MISSA
Pretiosissimi Sanguinis Domini Nostri Jesu Christi
Incipit
In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Apoc V:9-10
Redemísti nos, Dómine, in sánguine tuo, ex omni tribu et lingua et pópulo et natióne: et fecísti nos Deo nostro regnum [Ci hai redento, Signore, col tuo sangue, da ogni tribù e lingua e popolo e nazione: hai fatto di noi il regno per il nostro Dio.].
Ps LXXXVIII:2
Misericórdias Dómini in ætérnum cantábo: in generatiónem et generatiónem annuntiábo veritátem tuam in ore meo. [L’amore del Signore per sempre io canterò con la mia bocca: la tua fedeltà io voglio mostrare di generazione in generazione.]
Redemísti nos, Dómine, in sánguine tuo, ex omni tribu et lingua et pópulo et natióne: et fecísti nos Deo nostro regnum [Ci hai redento, Signore, col tuo sangue, da ogni tribù e lingua e popolo e nazione: hai fatto di noi il regno per il nostro Dio.]
Oratio
Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, qui unigénitum Fílium tuum mundi Redemptórem constituísti, ac eius Sánguine placári voluísti: concéde, quǽsumus, salútis nostræ prétium sollémni cultu ita venerári, atque a præséntis vitæ malis eius virtúte deféndi in terris; ut fructu perpétuo lætémur in coelis.
Lectio
Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Hebraeos.
Hebr IX:11-15
Fratres: Christus assístens Póntifex futurórum bonórum, per ámplius et perféctius tabernáculum non manufáctum, id est, non huius creatiónis: neque per sánguinem hircórum aut vitulórum, sed per próprium sánguinem introívit semel in Sancta, ætérna redemptióne invénta. Si enim sanguis hircórum et taurórum et cinis vítulæ aspérsus inquinátos sanctíficat ad emundatiónem carnis: quanto magis sanguis Christi, qui per Spíritum Sanctum semetípsum óbtulit immaculátum Deo, emundábit consciéntiam nostram ab opéribus mórtuis, ad serviéndum Deo vivénti’? Et ídeo novi Testaménti mediátor est: ut, morte intercedénte, in redemptiónem earum prævaricatiónum, quæ erant sub prióri Testaménto, repromissiónem accípiant, qui vocáti sunt ætérnæ hereditátis, in Christo Iesu, Dómino nostro.
OMELIA I
[da Nuovo Saggio di OMELIE di mons. Bonomelli – 3^ ed. VOL. II- Marietti ed. Torino 1898- impr.]
Omelia IX
“Venuto Cristo, pontefice dei beni futuri, per un maggiore e più perfetto tabernacolo, non fatto a mano, cioè non di questa creazione, né pel sangue di capri o di vitelli, ma pel proprio sangue è entrato una volta per tutte nel Santuario, avendo compiuta una redenzione eterna. Che se il sangue dei “capri e dei tori ed il cenere di giovenca,, sparso sopra i contaminati, santifica a purità della carne; quanto più il sangue di Cristo, il quale, per lo Spirito santo, offerse se stesso immacolato a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire al Dio vivente? E per questo egli è mediatore del nuovo Testamento, acciocché, intervenutavi la morte, a pagamento delle trasgressioni avvenute sotto l’Alleanza prima, i chiamati ricevano la promessa della eredità eterna „ (Agli Ebrei, IX, 11-15).
Sono cinque versetti, tolti dal capo IX della lettera di S. Paolo agli Ebrei, che la Chiesa ci fa leggere nella Messa di questa Domenica della festa del Preziosissimo Sangue di Cristo. – Questa lettera agli Ebrei, fu scritta dall’Italia, come si fa manifesto dal penultimo versetto dell’ultimo capo, forse da Roma, dove l’Apostolo era stato in carcere, di recente uscitone tra la prima e la seconda sua prigionia, circa sei anni prima della distruzione di Gerusalemme e quattro circa prima della sua morte. La lettera è scritta ai Cristiani di Palestina, che prima erano stati Giudei. Questi credevano che Gesù Cristo era il Messia, il Figliuol di Dio e tutto ciò ch’Egli aveva insegnato e comandato; ma, nati e cresciuti nel giudaismo, non sapevano staccarsi dalle sue leggi, dai suoi riti, dai suoi sacrifici, dalle sue grandezze, e male sapevano entrare nello spirito del Cristianesimo, tutto fede, vita interna, speranze future, rinnegamento di se stessi, insegnamento della croce. L’antico Patto, iniziato dagli Angeli, proclamato da Mosè, imperniato nel sacerdozio di Aronne, la magnificenza del tempio, le memorie del tabernacolo, dell’arca, delle tavole della legge e via dicendo, esercitavano un fascino incredibile sui loro animi, che noi oggi non possiamo abbastanza comprendere; non sapevano rinunciarvi e alla men peggio essi volevano che il mosaismo dovesse mantenersi per sempre anche nel Cristianesimo. S. Paolo nella sua lettera, si propone di dissipare questi pregiudizi dei Giudei convertiti, che di mente e di cuore erano in gran parte ancora Giudei. Perciò nella lettera toglie a dimostrare la sovrana eccellenza del nuovo sull’antico Patto, del Cristianesimo sul mosaismo, della Chiesa sulla sinagoga, specialmente per tre capi, cioè in quanto ché Cristo, Figlio di Dio, di infinito intervallo sovrasta agli Angeli, a Mosè, ad Aronne, ed è il mediatore per eccellenza e l’eterno Pontefice. E questo lo scopo di tutta la lettera, per chi bene la considera. Nel breve tratto recitato e che ora devo spiegare, l’Apostolo dimostra, che Cristo per ragione del suo sacerdozio sta sopra l’antico, perché Egli è entrato nel santuario vero, cioè il cielo, non nel sangue altrui, nel sangue delle vittime immolate, ma nel proprio sangue, avente efficacia per se stesso. Ora svolgiamo l’alto insegnamento dell’Apostolo, e voi, o cari, raddoppiate l’attenzione, perché il soggetto ne è ben degno. “Venuto Cristo, pontefice dei beni futuri, per un maggiore e più perfetto tabernacolo, non fatto a mano, cioè non di questa creazione, né per il sangue di capri o di vitelli, ma per il proprio sangue, è entrato una volta per tutte nel Santuario, avendo compiuta una redenzione eterna. „ Perché possiamo capire ciò che S. Paolo insegna in questo luogo, occorre accennare brevemente ciò che dice nei versetti precedenti, e che riguarda le cose principali spettanti al culto dell’antica legge. Le cose del culto nella legge mosaica erano minutamente determinate e tutte e ciascuna avevano un significato proprio. Il popolo ebraico aveva un sol tempio in Gerusalemme, al quale tre volte all’anno si recavano tutti i figli d’Israele giunti all’età di dodici anni. In quel tempio vastissimo tutto era ordinato: nel centro era il luogo destinato ai sacerdoti: nel mezzo il grande altare destinato agli olocausti, ossia al bruciamento delle vittime: oltre l’altare degli olocausti era il vestibolo od atrio: dopo l’atrio c’era il tabernacolo anteriore, o primo tabernacolo, o luogo santo, e finalmente il Santo dei santi, o Santissimo, o secondo tabernacolo, separato dal Santo dei santi, o Santissimo, mediante un velo. Nel primo tabernacolo, o luogo santo erano il candelabro con le sette lucerne sempre accese, la mensa coi dodici pani, uno per ciascuna tribù d’Israele, e che si rinnovavano ogni sette giorni. Nel Santo de’ santi, o Santissimo, si conservavano il turibolo d’oro, l’arca del Testamento, ed in essa, rivestita d’oro, l’urna d’oro racchiudente la manna, la verga d’Aronne e le tavole della legge. Nel luogo santo, o primo tabernacolo i sacerdoti entravano due volte al giorno per gli uffici sacri; ma nel secondo tabernacolo, o Santo dei santi, entrava il solo sommo pontefice ed una volta all’anno per offrirvi il sangue della vittima in espiazione dei peccati suoi e del popolo. – Tutto questo significava, dice S. Paolo, che non era ancora venuto il tempo, nel quale tutti potessero entrare nel Santo de1 santi, e che dovevano limitarsi a sacrifici, abluzioni e riti materiali, che non avevano forza di santificare la coscienza, e che tutto quel culto doveva durare finché venisse il raddrizzamento (usque ad tempus correctionis), cioè finché venisse Colui che compisse la legge e schiudesse il Santo de’ santi e vi introducesse tutti i redenti. Ora, continua S. Paolo: “E venuto Cristo,, pontefice dei beni futuri; „ al pontefice dell’ordine di Aronne è sottentrato Cristo, il sacerdote secondo 1’ordine di Melchisedec, alla figura è sottentrata la realtà. A quelli che vivevano sotto il sacerdozio mosaico, cioè ai figli d’Israele, se osservavano la legge, era promessa principalmente una mercede temporale: ma Cristo, pontefice della nuova legge, promette e a suo tempo darà beni celesti, ricompense incomparabilmente più nobili: Christus… Pontifex futurorum honorum. Voi, carissimi, non ignorate l’economia e il carattere dell’antica legge: a chi la trasgrediva erano minacciate pene temporali, e non rare volte inflitta perfino la morte: a chi la osservava erano promessi beni temporali, vittorie sui nemici, abbondanza dei frutti della terra, pace ed ogni prosperità. Ben è vero, che, oltre i castighi e le ricompense terrene, ai trasgressori ed agli osservatori della legge, erano riserbati altresì castighi e premi nella vita futura; ma in generale nei Libri santi si parla più assai di castighi e premi temporali, che degli eterni, attesa la natura grossolana del popolo ebraico. La legge nuova per contrario ai suoi seguaci non parla che dei premi e dei castighi della vita futura: ai credenti, ai virtuosi quaggiù sulla terra non promette mai la mercede dovuta, ma la mostra aldilà della tomba; anzi va più oltre: ai credenti, ai virtuosi, qui sulla terra annunzia persecuzioni, dolori, travagli, e l’apostolo S. Paolo non teme di proclamare altamente “che tutti quelli che vogliono vivere piamente secondo Cristo, soffriranno persecuzione — Omnes qui pie volunt vivere in Christo Jesu persecutionem patientur. „ È questo il carattere proprio della dottrina di Cristo, che in ciò si differenzia dal mosaismo e di gran lunga si innalza sopra di esso. Nondimeno, bisogna confessarlo, non mancano anche tra i cristiani alcuni, che, malamente applicando alla nuova legge le parole dei Libri santi, che si riferiscono soltanto alla mosaica, e seguendo un cotale spirito giudaico, promettono alla virtù ricompense terrene e al vizio denunziano terrene vendette (Talvolta Iddio può ricompensare la virtù e punire il vizio anche sulla terra ; ma non è economia regolare come nel mosaismo, e noi non possiamo dire ciò in particolare se non quando vi sono argomenti chiari ed evidenti.), e tutto questo in modo ordinario ed a nome di Dio. Ah! no, carissimi. Noi dobbiamo vivere di fede, come vuole 1’Apostolo: la nostra vita deve essere la copia della vita di Cristo, che in terra patì ogni maniera di umiliazioni e dolori: la nostra speranza, la nostra mercede non è quaggiù, ma lassù in cielo: noi siamo discepoli di un Pontefice che promette beni futuri: Poritifex futurorum honorum. Il pontefice ebraico, una sola volta all’anno entrava nel Santo dei santi, ch’era opera degli uomini: Gesù Cristo, scrive l’Apostolo, il pontefice nostro, è entrato in un tabernacolo, nel vero Santo dei santi, raffigurato dal primo, che è il cielo dei cieli, non opera degli uomini, ma di Dio stesso. Il pontefice ebraico entrava nel Santo dei santi, offrendo il sangue di due vittime per i peccati propri e del popolo; Gesù Cristo è entrato in cielo, non col sangue delle vittime, ma pel sangue proprio, e offerto, non per i peccati suoi, che non poteva averne, lui sacerdote santo, innocente, immacolato, non avente parte alcuna con i peccatori (Capo VII, 26). Il pontefice ebraico entrava nel Santo dei santi una volta sola all’anno, ma tutti gli anni, ripetendo gli stessi sacrifici; Gesù Cristo. Pensano alcuni interpreti, anche assai autorevoli, che quel tabernacolo, maggiore e più perfetto, nel quale dicesi entrato Cristo, sia rappresentata la Chiesa militante, o l’Umanità santa di Cristo. Ma non so come Cristo debba passare per la Chiesa militante e molto meno possa passare per la sua Umanità. — L’una e l’altra sentenza parmi strana, è entrato in cielo una volta sola, e questa non si ripete, perché vale per tutte; e vale per tutte, perché la espiazione da Lui compiuta con il suo sangue è eterna, cioè bastevole per tutti e per tutti i secoli. Gli antichi sacrifici, quelli stessi offerti solennemente una volta all’anno dal sommo pontefice, si dovevano ripetere: ora la stessa necessità del dover ripetere quei sacrifìci, grida in altro luogo l’Apostolo, vi dimostra la loro poca efficacia, la loro impotenza di santificare gli uomini (Capo X, 2). Penso che, udendo questa dottrina dell’Apostolo, si affacci alla vostra mente una difficoltà, che è bene sciogliere. Se dal ripetersi i sacrifici nell’antica legge S. Paolo arguisce la loro poca efficacia e la loro impotenza di santificare le anime, altri potrebbe alla stessa maniera argomentare contro il sacrificio stesso di Cristo sulla croce, che ogni giorno si ripete senza numero sulla faccia della terra nel sacrificio dell’altare. Ma la risposta è facile e perentoria, o carissimi figliuoli. I sacrifici dell’antica legge erano diversi e distinti tra loro in guisa, che ciascuno era vero sacrificio da se stesso. La cosa va ben altrimenti quanto al sacrificio di Cristo consumato sulla croce e rinnovato sui nostri altari in ogni Messa, che si celebra. Noi teniamo per fede, che il sacrificio della nuova legge è un solo, quello della croce, al quale nulla si può aggiungere, nulla levare, e sovrabbonda a tutti i bisogni nostri. Nella Messa abbiamo un vero e proprio sacrificio, ma non è altro che quello stesso della croce: l’unica differenza che corre tra 1’uno e l’altro è accidentale, ossia di modo: quello della croce fu sanguinoso, questo della Messa è incruento e si compie sotto le specie del pane e del vino. La vittima che si offre, è la stessa, l’Uomo-Dio, Gesù Cristo; sul Calvario sparse visibilmente il suo sangue e morì: sull’altare sparge il sangue e muore misticamente in quanto che sotto le specie eucaristiche rappresenta veramente ciò che fece sulla croce. Sulla croce offerse e compì il suo sacrificio, sull’altare lo ripete, e quasi direi, lo prolunga e lo applica agli uomini attraverso lo spazio e il tempo. Un fiume sgorga dai fianchi delle Alpi, e scorrendo per valli e per pianure volge al mare l’ampio volume delle sue acque: esso è un solo fiume, sempre quel solo e medesimo fiume, che scaturisce dalle Alpi, che bagna le valli, che tocca le
borgate e le città che trova sulle sue sponde, che irriga le pianure, che sbocca nel mare. Così è il sacrificio del Calvario, un solo, sempre lo stesso, che sotto altra forma continua in tutti i punti dello spazio e del tempo fino all’ultimo giorno dei secoli. Ecco perché san Paolo più innanzi (X, 14) pronuncerà questa sublime sentenza: “Cristo con un solo sacrificio in perpetuo fece perfetti i santificati — Una oblatione consummavit in sempiternum sanctificatos. „ Ora torniamo al nostro commento là dove l’abbiamo lasciato. Dopo aver detto che Cristo, eterno Pontefice, entrò nel vero Santuario, che è il cielo, una sola volta per tutte, e vi entrò col proprio sangue, offrendo a tutti per tutti i secoli una compiuta espiazione, prosegue e così ragiona: “Che se il sangue di capri e di tori ed il cenere di giovenca sparso sopra i contaminati (Nel Levitico e nei Numeri, particolarmente al c. XIX, Mosè parla a lungo di quelle che si dicono immondezze della carne od esterne. Era immondo il lebbroso e chi lo toccava: immonda la puerpera, chi toccava un cadavere, ecc. ecc. Erano immondezze materiali, non morali, ma che non permettevano a chi n’era macchiato, il consorzio civile e religioso, se non si purificava con le abluzioni o con i sacrifici prescritti, che erano molti e gravosi), santifica a purità della carne, quanto più il sangue di Cristo, il quale, per lo Spirito Santo, offerse se stesso immacolato a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire al Dio vivente! „ È un argomento semplicissimo e calzante usato con gli Ebrei divenuti Cristiani. Voi tenete che il sangue delle vittime e le purificazioni stabilite da Mose vi nettino dalle immondezze legali e vi rendano possibile il consorzio civile e la partecipazione delle cose sacre, e sta bene: ora come potrete voi, dice S. Paolo, dubitare che il sangue della vittima divina, pura ed immacolata, che è Gesù Cristo, che si offerse a Dio con atto d’amore ardentissimo, prosciolga le coscienze, le anime vostre da ogni sozzura di peccato e vi renda atti a servire debitamente a Dio? Qui l’Apostolo mette in rilievo la profonda differenza che passa tra l’efficacia dei sacrifici antichi e il sacrificio di Cristo. Quelli, per se stessi, non producevano che una purificazione esterna, legale, materiale, e se producevano anche la interna, spirituale, dinanzi a Dio, era unicamente in quanto risvegliava la fede nel futuro Messia e nel suo sacrificio, doveché questo monda l’anima per virtù propria, la rende bella agli occhi di Dio, liberandola dalle opere morte, cioè dai peccati. E perché i peccati si dicono opere morte? Perché come le cose morte, i cadaveri, sono brutti a vedersi, fanno ribrezzo, gettano lezzo, e nell’antica legge rendevano immondo chi li toccava; così i peccati fanno l’anima brutta e schifosa a Dio, e a così dire lo costringono a torcere altrove gli sguardi. Purificata dai peccati, l’anima è atta a servire al Dio vivente, dice l’Apostolo, mettendo in rilievo il passaggio di stato, d’essere prima soggetta alle opere morte, e poi di poter servire a Dio vivente. “E per questo, conchiude S. Paolo il suo ragionamento, e per questo è mediatore del Testamento nuovo, acciocché, intervenutavi la morte a pagamento delle trasgressioni avvenute sotto 1’Alleanza prima, i chiamati ricevano la promessa della eredità eterna. „ – L’Apostolo spiega perché Cristo è l’autore e mediatore del nuovo Testamento, e qui lasciate, o cari, che spieghi un po’ diffusamente il valore di queste parole testamento e mediatore. Si parla assai spesso di patto, di alleanza, di testamento antico, e di patto, di alleanza e
testamento nuovo. Che vogliono dire queste parole? Qual è la ragione del loro uso nel linguaggio sacro? Dio fece promesse solenni a Noè, ad Abramo, ad Isacco, a Mosè: promesse di protezione, di beni temporali e spirituali, e soprattutto fece la gran promessa del futuro Salvatore, che sarebbe venuto dalla progenie di Abramo e dalla famiglia di Davide. Le promesse dei beni temporali, come sapete, erano legate alla condizione, che i figli di Abramo e di Giacobbe sarebbero stati fedeli alla osservanza della legge. Le promesse divina furono accettate dai patriarchi e dal popolo registrate nei Libri santi. Era un patto, un’alleanza stretta tra Dio ed il suo popolo, una specie di contratto giurato e consacrato con il sangue delle vittime immolate. L’osservanza del patto con Dio da parte del popolo portava naturalmente il diritto di avere i beni da Dio promessi, e da parte di Dio l’obbligo di darli: ecco perché; i chiamò alleanza o patto si disse poi anche testamento, perché al possesso dei beni spirituali e della vita eterna che ne è il termine ultimo, non sarebbero giunti che per la morte di Cristo. Ben è vero che gli Ebrei ebbero i beni temporali prima della morte di Cristo: ma quei beni temporali erano figura degli spirituali, e poiché questi non si potevano ottenere che per la morte di Cristo, cosi anche per ragione de primi l’economia mosaica meritamente fu detta testamento. In una parola: la disposizione che dicesi testamento, ha vigore dopo la morte del testatore, e solo dopo questa l’erede riceve il possesso della eredità: ora tutte le promesse fatte da Dio agli uomini, quanto ai beni spirituali, erano tutte necessariamente legate alla morte di Cristo, come causa meritoria, e solo alla sua morte si sarebbero dischiuse le porte dei cieli ed avuto il possesso della vita eterna, ed è perciò che Cristo si chiama mediatore del Testamento nuovo, che completa il vecchio imperfetto. S. Paolo in questo luogo e in altri chiama Cristo mediatore in termini, implicitamente poi dovunque nei Libri santi è rappresentato come mediatore. La parola mediatore per se stessa importa l’idea d’uno che sta tra due e si adopera a conciliarli tra loro. A chi meglio che a Cristo si addice la dignità di mediatore. Egli primieramente è mediatore tra Dio e l’umano genere per natura, come avvertono i Padri. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo: in Lui è perfetta la natura umana non meno della divina, e unica la persona, e questa è divina. In Lui pertanto si congiungono la natura umana e la divina per guisa ch’Egli è veramente infinito e finito, eterno e temporario, immutabile e mutabile, in una parola Dio e uomo: Egli è, come scrisse S. Gregorio Nisseno, il punto che congiunge le due sponde del finito e dell’infinito, pel quale passano tutti i doni di Dio agli uomini, e pel quale gli uomini e gli Angeli stessi, dei quali ancora è capo, vanno a Dio. In questo senso Gesù Cristo è mediatore naturale. Egli poi adempie con sovrana perfezione gli uffici tutti di mediatore. Egli, in quanto uomo, paga per noi non solo, ma alla giustizia divina offre se stesso qual vittima espiatrice e propiziatrice in modo perenne, e salva da una parte tutti i diritti della giustizia eterna, pagando della sua stessa persona in misura infinita, e dall’altra spiegando le magnificenze della sua carità, col patire e morire per gli uomini colpevoli, ond’Egli è la nostra conciliazione e la nostra pace, come insegna l’Apostolo. Carissimi! Gesù Cristo è il Figlio di Dio e di Maria: in Lui il Padre trova tutte le sue compiacenze: in Lui ama ed abbraccia tutti quelli che per fede ed amore a lui sono uniti e somiglianti: a Gesù Cristo adunque, fratel nostro secondo la carne, stringiamoci per fede viva, per salda speranza, per ardente carità: a Lui facciamoci simili nelle parole e nelle opere, e dov’Egli è, noi pure saremo.
Graduale
1 Ioann V:6; V:7-8
Hic est, qui venit per aquam et sánguinem, Iesus Christus: non in aqua solum, sed in aqua et sánguine. [Questo è colui che è venuto con acqua e con sangue: Cristo Gesù; non con acqua soltanto, ma con acqua e con sangue.]
Alleluja
- Tres sunt, qui testimónium dant in coelo: Pater, Verbum et Spíritus Sanctus; et hi tres unum sunt. Et tres sunt, qui testimónium dant in terra: Spíritus, aqua et sanguis: et hi tres unum sunt. Allelúia, allelúia. [In cielo, tre sono i testimoni: il Padre, il Verbo, lo Spirito Santo; e i tre sono uno. In terra, tre sono i testimoni: lo Spirito, l’acqua, il sangue; e i tre sono uno. Alleluia, alleluia]
1 Ioann V:9
V. Si testimónium hóminum accípimus, testimónium Dei maius est. Allelúia.
Evangelium
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Ioánnem.
Ioann XIX:30-35
In illo témpore: Cum accepísset Iesus acétum, dixit: Consummátum est. Et inclináto cápite trádidit spíritum. Iudaei ergo – quóniam Parascéve erat -, ut non remanérent in cruce córpora sábbato – erat enim magnus dies ille sábbati -, rogavérunt Pilátum, ut frangeréntur eórum crura et tolleréntur. Venérunt ergo mílites: et primi quidem fregérunt crura et altérius, qui crucifíxus est cum eo. Ad Iesum autem cum venissent, ut vidérunt eum iam mórtuum, non fregérunt eius crura, sed unus mílitum láncea latus eius apéruit, et contínuo exívit sanguis et aqua. Et qui vidit, testimónium perhíbuit; et verum est testimónium eius.
[In quel tempo, quand’ebbe preso l’aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». Poi, chinato il capo, rese lo spirito. Allora i Giudei, essendo la Parascève, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era, infatti, un gran giorno quel sabato – chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e portati via. Andarono, dunque, i soldati e spezzarono le gambe al primo, e anche all’altro che era stato crocifisso con lui. Quando vennero a Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe: ma uno dei soldati gli trafisse con la lancia il costato, e subito ne uscì sangue ed acqua. Colui che ha visto ne rende testimonianza, e la sua testimonianza è veritiera.]
OMELIA
(I Domenica di Luglio)
Del Preziosissimo Sangue di N. S. G. C.
[J. Thiriet: PRONTUARIO EVANGELICO, vol. VIII, Libreria Arciv. G. Daverio, MILANO, 1917]
“Dilexit nos, et lavit nos a peccatis nostris in Sanguine suo”.
(Apoc. I, 5).
Ecco una festa che dovrebbe esserci tanto cara, ed eccitarci a grandi sentimenti di amore e di riconoscenza verso Nostro Signore Gesù Cristo. Che cosa ci ricorda? Ci ricorda l’immenso amore che Gesù Cisto ha avuto per noi. Dilexit nos… Spinse l’amor suo fino a versare il suo sangue, offrendolo all’Eterno suo Genitore in espiazione dei nostri peccati. Ha dimostrato questo suo grande amore proprio allora in cui a Dio eravamo nemici, quum inimici essemus… Inoltre questo suo sangue divino ci ha riscattati, ci ha purificati, ci ha santificati, ci ha aperte le porte del cielo: Lavit nos a peccatis nostris in sanguine suo… Consideriamo pertanto: 1. l’eccellenza e il prezzo di questo sangue divino; 2. la sua necessità pel nostro riscatto; 3. i suoi effetti meravigliosi.
1. — Eccellenza e prezzo del sangue di N. S.
1. — Da tutta l’eternità Iddio ha veduto la caduta dell’uomo: da tutta l’eternità ha parimenti veduto il rimedio ai tanti mali, che originò il fallo primo. Ha quindi accettato il Sangue del suo Unigenito Figliuolo in espiazione della ribellione, che l’uomo aveva perpetrato, peccando.
— Il sangue di Gesù Cristo è, per così dire, il compendio di tutta la Religione, perché tutto il culto si assomma nel Sacrificio, di cui l’effusione del Sangue di Cristo è la parte essenziale… Perché l’altare? Perché il calice?
— Gli antichi sacrifici, sì frequenti e sì tanto raccomandati, erano la figura del Sacrificio del Calvario: il sangue degli animali rappresentava quello della Vittima senza macchia, che solo era capace di placare lo sdegno di Dio, e di cancellare i nostri peccati. Parimenti il sangue dell’Agnello Pasquale, di cui gli Ebrei tinsero le loro porte, in tanto aveva virtù in quanto si connetteva al sangue dell’Agnello di Dio, il vero ed unico Salvatore del mondo.
— Il Sangue di Gesù Cristo è di un prezzo infinito; perché è stato formato per opera di Spirito Santo nel seno di Maria Ss. e, in virtù dell’unione ipostatica, è il sangue del Verbo di Dio, come dice S. Ireneo « Verbum Dei sanguine suo nos redemit… » È così prezioso, che una sola sua goccia vale di più che non tutti i tesori della terra, e basterebbe da sé a redimere milioni di mondi. « Non c’era proporzione tra l’iniquità dei peccatori e la santità di Colui che dava la sua vita per essi » così s’esprime S. Cirillo di Gerusalemme. E S. Giovanni Crisostomo soggiunge: « Tra Cristo e i peccatori c’era tanta distanza quanta ve n’ha tra l’immensità del mare ed una gocciolina d’acqua ».
— Ciò che ancora aumenta il prezzo del Sangue di N. S. è l’amore al Padre suo per noi. Lo ha versato tutto interamente, fino all’ultima stilla, in mezzo a tormenti atrocissimi, acciocché meglio comprendessimo l’enormità dei nostri peccati, e il pregio dell’anima nostra, e la grandezza del suo amore. Non corruptibilibus auro vel argento redempti estis, sed pretioso sanguine quasi Agni immaculati Jesus Christi— Empti enim estis pretio magno.
2. — Sua necessità per il nostro riscatto.
— Peccando, l’uomo aveva contratto un debito infinito con Dio. Né da solo, né tutti gli uomini potevano soddisfare… Qual mai tra i nati all’odio poteva presentarsi a Dio e dirgli: perdona? Ci voleva adunque una vittima di prezzo infinito, ci voleva, la vita, e il sangue di un Dio. Ecco il motivo per cui il Figlio di Dio scese sulla terra, e si fece uomo.
— Oh! i funesti effetti che cagionò il peccato!… L’uomo era caduto schiavo del demonio: l’anima sua aveva perduto la somiglianza con Dio, era diventato abbominevole a Dio…; sul suo capo s’erano chiuse le porte del cielo, s’era aperta sotto dei suoi piedi la voragine dell’inferno. Ebbene, solo il Sangue d’un Dio poteva porre riparo a sì tante rovine prodotte dal peccato… Habitavit in nobis… riscattò l’uomo, rese all’anima la primitiva sua beltà gli dischiuse le porte del cielo, gli restituì il diritto all’eredità dei figliuoli di Dio. Difatti, il Sangue prezioso di Gesù ha tutto restaurato… « mirabilius reformasti ».
— Data la nostra debolezza, di frequente, cadiamo e rinnoviamo la nostra rivolta contro Dio… Filii Israel peccatis veteribus jungentes nova. Come faremo a rientrare nella sua amicizia? Vi rientreremo per i meriti del Sangue di Gesù, che ogni giorno si offre sui nostri altari e si diffonde nelle anime nostre con la santa assoluzione… Nel tribunale di penitenza, il sangue di Gesù è il rimedio a tutte le nostre cadute, a tutte le nostre ferite: è un rimedio facile, certo, infallibile. Sull’altare, ove tquotìdie viene offerto dai sacerdoti, grida misericordia, e intercede per noi, secondo la promessa del Salvatore: Sanguis meus, qui prò vobis effundetur in remissionem peccatorum. Che sarebbe di noi, del mondo, se non ci fosse il Sangue di Gesù? Noi saremmo puniti, annientati, come furono gli uomini al tempo del diluvio, e i cittadini della Pentapoli. Il Sangue di Gesù è la nostra salvaguardia, ci protegge dalle folgori di Dio giustamente irritato contro di noi.
III. — I suoi effetti meravigliosi.
1. — In cielo. Offerto già questo sangue divino sul Calvario, e offrendosi ogni dì sui nostri altari, procaccia a Dio una gloria infinita, placa la sua giustizia, riconcilia l’uomo con lui, fa discendere tutte le grazie e tutte le benedizioni necessarie per farci santi. D’offerta e la preghiera di Gesù sono onnipossenti sul cuor di Dio: Exauditus est prò sua reveventia. Col Sangue suo versato, Gesù Cristo ha acquistato il diritto incontrastabile di signoria su di noi. Dominus meus et Deus meus. Finalmente questo Sangue divino procura altresì un aumento di gloria e di felicità alla Ss. Vergine Maria, che l’ha prestato ed offerto a Dio, dal quale ripete tutti i privilegi, di cui è stata insignita.
2. — Nel Purgatorio. Il sangue di Gesù, che ad ogni istante si offre a Dio, ha la virtù di estinguere, o diminuire le fiamme del Purgatorio, di refrigerare, di consolare, di liberare le anime che colaggiù vi sono trattenute. Come nel giorno della sua ascansione, tolse Gesù le anime giuste dal Limbo e le recò con sé in cielo, così il suo sangue prezioso che ogni dì si versa sui nostri altari, ha la possanza di liberare un gran numero di anime dal Purgatorio e di farle degne di salire al cielo.
3. — Sulla terra, a) Il sangue del Salvatore è il tesoro della S. Chiesa, sposa immacolata di Gesù, tesoro che costituisce il suo vanto, la sua gioia, la sua gloria, le sue rochezze. Fons patens domus David…. — b) Distrugge l’impero di Satana e stabilisce nelle anime il regno di Gesù Cristo — c) Converte e purifica i peccatori, fortifica e santifica le anime giuste: Justificati in sanguine Christi, Salvi erimus ab ira per ipsum. Sentite con quali parole S. Giov. Crisostomo sintetizza i beneficii derivati da questo sangue divino, che, secondo la mente di S. Paolo, a noi profuse abundantiam gratiæ … « Non abbiamo solo ricevuto la quantità di grazia necessaria per cancellare il peccato, ma ne abbiamo ricevuto una quantità assai considerevole. Siamo stati liberati dal castigo, che ci attendeva, abbiamo completamente rejetto il peccato, abbiamo sepolto l’uomo vecchio, siamo stati sollevati oltre l’antico onor, siamo stati rigenerati ad una vita nuova, siamo stati giustificati, siam divenuti figli adottivi di Dio Padre, fratelli di Gesù Cristo, suoi eredi, membra del suo corpo, parte della sua carne, uniti a Lui di quell’unione, che intercede tra la testa ed il corpo. »
Conclusione. — Adoriamo profondamente il sangue prezioso di N. S. — segnatamente quando si versa sui nostri altari durante il Sacrificio della S. Messa. Ringraziamo Gesù dell’infinito amore ch’ebbe per noi, versando il suo sangue come prezzo del nostro riscatto. Rendiamogli amore per amore, viviamo per Lui, affinché possiamo meritare di essere un di’ fra coloro che … laverunt stolas suas et dealbaverunt eas in sanguine agni.
Credo
Offertorium
Orémus
1 Cor X:16
Calix benedictiónis, cui benedícimus, nonne communicátio sánguinis Christi est? et panis, quem frángimus, nonne participátio córporis Dómini est? [Il calice dell’eucarestia che noi benediciamo non è forse comunione del sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo non è forse comunione col corpo di Cristo].
Secreta
Per hæc divína mystéria, ad novi, quǽsumus, Testaménti mediatórem Iesum accedámus: et super altária tua, Dómine virtútum, aspersiónem sánguinis mélius loquéntem, quam Abel, innovémus. [O Dio onnipotente, concedi a noi, per questi divini misteri, di accostarci a Gesù, mediatore della nuova alleanza, e di rinnovare sopra il tuo altare l’effusione del suo sangue, che ha voce più benigna del sangue di Abele.]
Communio
Hebr 9:28
Christus semel oblítus est ad multórum exhauriénda peccáta: secúndo sine peccáto apparébit exspectántibus se in salútem. [Il Cristo è stato offerto una volta per sempre: fu quando ha tolto i peccati di lutti. Egli apparirà, senza peccato, per la seconda volta: e allora darà la salvezza ad ognuno che lo attende.]
Postcommunio
Orémus.
Ad sacram, Dómine, mensam admíssi, háusimus aquas in gáudio de fóntibus Salvatóris: sanguis eius fiat nobis, quǽsumus, fons aquæ in vitam ætérnam saliéntis: [Ammessi, Signore, alla santa mensa abbiamo attinto con gioia le acque dalle sorgenti del Salvatore: il suo sangue sia per noi sorgente di acqua viva per la vita eterna:]