole ufficio; Ei lo rende a tutti. Si, è di fede: lo Spirito Santo prega per me, e per me si fa mendicante. « Che cosa voglio io dire con ciò? Domanda sant’Agostino. Può lo Spirito Santo gemere, Lui che gode della felicità suprema col Padre e col Figliuolo? No certo. Lo Spirito Santo non piange in se stesso e nella beata Trinità; ma geme in noi, imperocché egli c’insegna a gemere. Insinuandoci alle orecchie del cuore che noi siamo viandanti nella valle delle lacrime; c’insegna a sospirare per la patria eterna, e questo desiderio produce i nostri gemiti. Colui che sta bene, o piuttosto che crede di star bene in questa terra d’esilio, colui che s’inebria della gioia dei sensi, e che nuotando nell’abbondanza dei beni temporali, si pasce di una vana felicità, costui non fa sentire se non che la voce del corvo; poiché la voce del corvo è schiamazzante e non gemente. « Al contrario, colui che sente il peso della vita, e che si vede ancora separato da Dio e privo della beatitudine infinita che ci ha promessa, che possiede in speranza, ma che non possederà in realtà se non il di in cui il Signore verrà splendente della sua gloria, dopo essere venuto nell’umiltà; colui che conosce ciò piange; e finché egli piange per questo, piange con profitto: poiché è lo Spirito Santo che gli insegna a piangere e ad imitare la colomba. Infatti piangono molti, allorquando sono essi colpiti da alcune avversità, o in preda ai dolori dell’infermità, o sotto i catenacci di una prigione, o nelle catene della schiavitù, o nell’onde semiaperte per inghiottirli, o nei lacci tesi dai loro nemici: ma essi non gemono di quel gemito della colomba; non è, né l’amore di Dio che gli fa gemere, né lo Spirito Santo che geme per essi. Perciò quando essi sono liberati dai loro mali, gli sentite esultare ad alta voce: il che dimostra che essi sono corvi e non colombe. » (S. Aug., in Joan., tract. VI, n. 2, opp., t. III, 1737).
Egli è Esortatore. Tutto il bene, degno di questo nome, che si compie sin dal principio del mondo, che tuttora si compie, che si compirà sino alla consumazione dei secoli, è dovuto al Figliuolo dello Spirito Santo, ai cittadini della Città del bene. Chi dà loro la volontà di farlo? il loro Re. Senza il di Lui aiuto nessuno può neppure pronunziare in modo utile per il cielo il nome del Redentore.(I Cor. XII, 3). Abele offre generosamente al Signore i suoi più pingui agnelli. Io vedo il sacrificio: dov’è l’anima che lo ispira? chi ne è l’esortatore? Il Re della Città del bene. – Noè affronta per cento anni le beffe dei suoi contemporanei e costruisce a po’ alla volta l’arca che deve salvare la specie umana. Io vedo il coraggio del patriarca e vedo la nave; ma qual è il sostegno dell’uno e l’ispiratore dell’altro? Il Re della Città del bene. Io vedo Abramo che lega sull’ara l’unico suo figlio Isacco, e sta alzando la mano per immolarlo; chi è l’esortatore e la guida dell’eroico padre dei credenti? Il Re della Città del bene. Io vedo nella serie degli antichi secoli i patriarchi, i re, ed i guerrieri d’Israele compiere mille atti splendidi, trionfare di mille difficoltà, affrontare senza timore dolori senza numero; quale fu l’anima di queste grandi anime? chi fu il loro esortatore? Il Re della Città del bene. – Nei tempi nuovi chiedete ai pescatori di Galilea chi gli ha spinti ai quattro angoli del mondo a fine di spargere dappertutto, come nubi benefiche, le divine rugiade della grazia; chi ha dato loro l’intelligenza e la forza necessarie per intraprendere le loro gravose fatiche, portare la guerra persin nel centro della Città del male, battere in breccia questa città colossale, smantellarla, minarla; e fabbricare in sua vece la città del bene? Quando occorre difendere l’opera divina, a costo di tutti i sacrifici, chi è l’esortatore dei martiri ed il sostegno del loro coraggio, in faccia ai tribunali, alle torture, ai roghi ed alle fiere dell’anfiteatro? Il Re della Città del bene. – Ciò che fu per gli Apostoli e per i martiri il divino Re, lo fu e continua ad esserlo, per i solitari, per le vergini, per i missionari, per i santi ed i fedeli, i quali in tutte le condizioni ed in tutti i paesi, ogni di intraprendono e conducono ad un fine felice l’opera eroica della loro santificazione e della santificazione degli altri. Contate se potete, il numero dei buoni pensieri, delle salutari risoluzioni, dei sacrifici d’inclinazione, di gusto, d’interesse, d’amore, di tendenze, di passioni che debbono per salvare un’anima, riempire una vita di cinquant’anni; calcolatene l’estensione e vedrete, quale buono, quale instancabile e qual potente esortatore è lo Spirito Santo.
Egli è Consolatore. Miei dilettissimi, sin qui io vi ho istruiti, diretti, consolati; ecco perché vi attrista la mia prossima dipartita. Fatevi coraggio, perché Io vi manderò in mia vece un altro consolatore che dimorerà con voi, non per un po’ di tempo come me, ma per sempre. Egli v’istruirà, vi dirigerà, vi consolerà nelle vostre pene, ne’ vostri dubbi, nelle vostre tentazioni, nei vostri incessanti combattimenti. Tale è il significato delle parole del Verbo incarnato annunziante lo Spirito Santo a’ suoi apostoli, alla Chiesa, a noi medesimi. (Joann. XIV, 16). Consolatore. Bisognava conoscer bene l’umanità per dare questo nome al Re della Città del bene. La vedete voi questa povera umanità, rovina vivente, che attraversa da sessanta secoli in qua una terra di miserie, troppo giustamente chiamata la valle delle lacrime: avvolta nelle tenebre, circondata da nemici, affranta da travagli, oppressa da dolori, rosa da cure: lasciando sul selciato della via le macchie del suo sangue, ed ai rovi i brandelli della sua carne: trascinantesi dietro una lunga catena di speranze deluse, scorgendo di lontano, come ultima prospettiva, una tomba semiaperta con misteri di decomposizione ch’essa non ardisce guardare; e al di là, gli abissi imperscrutabili di una doppia eternità? Fa d’uopo convenirne, se l’umanità ha bisogno di qualcuno, è innanzi tutto di un consolatore. Degno di questo nome veramente regio, il Re della Città del bene, è il consolatore per eccellenza: Consolator optime. La sua sovranità non ha altro scopo che di rasciugare le lacrime dei suoi sudditi, o di trasformarle in perle d’immortalità. Consolatore potente; le sue consolazioni non sono vane parole che si frangono alla superficie del cuore, ma sollievi efficaci, e intime gioie. Consolatore universale; non un patimento del corpo, non un dolore dell’anima, non un rovescio di fortuna, non un dubbio, non una perplessità, non un fallo, pei quali non abbia un rimedio, una luce, una speranza. Che l’uomo, il popolo, il secolo il quale non ha nessuna faccenda da trattare dinanzi al tribunale della giustizia e della misericordia divina; che non ha bisogno né di lumi per conoscere il bene, né coraggio per intraprenderlo, né perseveranza per compierlo, né consolazione nelle sue pene, insomma, che il niente orgoglioso che ha la pretensione di bastare a sé medesimo, o di trovare in braccia di carne un appoggio sufficiente per la sua debolezza, disprezza, oblia l’Avvocato divino, l’Esortatore soprannaturale, il Consolatore supremo: noi non ci abbiamo niente da dirgli. Una profonda pietà, delle preghiere e delle lacrime, questo è tutto ciò che resta a dargli. Quanto all’uomo, al popolo, al secolo che ha la coscienza dei suoi bisogni, trova nel fondo dell’anima sua mille motivi ogni giorno più pressanti, di invocare lo Spirito Santo, e di vivere sotto le sue leggi. – Tale è, secondo i nomi principali che gli danno questo carattere, il Re della Città del bene. Se a tanti titoli che gli sono propri, si aggiungono quelli ch’Egli divide col Padre e col Figliuolo, ci apparirà come il più grande, il più magnifico, il più sapiente, il migliore di tutti i monarchi; la sua città, come il regno più glorioso, il più libero, il più felice che l’uomo possa sognare; i suoi sudditi, come una famiglia di fratelli, come un’assemblea di dei, incominciati dalla grazia e in via di divenire tanti dei consumati nella gloria. Se un simile spettacolo vi lascia la forza di parlare, sarà per dire col profeta: Città del mio Dio, quanto siete bella! beati coloro cbe vi abitano. (omium habitatio est in te. Ps. LXXXVI, 3, 7).