IL TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO
Mons. J. J. Gaume:
[vers. Ital. A. Carraresi, vol. I. , Tip. Ed. Ciardi, Firenze, 1887; impr.]
INTRODUZIONE -1-
– Ignoto Deo –
(Al Dio ignoto: Act. XVIII, 23)
I.
Quest’opera ha per oggetto di far conoscere, per quanto dipende da noi, la terza Persona della Santa Trinità in se medesima e nelle sue opere. Parecchi motivi ci hanno determinato ad intraprenderla. Il principale è la gloria dello Spirito Santo. Dio essendo la carità per essenza, (Deus charitas est – 1 Joan. IV; 16). tutte le opere sue sono amore. Creare, conservare, redimere, glorificare, è amare. Ora lo Spirito Santo è l’amore consustanziale del Padre e del Figliuolo: dunque Egli è in tutte le opere loro. Per Lui le altre due Persone dell’augusta Trinità si pongono, a dir così, in commercio col mondo. Quindi quella parola di san Tommaso : « Lo Spirito Santo è il principal dono di Dio » (Cum Spiritus Sanctus procedat ut amor, procedit in ratione primi doni. P. 1, q. xxxviii, art. 2, corp.1), come quell’altra di san Basilio: « Tutto ciò che le creature del cielo e della terra posseggono nell’ordine della natura, come pure nell’ordine della grazia, proviene loro dallo Spirito Santo. (Liber de Spir. Sanc. Cap. XXIX) » Non parrebbe che questo divino Spirito dovesse per un giusto ricambio occupare il primo luogo nei nostri pensieri e nella nostra riconoscenza? pur nonostante per una strana inversione quasi nessuno pensa a Lui. Si conosce il Padre, lo si rispetta, lo si ama; e come potrebb’essere altrimenti? Le opere sue sono palpabili e sempre presenti agli occhi del corpo. Le magnificenze dei Cieli, le ricchezze della terra, l’immensità dell’Oceano, i muggiti dei flutti, il rombo del tuono, l’armonia meravigliosa che regna in tutte le parti dell’universo, ripetono con una eloquenza intesa da tutti, l’esistenza, la sapienza e la potenza di Dio Padre, e conservatore di tutto ciò che è. Conosciamo il Figlio, lo rispettiamo, lo amiamo; e i predicatori che di Lui parlano, non sono meno numerosi di quelli del Padre, né meno eloquenti. La storia così commovente, della nascita, della vita, e della sua morte; la croce, i templi, le immagini, i quadri, il sacrificio dell’altare, e le feste, rendono popolari i differenti misteri delle sue umiliazioni, del suo amore e della gloria sua. Infine l’Eucaristia che lo tiene personalmente presente nei tabernacoli, fa gravitare verso di Lui tutta la vita Cattolica, dalla nascita fino alla morte. Accade egli lo stesso dello Spirito Santo? Le sue opere proprie non sono sensibili come quelle del Padre e del Figliuolo. La santificazione che Egli opera nelle nostre anime, la vita che Egli diffonde dovunque, sfugge alla vista ed al tatto. Egli non si è fatto carne come il Figliuolo, né come Lui ha mai abitato sotto una forma umana tra i figli d’Adamo. Solamente tre volte Egli si è mostrato sotto un emblema sensibile, ma passeggiero: in forma di colomba sul Giordano, come nuvola luminosa sul Thabor, in lingua di fuoco nel Cenacolo. Le arti rappresentandolo, non hanno, come per il Nostro Signore, trovato mai modo di variare i loro quadri. Due simboli: ecco tutti i mezzi plastici lasciati alla pietà per conservare nella memoria la sua esistenza ed i suoi benefìzi. (Sappiamo che la Chiesa ha proibito di rappresentare lo Spirito Santo in altro modo che sotto la forma di una colomba o di lingue di fuoco, «, Spiritus Sancti imagines sub humana juvenis forma damnantur et prohibentur…. Spiritus Sancti tamen imagines in forma columbæ approbantur et permittuntur. Item in figura linguarum ignis, uti repraesentatur mysterium Pentecostes. » Benedict. X IV Bull. Sollicitudinis) – Parimente, qual cognizione abbiamo noi dello Spirito Santo nel mondo attuale come pure tra i Cristiani? Dove sono i voti che a Lui indirizziamo, il culto che gli si rende, la confidenza e l’amore che gli testifìchiamo, l’espressione seria, sorretta dal continuo bisogno che abbiamo della sua assistenza? Lo stesso suo nome pronunziato nel segno della croce, risveglia egli gli stessi sentimenti di quelli del Padre e del Figliuolo? È cosa trista, ma pur troppo bisogna dirlo; la terza Persona della Trinità nell’ordine nominale, cioè lo Spirito Santo, è altresì l’ultima nella conoscenza e negli omaggi della maggior parte dei Cristiani. Questo oblio troppo colpevole forma, sé il dirlo è lecito, il calvario dello Spirito Santo. Ora se la passione della seconda Persona dell’adorabile Trinità commuove il Cristiano fin nelle profondità del suo essere, come mai vedremo con sangue freddo la passione della terza? Non è lo stesso abbandono, lo stesso disprezzo, e assai di sovente le stesse bestemmie? Non vi sembra egli udire dalla bocca del divino Spirito il lamento che usciva dai labbri moribondi dell’Uomo dei dolori: « Ho atteso che qualcuno dividesse meco i miei patimenti e non è comparso nessuno; neppure, un solo consolatore ho trovato! (Sustinui qui simul còntristaretur, et non fuit; et qui consolaretur, et non inveni. Ps. XLV, 21) » – Consolare lo Spirito Santo, o almeno comportarsi col Verbo Incarnato, come Simone Cireneo aiutandolo a portare la sua croce: che bella missione sarebbe stata! Ma per creature deboli, qual mezzo di compierlo? Impiegare tutta la loro vita nel glorificare questa adorabilissima ed amabilissima Persona dell’augusta Trinità. E come glorificarla? Convertendo a suo riguardo l’ignoranza e l’oblio in conoscenza e in affettuosa rimembranza; l’ingratitudine in riconoscenza e in amore, la ribellione in adorazione e in sacrificio senza limiti. Una opera simile è, inutile il dirlo, al disopra delle nostre forze; perciò noi abbiamo meno obbligo di adempierla che di indicarla.
II.
Il secondo motivo, conseguenza del primo, è il vantaggio del clero: ad esso appartiene la missione di far conoscere la terza Persona dell’adorabile Trinità. Ma una grave difficoltà si presenta innanzi tutto, vo’ dire la scarsità delle fonti dottrinali. Quante volte abbiamo noi sentito lamentarsi i nostri venerabili fratelli nel sacerdozio, della penuria di opere intorno, allo Spirito Santo! Le loro lagnanze son pur troppo fondate. Infatti, quale è il trattato dello Spirito Santo che sia comparso da parecchi secoli? Noi vogliamo dire un Trattato tanto più o meno completo: e poi a che si riduce, intorno a questo domma fondamentale, l’insegnamento delle teologie classiche, le sole presso a poco che si studino? Ad alcune pagine del Trattato della Trinità, del Simbolo e dei Sacramenti. A detta di tutti, le nozioni che esse racchiudono, sono insufficienti. Quanto ai catechismi diocesani, che per necessità sono più ristretti delle teologie elementari, quasi tutti, si limitano soltanto a definirlo. Non si può non convenire, che da lungo tempo in Francia almeno, l’insegnamento relativo allo Spirito Santo lascia molto a desiderare. Chi lo crederebbe per esempio, che tra i Sermoni di Bossuet non se ne trova uno intorno allo Spirito Santo, niente in Massillon, e solamente ufto in Bourdaloue? – Il mezzo di riempiere una così lamentevole lacuna sta nel ricorrere ai Padri della Chiesa e ai grandi teologi del medio evo. Ma chi ha il tempo e i mezzi di dedicarsi a questo studio? Quindi un estremo imbarazzo per il prete zelante, sia nell’istruire se medesimo, ossia nel preparare la gioventù alla cresima, ossia nel dare ai fedeli una seria cognizione di Colui, senza il quale nessuno nulla potrebbe in ordine alla salute, neppure pronunziare il nome del suo Salvatore! (Et nemo potest dicere: Dominus Jesus, nisi in Spiritu Sancto. I Cor. XII, 3). – Alcune brevissime particolarità, e quasi che astratte, fermanti nella memoria parole anziché idee, compongono l’istruzione della prima età. Nell’epoca solenne della Cresima divengono, è vero, un po’ più estese le spiegazioni: ma la prima comunione assorbe da un lato l’attenzione dei fanciulli, e dall’altro si prosegue ad operare sul terreno delle astrattezze. Sotto la parola del catechista lo Spirito Santo non assume corpo, rivelandosi con una lunga serie di splendidi fatti; e in difetto di espedienti, per parlare, come si conviene circa la Persona e le opere dello Spirito Santo, si passa ai doni di esso. – Questi doni essendo semplicemente interni non sono accessibili né all’immaginazione né ai sensi. Grande è la difficoltà di farli conoscere, maggiore quella di farli capire. Nell’insegnamento ordinario essi non sono mostrati con chiarezza, né nella loro applicazione agli atti della vita, né nella loro opposizione ai sette peccati capitali, né nella loro concatenazione necessaria per la deificazione dell’uomo, né come il coronamento dell’edificio della salute. Perciò l’esperienza c’insegna, che di tutte le parti della dottrina cristiana, la meno compresa, la meno apprezzata, sono forse i Doni dello Spirito Santo. Il fornire i mezzi di riparare a questo grave inconveniente è ai nostri occhi se non un dovere, un servigio almeno, di che l’esercizio del ministero ci ha sovente insegnato a misurare l’estensione.
III.
Il terzo motivo è il bisogno dei fedeli. Quanto più è difficile il parlare convenientemente dello Spirito Santo, tanto più sembra che si dovrebbero moltiplicare le istruzioni intorno a questo domma fondamentale. Non è forse un’anomalia, una disgrazia il non farlo, tenendo a dir così lo Spirito Santo nell’oscurità, mentre ci sforziamo di porre in rilievo tutte le altre verità della religione? Non è un andar manifestamente contro all’insegnamento della fede, contro alle raccomandazioni della Scrittura, contro alla condotta dei Padri, contro all’intenzione della Chiesa e contro ai nostri propri interessi? Abbiamo noi considerato a sufficienza, che, posti tra due eternità noi tutti, sacerdoti e fedeli, siamo obbligati, sotto pena di cadere morendo nel fuoco eterno dell’inferno, di salire sui troni luminosi preparati per noi nel Cielo? Ci pensiamo noi abbastanza, che per arrivarci ci è bisogno di diventare, mediante la perfezione delle virtù nostre, le immagini perfettamente rassomiglianti (per quanto ci è possibile) della santissima Trinità? Consideriamo noi bastevolmente che tra queste virtù e la nostra debolezza vi è l’infinito? Riflettiamo noi quanto è necessario che senza l’aiuto dello Spirito Santo ci è non solo impossibile di giungere alla perfezione di nessuna virtù, ma ancora di compiere meritoriamente il primo atto della vita cristiana? (S. Agost.). Dalla penuria pertanto di dottrina nel sacerdote, provengono la magrezza e la scarsità delle istruzioni intorno allo Spirito Santo. I Cristiani riflessivi se ne meravigliano, e se ne affliggono. Essi con un linguaggio, che ci sarà permesso di citare tale quale ha colpito i nostri orecchi, domandano se lo Spirito Santo è stato destituito, poiché non si parla mai di Lui. Questi lamenti dei fedeli, benché fondati sopra a ragioni diverse, sono però legittimi quanto quelli del clero. Essi dimostrano la soddisfazione di un bisogno, del quale parecchi forse non si sanno ben render conto, ma che non ne è per questo meno reale. Noi intendiamo parlare della invincibile tendenza che ciascun uomo sente, venendo in questo mondo, d’immedesimarsi con Dio: anima naturaliter Christiana. Come immagine attiva di Colui che è amore, l’anima aspira a rassomigliarlo. Ora come ce lo insegna la fede, lo Spirito Santo è lo stesso amore, l’amore consustanziale del Padre e del Figliuolo. Ne resulta che senza la profonda cognizione dello Spirito Santo, vale a dire della grazia e delle sue operazioni, il principio di vita divina, infuso in noi dal Battesimo, trovasi trattenuto o contrariato nel suo svolgimento. Il Cristiano soffre, vegeta, si assottiglia e difficilmente giunge alla verità della vita soprannaturale. Per arrivare in cima alla scala di Giacobbe, bisogna innanzi tutto conoscerne i gradini. Queste osservazioni riguardano i buoni Cristiani, la maggior parte dei quali, a malgrado della loro istruzione, potrebbero dire quasi, come anticamente i neofiti d’Efeso: « Noi non abbiamo sentito parlare mai dello Spirito Santo, lo conosciamo pochissimo e ancora meno lo invochiamo. (Act. XIX, 2) » – Che cosa dire di quelle innumerevoli moltitudini che si agitano dentro le città, o che popolano le campagne? Che pensate voi che cosa intendano esse per Spirito Santo, prive come sono di scienza religiosa, tranne le lezioni necessariamente imperfettissime e sempre troppo presto dimenticate, del Catechismo? Noi non temeremo d’affermarlo: è il Dio ignoto del quale san Paolo trovò l’altare solitario, entrando in Atene. Se esse hanno conservato qualche nozione dei principali misteri della fede, l’esperienza insegna che rispetto allo Spirito Santo, alla sua influenza necessaria, al concatenamento e allo scopo finale delle sue successive operazioni, esse vivono in una ignoranza presso a poco completa. Queste moltitudini, niuno potrà dubitarne, formano l’immensa maggioranza delle attuali nazioni; e così trovasi dolorosamente giustificata la rigorosa esattezza dell’epigrafe posta a quest’opera: « al Dio sconosciuto: Ignoto Deo! – Se dunque l’imperfetta conoscenza dello Spirito Santo è un ostacolo alla perfezione del Cristiano, che cosa sarà, domandiamo noi, l’ignoranza assoluta? Quale può essere la vita divina in colui che non ne conosce neppure il principio? Un coperchio di piombo si frammette tra lui e il mondo soprannaturale. Questo mondo della grazia, questo vero ed unico consorzio delle anime, con i suoi elementi divini, con le sue leggi meravigliose, co’ suoi gloriosi abitanti, coi suoi sacri doveri, con le sue incomparabili magnificenze, con le sue realtà eterne, colle lotte, con le gioje, con le sue potenze e col suo fine; questo mondo pel quale l’uomo è fatto, e nel quale ei deve vivere, è per lui come se non fosse. La nobile ambizione che egli doveva esercitare si cangia in indifferenza, in disprezzo la stima, l’amore in disgusto. Invece di essere la vita tutta soprannaturale, o non lo è che per metà, o, concentrata nel mondo sensibile, essa diviene terrestre ed animale. Il Naturalismo che usurpa l’impero delle anime, forma il carattere generale della società. Lacrimevole divorzio! che sviando l’umanità dal suo fine, spoglia lo Spirito Santo della gloria sua e rapisce al Verbo incarnato il prezzo del suo sangue, per consegnarlo al demonio. [1. Continua … ]