IL TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO
Mons. J. J. Gaume:
[vers. Ital. A. Carraresi, vol. I, Tip. Ed. Ciardi, Firenze, 1887; impr.]
CAPITOLO V.
Conseguenze di questa Divisione.
Espulsione degli angeli ribelli — Loro dimora: l’inferno e l’aria — Passi di san Pietro e di san Paolo — di Porfirio — di Eusebio — Di Beda — di Viguiero — di san Tommaso — Ragione di questa doppia dimora — Dal Cielo discende la lotta sulla terra — L’odio contro il domina dell’Incarnazione, ultima parola di tutte le eresie e di tutte le rivoluzioni, innanzi e dopo la predicazione del Vangelo — Odio particolare di Satana contro la donna — Prove e ragioni.
E il Dragone, aggiunge l’Apostolo, venne precipitato sulla terra, projectus in terram. [Et postquam vidit Draco quod projectus esset in terram, etc. Apoc., XII, 18]. – Qual è questa terra? Parlando della caduta di Lucifero e de’ suoi complici, san Pietro dice che Dio gli ha precipitati nell’inferno, dove sono tormentati e tenuti in riserva sino al dì del giudicio. [Rudentibus inferni detractos in tartarum tradidit cruciandos, in judicium reservari, II Petr. II, 4]. Altrove egli ci esorta alla vigilanza prevenendoci che il demonio, simile ad un leone che ruggisce, gira di continuo a noi d’intorno per divorarci. [Vigilate quia adversarius vester diabolus tanquam leo rugiens, Circuit quaerens quem devoret. I Petr., V, 8]. – San Paolo dal canto suo, chiama Satana il principe delle potenze dell’aria, ed avvisa l’uman genere di porsi indosso la sua divina armatura a fine di poter resistere agli assalti del demonio. « Per noi, dice egli, la lotta non è contro i nemici di carne e di sangue, ma contro i principi e le potenze, contro i governatori di questo mondo di tenebre, gli spiriti maligni, che abitano nell’aria. » [Secundum principem potestatis aeris hujus. Ad Ephes. II, 2. — Induite vos armaturam Dei, ut possitis stare adversus insidias diaboli. Quoniam non est nobis colluctatio adversus carnem et sanguinem; sed adversus principes et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum, cantra spiritualia nequitiæ, in cœlestibus. Id., VI, 11 et 12]. A questo modo, i due organi più illustri della verità, san Pietro e san Paolo, danno a vicenda per abitazione agli angeli caduti, l’inferno e 1’aria che ci circondano. Malgrado un’apparente contradizione, il loro linguaggio è esatto: è l’eco rimbombante della tradizione universale. Sotto il nome di Plutone o di Serapide, gli antichi popoli non hanno eglino forse ammesso un re dell’inferno, che abita le tenebrose regioni del Tartaro, e circondato da dii infernali satelliti suoi e suoi cortigiani Non hanno essi nel tempo stesso proclamato con mille sacrifici, con mille suppliche, mille differenti riti, la presenza di quelli dèi infernali negli strati inferiori della nostra atmosfera, insieme alla loro malefica azione sull’uomo e sul mondo? Dice Porfirio: « Non è invano che noi crediamo soggetti i demoni malvagi a Serapide, che è lo stesso dio di Plutone. E poiché questo genere di demoni abita i luoghi più prossimi alla terra, all’ oggetto di saziare più liberamente e più di sovente le loro abominevoli inclinazioni, non v’è sorta di delitti ch’essi non abbiano costume di tentare e di far commettere. » [Improbos dæmones Serapi subditos esse haud temere suspicamux…. atque idem prorsus qui Fiuto deus iste est. Porphyr., apud Eìiseb., Præp, Evang., ibid. IV, cap. XXIII, etc. — Hoc genus dæmonum, ut in locis terræ vicinioribus cupiditatis explendæ causa libentius frequentiusque versatur, nihil piane, sceleris est, quod moliri non soleat. Ibid., lib. IV, cap. XXII]. – Sotto questo rapporto il linguaggio dell’ umanità cristiana è simile a quello dell’umanità pagana. I Padri della Chiesa parlano come i filosofi. Ecco quel che dice il Signore rivolgendosi a Lucifero: « Tu fosti generato sul monte santo di Dio; tu nascesti in mezzo a pietre rilucenti di fuoco. Tu le sorpassavi per splendore sino al dì in cui l’iniquità penetrò nel cuor tuo. La tua scienza si è corrotta con la tua beltà, e ti ho precipitato sulla terra. » [Ezech. XXVIII, 14 e seg.]. – « Da queste parole e da altre ancora, noi veniamo chiaramente a conoscere, dice Eusebio, il primo stato di Lucifero fra le più divine potenze e la sua caduta dal più alto grado, a motivo del suo orgoglio segreto e della sua rivolta contro Dio. Ma sotto di lui troviamo miriadi di spiriti dello stesso genere, inclinati alle stesse prevaricazioni, ed a causa della loro empietà espulsi dal beato soggiorno. Invece di quello splendido cerchio di luce, soggiorno della Divinità, invece di quella gloria che brilla nella celeste magione, invece della società dei cori angelici, essi abitano la dimora preparata per gli empii, per la giusta sentenza di Dio onnipotente, il Tartaro, che i libri santi designano sotto il nome d’abisso e di tenebre. « A fine di esercitare gli atleti della virtù e di arricchirli di meriti, una parte di questi esseri maligni ha ricevuto da Dio il permesso di abitare intorno alla terra, nelle regioni inferiori dell’aria. Questa è divenuta la causa concomitante del politeismo, che non val meglio dell’ateismo; è quella che la Scrittura nomina coi nomi che le convengono: di spiriti malvagi, di demoni, di principati e di potenze, di principi del mondo, di re malefici dell’aria. Altre volte in vista di rassicurare gli uomini, suoi dilettissimi, Iddio gli designa sotto tanti simboli, per es. allorché dice: Voi camminerete sull’aspide e sul basilisco; voi calpesterete il leone e il dragone. » [Praep. Evang., lib. VII, cap. XVI.]. – Per omettere altri venti nomi, Beda il venerabile, nell’ottavo secolo, parlava in Occidente come Eusebio, al quarto secolo, aveva parlato in Oriente. Ecco le sue parole: « Sia che i demoni sorvolino nell’aria o ch’essi percorrano la terra, ossia che vaghino nel centro del globo, o che vi siano come incatenati, dappertutto e sempre portano seco le fiamme che gli tormentano: simili al febbricitante che stando in un letto d’avorio, o esposto al raggi del sole, non può evitare il calore o il freddo inerente alla sua infermità; cosi i demoni, ancorché siano onorati in splendidi templi, o che percorrano gli spazi immensi dell’ aria, non cessano per questo di ardere del fuoco dell’ inferno. » [Comment. in cap, in, epist. Jacob.]. – Più tardi un altro testimonio della fede universale si esprime in questi termini: « Una parte degli angeli cattivi, cacciati dal cielo, è rimasta nella oscura regione delle nuvole, vale a dire, negli strati mezzani e inferiori dell’atmosfera, portando seco l’inferno. Essi stanno ivi per una disposizione della Provvidenza, per tenere in esercizio gli nomini. Un’altra parte è stata precipitata nell’inferno, spogliata di ogni nobiltà e di ogni dignità non però naturale, attesoché, come insegna san Dionigi, gli angeli caduti non hanno perduto i loro doni naturali, ma bensì i doni gratuiti, vale a dire l’amicizia di Dio, le virtù e i doni dello Spirito Santo, chiamati da Isaia le delizie del Paradiso. » [Viguier, c. m, § 2, v. 15, p. 97]. – San Tommaso col suo acume ordinario scopre la ragione di questo doppio soggiorno: « La Provvidenza, dice l’angelico dottore, conduce l’uomo al suo fine in due maniere: direttamente, portandolo al bene, che è il ministero degli Angeli buoni: indirettamente, esercitandolo alla lotta contro il male. Conveniva che questa seconda maniera di procurare il bene dell’uomo fosse affidata agli angeli cattivi, affinché essi non fossero del tutto inutili all’ordine generale. Da ciò deriva che vi sono per essi due luoghi di tormenti; uno per ragione della loro colpa, ed è l’inferno; l’altro per ragione dell’esercizio che essi debbono procurare all’uomo, ed è la tenebrosa atmosfera che ci circonda. « Ora, procurare la salute dell’uomo deve durare fino al giorno del giudizio: dunque durerà fino allora il ministero degli Angeli buoni e la tentazione dei cattivi. Cosi gli Angeli buoni, continueranno ad esserci mandati fino all’ultimo giorno del mondo, ed i cattivi seguiteranno ad abitare le regioni inferiori dell’aria. Per altro ve ne sono alcuni tra di loro che dimorano nell’inferno per tormentare quelli che vi sono trascinati; come pure una parte degli angeli buoni rimane nel cielo con le anime dei santi. Ma dopo il giudizio, tutti i cattivi, tanto uomini che angeli, saranno nell’inferno, e tutti i buoni nel cielo.1 » [Pars I, q. LXIV, art. 4, corp.]. – Il testo sacro continuala dire: Il Dragone precipitato che fu una volta sulla terra, si mise a perseguitare la Donna, persecutus est mulierem. Quale è questa persecuzione? Non è altro che la continuazione della gran battaglia di Lucifero e degli angeli suoi, contro il Verbo incarnato. Sulla terra come nel cielo, oggi come al principio e sino alla fine del mondo, sono gli stessi combattenti, le armi stesse, lo stesso fine. Qui sta tutta la filosofia dell’istoria passata, presente e futura. Ohi non capisce ciò, non capirà mai nulla del grande enimma, che si chiama la vita del genere umano sulla terra. Noi abbiamo visto, e pigliando ad imprestito le parole di Cornelio a Lapide, ripetiamo che: « Il peccato di Lucifero e dei suoi angeli fu un peccato di superbia. Essi avendo avuto conoscenza del mistero dell’Incarnazione, videro con gelosia preferita la natura umana all’angelica. Di qui l’odio loro contro il Figlio della Donna, vale a dire il Cristo. Di qui la loro guerra nel cielo, guerra a morte che essi continuano sulla terra.2 » (Apoc. XII, 4). – Lucifero e i suoi satelliti non essendosi potuti opporre al decreto dell’unione ipostatica della natura divina con l’umana, sono costantemente e unicamente occupati a deluderlo nei suoi effetti. Rendere impossibile o inutile la fede al dogma dell’Incarnazione; tale è l’ultima parola di tutti i loro sforzi. Apriamo la storia. Mercé la malizia del demonio, l’uomo che sopra ogni altro doveva profittare dell’Incarnazione, incomincia per divenire prevaricatore. Satana per ritenerlo eternamente lontano dal Verbo suo liberatore, aggrava il suo nobile schiavo di una triplice catena. Sino alla venuta del Messia, tre grandi errori dominano le nazioni: il Panteismo, il Materialismo, il Razionalismo. Questi tre grandi errori si riassumono in un solo, che n’è il principio e la fine; il Satanismo. – Queste mostruose eresie, madri di tutte le altre, tendono, come è facile vederlo, a rendere radicalmente impossibile la credenza al domma dell’Incarnazione.
1) Il Panteismo: se tutto è Dio, l’Incarnazione è inutile.
2) Il Materialismo: se tutto è materia, l’Incarnazione è assurda;
3) Il Razionalismo: se la suprema sapienza è credere alla sola ragione, l’Incarnazione é chimerica.
Questo in quanto alle nazioni pagane. – Quanto al popolo ebreo, incaricato di conservare la promessa del gran Mistero, tutti gli sforzi di satana hanno per fine di trascinarlo nell’idolatria. Diverse volte, almeno in parte, vi riuscì. Israele ai piè degli idoli perde persino la memoria del Verbo incarnato, futuro liberatore del mondo. Allora, satana regna in pace sull’uman genere vinto, e la storia dell’antichità non è che la storia del suo insolente trionfo. Che cosa vediamo noi allorché giunge la pienezza dei tempi? Da tutte le parti arrossiscono le infernali potenze. La guerra contro il dogma dell’Incarnazione ricomincia con un accanimento indicibile. Per impedire che si stabilisca, satana scatena le persecuzioni; e per rovinarlo nello spirito di coloro che l’hanno accettato egli scatena le eresie. Per otto secoli, dal tempo degli Apostoli sino ad Elipando ed a Felice di Urgel, passando per Ario, lo sforzo dell’Inferno si porta direttamente sul dogma dell’Incarnazione. Lo stesso assalto più o meno mascherato continua nei secoli susseguenti. – Per un ricorso troppo significativo, la divinità del nostro Signore, o il mistero della Incarnazione, chiave di volta del mondo soprannaturale, è ridiventata sotto i nostri occhi, ciò ch’essa fu al principio, il fine confessato, il punto capitale, l’ultima parola dell’eterno combattimento. Ario non è egli risuscitato ed abbellito in Strauss, in Renan e consorti, corifei della lotta presente? satana nell’aspettare la rovina quasi totale della fede verso il dogma riparatore, funesta vittoria che gli è annunziata per gli ultimi giorni del mondo, moltiplica i suoi sforzi, a fine di renderla inutile a coloro che la conservano ancora. Egli spinge oggi i Cristiani, come anticamente gli ebrei, a ogni sorta d’iniquità: che è ciò che san Paolo chiama l’idolatria spirituale, il cui effetto immediato è di annientare in tutto o in parte la salutare influenza dell’augusto mistero. (Quod est idolorum servitus. Gal., v. 20). – L’oggetto eterno dell’odio di satana, è dunque il Verbo incarnato; ecco l’ultima parola delle persecuzioni, degli scismi, delle eresie, degli scandali, delle tentazioni e delle rivoluzioni sociali: in altri termini, ecco la spiegazione della gran battaglia che, incominciata nel cielo, si perpetua sulla terra, per far capo all’eternità della felicità, ovvero all’eternità della infelicità. – Ma perché l’Incarnazione è stata, è tuttavia, e sarà sempre l’unico oggetto della lotta tra il cielo e l’inferno? Questa questione è fondamentale. Solamente la risposta può spiegare l’eterno accanimento di tal battaglia, come pure la natura e l’insieme dei mezzi adoperati dall’assalto e dalla difesa. L’Incarnazione è la base di tutto il Cristianesimo. Ma qual è il fine dell’Incarnazione? Già l’abbiamo indicato: è di deificare l ‘uomo. (Il lettore cattolico intende da se, quanto questa deificazione della quale parla l’autore, nel significato cattolico sia lontana dall’assurdità che avrebbe, intesa nel significato panteìstico. Del resto l’autore più sotto spiega anche con maggiore evidenza il suo pensiero. (V. d. Ed.). – Iddio non se lo è nascosto. Le sue parole, ripetute venti volte, manifestano il suo consiglio. « Io l’ho detto: voi siete tanti Dei e tutti figli dell’Altissimo. Si chiameranno: Figli del Dio vivente. Siate perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste medesimo; imperocché voi partecipate della natura divina. Vi è stato dato il potere di diventare figli di Dio. Vedete dunque qual è la carità del Padre, egli vuole che non solo siamo chiamati, ma che siamo realmente figli di Dio.2 » (Ego dixi: Dii estis et filii Excelsi omnes. Ps LXXXI , 6. — Dicetur eis: Filii Dei viventis. Osee, I, 10. — Estote ergo vos perfecti, sicut et Pater vester coelestis perfectus est. Matth., V, 48. — Divinæ consortes naturæ. II Petr., i, 4. — Dedit eis potestatem filios Dei fieri. Joan., I, 12. — Videte qualem charitatem dedit nobis Pater, ut filii Dei nommemur et simus. I Joan., III, 1). – L’uomo conosce il divino consiglio, e lo ha sempre conosciuto. Sa, ed ha sempre saputo, nel significato cattolico della parola, ch’egli deve diventare Dio. Egli vi aspira con tutte le potenze del suo essere. Satana pure lo sa, e prende l’uomo per questo verso. Mangiate di quel frutto e voi sarete come Dio, questa è la prima parola che egli gli indirizza. (Gen., III. 5). Tale n’è il significato: « Voi dovete essere tanti Dii, lo so e non lo contrasto. Soltanto vi propongo un mezzo breve e facile per divenirlo. Per essere Dii vi è stato detto: umiliatevi; obbedite; astenetevi; riconoscete la vostra dipendenza. Sottoporvi a simili condizioni, è volgere il tergo alfine. L’abbassarsi non può condurre all’innalzamento. Volete voi giungervi? rompete i vostri lacci, il primo passo verso la deificazione è la libertà. » – Avvi del vero in queste parole come in qualsisia eresia: il vero è che l’uomo dev’essere divinizzato. Il falso è ch’egli possa divenirlo seguendo la via indicata da satana. Perciò, notiamolo bene; comunque strana ella sia, questa promessa di deificazione non eccita nei padri dell’uman genere, né meraviglia, né indignazione, né sorriso di disprezzo. Essi l’accolgono; e, per averla presa nel significato del tentatore, si perdono accogliendola. Per conseguenza, san Tommaso nota con ragione che il principale peccato dei nostri primi padri non fu né la disobbedienza, né la gola, ma bensì il desiderio disordinato di diventare simili a Dio. La disobbedienza e la gola furono i mezzi; l’ambizione illegittima d’esserle come Dii, fu lo scopo finale della loro prevaricazione. – « Il primo uomo, dice il gran dottore, peccò principalmente pel desiderio di diventare simile a Dio quanto alla scienza del bene e del male, secondo la suggestione del serpente: in modo da potere, con le sole forze della sua natura stabilire da sé medesimo le regole del bene o del male; o conoscere anticipatamente e da se stesso la felicità o l’infelicità che poteva avvenirgli. In secondo luogo peccò pel desiderio di diventare simile a Dio, quanto alla potenza d’agire, in modo da giungere alla beatitudine con le proprie sue forze. » (2a 2ae, q. LXIII, art. 2, corp.). Qui san Tommaso non è altro che l’eco di sant’Agostino che dice chiaramente: « Adamo ed Èva vollero rapire la divinità, e persero la felicità. » (Adam et Èva rapere voluerunt divinitatem et perdiderunt felicitatem. Gloss. in Ps. LXIII). Che certi antropologi la cui audacia giunge persino a negare l’unità della specie umana, spieghino l’influenza di questa magica parola sopra tutti gli abitanti del globo: voi sarete come Dii. Questa parola vincitrice, or son mille anni, dei padri della nostra stirpe, satana la ripete costantemente alla posterità loro, e ne ottiene lo stesso successo: egli non ne conosce altre, ed infatti quella gli basta. La psicologia del male, studiata con attenzione, dimostra che un desiderio di divinità è nel fondo di tutte le tentazioni: le vittime di satana non sono sue vittime, tranne che per aver voluto essere come tanti Dii. In conclusione, tanto per parte dello Spirito di luce che per parte dello Spirito di tenebre, tutto si raggira intorno alla divinizzazione dell’uomo. Il primo vuole operarla con l’umiltà; il secondo con l’orgoglio. Uno dice all’uomo sulla terra, la parola apoteizzante che dice all’Angelo in cielo: Sottomissione. L’altro ripete all’uomo la parola corrompitrice, che egli stesso pronunziò in cielo: Indipendenza. Da questi due principii opposti scaturiscono, come due rivi dalle loro sorgenti, i mezzi contradittorii dell’apoteosi divina, e dell’apoteosi satanica. – È inutile aggiungere che la prima è la verità, la seconda, una contraffazione; che l’una rende l’uomo veramente figlio di Dio, immagine viva delle sue perfezioni, erede del suo regno, compagno della sua gloria; e l’altra, figlio di satana, complice della sua ribellione e compagno del suo castigo. Esiste per altro, tra questi opposti mezzi, un parallelismo completo, che noi faremo conoscere più tardi; imperocché non è il minor pericolo della grande persecuzione dell’angelo caduto. « Lucifero e i suoi ministri faranno grandi prodigi, e cose meravigliose in modo da sedurre, se fosse possibile, gli stessi eletti: (Matth. XXIV, 24) » tale è l’avvertimento troppo dimenticato del Divino maestro. Vero in tutti i tempi, sembra divenirlo oggi più che mai, e domani lo sarà ancor più d’oggidì. L’Apostolo termina la grande istoria del male, dicendo: E il Dragone perseguitò la donna che partorì il figliuolo: Persecutus est mulierem quæ peperit fìlium. – La persecuzione ci è nota; ma qual donna ne è l’oggetto? È la donna per eccellenza, madre del figlio per eccellenza. È la donna di cui fu detto allo stesso Dragone, subito dopo la sua prima vittoria: « Io decreterò la guerra tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua; essa ti schiaccerà il capo, e tu tenderai dell’insidie al suo calcagno. (Gen. III, 15) » Volete voi conoscerla? Porgete l’orecchio alla voce dei secoli passati e dei secoli presenti: tutti ripetono il nome di Maria. – Ma come mai Maria, il cui passaggio sulla terra si è compiuto in pochi anni, in un angolo oscuro della Palestina, può Ella essere l’oggetto di una persecuzione cosi durevole quanto i secoli, e così estesa quanto il mondo? Maria è la Donna immortale. Quaranta secoli avanti la sua nascita essa viveva in Eva; e satana lo sapeva. Dopo diciotto secoli, ella vive nella Chiesa, e satana neppure questo ignora. Ma viveva in Eva. Ella vi viveva come la figlia nella madre sua, o piuttosto come il tipo in un ritratto. Secondo i Padri, Adamo fu formato sul modello del Verbo incarnato, ed Eva su quello di Maria. Sin dall’origine, Maria fu in Eva la madre di tutti i viventi, perché Ella doveva partorire la vita: Mater cunctorum viventium. Questo mistero, noto a satana, spiega il di lui odio particolare contro la donna. Certo la donna colpevole è stata condannata alla dipendenza dell’uomo, e ai dolori propri al suo sesso. Ma questa condanna basta ella per spiegare la sua trista condizione in tutti i secoli e su tutti i punti del globo? Che cosa sono i patimenti dell’uomo paragonati alle umiliazioni, agli oltraggi, ai dolori della donna? Donde deriva questa differenza? Il credere che ella, abbia la sua causa unicamente nella colpabilità maggiore della donna primitiva, ci sembra una affermazione arrischiata, per non dire un errore. – È vero, che secondo san Tommaso, il peccato di Eva fu, sotto molti rapporti, più grande di quello di Adamo; ma è vero altresì che, secondo lo stesso dottore, il peccato d’Adamo relativamente alla persona, fu maggiore di quello di Eva. (2a 2æ, q. CLXIII, art. 4, corp.) Come fare a provare che agli occhi della giustizia divina non vi sia una sorta di compenso che riconduca i colpevoli all’eguaglianza? Se rimane una differenza sfavorevole alla donna, basta ella a giustificare l’enorme aggravio della sua pena? Basta a spiegare soprattutto la indubitabile preferenza che ha sempre avuta nell’odio di satana? In tutti i paesi dove egli ha regnato, e dove regna tuttora, essa è la più infelice creatura che sia sotto il cielo. Nata schiava, bestia da soma, battuta, venduta, oltraggiata in ogni maniera, oppressa dalle più dure fatiche, la sua istoria non può scriversi che con lacrime di sangue e di loto. Perché questa ferocia del Dragone contro l’essere il più debole, e da cui pare per conseguenza che si abbia meno da temere? Donde viene quella predilezione nello scegliere la donna, e soprattutto la giovinetta per medium, per organo delle sue menzogne, per istrumento delle sue ridicole o colpevoli manifestazioni? (La storia è piena di queste vergognose preferenze). – Noi non potremmo dubitare esser questa una vendetta del Dragone. Nella donna, e soprattutto nella vergine, egli vede Maria. Egli vede quella che gli deve schiacciare il capo; e perciò vuole ad ogni costo tormentare la donna, avvilirla, degradarla, sia per vendicarsi della sua disfatta, ossia per impedire al mondo di credere alla incomparabile dignità della donna, e scuotere cosi fino nelle sue fondamenta il dogma dell’Incarnazione: Persecutus est mulierem. (Questa preferenza dell’odio, dice Camerario, si osserva persino nell’ordine puramente fisico. L’opinione è che i serpenti, nemici crudeli dell’uomo, lo sono ancor più della donna; essi l’assalgono più spesso e più spesso la uccidono co’ loro morsi. Un fatto evidente lo conferma, ed e che se vi ha una sola donna in una gran quantità d’uomini, è quella che il serpente cerca di mordere. « Id enim in eo maxime perspicitur, quod etiam in turba frequentissima virorum, serpens unius mulieris, etiam si sola fuerit, calcibus insidiari consueverit. » Medit. Hist., par I, cap. IX, p. 81). – Ma calcolando bene, non parrebbe egli più giusto che dovesse l’uomo e non la donna avere la preferenza nell’odio di satana? Poiché alla fine non è la donna ma l’uomo-Dio che ha distrutto l’impero del demonio. Certo, il vincitor del Dragone è il Figlio della Donna; ma è vero altresi che senza la donna, senza Maria, questo vincitore non sarebbe esistito; e che satana continuerebbe ad essere pacificamente ciò che egli fu in antico, il dio ed il re di questo mondo. L’osservazione è tanto più giusta, in quanto che il vincitore di satana non è venuto dall’uomo, ma dalla donna, senza veruna partecipazione dell’uomo. A ragione dunque incolpò il Dragone non l’uomo ma la donna, della sua disfatta. Per questa stessa ragione dunque Iddio medesimo gli annunziò che la donna e non l’uomo, gli schiaccerebbe il capo: e così in fine la Chiesa fece omaggio a Maria delle sue vittorie, e fece ripetere a Lei da tutte le parti del globo: Rallegrati, o Maria; tu sola hai distrutto tutte le eresie da un capo all’altro della terra. (Gaude, Maria Virgo, cunctas haereses sola interemisti in universo mundo. Brev. Rom., offic. B. M. Virg.) A giusto titolo dunque la donna è l’oggetto preferito dall’odio di satana: Persecutus est mulierem. Insomma a tutti i trionfi di Maria corrispondono i ruggiti del Dragone, ed essi divengono tanto più spaventosi, quanto è più sorprendente il trionfo. Oh come queste idee così ragionevoli insieme e misteriose, cosi sublimi e così semplici, spiegano a meraviglia la lotta feroce, inaudita, della quale siamo noi oggidì i testimoni! Per sollevare tanti furori che cosa ha fatto la Chiesa? È inutile il domandarlo. Essa proclamando il dogma dell’Immacolata Concezione ha glorificato l’eterna nemica di satana di una gloria sin qui sconosciuta. Ora, con l’innalzare sino agli ultimi estremi il trionfo di Maria, ha fatto cadere sul Dragone l’ultimo scoppio della folgore da cui fu minacciato sei mila anni fa. È veramente oggi che il piede verginale della donna gravita con tutto il suo pondo sul capo del serpente. Che Pio IX soffra di angosce inaudite, egli le ha ben meritate. (L’acuto lettore non avrà mancato di osservare, che lo studio profondo dell’autore sui mali dei suoi tempi, e sulle vere cause di quelli, lo fa apparire, quasi diremmo, dotato di lume profetico. Anche dopoché l’autore dettava queste pagine stupende, quanto non è cresciuta la rabbia di satana, e dei suoi complici! Quanto maggiormente inaudite divennero le angosce di Pio IX, finché la Vergine glorificata da lui non lo chiamava al cielo, nel momento che i sacri bronzi invitavano i pii fedeli a benedire Colei che per la divina Maternità era stata l’oggetto costante dell’odio di Satana! – N. d. Ed.-). – Essendo Maria stata perseguitata in Eva sua madre, e in tutte le donne, sue sorelle, con una rabbia la cui storia può appena delinearne di nuovo il quadro, lo fu eziandio nella sua persona. Dal presepio alla croce qual fu la sua vita? Donna dei dolori, come suo figlio fu l’uomo dei dolori, ad Ella appartiene il diritto esclusivo di ripetere di generazione in generazione: « O voi tutti che passate per via, osservate e vedete se v’è un dolore da paragonarsi al mio! (O vos omnes, qui transitis per viam, attendite et videte si est dolor sicut dolor meus. Thren., I, 12). » A nessun altro; e per conseguenza conviene come a Lei, il titolo di Regina dei Martiri. – Muore Maria, e la persecuzione non si ferma dinanzi alla sua tomba. Infatti, come Maria aveva vissuto in Eva, sua madre e sua figura, così ella vive nella Chiesa, sua figlia e suo prolungamento. Diciamo la sua Figlia, poiché il sangue divino che ha partorito la Chiesa è il sangue di Maria. (Beata Virgo Maria, ait Ambrosius, mater est, imo avia Ecclesiæ; quia eum peperit, qui caput et parens est Ecclesiæ. – Apud Corn. a Lap. in Apoc., XII, 1). Noi diciamo il suo prolungamento; perché la Chiesa è come Maria, Vergine e Madre tutt’insieme: vergine, perché l’errore non l’ha mai macchiata; madre, perché essa partorisce -tanti Cristi quanti partorisce Cristiani: Chrìstianus alter Christus. Maria fu la sposa dello Spirito Santo; la Chiesa ha lo stesso privilegio. È desso che la protegge, che la nutrisce, che ne piglia cura e che la fa Madre d’innumerevoli figli.33 (Corn. a Lap. in Gen. III, et in Apoc., XIII, 1). – Così, la donna, oggetto dell’odio eterno del Dragone, è Eva, è Maria, è la Chiesa, o meglio è Maria sempre vivente in Eva e nella Chiesa. Donna per eccellenza, in cui un privilegio senza esempio riunisce le più incompatibili glorie della donna, l’integrità della vergine e la fecondità della madre: Donna della Genesi e dell’Apocalisse, posta al principio ed alla fine di tutte le cose; sii benedetta! La tua eccellenza ci dà l’ultima parola della grande lotta che senza di te nessuno saprebbe capire; come pure la tua missione, immortale come la tua esistenza, spiega l’immortalità dell’odio infernale del quale tu sei l’oggetto, e noi con te: Persecutus est mulierem quæ peperìt masculum.