SANTISSIMO CUORE DI MARIA
[V. STOCCHI, Discorsi sacri; Tip. BEFANI, ROMA, 1884 – DISCORSO XXIV].
“Qui me invenerit, inveniet vitam”.
PROV. VIII, 35.
1. Fino da quando da chi mi tiene il luogo di Dio mi fu posto sopra le spalle il carico alla natura poco soave, di predicare la parola di Dio in tanta iniquità di tempi, il mio cuore e i miei occhi si conversero subito alla stella benedetta del mare, alla Madre immacolata di Dio e Madre nostra Maria, e posi incontanente le mie povere fatiche sotto gli auspici e sotto il patrocinio di Lei, alla quale fino dagli anni primi della mia vita ho dedicato tutte le cose mie e me medesimo. Da Lei madre di grazia, di luce, di fortezza e di verità sperai forza e vigore, da Lei grazia e virtù, da Lei efficacia e dono per condurre le anime a Gesù Cristo, da Lei insomma ogni cosa, e se nulla hanno operato le povere mie fatiche, se qualche frutto ha secondato il sudore e il travaglio della parola di Dio seminata da me, tutto il merito è stato sempre di Maria della quale la misericordia e il patrocinio e nel corpo e nell’anima tocco tutto giorno con mano. Essendo così, è naturale che io ardentemente desideri di fare alcuna cosa che sia cara a questa Vergine gloriosa per attestarle la mia gratitudine; e fra le altre è mio costume di argomentarmi di tirare a Lei i cuori di tutti persuadendo a tutti che trovata Maria, troveranno la vita conforme a quello: qui me invenerit inveniet vitam. E per riuscire in questo intento soavissimo io ho per costume di non lasciare che trascorra alcun corso di predicazione, nella quale io abbia parte, senza favellare del Cuore benedetto di Maria, additandolo a tutti come porto unico e soavissimo di pace, di sicurezza, di misericordia. Tale io ho trovato il Cuore di Maria per me, tale l’ho sempre mostrato agli altri, tale a voi, se mi udirete, lo mostrerò stamattina signori miei. Vi parlerò del cuore di Maria pianamente e devotamente, quanto mi sarà possibile, cercando di innamorarne tutti e specialmente i poveri tribolati, gli afflitti e i peccatori, e beato me se riuscirò nell’intento. Innamorarsi del Cuore di Maria è come far suo quel Cuore benedetto; chi ha fatto suo il cuore di chi che sia è padrone di tutto l’uomo. E che bramerà di vantaggio chi abbia fatto suo il Cuor di Maria?
È cosa che si ripete ogni giorno nella santa Chiesa Cattolica, e che mille volte ridetta torna sempre gradita come se nuova fosse al popolo cristiano, che nulla è più amabile più soave più salutare del pensiero, del nome, della memoria della Madre di Dio. Maria! Basta pronunziare questo nome perché palpiti ogni cuore, perché sorrida ogni labbro; perché ogni tristezza si dilegui, perché ogni petto si riempia di giubilo. Come, se dando luogo i nembi, la stella del mattino scintilla tremula nell’azzurro del firmamento, o come se dopo la pioggia si colori tra le nubi la variopinta gloria dell’iride; così dice Bernardo, tra le tenebre di questa terra sgombrano le nuvole, riede il sereno, chetano i turbini e fiorisce la pace, quando s’invoca Maria: Maria nella quale tutto innamora, il nome, il grado, la grazia, la gloria, la dignità. Tutto questo è verissimo e io mi glorio di predicarlo, né tacerò le glorie e le misericordie di tanta Madre, finché il cuore nel petto mi palpita, e si snoda alla parola la lingua. Con tutto ciò dilettissimi dopo avere detto Maria, provatevi a dire Cuore di Maria; voi sentite subito di avere detto qualche cosa di più caro, di più tenero, di più soave che dicendo semplicemente Maria. Accade a noi o Madre benedetta quando menzioniamo il tuo Cuore quello che ci accade quando menzioniamo il Cuore del tuo Figliuolo. Io dico Gesù, e il nome di Gesù è miele alle labbra, melodia alle orecchie, giubilo al cuore, ma se dopo avere detto Gesù passo innanzi e dico Cuore di Gesù, sento l’anima mia essere percossa di affetti insoliti verso il mio Redentore e me ne rendo questa ragione. Quando io dico Gesù mi si rappresenta al pensiero nella pienezza della sua magnificenza della sua potestà il Verbo incarnato. Lo vedo quindi non solamente uomo ma Dio, non solamente amico e fratello ma Pontefice e Re. non solamente Padre ma Giudice. Non così quando dico Cuore di Gesù. Il cuore è simbolo dell’amore, è sede dell’amore. è organo dell’amore. Chi dico cuore dice amore, chi vede il cuore vede l’amore, e quando nomino il Cuore di Gesù, sparisce il giudice, il re, l’onnipotente a cui ogni ginocchio si curva in Cielo ed in terra, e vedo solo l’amante delle anime, il Pastor buono, il vero padre ed amico dell’uman genere morto in croce per me. E anche in questo o Madre benedetta, voi vi rassomigliate al vostro Figliuolo. Io dico Maria, e nominandovi vedo Voi tutta quanta. Non vedo solamente la più amabile e misericordiosa creatura che abbia fatto il Signore, ma vedo ancora la augusta Regina della terra e del Cielo, l’innalzata al consorzio della Trinità sacrosanta, la piena e soprappiena di santità. E allora sento di amarvi, ma all’ amore si mesce la riverenza, e per alta ammirazione la mia fronte si curva davanti a Voi. Eppure noi abbiamo bisogno di accostarci a Maria con fidanza filiale. E però passiamo avanti e diciamo Cuore di Maria. Ed ecco alla menzione del cuore sparisce la grande, la regina, la sublime, la tutta santa, e altro più non vediamo fuorché la Madre piena di misericordia e di amore. Vengono quindi al dolce richiamo del tuo cuore vengono gli uomini al tuo cospetto o Maria e ti raccontano i loro dolori e ti partecipano le gioie, ti svelano le proprie miserie e ti chiedono le tue ricchezze, i nostri peccati, i nostri peccati medesimi non ci sgomentano vedendo il tuo cuore, e scuoprendoli a te, sentiamo rilevarsi l’anima e speriamo la misericordia e il perdono. E questo è il motivo perché in questi miseri tempi Maria ha svelato straordinariamente il suo cuore. Ha voluto alla nostra generazione pervertita dalla empietà offrire un’esca dolcissima e un porto di salute e di pace. E gli uomini hanno inteso quest’arte di amore, e veduto il Cuor di Maria come trovato avessero un centro di attrazione invincibile, a quello sono corsi e in quello hanno trovato vita, salute, grazia, ogni bene: e più facile sarebbe contare le stelle del cielo e le arene del mare che le misericordie e le grazie d’ogni maniera, che la devozione al suo cuore ha espugnato a Maria. No, quando si fa capo al suo cuore, Maria non resiste.
2. Ma entriamo alquanto più addentro e scandagliamo la ragione intima di tanta forza di attraimento che esercita sugli uomini il Cuore benedetto di Maria e la troveremo, per così dire, naturale nell’ordine soprannaturale della grazia. Mi aiuti Maria perchè il concetto della mente esprima adeguatamente la lingua. Uno degli spettacoli più misteriosi e più teneri che la natura appresene è l’amore dei figliuoli verso la madre, e viceversa l’amore della madre verso i figliuoli. Feri questo spettacolo la mente e gli occhi del divino Crisostomo, e lo espresse con viva eloquenza così. Mostra a un pargoletto lattante ancora e ignaro di tutto una regina coronata di gemme e vestita di oro dall’una parte, dall’altra mostragli la sua madre avvolta nei cenci e coperta di povertà e di squallore e vedrai. Nulla intende quel piccioletto nulla conosce, ma con tutto ciò non cura la regina, la sprezza, la sdegna, la risospinge, ma non così con la madre. Si ravviva tutto vedendola, brilla, sorride, e protendendo verso di essa coll’animo la persona, si scaglia e quasi si avventa per abbracciarla. Che è mai questa attrattiva, questo impeto e questa foga che rapisce quell’animo inconsapevole verso la madre? Che sia, non domandare che io non lo so, so che è cosa verissima e potentissima ed è un senso, un istinto ideato dalla mente divina e dalla divina mano inserito nell’anima, che stabilisce, corrobora, illegiadrisce le relazioni naturali tra figlio e madre, tra madre e figlio. Essendo così, qual luogo tiene Maria nell’ordine mirabile della redenzione e della grazia? Tiene il luogo di madre. Mirabil cosa Gesù Cristo è venuto in terra per stabilire tra gli uomini una famiglia collegata con i vincoli dell’amore e della fede, la quale in terra si inizi, e si consumi e perfezioni nel Cielo. In questa famiglia è un Padre ed è Dio, un primogenito ed è Gesù Cristo, fratelli moltissimi di ogni popolo, d’ogni tribù, di ogni lingua. Ma alla buona economia della casa è richiesto che ogni famiglia abbia una madre, che divida col padre l’autorità, che vegli con occhio amoroso la prole, e soprintenda agli uffici più intimi e più delicati di casa. Ora Dio non ha voluto che a questa gran famiglia della sua Chiesa una madre mancasse, ed ottima di tutte le madri le ha dato Maria. E Madre la saluta la Chiesa, e il vocabolo col quale ogni cristiano appella Maria è il dolce nome di Madre. Né questa è squisitezza o esagerazione mistica, ma verissima dottrina cattolica: e i Padri di tutti i secoli con consenso pienissimo insegnano che come Gesù Cristo è il nuovo Adamo miglior dell’antico, capo del genere umano rigenerato, così è Maria l’Eva novella madre per grazia di tutti quelli che Gesù Cristo rigenerò alla salute; e sono celebri i paralleli che tra Eva e Maria tessono Ireneo, Epifanio, Agostino e Bernardo. Voleva quindi ogni ragione che come nell’ordine della natura Dio inserisce nei figli un attraimento arcano verso la madre per cui anche il pargoletto inconsapevole la discerne tra mille e a lei corre e in lei si abbandona, così nell’ordine della grazia un affetto arcano, una propensione quasi istintiva fosse inserita verso Maria. E questo affetto, questa propensione, lo Spirito Santo medesimo inserisce nei petti cristiani sino da allora che nel santo Battesimo muoiono all’antico Adamo e rinascono al nuovo Adamo che è Gesù Cristo. In quelle acque sacrosante nelle quali veniamo rigenerati, insieme con la grazia santificante e con gli abiti delle virtù soprannaturali che ci si infondono, ci si infonde ancora l’abito dell’amore a Maria. E per negare che questo affetto ce lo troviamo quasi inserito nel cuore, bisogna chiudere gli occhi alla luce, bisogna negare quello che ci dice ragionando altamente nel nostro cuore l’intimo senso. Pigliate quel pargoletto e quella pargoletta che pendono ancora dal seno materno, mostrate loro la immagine di Maria. Vedrete un’arcana simpatia, una tenerezza, una propensione, un attraimento di quell’anima innocente verso la benedetta fra le donne. Insegnategli a giungere le tenere mani e a balbettare con labbro infantile Maria, e vedrete con quanta facilità con quanto diletto quel dolce nome si stampa in quella memoria e in quel cuore, e dal cuore viene sul labbro, e sarete costretti a dire che lo Spirito Santo diffuso nei loro cuori generi questo affetto, generato lo nutrisca, nutrito lo perfeziona. Quindi è che questo affetto, se il peccato e l’iniquità non lo spengono, insieme colla fede cresce con gli anni e ci appresenta quello spettacolo che tutto giorno e agli altri porgiamo noi stessi, e noi stessi ammiriamo negli altri. – Se ci stringe un pericolo, chi invochiamo per soccorso? Maria. Se ci rallegra una consolazione chi ringraziamo per gratitudine? Maria. Se un affanno ci preme, chi invochiamo per refrigerio? Maria. Se ci assedia una necessità a chi ci volgiamo per sovvenimento? A Maria. Si vede, o si vede e si tocca con mano in questa gran famiglia cristiana quello che si vede in ogni ben composta famiglia, e come in quella in ogni necessità, in ogni pena, in ogni consolazione i figli fanno capo alla madre e tratti quasi da una dolce necessità ne la chiamano a parte, cosi anche in questa. E come nella famiglia un figlio che non ama la madre, che la disconosce e le fa villania si ha in conto di mostro snaturato e maledetto dagli uomini e da Dio; così fra i cristiani quelli che non amano, che non curano, che hanno alieno e avverso l’animo da Maria, sono pochi perché sono mostri, e i mostri non sono mai un gran numero. Anche fra i Cristiani di vita prodigata e perduta troverete di rado alcuno che non serbi nel petto qualche scintilla di amore a Maria, e questo è pegno di salute e ancora di misericordia, e basta perché non se ne debba disperare la conversione. Ma se qualcuno se ne trova, o Dio, guai a lui; fa orrore, mette spavento appunto come un mostro, e fra i segni di riprovazione non ce n’è alcuno che sia più terribile di una non so quale alienazione e avversione di animo da Maria. Questa avversione questo allenamento si è sempre visto negli eresiarchi più atroci e più empì, e Lutero diceva, siccome è noto, tutta l’anima mia si ribella e non posso patire in pace che mi si dica che la mia speranza è Maria. Infelice, cui il demonio invasava il petto del veleno e dell’odio che lo consuma contro la sua nemica. Quest’odio vediamo rinnovellato ai dì nostri nei settari che si sono venduti alle congreghe d’inferno, e fanno guerra a Maria ne bestemmiano il nome, ne distruggono il culto e le immagini, anime reprobe e destinate all’inferno. Da questi infuori regna in tutti i cuori cattolici l’amore, la tenerezza e una propensione filiale verso Maria. Ma che dico solo tra i cattolici? Domandate donde trae suo principio la conversione degli eretici alla Chiesa cattolica e sentirete che il primo passo fu un pio affetto che sentirono nascersi in petto verso Maria. Interrogate il missionario che si aggira per le barbare spiagge dell’Australia e della Polinesia come fa ad attrarre a se quei barbari e di bestie farli uomini e di uomini cristiani? Sotto un padiglione di verzura adorna di veli e di fiori che dà il paese, campeggia una cara immagine di Maria. Il selvaggio dal folto dei macchioni e dal cupo degli antri dove si intana vede quella cara sembianza e si accosta, e attonito domanda chi sia quella matrona sì augusta e sì amabile? Ode che è la Madre di Dio, e tirato e vinto quasi da catena amorosa dal nome di Maria è condotto a Gesù Cristo e alla Chiesa. Non vi faccia meraviglia. L’anima, disse sapientemente Tertulliano, è naturalmente cristiana, e avendo col Cristianesimo proporzione sì grande, non può non avere propensione naturale verso chi è la Madre di Gesù Cristo e del Cristianesimo, delle membra e del capo. Ma se Maria è la Madre universale andate al suo cuore. La madre più che altro si governa col cuore, e se volete espugnarla ragionate poco e date opera di guadagnarle il cuore: guadagnato il cuore è già vinta. Maria è madre andiamo al suo cuore, preghiamola pel suo cuore, espugniamo il suo cuore: la impresa è facile, ed otterremo ogni cosa.
3. Ma Dio che tanto amore ha infuso e propensioni affettuose così mirabili nel cuore del popolo cristiano verso Maria, avrà poi lasciato imperfetta l’opera sua, e non avrà acceso una fiamma di amore corrispondente nel cuore di tanta Madre? Voi intendete bene che questa mia domanda significa questo. Se ci ama Maria, e il vostro cuore ha risposto a quest’ora, se ci ama Maria? E non è il medesimo dire Maria e dire la più tenera e amorosa di tutte le madri? Le opere di Dio sono perfette nell’ordine della natura, ma nell’ordine della grazia sono perfette infinitamente di più. Ora la natura con la sua mano innesta nel petto dei figli l’amore verso la madre, ma nel cuore delle madri inserisce un amore molto più veemente molto più tenero, molto più sviscerato e costante. Vedrete quindi moltissimi figli disamorati delle loro madri, ma madri che non amino i figli le troverete rarissime, e appena qualcuna che vi metterà come snaturata sdegno e ribrezzo. Ora volendo Dio dare in Maria al mondo una madre, inserì nel cuore degli uomini un grande amore di Lei, ma nel cuore di Lei accese verso di noi un amore che non ha paragone altro che coll’amore che per noi arde nel cuore di Gesù. E per questo affetto cominciò il signore l’opera sua fino da quando questa futura Madre di Dio e degli uomini fu concetta, e le collocò in petto un cuore somigliante a quello che da Lei preso avrebbe Gesù, perché Maria, dice sapientemente S. Efrem Siro, è un’opera fatta solamente pel Verbo incarnato, di forma tale che se il Verbo non si fosse dovuto incarnare Maria non sarebbe stata nel mondo introdotta. A questo cuore poi lavorato apposta per amare gli uomini, Gesù medesimo che creato lo aveva, dette con la sua mano stessa la perfezione e la tempera, e lo empié del suo amore medesimo e lo scaldò della sua medesima fiamma. E chi ne può dubitare? – Gesù prese carne dei sangui purissimi sgorgati dal Cuore di Maria, Gesù albergò nove mesi nel santuario verginale dell’utero di Maria, e quei due cuori palpitarono di un medesimo palpito e vissero di una medesima vita. Che faceva quei nove mesi che tenne compresso il claustro delle viscere materne, che dico il Cuore di Gesù? Ardeva di amore smisurato ed ineffabile verso i figliuoli degli uomini. Come dunque non doveva accendere il cuore di Maria del suo medesimo ardore e temperarlo alla fucina delle fiamme che consumavano il suo? Ma che sarà stato poi durante quei trentatré anni che Ella dimorò con Gesù pellegrina celeste sopra la terra? Ci dice il Vangelo che questa Verginella prudente teneva sempre gli occhi in quel modello divino e tutto esaminava notava tutto, e quello che Gesù faceva e quel che diceva, e le comunicazioni mirabili col Padre, e le predilezioni verso i figliuoli degli uomini, e le propensioni, e i desideri e gli affetti, e nulla le sfuggiva e faceva tesoro di tutto, e tutto conservava dentro al suo cuore e tutto ponderava, tutto pensava, tutto seco medesima conferiva con diligenza celeste. Conservàbat omnia verbo hæc in corde suo. (Luc. II, 51) Avete udito? Teneva assiduamente il suo cuore alla scuola del Cuore di Gesù e lo formava su quel modello divino con sollecitudine tenera, gelosa, assidua, squisita. Conservabat omnia, verbo, haec in corde suo. E che altro da quel Cuore poteva imparare il tuo cuore o Maria fuor che ad amare quantunque immeritevoli, quantunque ingrati i figliuoli degli uomini? Ma che fa mestiere procedere per argomenti a mostrare l’amore di Maria verso gli uomini? Basta aver occhi per vedere com’Ella tutti mirabilmente fornisce gli uffici di ottima madre. A che prove conoscete se una madre ama veramente i figliuoli? Alle opere. Vedete non vive altro che per la sua famiglia, altro non cerca, di altro non si briga, non pensa ad altro. Ora in ogni famiglia ben ordinata, chi guardi bene vedrà che essendoci una madre e un padre sono tra questo quasi domestico magistrato compartiti gli uffici. L’autorità paterna è un’autorità grave e robusta, la materna, amorosa e soave, il padre sopraintende ai negozi che escono fuori delle pareti domestiche, e regola le relazioni esterne della famiglia, la madre è una autorità casalinga a cui appartengono le cure tenui ed interne. Alle cure grandi e rilevanti attende il padre, la madre dà opera alle incombenze minute. Però la madre si tiene davanti da mane a sera la sua famigliola e vede tutto, tutto procura, nulla le sfugge. Al modo medesimo passano le cose in questa gran famiglia della Chiesa, dice Bernardo. Ci è Dio nostro Padre e Gesù Cristo nostro fratello e da loro scende ogni bene. Ma ci è anche una madre a cui appartiene il governo e l’economia domestica di questa famiglia ed essa è Maria. Si tiene Essa però davanti tutti i figli della santa Chiesa cattolica, e tutti ci vede, ci conosce tutti, tutti ci custodisce, tutti ci veglia, vede tutte le nostre necessità, indaga i bisogni e pensa e provvede. E questo povero figlio è peccatore, è peccatrice questa povera figlia: e questo è tribolato, quest’altra è afflitta: e quale è infermo e quale in pericolo: a questo tende insidie il demonio, quest’altro il mondo lusinga: questa sta per cedere a un seduttore, quell’altro incatenano i lacci di una occasione: vede Maria vede, il cuore materno s’intenerisce, l’amore la sollecita e non ha pace. Si volge al Figlio, si appresenta al trono della Trinità sacrosanta, e supplica e implora a questo la conversione, la salute a quell’altro, a chi la forza e la grazia, a chi la speranza, a chi la consolazione, a chi lo scampo e la vita, a chi la vittoria contro il maligno in vita e in morte. Però è sempre attorno pel Paradiso, e i santi Padri leggiadramente la chiamano del Paradiso la faccendiera, però come nella famiglia i figlioletti chiamano più la madre che il padre, così nella Chiesa cattolica si chiama Maria continuamente, Maria, Maria. Non udite? Maria si grida dal mare se minaccia procella, e se l’onda è tranquilla le si insegna a salutarla stella del mare: Maria si invoca dalla terra o volgono prosperi e felici i successi o corrono torbidi e avversi. Dai letti del dolore si chiama Maria, nelle angustie e nelle distrette Maria s’invoca. Ed Ella? Ed Ella come colei che tota suavis est ac piena misericordiæ, che tutta è soave e piena di misericordia, omnibus sese exorabilem, dice Bernardo, omnibus clementissimam præbet, omnium necessitatibus amplissimo quodam miseratur Con quel suo cuore buono, largo, benfatto, generoso, benefico, a tutti si porge esorabile, clementissima a tutti, e con amplissimo affetto s’intenerisce alle necessità di tutti. Però ogni tempio, ogni lido, ogni terra, ogni spiaggia è piena dei monumenti e dei voti che attestano, che cuore sia quello di Maria, e quei monumenti e quei voti gridano in loro linguaggio, Maria ha un cuore grande, tenero, gentile, benefico: chi fa capo a quel cuore non patisce ripulsa: omnium necessitatibus amplissimo quodam miseratur affectu.
4. E perché Maria fosse tale Dio volle esercitare e perfezionare col dolore il cuor suo immacolato, verginale, santissimo, innocentissimo. Avrete sentito dire che Maria dal momento che divenne Madre di Dio divenne madre ancor di dolore, e portò sempre infitta nel mezzo al cuore una spada. È verissimo e così fu, e così conveniva che fosse. Perché osservate. Una madre buona e degna di questo nome ama tutti egualmente i figliuoli suoi: non ha parzialità per nessuno: sono tutti frutti delle sue viscere, li ama tutti ad un modo. Ma se tra i figli alcuno ne sia pel quale sperimenti più tenerezza qual è? È quello per cui ha molto patito. Il cuore di ogni madre è fatto così, il dolore patito genera amore, e il figliuolo delle lacrime e del dolore è il figliuolo prediletto. Essendo così, Dio che ci ha dato per figli a Maria, e ha costituito Lei nostre madre perché tutti ci avesse in grado di prediletti ha voluto che tutti fossimo per Lei figli di dolore. Già fin da quando aperse le sue viscere al Verbo di Dio intese che quel figliuolo destinato ad essere vittima del genere umano sarebbe per lei figliuolo di lacrime: ma lo intese anche meglio poco di poi. Aveva appena da quaranta giorni partorito Gesù e madre fortunata e incomparabile portava al tempio il frutto delle sue viscere, quando torbido e rabbuffato le si fece incontro un vegliardo per nome Simeone e presole di tra le braccia il bambino, questo bambolo, esclamò, è posto in ruina e in resurrezione di molti, e in bersaglio di contradizione: e tu donna preparati perché per conto di lui una spada ti trapasserà il cuore da parte a parte. Intese allora Maria tutto il mistero e capì che quel figlio all’età di trentatré anni le morirebbe crocifisso. Povero cuore da quel giorno in poi non ebbe più lieta un’ora, e come Gesù dal presepio al calvario ebbe sempre nel cuore la croce, così tu o Maria avesti sempre nel cuore la spada. Cresceva Gesù, crescendo in età sempre diveniva più vezzoso, più giocondo, più bello, lo irraggiava la sapienza, lo infiorava la grazia, Dio e gli uomini si compiacevano in esso, le spose e le madri di Sion ti predicavano beata, e tu tacevi: ma chi ti avesse letto nel cuore avrebbe letto le parole della desolata Noemi: non mi chiamate felice ma amara perché il Signore mi ha ripiena di amaritudine: e il significato di queste parole si sarebbe inteso quel giorno che ti sarebbe conferito il grado di Madre degli uomini. Orsù dilettissimi, rispondete: quando e dove Maria veramente ci partorì e diventò madre nostra? Nel gran giorno del dolore là sul Calvario. Stabat iuxta crucem Jesu Mater ejus (Ioan. XIX, 25.) Pendeva Gesù dalla croce sanguinolento olocausto: ai piedi della croce stava Maria. Presso Maria, rappresentante nostro, stava Giovanni. Maria trambasciava di dolore, Gesù la vide, e additandole Giovanni le disse: ecco il tuo figliuolo, e a Giovanni: ecco la madre tua. Allora divenne Maria madre nostra, e in Giovanni tutti quanti ci accettò per figliuoli, e Gesù consumò l’opera gettandole in petto una parte di quella fiamma che nel suo Cuore allora ardeva per noi. Coraggio o carissimi, coraggio: Maria ci ama, siamo suoi figli e non figli in qualunque modo, ma figli del suo dolore, e però prediletti, e quando ci vede ricordandosi quel che ha patito s’intenerisce, il suo cuore non regge più e dimentica tutto e solo sente le voci dell’amore. Tutta la terra è piena delle misericordie di Maria verso i figliuoli degli uomini che si cantano in ogni lingua, si magnificano da ogni labbro. Come mai in tal Regina tanto amore verso una generazione scortese, ingrata, villana? Non vi stupite gli uomini sono figliuoli del suo dolore. Nessuno dunque abbia temenza di accostarsi a Maria. Ogni temenza sarebbe irragionevole. Andate pure e sappiate che quando un figliuolo la supplica, il cuor suo non resiste. Guardatela ha il cuore in mano e par che vi dica son io sì, son io, son vostra madre, accostatevi e vedrete che cuore è questo.
5. E però è che la santa Chiesa tutti invita, tutti sprona a rifuggire al Cuor di Maria: ma di preferenza appresenta quel cuore ai peccatori, che pei peccatori sembra che sia aperto principalmente in questi tempi novissimi, onde la devozione al Cuore di Maria è ordinata principalmente alla conversione dei peccatori. Intendo, intendo. Datemi una madre tenera, sviscerata quanto volete dei suoi figliuoli, datemela a vostro talento imparziale verso tutti i frutti delle sue viscere: vedrete con tutto ciò, che se uno dei suoi figliuoli o le cade infermo e il morbo si aggrava, o geme prigioniero, o vaga tribolato e ramingo sembra che questa madre muti natura. Non sembra più imparziale né eguale con tutti i figli: sembra invece che dimentichi tutti gli altri, che non li curi: tutte le sollecitudini sembrano essere pel figliuolo che tribola e che patisce, sembra che in lui si concentri tutto l’affetto. La vedete quindi o assisa di dì e di notte alla sponda del letto molcere le angosce e alleviare i dolori del caro infermo, o sollecita di sapere le novelle del prigioniero diletto, e dell’amato ramingo, di altro non favella se parla, ad altro non pensa se tace, non ode volentieri che si parli di altri fuorché di loro. Sono tribolati, hanno ragioni sovrane sul cuor materno. Ora chi sono in questa gran famiglia che Dio ha dato a Maria i poveri peccatori? Sono figli prigionieri, sono figli raminghi, son figli infermi. Infermi della pessima malattia del peccato, raminghi ed esuli dalla casa del Padre, prigionieri del diavolo già condannati all’inferno. Li vede Maria e ne sa la miseria incomparabile, e il suo Cuore materno si strugge e si consuma di dolore e di amore. Poveri figli non sanno quello che fanno, sono ciechi, sono travolti da infelicissimo errore: si perdono e non intendono il loro male. Ah! il Cuor di Maria non ha pace, grida mercé al suo Figlio, li cerca, li scuote, li sollecita, li invita, li alletta, e con tenere voci da mane a sera li chiama, e poiché non ascoltano si volge ai figli fedeli, e voi, dice, voi aiutatemi, se mi amate, aggiungete la vostra voce alla mia, e uniti insieme riconduciamo al Padre questi profughi sconsigliati e cari. Peccatori, sentite a quando a quando quelle voci al cuore, quelle grida della coscienza lacerata, quegli impeti, quegli impulsi a tornare al Padre? Sono le voci di Maria che vi chiama, ah! se avete cuore umano nel petto consolate il dolore e rasserenate il cuore di questa Madre. Su rispondete, parlate. Quem fructum habuistis in quibus nunc erubescitis? (Rom. VI, 21.) Vi è messo conto a partirvi dalla casa del Padre? A mettervi per le vie tribolate dell’iniquità? A cambiare il giogo di Gesù colla catena del diavolo? O cari anni della vostra innocenza! O giorni felici della coscienza serena! Allora passavano i dì tranquilli, allora correvano placide e dolci le notti, allora guardavate il cielo con lieto sembiante, allora invocavate con dolce affetto i nomi di Gesù e Maria, il presente era giocondo, non vi atterriva il futuro, la pace del cuore si dipingeva nell’occhio sereno e nel volto. E ora? E ora non ci è più pace. Torbidi i giorni, tetre le notti, la coscienza s’indraga siccome un serpe, pochi momenti di ubriaca voluttà e poi tempesta e fremito nel cuore, e il tumulto e la rabbia del cuore vi si dipinge negli occhi torvi, nel volto arroncigliato, nelle parole rabbiose, nei modi protervi. Su dunque sorgete, poveri assetati di pace, tornate al Padre. Ma vi manca la lena, il giogo del peccato vi grava verso la terra, vi stringe i piedi la catena inveterata di satana. Ecco vi si apre in buon punto il Cuor di Maria. Alzate gli occhi: guardate quella benedetta sembianza, contemplate quegli occhi, quel cuore, quel dolce atto d’invito e poi non confidate se vi riesce. O sì, sì confidiamo, confidiamo tutti o Maria. Il tuo nome infonde fiducia, rincuora la tua sembianza, ma se contempliamo il tuo Cuore, forza è che ci diamo per vinti, perché esercita un’attrattiva che ci trascina. Trahe nos dunque trahe nos Maria … Mostraci, mostraci cotesto Cuore. In odorem curremus unguentorium tuorum, (Cant. IV, 10.) correremo all’odore dei tuoi profumi, e riconciliati con Dio e salvi con Te e per Te, cominceremo nel tempo e continueremo nella eternità a cantare o clemens, o pia, o dulcis virgo Maria.