[A. Carmignola: “Lo Scudo della Fede”. S.E.I. Ed. Torino, 1927]
XXXVII.
L’ORDINE E IL MATRIMONIO.
L’ordine secondo il Cattolicesimo e secondo il protestantesimo. — I preti cattivi ed oscurantisti. — Vane obbiezioni contro il celibato dei preti. — A che servono tanti frati e tante monache? — La vita di clausura. — Perché e in che modo la Chiesa osteggia il matrimonio civile? — Perché non vuole il divorzio?
— E in quanto al sacramento dell’Ordine che crea i sacerdoti, quale diversità vi passa tra i Cattolici e i protestanti!
⁕ Una diversità grandissima. Noi cattolici lo riconosciamo vero Sacramento, istituito da Gesù Cristo; che conferisce un potere spirituale di compire o amministrare gli altri Sacramenti, e la grazia di compirli e amministrarli santamente. I protestanti invece negano che Gesù Cristo abbia istituito questo sacramento e il conseguente sacerdozio: essi si ritengono tutti sacerdoti; ma siccome ci vogliono taluni a conferire il Battesimo, a celebrare la Cena e a fare il sermone, eccetera, perciò pensano doversi a tutto ciò deputare degli individui appositi, i ministri o pastori. Così che poi riteniamo che i sacerdoti hanno un potere spirituale che viene da Dio ed è un vero potere; i protestanti invece nei loro ministri o pastori riguardano dei semplici deputati per l’adempimento degli uffici religiosi, deputati che non hanno alcun potere speciale e che sono in tutto perfettamente uguali a ciascuno dei loro correligionari.
— Se la cosa è così, la condizione dei ministri protestanti è quella di semplici ufficiali.
⁕ Precisamente: ufficiali del popolo, oppure dello Stato.
— Dunque presso i protestanti non vi è autorità religiosa.
⁕ No, e se pure vi è, è data o concessa dallo Stato, rappresentante del popolo.
— Così lo Stato domina esso la religione.
⁕ Certo. In Germania il capo della religione è l’imperatore; in Inghilterra, in Danimarca, in Svezia e Norvegia i capi religiosi sono i re, oppure anche le regine. Sono essi che stabiliscono i pastori, essi che decidono le questioni religiose, essi che determinano fede e liturgia. E così presso a poco succede tra gli Scismatici di Russia, ove lo Czar è considerato il Vescovo esterno della Santa Sinodo, ma ove in realtà egli comanda a piacimento il Corpo episcopale e gli altri Ordini del Clero.
— Per altro avevo inteso dire che l’Ordine si teneva valido presso i protestanti anglicani.
⁕ Sì, a questo proposito si fecero varie volte delle questioni. Ma nel 1896 Leone XIII
ha posto fine alle medesime con un’enciclica in cui riconfermando ciò che intorno alle Ordinazioni dei protestanti Anglicani avevano già dichiarato altri Sommi Pontefici, ha nuovamente e solennemente dichiarato, essere nulle presso gli Anglicani le Ordinazioni dei così detti Vescovi e altri ministri ecclesiastici, perché sostanzialmente cangiato e alterato il rito, ossia la forma del Sacramento sotto il re Edoardo VI. In detta Enciclica (Apostolicæ curæ) il Papa parla altresì indirettamente dei luterani, calvinisti e di tutte le altre molteplici sette protestanti [non da escludere naturalmente il satanico modernista “novus ordo” del Vaticano II, che ha modificato integralmente in senso peggiorativo anche rispetto agli anglicani, blasfemo e sacrilego, la formula consacratoria dei non-Vescovi e non-sacerdoti, rendendo così le loro ordinazioni assolutamente invalide e … carnevalesche – ndr. -], tra le quali devonsi pure annoverare i ritualisti e puseysti. Epperò resta provato per tutti costoro, che non hanno né vescovi, né sacerdoti, né sacrificio, ma che i loro così detti vescovi e ministri non sono che semplici secolari con moglie e figli.
— Stando così le cose mi pare che non ci sia da stupirsi, se tra i ministri protestanti e preti scismatici succedano tanti disordini. Tuttavia anche tra i preti cattolici ve ne sono ben bene di quelli cattivi! di quelli ambiziosi, avari, guasti!
⁕ Che ve ne siano alcuni non lo nego, ma che ve ne siano ben bene, come dici tu e come dicono tanti altri, è assolutamente falso. Del resto, che perciò? Alla fin fine non sono uomini anch’essi di carne e di ossa come voi? E per quei pochi che vengono meno alla santità del loro carattere, non ve ne sono centinaia e migliaia che vivono da preti ottimi e zelanti? Che sacrificano i loro agi, le loro sostanze, la loro vita per dedicarsi interamente al bene spirituale ed anche temporale degli uomini, loro fratelli?
— Non avrebbero tuttavia un po’ di ragione coloro che dicono i preti essere oscurantisti, nemici della scienza e del progresso?
⁕ Come? i preti oscurantisti, nemici della scienza e del progresso! Ma forse che nella lunga serie delle scoperte, che onorano lo spirito umano, non ne siano uscite dalla testa di monaci o preti? Non sono monaci, preti e vescovi che aprirono l’America a Cristoforo Colombo? Non sono preti, vescovi e Papi che protessero l’invenzione nascente della stampa? Ed oggi ancora in tutte le scienze filosofiche, storiche, fisiche, matematiche, non vediamo figurare con onore nomi di preti? Se dovessi farti dei nomi, non la finirei così presto. Oh per chi vuol aver occhi non è difficile di vedere che il prete, tutt’altro che essere oscurantista, nemico della scienza, la coltiva alacremente e benedice di cuore le sue felici applicazioni, che chiamiamo progresso.
— Mi persuado di quanto ella asserisce. Ma ora mi dica un po’: perché si obbligano i preti al celibato? Non sarebbe meglio che si ammogliassero?
⁕ Già, anche questa, che i preti debbano restare celibi, rompe i nervi a tanti messeri. Ma forseché, a chi rifletta un po’ seriamente sul ministero sacerdotale, non si manifesti la somma convenienza del celibato ecclesiastico? Il prete di consuetudine ordinaria deve celebrare ogni giorno la santa Messa; deve predicare spesso il sacro Vangelo; deve amministrare i Sacramenti, e non solo nei tempi normali, ma eziandio in tempi di colèra, di pestilenza, e simili; deve attendere al ministero delle confessioni; e per tutto ciò, pare a te che sarebbe meglio che fosse ammogliato? Sarebbe possibile allora che compiesse i suoi uffici con quello spirito di pietà, di zelo, di carità, di sacrificio, di abnegazione che si richiede? Potrebbe ancora nell’udire le confessioni godere la fiducia dei penitenti? Questi non temerebbero sempre che avesse a tradire il segreto sacramentale con la moglie? E nel caso di qualche morbo pestilenziale esporrebbe ancora con tanta facilità la sua vita per porgere agl’infermi i conforti religiosi? Eh via, lasciamo un po’ stare i preti quali sono. Se la Chiesa fin dai primi tempi ha voluto così, ne aveva certamente i suoi buoni motivi.
— Sta bene quanto lei dice. Ma Iddio non ha detto ad Adamo ed Eva: « Crescete e moltiplicatevi »? Dunque il celibato dei preti, e così pure la verginità delle monache, è contrario alla legge divina.
⁕ Caro mio, quelle parole furono più una benedizione che un precetto. E quando pure si vogliano riguardare come tale, fu fatto ai primi uomini, dai quali dipendeva la propagazione dell’uman genere, in seguito a tutta insieme la famiglia umana, nella quale non dovrà venir meno il matrimonio, ma non a tutti e singoli. Così Dio avrebbe fatto un precetto impossibile a molti, in parecchi casi assurdo, che Gesù Cristo e gli Apostoli avrebbero trasgredito per i primi.
— Ma il celibato e la verginità non riescono di danno alla società ed alla patria, cui potrebbesi dare maggior numero di figli?
⁕ E credi tu che per uno Stato, per una società qualunque, il maggior bene sia una popolazione numerosa? Molte volte ciò può essere un vero danno, massime quando in quello Stato, in quella società mancano i mezzi di vivere, manca il lavoro, l’istruzione e simili, ragioni per cui, come talora vediamo, le popolazioni sono costrette ad emigrare in massa. Del resto perché non pigliarsela col celibato forzato degli eserciti stanziarii, fonte perenne di immoralità, col celibato che molti signori impongono ai loro servi, e soprattutto col celibato licenzioso di certa gente? Perché non pigliarsela in modo speciale colle vere cause del deperimento delle nazioni, che sono la voluttà, la scostumatezza, la libertà che si concede al vizio, eccetera, eccetera?
— Sì, ciò è verissimo. Ma dacché siamo entrati in questo campo mi permetta ancora a questo riguardo una domanda. A che cosa servono tanti frati e tante monache? Non sono gente oziosa e inutile?
⁕ Ti compatisco nel tuo linguaggio, perché so bene che, anziché i sentimenti tuoi, esprimi quelli di coloro, il cui carattere distintivo è la franchezza, la leggerezza e l’impudenza nel parlare di ciò che ignorano. Tu dunque domandi a che servono tanti frati e tante monache? Ed io ti rispondo con le parole del gran Papa, che fu Leone XIII. « Gli ordini religiosi non hanno soltanto reso, fin dalla loro origine, immensi servigi alla Chiesa: li hanno anche resi alla società civile. Hanno avuto il merito di predicare la virtù alle moltitudini tanto coll’apostolato dell’esempio quanto con quello della parola, di formare ed abbellire gli spiriti coll’insegnamento delle scienze sacre e profane, e d’accrescere anche con opere brillanti e durevoli il patrimonio delle belle arti. Mentre i loro dottori illustravano le Università colla profondità e l’estensione del loro sapere, mentre le loro case diventavano il rifugio delle cognizioni divine ed umane, e nel naufragio della civiltà salvavano da certa rovina i capi d’opera dell’antica sapienza, spesso altri religiosi internavansi in regioni inospitali, paludi o foreste impenetrabili, e là prosciugando, dissodando, sfidando tutte le fatiche e tutti i pericoli, coltivando, col sudore della loro fronte, le anime nel tempo stesso che la terra, fondavano attorno ai loro conventi ed all’ombra della croce dei centri di popolazione, che diventarono borgate o città fiorenti, governate con dolcezza, dove l’agricoltura e l’industria cominciarono e prendere sviluppo. « Quando il piccolo numero di sacerdoti od il bisogno dei tempi lo richiesero, si videro uscire dai chiostri legioni di apostoli eminenti per la santità e la dottrina, che portando valorosamente il loro concorso ai Vescovi esercitarono nella società l’azione più felice pacificando le discordie, soffocando gli odi, riconducendo i popoli al sentimento del dovere e rimettendo in onore i principii della Religione e della civiltà cristiana. – « Tali sono, indicati brevemente, i meriti degli ordini religiosi nel passato. La storia imparziale li ha registrati ed è superfluo di estendervisi più lungamente. Né la loro attività, né il loro zelo, né il loro amore del prossimo si trovano oggidì menomati. Il bene che essi compiono colpisce tutti gli occhi e le loro virtù brillano di uno splendore, che nessuna accusa, nessun attacco ha potuto appannare. – « Delle Corporazioni religiose le une, votate all’insegnamento, inculcano alla gioventù, nel tempo stesso l’istruzione, i principii religiosi, la virtù ed il dovere, sui quali riposano essenzialmente la tranquillità pubblica e la prosperità degli Stati. Le altre, consacrate alle diverse opere di carità, portano un soccorso efficace a tutte le miserie fisiche e morali negli innumerevoli asili, nei quali curano gli ammalati, gl’infermi, i vecchi, gli orfani, gli alienati, gli incurabili, senza che mai alcuna opera pericolosa, ributtante ed ingrata fermi il loro coraggio o diminuisca il loro ardore. Questi meriti riconosciuti più d’una volta dagli uomini meno sospetti, più d’una volta onorati da ricompense pubbliche, fanno di quelle congregazioni la gloria di tutta quanta la Chiesa e la gloria particolare e splendente di quella patria, che esse hanno sempre servito nobilmente e che amano con un patriottismo capace, lo si vide mille volte, di affrontare con gioia la morte ». E dopo tutto ciò ti pare ancora che i frati e le monache non servano a nulla? siano gente oziosa e inutile? In quella vece non potrebbe taluno domandare con più ragione: Che cosa fanno quei gaudenti del mondo, che abbandonano i soffici letti alle dieci del mattino e passano la vita al caffè, al teatro, al giuoco, al passatempo continuo? Costoro, si può dire che sia gente molto laboriosa ed utile?
— Ella mi ha risposto veramente a tono; ma per lo meno non sono inutili le monache di clausura?
⁕ E pare a te che sia cosa poco utile offrire a Dio la propria persona in sacrificio espiatorio per coloro che si abbandonano alla colpa, pregare e lodare il Signore per coloro che lo bestemmiano, arrestare i divini flagelli e attirare le divine benedizioni, e farsi le mediatrici della grazia e del perdono, gli angeli tutelari delle famiglie, le protettrici degli Stati? Credilo, solo al dì dell’universale giudizio si potrà riconoscere e calcolare il gran bene che fecero alla società tutte le monache di clausura.
— Ho inteso a dire tuttavia che talora se ne trovano in certi monasteri di quelle che vi stanno per forza, e che per tutte la vita passa triste e rabbiosa. In questo caso non è una tirannia il costringere queste povere donne a rimanere così sepolte vive?
⁕ Anche qui tu reciti bene la lezione dei mondani ignoranti. Mettiamo pure che qualche volta nei tempi di mezzo, in cui v’erano tanti disordini ci sia stata qualche monaca costretta a rimaner chiusa in monastero contro sua voglia e menasse vita triste e rabbiosa, come tu dici; se ne potrà perciò far colpa alla Chiesa od a qualche istituto religioso, o non si deve piuttosto ascrivere il fatto alla prepotenza di qualche padre snaturato o di qualche scellerato tiranno, che così ad ogni costo volevano? Ma oggidì poi, con questi chiari di luna, è possibile che vi siano ancora delle monache per forza! E se quelle che trovansi presentemente, come tu dici, sepolte vive, lo sono di loro spontanea volontà per rendersi vittime volontarie di amore a Dio e di espiazione per i peccati dei popoli, c’è a dire che menino vita triste, rabbiosa, e si reputino infelici! Ah! io vorrei che coloro, i quali hanno sì storte idee intorno a queste avventurate colombe, che gemono di amore tra i forami della pietra, potessero vedere da vicino la pace, la gioia, la felicità vera che esse godono, e poi capirebbero quanto grande sia il loro inganno. « Se havvi al mondo persone contente ed allegre, scrive il P. Gallerani, sono i religiosi; e ciò che più monta le comunità più strette ed osservanti sono le più giulive. Tal era fra gli altri il monastero delle Carmelitane, nel quale andò a rinchiudersi Madamigella Luisa di Francia, figlia del re Luigi XV, e se ne disse beata. Pochi giorni dopo il suo ingresso furono a visitarla le reali principesse sorelle sue. Era il tempo di pasqua, quando anche le Carmelitane interrompono il lor digiuno e le principesse curiose d’assistere alla cena della sorella scesero al refettorio. Alcune patate e un po’ di latte freddo formavano tutta la cena. Esse a tal vista sospirarono profondamente, ma Luisa rideva, e cibavasi del miglior gusto del mondo. Avvezza a portare nel secolo scarpine ben comode, quando dovette mutarle nei duri zoccoli carmelitani, se le gonfiaron le gambe sì fattamente che appena poteva camminare. Il suo letto poi, oltre che duro, era per giunta sì stretto che, nel voltarsi dormendo, le occorse più volte di dar del capo nelle pareti. Ma da queste e somiglianti avventure ella non faceva altro che trarre argomento di piacevoli celie per ricreare le sorelle. – « Credetemi, ella diceva, io sono assai più felice di quel che merito, e sotto ogni rispetto ho guadagnato venendo qui. È vero che a Versailles io avevo un buon letto, ma su quel letto io non dormiva sovente che sonni interrotti: qui invece su questo duro giaciglio, appena coricata, buona notte fino al suono della campanella. Là mi vedeva dinanzi una tavola ben servita, ma bene spesso io pativa d’inappetenza; dove qui a questa mensa sì parca io porto una fame che vale per ogni salsa. Là eran poche tre ore per far la mia toeletta, qui tre minuti son anche troppi. Là due cameriere intorno a me non bastavano: qui ho due mani che mi servono meglio di tutte le cameriere. Quanto poi alla pace dell’anima, mio Dio che differenza! Io posso ben dire con verità che un solo giorno passato nella casa del Signore mi dà più contentezza che non me ne davano mille nella mia reggia ». Cosi ella. Né si creda che fosse questo un fervor passeggero. Tutta la vita le corse così serena; talché venuto a visitarla, parecchi anni dopo, il famoso Gustavo Adolfo re di Svezia, ed avendo osservato tutto il mobile della sua cella, consistente in un crocifisso, un tavolino, una sedia e un saccone per letto, « Come, esclamò, è proprio qui che abita una principessa reale di Francia? » A cui ella « Sicuramente, rispose; ed è anche qui che si dorme meglio che alla Corte; è qui che si prende questa buona cera, che voi ora mi vedete in volto e che prima io non aveva ». Ecco l a vita triste e rabbiosa delle monache di clausura! … E questo fia suggel, che ogni uomo sganni!
— E d ora quanto al matrimonio vorrei domandarle: Perché la Chiesa si ostina a non
volerlo interamente cedere alle civili autorità?
⁕ E la Chiesa credi tu che potrebbe fare ciò senza tradire il suo dovere? Il matrimonio è anch’esso un Sacramento istituito da Gesù Cristo, e Sacramento grande, come dice S. Paolo, perché raffigura l’unione indissolubile che vi è tra Gesù Cristo e la Chiesa, sua mistica sposa. Ora poiché Gesù Cristo medesimo ha affidato la cura e l’amministrazione dei Sacramenti alla sua Chiesa, ed essa sola per l’autorità ricevuta da Gesù Cristo può mantenerli tutti e costantemente nella loro integrità e convenientemente regolarli, così essa sola può mantenere e regolare il Matrimonio nella perfezione a cui fu innalzato dal Divino Redentore; epperciò ad essa sola deve sottostare questo Sacramento come tutti gli altri. Che avverrebbe del Matrimonio se fosse abbandonato all’incostanza delle leggi civili, le quali spesso hanno origine dal capriccio e dalle passioni, e le quali cangiano secondo il mutarsi dei tempi, dei luoghi e delle persone?
— Ma nel Matrimonio oltre al Sacramento non c’è anche un contratto fra i due sposi? Regoli dunque la Chiesa il Sacramento e l’amministri a chi vuole riceverlo, lo Stato regolerà il contratto.
⁕ Ma qui sta lo sbaglio, caro amico. Perciocché non si possono separare nella pratica due cose che sgorgano da una sola e medesima causa come un solo e medesimo effetto. Vedi, nell’ordine cristiano per tal modo il contratto è congiunto al Sacramento, che non vi può essere vero e legittimo contratto per gli sposi, senza che sia perciò stesso Sacramento; giacché Gesù Cristo non ha aggiunto il Sacramento al contratto, ma il contratto stesso elevò a Sacramento, per modo che nel Matrimonio cristiano il contratto ed il Sacramento si identificano in una cosa unica ed indivisibile. È chiaro adunque, che il Matrimonio cristiano nella sua essenza e nelle sue proprietà fondamentali, che sono l’unità e la indissolubilità, non può sottostare ad altro potere che a quello della Chiesa. Invano il potere civile dice agli sposi cristiani: Io vi congiungo: in fondo alla loro coscienza congiunge un bel nulla. Invano direbbe: Io vi concedo il divorzio; voi potete separarvi; non concederebbe nulla: niuna separazione sarebbe perciò legittimata dinanzi a Dio. – E se vi hanno dei Cristiani, che non curando e fors’anche disprezzando l’insegnamento della Chiesa e il volere di Dio, nel contrarre la loro unione non facciano che il così detto matrimonio civile, dinanzi alla Chiesa e dinanzi a Dio essi non sono affatto marito e moglie, epperò si trovano in continuo stato di peccato mortale.
— Ma dunque la Chiesa nega allo Stato ogni potere sul Matrimonio?
⁕ No, amico; non esagerare le mie conclusioni. Non è questo che pretenda la Chiesa. Entrando la società coniugale nella società civile, dove può essere un elemento di prosperità o di disordine, è impossibile sottrarla all’autorità di coloro, che hanno l’ufficio di provvedere al bene ed all’ordine pubblico. Per la prosperità di una nazione, per la sicurezza delle famiglie, pel giusto ordinamento della vita sociale può essere necessario che lo Stato in cose accessorie stabilisca per i contraenti il Matrimonio delle condizioni giuste, ragionevoli e salutari, a cui il Cristiano deve sottomettersi in coscienza. Che anzi non solo il potere civile deve regolare le cose accessorie del Matrimonio, ma ei dovrebbe altresì, per rispondere esattamente al suo ufficio, esigere e tutelare la santità del Sacramento. Col che, non solo egli presterebbe concorde la mano all’autorità della Chiesa, ma favorirebbe pure sommamente la vera libertà de’ suoi dipendenti, evitando per tal modo che dalle sue leggi siano talvolta impediti di santamente regolare lo stato di loro coscienza. – La Chiesa adunque non nega alla civile autorità ogni potere intorno al Matrimonio, che anzi di certi poteri vorrebbe pel bene de’ suoi figliuoli un ben più attivo esercizio; e nello stato presente di cose vuole che i fedeli compiano il così detto atto civile per assicurare ai coniugati ed alla loro prole gli effetti civili, ma la Chiesa vuole soprattutto, e in nome di Dio comanda, che il Matrimonio sia celebrato dinanzi al suo rappresentante, il sacerdote, e i Cristiani si regolino secondo la giusta credenza che il Matrimonio è un Sacramento, il quale importa un nodo indissolubile.
— Ma perché la Chiesa vuole assolutamente che questo nodo sia indissolubile?
⁕ Perché la Chiesa non può volere diversamente dal modo che vuole Iddio. E l’indissolubilità è condizione essenziale al matrimonio, secondo l’ordinamento datogli dallo stesso Dio fìn dal principio dei tempi e rinnovato chiaramente da Gesù Cristo nel santo Vangelo, dove disse: « Ciò che Dio ha congiunto, l’uomo non si attenti di separare ».
— Dunque, quando pure le leggi dello Stato approvino e concedano il divorzio, non sarà mai in nessun caso possibile?
⁕ No, mai e poi mai, neppure nel caso in cui i coniugi fossero condannati a stare per sempre separati l’un dall’altro, come ad esempio se il marito fosse condannato al carcere a vita, o fosse partito per lontano paese, dal quale non intende più ritornare. Insomma per volere di Dio il Matrimonio cristiano è un vincolo indissolubile e nessun pretesto avrà forza di romperlo. Il divorzio che si attenta di farlo non è che un orribile mostro, che senza riuscirvi, con la sua immonda bava ne avvelena l’intima vita, cagionandone spaventosi ed indicibili mali. Ma di questo basti così.
— E basti pure, perché neppur io ricerco altro.